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LA BELLEZZA

giovedì 29 agosto 2019

A proposito di... MOSTRE!




L’Italia del Rinascimento. Lo splendore della maiolica”, una bellissima mostra allestita nella Sala del Senato di Palazzo Madama, a Torino. I capolavori esposti (oltre 200 pezzi, provenienti sia da collezioni private sia dalle raccolte di Palazzo Madama) saranno in mostra fino al 14 ottobre 2019. Colori brillanti, immagini vivide, tematiche emozionanti caratterizzano l’esposizione. Rimarrete incantati!





Due mostre in una, entrambe magnifiche, per viaggiare attraverso grandi scoperte scientifiche – come i raggi x e la radioattività – e l’invenzione di tecnologie quali, ad esempio, la tomografia computerizzata, l’ecografia, la risonanza magnetica e la PET. Un percorso che porta i visitatori ad addentrarsi fin nelle profondità del cervello umano, a scoprire come stiamo lavorando per “riparare” i corpi, ricreando arti e organi artificiali e costruendo macchine in grado di riprodurre i nostri comportamenti nonché di imparare. Ingegneria bionica, Intelligenza Artificiale, tecniche e apparati medici sempre più sofisticati. Le numerose esperienze interattive sono il fiore all’occhiello della mostra “UOMO VIRTUALE”.
Meravigliosa anche l’integrazione dell’ala dedicata al rapporto tra “Supereroi e Radiazioni” (curata dall’Associazione Italiana di Fisica Medica AIFM – in collaborazione con WOW Spazio Fumetto, il Museo del Fumetto di Milano). Nella mostra, il rapporto tra i supereroi della Marvel e le radiazioni viene raccontato prendendo spunto dai personaggi stessi, ripercorrendone origini, poteri e avventure, in parallelo all’evoluzione tecnologica avvenuta nell’impiego  delle radiazioni da parte del Fisico Medico, ovvero una sorta di “moderno supereroe”.
Una mostra  quest’ultima – adatta a tutti, appassionati di fumetti e non.
La scienza e la tecnologia tra curiosità, esperienze pratiche e ottime spiegazioni.
Al Mastio della Cittadella, a Torino, fino al 13 ottobre 2019.

martedì 27 agosto 2019

"GLI IMMORTALI" di Alberto Giuliani, Il Saggiatore.


“Dopo che un bramino ha profetizzato la sua morte imminente, Alberto Giuliani ha iniziato a viaggiare nei luoghi in cui scienziati, politici e visionari stanno lavorando per renderci eterni. Gli immortali è il racconto di quello che ha visto ai confini del mondo e dell’umanità”. [Dalla quarta di copertina.]

Pur rappresentando un tabù ancora molto potente, la morte è – oggi – protagonista, più che mai, della letteratura e non solo. Le possibilità, più o meno concrete e tangibili di sconfiggerla stanno facendo tremare le religioni e – nello stesso tempo – stanno fortificando la scienza e la fiducia che le persone ripongono nella tecnologia. La filosofia e l’etica (o – forse sarebbe meglio dire – la bioetica) gridano a gran voce i loro interrogativi e alimentano la fiamma delle perplessità e dei dubbi. La morale è già stata messa al tappeto dalle moderne consapevolezze. Di cosa? Del fatto che sono in crescita le possibilità (e – con esse – le probabilità) che la vita ha di essere prolungata a sfiorare la soglia dell’eternità. Quanto siamo vicini a questo traguardo? Quali opportunità e quali pericoli nasconde l’idea della vita eterna?

“«[…] non c’è prosperità senza disgrazia, o profitto senza perdita. Allo stesso modo non c’è vita senza la morte. Questa è una verità universale. Non c’è scienza che possa cambiare questi equilibri»”. [Pag. 205]

“Spesso ci si imbatte nel proprio Destino sulla strada presa per evitarlo”. [Dal film d’animazione Kung Fu Panda].

Tutto ciò che ci accade è frutto del Caso oppure esiste davvero un Destino già scritto? E, se il Destino esistesse e fossimo in grado di conoscerlo in anticipo, potremmo scegliere di seguirlo o di evitarlo, a piacere? Cercare di fuggire da esso o – al contrario – andargli incontro portano allo stesso risultato?  E, se tutto è già scritto, da chi è stato scritto? E quando? E perché? Cioè: quanto siamo artefici del nostro Destino e quanto siamo attori di quello stesso Destino? Ed è possibile che esista un Destino dell’Umanità? Voglio dire: cosa è stato scritto (se qualcosa è stato scritto) per il genere umano? La morte oppure l’immortalità? È contro natura la prima o la seconda?

“«[…] l’unico futuro lo dobbiamo cercare dentro di noi […]. Ho immaginato una strada per imparare gradualmente a prendere possesso di noi, della magnificenza dell’eternità del tempo e della trascendenza nell’immanenza».
«Dunque il potere è ormai passato da Dio agli uomini».
«Mi pare sia così dal giorno in cui l’uomo ha desiderato essere eterno».
«Cioè da sempre».
«Nelle scelte di ogni giorno, nei progetti, in ogni piccola azione. L’uomo è una macchina programmata per sopravvivere. Non a caso tutte le religioni prospettano una vita dopo la morte; il nostro obiettivo è vivere per sempre. La scienza dà concretezza e rigore a queste aspirazioni, le rende chiare, finite, gli dà un nome. Può far paura, ma ha cercato di risolvere il problema della morte un passo alla volta. E forse oggi ci siamo riusciti»”. [Pag. 193]

“In un mondo nel quale  ogni cosa si potrà decidere, il fato non cesserà di essere rifugio”. [Pag. 192]

La vita ha valore proprio perché sappiamo che non vivremo in eterno? Questa domanda, in particolare, invita a riflettere sui pro e sui contro dell’eternità.

“«Davvero non c’è alternativa? Voglio dire, è tutto molto buono. Ma perché cambiare la natura delle cose e ricercarne lo stesso sapore?»
«Non lo facciamo per piacere. Lo facciamo per non morire».
«Ma non finiremmo per uccidere ugualmente ciò che siamo? Cambiando il DNA aggiusteremo ogni difetto, ma ci perderemo per strada la bellezza della diversità, dell’errore. Diventeremo tutti uguali, che è un po’ come dire che saremo tutti estinti, nella superbia».
«Le questioni filosofiche non spettano alla scienza. La nostra missione è quella di creare un futuro migliore per ogni essere umano. Le tecnologie hanno sempre un lato buono e uno cattivo, e sempre si corrono dei rischi. Ma non si possono porre limiti alla curiosità umana. Semmai sono le applicazioni; quelle devono essere regolate dal buon senso».
«Non ti fa paura?»
«Che cosa, esplorare la vita?»
«No, diventarne il Creatore».
«Sbagli il punto di vista. L’essere umano è un animale solo e in cerca di se stesso. È condannato a idearsi continuamente, perché è l’unico che può farlo. Io sono d’accordo col tuo amico veggente quando dice che sarai tu a decidere la tua fine. Il problema è che non siamo in grado di immaginare la nostra esistenza come qualcosa di diverso dalla nostra esperienza. Per questo nel momento della fine la tua scelta sarà limitata dal pensiero, da ciò che conosci. Quello che qui stiamo facendo è una grande occasione e l’unica cosa etica da fare è investire nell’intelligenza creativa, come fanno i nostri cinquemila giovani ricercatori. Sognano e ricostruiscono il futuro. Semplicemente perché è il loro».
[…] L’uomo si stava trasformando in un dio senza croce e questo edificio era la cattedrale del nuovo sapere.
Nella visione del professor Xu non esistevano colpe né peccati, i limiti dell’etica si spostavano col progredire delle tecnologie e valevano solo i principi delle cause e dei loro effetti”. [Pp. 190 e 191]

Tra i contro si può annoverare il fatto che vivere per sempre potrebbe dissipare la spinta a godere pienamente di ogni istante, senza sprecare neanche un attimo. Tra i pro, invece, si può inserire il fatto che, se avessimo un tempo illimitato, magari potremmo sfruttarlo per svelare tutti i misteri dell’universo (o, quantomeno, quelli che desteranno la nostra curiosità). Oppure potremmo lasciarci soggiogare dalla noia data dal poter fare qualsiasi cosa in qualunque momento… I limiti – si sa – sono freni, ma anche propulsori e i limiti temporali ci spingono, fin dalla nascita, verso la conoscenza. Se venisse a mancare tale limite, dunque, il rischio di cadere nella noia (considerabile, in questo caso, alla stregua della morte intellettiva) sarebbe altissimo. Forse potremmo addirittura arrivare a desiderare la morte  perché, dopo aver vissuto per migliaia di anni, ci sentiremmo sempre più stanchi e sempre meno curiosi.
Cosa rende, dunque, una vita degna d’esser vissuta? (Prima faccia della medaglia della morte). Le relazioni con gli altri? Gli affetti? Le esperienze? Analizzando questi fattori, possiamo giungere a una considerazione/domanda che – forse – rappresenta l’altra faccia della sopracitata medaglia: perché temiamo la morte? La nostra paura è basata sul fatto che ne sappiamo poco o nulla oppure è perché non vogliamo abbandonare/perdere i nostri cari?
Le carte, le rune, le linee delle nostre mani e tutti gli altri mezzi di divinazione raccontano il nostro futuro o soltanto uno dei nostri possibili futuri? In fondo, dire “Destino” è come dire “destinazione”, ovverosia “meta”, “punto di arrivo”, non “percorso”… E “morte” può voler dire tante cose, tra cui “cambiamento”, proprio come nei tarocchi…
Ma veniamo al punto cruciale. Cosa fareste se vi annunciassero il momento esatto in cui morirete?
-        Cerchereste il modo per sfuggire a quella predestinazione?
-        Vi rassegnereste ad andare incontro a ciò che sarà?
-        Vivreste ogni giorno come fosse il primo, l’ultimo o l’unico?
-        Vi impegnereste a vivere appieno ogni istante che vi separa dalla “fine”?
Già, “fine” tra virgolette… Sapete perché? Perché, in realtà, non sappiamo cosa sia la morte. E – forse – così come
“«Non basta avere l’orologio per essere padroni del tempo». [Pag. 206]
non basta sapere quali sorprese ha in serbo per noi la vita, per dire di poterla controllare! Eppure, oltre alla propria vita, l’uomo sta cercando di controllare anche la vita dell’intero pianeta, dei fenomeni naturali e delle altre creature, sia animali sia vegetali…

Con Gli immortali, Alberto Giuliani è partito dalla propria esperienza personale per svelarci le nuove frontiere dell’umanità: dalla clonazione ai viaggi su altri pianeti, dalla robotica umanoide alla crioconservazione (o sospensione) passando per molto altro ancora. Un libro in grado di sovvertire la nostra visione della vita e, naturalmente, della  morte. Un libro per riflettere. Davvero.

“«Non c’è mai un buon momento per morire» scrissi io.
«Ma ci sono molti modi per vivere» rispose lui”. [Pag. 207]

Se volete approfondire questo argomento, potete leggere anche il mio articolo:
"IL PROBLEMA DELLA MORTE: testi a confronto".
Ecco il link:

giovedì 15 agosto 2019

"OSSERVAZIONI ASCOLTATE" di Veronica Petinardi


L’idea di costruire un racconto basato su una serie di quadri è ammirevole, soprattutto se si considera il fatto  che arrivare a coniugare immagini/concetti estremamente vari e disparati (tra cui spiccano HORUS, MANTIDE e SPIRITUALITÀ ) è molto difficile. Nonostante questa premessa spezzi una lancia a favore dell’impegno profuso dall’autrice all’interno del proprio racconto, sono presenti anche molti aspetti (negativi) che ne inficiano il risultato finale.
La struttura ricorda quella dei racconti per bambini, imperniata sulla semplicità. Una semplicità che ha – purtroppo – una doppia valenza in quanto è in grado di trasformare lo scritto in questione da “denso” (ovvero ricco di spunti di riflessione, significati, interpretazioni, ecc.) a superficiale. In un mondo in cui si è soliti parlare tanto (dicendo poco e comunicando ancora meno), questo racconto avrebbe potuto rappresentare una bella eccezione, ma così non è. Manca, innanzitutto, una descrizione precisa e dettagliata delle motivazioni che hanno portato il protagonista a voler intraprendere il proprio viaggio. Tale omissione (voluta, credo, per permettere a chiunque legga il racconto di identificarsi nel personaggio principale), impedisce  - contrariamente alle aspettative – di sviluppare empatia nei confronti del viaggiatore, pur essendo lo smarrimento di quest’ultimo potenzialmente simile a quello di tante persone e pur essendo il suo desiderio di ritrovare se stesso analogo a quello di molti individui. Chiunque decida di intraprendere un percorso (interiore o fisico o che includa entrambe le tipologie), lo fa perché prova delle sensazioni e delle emozioni che non sono in linea con i propri desideri, ma – in questo caso – il lettore non è messo al corrente né del vissuto del protagonista né dei suoi desideri più profondi (fatta eccezione per alcuni accenni al termine del racconto). Ogni viaggiatore cerca qualcosa e, quasi sempre, quel qualcosa è la Felicità, felicità che ognuno trova in cose diverse; forse questa è un’altra delle motivazioni per cui l’autrice ha deciso di non fornire molti dettagli in merito alla vita del protagonista. Possiamo soltanto fare delle supposizioni, a questo proposito. Ad esempio: la donna sulla spiaggia rappresenta un amore trascurato? Il protagonista è stato un materialista, in passato? Ha svolto una professione che lo ha incanalato in un tunnel sempre più soffocante fatto di obiettivi riguardanti il solo raggiungimento del successo? Ha avuto a che fare con talmente tante persone da poter dire di non averne conosciuta nemmeno una, veramente? Chissà…
I “pilastri” di questo racconto (vale a dire: spiritualità, percezione dello spazio e del tempo, importanza del desiderio, e concetto di “Io”) travolgono il lettore a cui, però, non vengono forniti strumenti sufficienti per orientarsi verso un pensiero chiaro.  A questo proposito, anche la terminologia e la sintassi utilizzate richiederebbero un’accurata revisione; spesso, infatti, si sente la necessità di rileggere i periodi più volte per poterne comprendere il significato.
Spiazza, inoltre, l’ingenuità dell’autrice nei confronti dell’immaginazione o – meglio – della facoltà di visualizzare immagini mentali: non basta, infatti, visualizzare al proprio interno immagini di calma e serenità per cambiare la realtà intorno a noi!
Detto ciò, ritengo doveroso proporre anche una scansione degli aspetti positivi di questo breve racconto. Ci sono descrizioni di immagini meravigliose di confini che si perdono stemperandosi gli uni negli altri; ci sono considerazioni sulla fragilità di certi sogni, destinati a vacillare all’arrivo della prima “TEMPESTA”; ci sono pensieri sulla bellezza dei colori della natura, sul valore del buio, sui bisogni dell’Anima e sull’importanza delle scoperte. Ma, soprattutto, c’è un appello – più o meno velato – a non vivere esclusivamente nel mondo dei sogni, ma a ricorrervi in caso di necessità per poi fare ritorno alla vita vera e reale. E poi – a voler essere onesta – leggendo le parole della Petinardi, non ho potuto fare a meno di “covare” delle perplessità: la più pervasiva è sicuramente quella che riguarda la figura di HORUS; occhio vigile su noi esseri umani, pensiero che si libra in volo per osservarci da un punto prospettico più alto. Perplessità anche per alcune affermazioni quali, ad esempio: “Se torni, non dovresti ritornare”, spiegata sostenendo che “l’entrare in sé stessi si può affrontare solo una volta nella vita”. Mi sono interrogata con grande fermezza sul significato di tali parole e sono arrivata alla conclusione che chiunque, una volta affrontato un viaggio interiore e scoperto le meraviglie che il proprio “Io” contiene, non può (e non dovrebbe) tornare alla realtà con gli stessi occhi e con lo stesso atteggiamento che aveva prima del viaggio…
E, ancora: “Così aveva smesso di desiderare troppo, che poi non basta mai”. Per mia natura non amo accontentarmi, soprattutto quando so che posso migliorare la mia situazione; tendo ad aspirare a mete sempre più alte, non tanto per quell’ambizione sfrenata di fronte alla quale io stessa inorridisco, quanto per un autentico e sano desiderio di crescita, ben lontano dall’essere considerato egocentrismo o egoismo o, peggio ancora, superbia. Ciò non toglie il fatto che so (o, perlomeno, tento di) apprezzare appieno i doni che la vita mi offre.
È un libro davvero strano, quello di Veronica Petinardi, costellato sia di pregi sia di difetti. Nel mondo servono entrambi.
Mi rammarico di non potermi pronunciare in merito ai quadri di Michela Bartaletti, ma la lettura su dispositivo Kindle non ne consente una valutazione.