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LA BELLEZZA

NUOVI MONDI


Da circa tre anni sto studiando i significati nascosti all’interno di uno dei libri che hanno fatto la storia della letteratura per ragazzi: sto parlando de “La Storia Infinita” di Michael Ende. Ogni volta che lo leggo o lo sfoglio trovo dettagli, scopro tesori, imparo cose nuove e antichissime, nello stesso tempo. È come se l’autore avesse scritto - con l’inchiostro simpatico e tra le righe – un’altra storia, anzi, tante altre storie, le cui chiavi di lettura si trovano inscritte nel nostro DNA. È un libro che si presta a molteplici interpretazioni ed è un testo che può, anzi dovrebbe, essere utilizzato per far “crescere” le persone in maniera sana e felice. Per i suoi insegnamenti, lo consiglio ai più piccoli, ma soprattutto ai più grandi perché non si può diventare dei buoni adulti se – almeno ogni tanto – non si torna bambini. Ne “La Storia Infinita” c’è tanta cultura ebraica, ma non solo… In merito a questo ho redatto un articolo (pubblicato qui sul mio blog, in due sezioni), pertanto nelle pagine che seguono troverete approfondimenti e nuove scoperte. Ho deciso di compiere questa piccola impresa durante la Quarantena dovuta al Covid 19, in quanto mi sono accorta che stavamo (e stiamo) portando il nostro Mondo – comprensivo di tutti i nostri mondi personali – in una direzione particolare. Quello che stiamo vivendo è un momento in cui abbiamo più che mai la responsabilità di cambiare le cose facendo attenzione a non ripetere gli errori del passato. La fretta, lo stress, l’ansia, la paura, la sofferenza hanno guidato le nostre giornate fino a ieri: oggi è tempo di cambiare. Il Tempo… ho parlato molto anche di questo, nei miei quattro anni di blogging, ma è tempo che ognuno di noi si prenda il proprio, anzi, i propri. E con i propri tempi ognuno dovrà riprendersi i propri spazi e i propri sogni. Vorrei che ognuno creasse il mondo secondo i propri gusti e i propri desideri ed è per tale motivo che - in questo articolo/saggio – ho deciso di prendere come esempio la storia scritta da Ende per raccontare come si crea un mondo, come si fa a desiderare e – soprattutto – come fare perché quei desideri si realizzino. Anche io sto lavorando ai miei e spero di poter realizzare un mondo di cui andar fiera. Buona Creazione a tutt* voi e che il viaggio a Fantàsia abbia inizio!


“Nel principio Dio  creò i cieli e la  terra. La terra era informe e vuota, le tenebre coprivano la faccia dell’abisso e lo Spirito di Dio aleggiava sulla superficie delle acque. Dio disse: «Sia luce!» E luce fu. Dio  vide  che la luce era buona; e Dio separò la luce dalle tenebre. Dio chiamò la luce «giorno» e le tenebre «notte». Fu sera, poi fu mattina: primo giorno”. (“Genesi”)
“Il principio è sempre buio”. (“La Storia Infinita”)

Il virus ha fatto implodere il Mondo lasciandoci al buio. Senza certezze, senza appigli, privati dei nostri affetti, delle nostre abitudini e dei nostri ritmi quotidiani. Del mondo che conoscevamo non è rimasto che un granello di sabbia. Anche di Fantàsia era rimasto un solo granello di sabbia, ma - da quel minuscolo frammento, usato come “Fondamento” di tutte le cose - Bastiano è riuscito a dar vita ad un nuovo bellissimo mondo, con l’aiuto dell’Infanta Imperatrice, anche nota come Sovrana dei Desideri. Ora non ci resta che decidere se vogliamo piangere su quel che non c’è più oppure costruire un Mondo nuovo. Ognuno avrà la capacità, la libertà e – soprattutto – l’onore  e la gioia di creare il proprio microcosmo e tutti avremo la responsabilità del macrocosmo che verrà fuori dall’unione di tutti i piccoli mondi individuali. Ma come si crea un mondo?  E quale differenza c’è tra mondo con la “m” minuscola e Mondo con la “M” maiuscola? IL Mondo è il nostro pianeta, la realtà globale in cui siamo tutti immersi, mentre un mondo è la realtà individuale di ognuno di noi. Ognuno ha il proprio, pertanto il mio mondo è diverso dal tuo e da quello di chiunque altro ed è fatto di cose, fatti, ricordi, persone, sogni, ambizioni, pensieri, azioni, emozioni e sensazioni strettamente personali; dei tuoi passati, del tuo presente e dei tuoi futuri. Passati e presenti al plurale…Sì, perché nella vita anche ciò che non hai fatto e ciò che deciderai di non fare ha una grossa influenza sulla tua storia personale. Il mio mondo non è IL Mondo, anche se ne fa parte, così come la mia storia non è LA Storia, anche se – nel mio piccolo – contribuisco a plasmare il tempo in cui vivo. Anche il tuo passato è reale per te, e ciò che ti racconti – per figurarti il futuro e dargli corpo – è, per te, altrettanto vero e reale. Infatti Tu crei e fai rivivere il tuo passato attraverso i tuoi racconti (di quel passato) che sono rappresentati dai tuoi ricordi e – nello stesso tempo – sei tu a dar vita al tuo futuro, attraverso l’immaginazione, rappresentata dai tuoi desideri.
[A proposito di come percepiamo il mondo, al momento attuale sto approfondendo gli studi di Riccardo Manzotti, il quale – in maniera del tutto innovativa e spiazzante, secondo me – fornisce delle prove a sostegno della sua tesi secondo la quale “l’esperienza e gli oggetti fisici sono la stessa cosa”, cioè “l’esperienza che una persona ha del mondo è il mondo di cui la persona ha esperienza”, stravolgendo completamente “la distinzione tradizionale tra ciò che le cose sono e come appaiono”.]

 In qualunque modo stiano le cose, ogni mondo si crea di desiderio in desiderio. E cosa serve per formulare un desiderio? La risposta è semplice: le parole. Le parole sono degli utensili molto utili per la costruzione dei mondi, in quanto composte da due elementi: il contenitore (fatto di lettere, argomento sul quale torneremo tra poco) e il contenuto (ovvero il concetto espresso). Forma e contenuto, significante e significato. Con strumenti come le parole siamo in grado di esprimere pensieri che, altrimenti, rimarrebbero nella nostra mente. E – altra cosa importantissima - con le parole possiamo dare un “corpo” ai nostri desideri.
Quando, nella vita, tutto ti sembra procedere come in un loop, i desideri rappresentano un modo efficace per spezzare il meccanismo. Il Vecchio della Montagna Vagante infatti, scrive  tutto ciò che accade e, scrivendolo, lo fa accadere. Perpetua il passato, il Vecchio che scrive la Storia Infinita, è il “custode” di tutto ciò che c’è già e che – per Sua mano – continuerà ad esserci fino a che qualcuno non decida di spezzare il meccanismo. La figura del Vecchio è, pertanto contrapposta a quella dell’Infanta Imperatrice, ovvero di tutto ciò che è legato ai desideri e – quindi – al futuro. Ad essere audaci, potremmo dire che la Sovrana dei Desideri sia Elohim… Il paragone potrebbe non essere tanto azzardato, visto che fra le Sephiroth della Qabalah (o Qabbalah o Kabbalah o Cabala, molte sono –infatti - le traslitterazioni di questo termine, così come di quelle degli altri termini che la compongono), “unitamente e singolarmente, troviamo lo sviluppo delle persone e degli attributi di Dio. Di essi alcuni sono maschi e altri femmine. Per qualche ragione a loro nota, i traduttori della Bibbia hanno accuratamente lasciato fuori ed eliminato ogni riferimento al fatto che la Deità è insieme maschile e femminile. Essi hanno tradotto un plurale femminile con un singolare maschile nel caso della parola Elohim. Tuttavia hanno involontariamente riconosciuto di sapere che si trattava di un plurale in Genesi IV, 26: «Ed Elohim disse: Facciamo l’uomo». Egualmente (V, 27) come poteva, Adamo, essere fatto  a somiglianza di Elohim, maschio e femmina, a meno che anche gli Elohim non fossero maschi e femmine? La parola Elohim è un plurale formato dal singolare femminile ALH, Eloh, aggiungendo IM alla parola. Ma poiché IM è solitamente la terminazione del plurale maschile, ed è qui aggiunto a un nome femminile, esso dà alla parola Elohim il senso di una potenza femminile unita a un’idea maschile e quindi capace di prolificare. Sentiamo parlare molto del Padre e del Figlio, nelle comuni religioni attuali, ma nulla si dice della Madre. Nella Qabalah, però, troviamo che l’Antico dei Giorni si conforma simultaneamente nel Padre e nella Madre e così genera il Figlio. Questa Madre è Elohim”. [Pp. 30 e 31 di “Magia della Cabala” a cura di S. L. MacGregor Mathers, Vol. Primo: Teoria, Edizioni Mediterranee Roma.]
“comune il principio e la fine nel cerchio” [Eraclito, Frammento 20, pag. 63, “Dell’Origine”, Feltrinelli]
Sembra impossibile venire fuori da questa situazione a ciclo continuo, invece ognuno di noi ha il potere di creare un nuovo inizio e che cos’è un desiderio se non un nuovo inizio? Il Futuro ti aspetta ! E ti dirò di più: hai una bacchetta magica. Proprio così. È Auryn, lo Splendore, ovvero la capacità di fare ciò che vuoi, la tua vera volontà, la Luce che ti guiderà attraverso le tenebre e l’oscurità. Auryn è la chiave di accesso al Futuro, è lo strumento in grado di metterti in connessione con la tua “scintilla divina”. Auryn è, però, anche fortemente legato alla parola “AURUM”, cioè “ORO”, ovvero il prodotto ultimo delle trasmutazioni alchemiche che miravano proprio a trasformare il piombo in tale nobile metallo.





Quale ruolo ha AURYN nella realizzazione dei desideri?
«L’amuleto dà un grande potere, ti permette di realizzare tutti i tuoi desideri, ma al tempo stesso ti porta via qualche cosa: il ricordo del tuo mondo. […] Esso ti dà la direzione e al tempo stesso ti porta via la meta».
[“La Storia Infinita”]
Quando inizi a desiderare, apri le porte a/di un Io che ancora non conosci e non sai dove questo ti porterà. Iniziare a desiderare ti cambierà, scardinerà le tue certezze, tra le quale, la tua idea di te stesso. Tutto il tuo mondo comincerà a vacillare fino a crollare.
Giovanni: 14, 1-7 “«Il vostro cuore non sia turbato; credete in Dio , e credete anche in me! Nella casa del Padre mio ci sono molte dimore; se no, vi avrei detto forse che io vado a prepararvi un luogo? Quando sarò andato e vi avrò preparato un luogo, tornerò e vi accoglierò presso di me, affinché dove sono io, siate anche voi; e del luogo dove io vado, sapete anche la via». Tommaso gli disse: «Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo sapere la via?» Gesù gli disse: «Io sono la via, la verità e la vita; nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. Se avete conosciuto me, conoscerete anche mio Padre; e fin da ora lo conoscete, e l’avete visto»”.
Tradotto in altri termini, desiderare è cambiare, ovvero diventare qualcun altro che – però – sei Tu molto più di quanto tu lo sia ora. Le “molte dimore” di cui parla Gesù, sono le Sephiroth, e il tuo vero Io ti guida  - attraverso i desideri che esprimi – nel cammino per la realizzazione del tuo Destino, che è quello di arrivare al Padre, cioè a Kether, la Corona…
Ne “La Storia Infinita” Auryn è anche detto il Gioiello o lo Splendore e, nella Qabbalah, lo Splendore è Hod, ovvero la Maestosità o… la Luce. La sua Sefira (o Sephira) si trova in basso a sinistra e, proprio per questa posizione, ci spinge a intraprendere un cammino di ricerca, a espanderci, a capire chi siamo e cosa sia meglio per noi, ma nasconde un pericolo: se non viene bilanciata può causare un’irruenza devastante. Hod è alquanto instabile e causa irrequietezza in coloro che ne sono invasi poiché non è una sola Luce, bensì un insieme di Luci, raccolte in un unico contenitore; ognuna di queste Luci aspira ad avere un contenitore tutto per sé e questa aspirazione provoca l’agitazione interna di cui sopra. La sensazione che prova chi sperimenta il contenuto di questa Sefira è quella di doversi  mettere in cammino per realizzare una grande e urgente impresa. Ma, oltre a tutto ciò, Hod rappresenta anche il saper perdere…


L’Albero della Vita
Configurazione: Ain Soph, l’Illimitato (la cui illimitatezza è intesa come “senza confini spaziali”, ma – suppongo – neppure temporali), è quella…chiamiamola “Energia” che permea l’”Aldilà”; Kether (la Corona) è la Prima Sephira, partendo dall’alto; Chokmah (la Saggezza – se non consideriamo Da’at, ovvero la controversa Undicesima Sephira - o la Sapienza) è la Seconda Sephira; la Terza Sephira è Binah, ovvero l’Intelligenza; la Quarta è Chesed, definita in molti modi: Magnanimità, Amore, Misericordia, Grandezza; come Quinta Sephira troviamo Ghevurà (o Gheburah), ovvero la Forza, la Severità o – per alcuni – la Giustizia; la Sesta Sephira è Tiphereth, ovvero la Bellezza; la Settima è Netzah, cioè la Vittoria o l’Eternità; l’Ottava è Hod, ossia lo Splendore; la Nona è Yesod, cioè il Fondamento o la Verità; al fondo dell’Albero (anche se esiste un Mondo inferiore, speculare a quello che stiamo descrivendo e che appartiene ai Demoni) troviamo Malkuth, ovvero il Regno.
“L’Albero della Vita o l’Albero delle Dieci Sefirot, è la via che unisce il Creatore con il Creato, l’Infinito col finito, il Perfetto con l’imperfetto, l’Eterno con l’impermanente”. [“Nuovo manuale di Cabala”] Le sue Sefirot sono in grado di portare chi ne segue il percorso alla gioia e alla consapevolezza. Consapevolezza di che cosa? – vi starete chiedendo. Del fatto che ognuno di noi è unico e speciale ma, nello stesso tempo, fa  indissolubilmente parte del Tutto; quel Tutto che alcuni chiamano “Universo”, altri chiamano “Amore”, altri ancora “Dio”. [Dal Vangelo di Giovanni, capitolo 14, “Credetemi: io sono nel Padre e il Padre è in me”.] Qualunque sia la Verità, possiamo azzardare l’ipotesi che se facciamo parte di Dio, allora Dio è in noi e siamo tutti in grado di manifestare quotidianamente quelle caratteristiche di cui siamo stati dotati e che corrispondono – per l’appunto – alle Dieci Sefirot (o Sephiroth) poggianti sui Tre Pilastri dell’Albero della Vita: Pilastro di Sinistra (o Pilastro della Giustizia), Pilastro Centrale (o dell’Equilibrio) e Pilastro di Destra (o della Misericordia). Le Sefirot sono raggruppate in Quattro Mondi: a partire dal basso troviamo Assià (o Asiah) che è il Mondo Materiale, quello dell’Azione, dei fatti e dei fenomeni (di cui fa parte Malkuth), Yetzirà (o Yetzirah) che è il Mondo della Formazione (di cui fanno parte Hod, Netzah e Yesod), Brià (o Briah) che è il Mondo della Creazione (di cui fanno parte Chesed, Ghevurà e Tiferet) e Atzilut (o Atziloth) che è il Mondo dell’Archetipo, anche detto Mondo dell’Emanazione o della Prossimità, ovvero il piano della conoscenza pura, della volontà prima (di cui fanno parte Keter, Chokma e Binah). Questa suddivisione, però, non è accettata da tutte le tradizioni e qualcuno suddivide le Sefirot nel modo seguente: Kether da sola nel Mondo di Atzilut; Chokmah e Binah nel Mondo di Brià; Chesed, Ghevurà, Tiferet, Hod, Netzah e Yesod in Yetzirà; Malkut in Assià.
Come già detto, l’Albero della Vita consta di Dieci Sefirot (parola derivante da “Safir”, che significa “Zaffiro”), disposte in “settori” che rappresentano il mondo fisico, quello psicologico e quello spirituale; pertanto possiamo affermare che – quando parliamo di Qabbalah – non ci stiamo limitando a “raccontare”  concetti astratti o puramente filosofici, bensì ci stiamo addentrando nel delineare i nomi e le caratteristiche  delle situazioni sì emotive, ma anche di ordine pratico che ognuno di noi attraversa nella vita quotidiana. E ogni volta che innalziamo una preghiera, ovvero ogni volta che desideriamo, le nostre preghiere (= i nostri desideri) fungono da ponte tra noi e la nostra parte/essenza divina. I Tre Pilastri dell’Albero possono essere paragonati alla nostra “configurazione cerebrale”: emisfero destro, emisfero sinistro e ponte di collegamento tra i due. Senza un mezzo di bilanciamento tra i due emisferi, infatti, ci ritroveremmo in balìa degli eccessi. Per restare in questo ambito, non possiamo non citare le due diverse forme di conoscenza intellettuale, vale a dire Chokmah (= la Sapienza) e Binah (= l’Intelligenza), corrispondenti – rispettivamente – alle qualità artistiche (e intuitive) e a quelle più logiche e razionali. Le altre due Sefirot che generano equilibrio grazie alla loro contrapposta funzione sono Chesed (= l’Amore) e Ghevurà (= la Forza). L’attrazione e la repulsione, l’Amore e il suo opposto.  A volerci spingere oltre, potremmo paragonare la disposizione dei Dieci Vasi al Sistema Solare: il Sole, con la sua luce, irradia, riempie e vitalizza i nove pianeti. La Terra è Malkuth (= il Regno), Sefira che presenta caratteristiche molto simili alle contingenze del nostro Mondo.  [Da tutto questo, però, Da’at (= la Conoscenza), ovvero l’undicesima Sefira, rimane tagliata fuori e, tra poco, ne scopriremo la ragione.] Partendo dall’alto, invece, troviamo KETHER, la Corona, Sefira che non ha corrispondenze fisiche perché  è una Luce che circonda la testa, incoronandola. Da qui si staccano gocce di Luce che scendono a riempire e vitalizzare le altre Sefirot. Corrisponde al trascendente, all’ineffabile e ha una struttura tripartita in Fede, Beatitudine e Volere.
Vaghe somiglianze con il contenuto di alcune Sefirot si possono ravvisare con la tradizione cristiana e, più precisamente, con le Virtù, suddivise in Cardinali (Prudenza, Giustizia, Fortezza e Temperanza), Intellettuali (Sapienza, Scienza e Intelletto) e Teologali (Fede, Speranza e Carità). Anche le Virtù sono simili a linee guida, a modelli di comportamento da seguire per poter essere buoni Cristiani.



MALKUTH – Il Regno
Malkuth è il luogo da cui Bastiano “parte” e a cui farà ritorno dopo aver attraversato le altre Sefirot dell’Albero della Vita che, non a caso, sono nove, come i mesi della gestazione umana. Pertanto, la strettoia che collega le nove Sefirot alla Sefira del Regno, può essere intesa come il canale del parto, tanto è vero che, quando Bastiano arriverà alle Acque della Vita, queste si apriranno e lui, ormai nudo, rientrerà nel mondo degli umani. Malkuth è, dunque, il punto di partenza nella risalita lungo le Sefirot dell’Albero della vita e il suo punto più alto corrisponde alla conquista della capacità di immaginare e di desiderare; ma Malkuth è anche la stazione finale lungo la ridiscesa , è il luogo in cui il desiderio muta forma e, da bisogno di ricevere, diventa bisogno di donare.
“Malchut è la parte centrale della creazione ed è il suo scopo. Essa è la sola creazione e comprende tutti i mondi con tutti coloro che li abitano, noi compresi. In base ai suoi stati, le parti di Malchut o Malchut stessa (che è una cosa sola) hanno varie proprietà, indicate da differenti combinazioni di lettere. Per questa ragione, le parti di Malchut, ricevono vati ‘codici’ (combinazioni) di lettere (proprietà) o nomi.
Tutte le parole del mondo hanno origine qui, in Malchut. Non c’è una sola proprietà nel mondo che non sia inclusa in Malchut. Ogni proprietà di Malchut, ognuna delle creature (perché tutte le creature sono sue parti), è indicata dalla proprietà che la distingue dalle altre, dall’unica combinazione di lettere-proprietà che formano il suo nome”. [Pag. 88 dello “Zohar”]
Che cos’è un NOME?
“Un nome indica un conseguimento. Dopo aver raggiunto un oggetto, l’uomo gli dà un nome. Allo stesso modo, l’uomo dà un  nome al Creatore, in base alle proprietà che egli raggiunge, a come Lo percepisce. Ci sono parecchi nomi del Creatore basati sulle sue proprietà”. [Pag. 89 dello “Zohar”]
Questo è ciò che vuol dire Ende quando spiega che Bastiano deve dare un nuovo nome all’Imperatrice, per poter salvare Lei e Fantàsia dall’invasione del Nulla e dalla distruzione. L’intenzione di Bastiano e la sua attribuzione del nome ‘Fiordiluna’ all’Infanta Imperatrice sono le chiavi di accesso all’Albero della Vita.
Ma…
“What’s in a name? That which we call a rose / By any other name would smell as sweet”. [William Shakespeare, “Romeo and Juliet”, Collins Classics.] Traduzione (mia) “Che cosa c’è in un nome? Il fiore che chiamiamo rosa, anche con ogni altro nome profumerebbe dolcemente”.
È impossibile racchiudere l’essenza delle cose – viventi e non – in una parola che le definisca: per quanto siano spesso utili, le parole sono altrettanto spesso manchevoli e inadeguate perché definiscono concetti, non essenze. Così Dio e perfino il tuo stesso Io (ciò che tu sei davvero, in tutta la tua complessità) non possono stare in un nome. Il tuo nome, tra l’altro, non lo hai neppure scelto in autonomia, poiché te lo hanno assegnato alla nascita…
“«Mi chiamo Bastiano» disse il bambino, «Bastiano Baldassarre Bucci».
«Nome piuttosto curioso», borbottò l’uomo, «con quelle tre B. Ma già, dopotutto non è colpa tua, il nome non te lo sei dato da te»”. [Pag. 7 de “La Storia Infinita”.]
Dio è “un’essenza” a cui noi assegniamo dei nomi diversi a seconda di come Lo percepiamo, ma sappiamo bene che – per quanto “grande” sia il nome che Gli diamo – Dio sarà sempre più grande di quel nome. La stessa cosa vale per Te, ossia per l’Io.
Giovanni: 14, 12-14 “In verità, in verità vi dico che chi crede in me farà anch’egli le opere che faccio io, e ne farà di maggiori, perché io me ne vado al Padre; e quello che chiederete nel mio nome lo farò, affinché il Padre sia glorificato nel Figlio. Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò”.
Chiedi, perciò, secondo la tua vera volontà/essenza, o – meglio - secondo ciò che il tuo vero Io vuole, e sarai esaudito.









Come nasce un desiderio?
“«Quanti desideri ho a disposizione?»
«Quanti ne vuoi. Quanti più sono, tanto meglio è, Bastiano mio. Tanto più ricca e multiforme diventerà Fantàsia»”.  [“La Storia Infinita”]

Innanzitutto domandati: “Sono felice? Sono content*? Sono soddisfatt* della vita che conduco, delle cose che ho, che faccio e che dico?” Se storci il naso mentre rispondi, ti trovi proprio a buon punto: accorgerti che ti manca qualcosa, che puoi/vuoi migliorare e che sei insoddisfatt* e ammetterlo davanti a te stess* è il primo passo per attivare quel magnifico e misterioso processo che è la ricerca della felicità. Dovrai, però, prestare molta attenzione al bivio che ti si parerà di fronte: da una parte ci sono la disperazione, il bisogno e la mancanza, dall’altra – invece – ci sono la passione e la ricerca del piacere. Umano è percepire un bisogno, ma fondamentale è formulare il desiderio di una cosa perché quella cosa ti piace, non perché  ne senti il bisogno o la mancanza.

 “La vita umana è come un pendolo che oscilla incessantemente tra dolore e noia, passando attraverso l’intervallo fugace, e per di più illusorio, del piacere e della gioia”. [Arthur Schopenhauer]
Quando desideriamo qualcosa significa che percepiamo una mancanza, pertanto ci tormentiamo dolorosamente con quel desiderio finché non riusciamo ad ottenerne la realizzazione. A quel punto proviamo un breve attimo di gioia (di cui, solitamente, non godiamo appieno), ma vediamo decadere il piacere della ricerca e ripiombiamo nella noia fino al momento in cui non sentiremo il bisogno di qualcos’altro, lo desidereremo e perpetueremo il cerchio infinito della vita. Questo è, in poche parole, ciò che intendeva il Schopenhauer con la sua affermazione. La NOIA (termine che porterei con me nel mio nuovo mondo), vista e considerata dalla maggior parte delle persone come sensazione negativa, potrebbe essere rivalutata: non più prerogativa dell’ozio, bensì passaggio intermedio tra la gioia, l’insoddisfazione e la formulazione di un nuovo desiderio.

 [Nota: Tra il 1943 e il 1954 lo psicologo statunitense Abraham Maslow concepì il concetto di “Hierarchy of Needs” (“Gerarchia dei bisogni”) e la divulgò nel libro intitolato “Motivation and Personality” (“Motivazione e Personalità”) del 1954. Maslow identificò cinque categorie di bisogni che raggruppò in tre macro-categorie. Nel gradino più basso della piramide, ovvero tra i Bisogni Primari dell’uomo, collocò quelli legati alla Fisiologia (respirazione, alimentazione, sesso, sonno, omeostasi) e – salendo - quelli legati alla Sicurezza (fisica, di occupazione, morale, familiare, di salute e di proprietà); tra i Bisogni Sociali (secondo macro-gruppo) mise i Bisogni di Appartenenza (amicizia, affetto familiare, intimità sessuale) e – risalendo lungo la piramide – i Bisogni legati alla Stima (autostima, autocontrollo, realizzazione, rispetto reciproco); in cima alla piramide, Maslow collocò i Bisogni del Sé, ovvero quei bisogni legati all’Autorealizzazione (moralità, creatività, spontaneità, accettazione, assenza di pregiudizi).] 
Comunque sia, sarebbe un errore focalizzarsi sul “mi manca” anziché sul “mi piace”. Perché? Perché alimentiamo ciò a cui prestiamo attenzione… In questa affermazione molti di voi avranno ritrovato uno dei principi cardine attorno a cui ruota la Legge dell’Attrazione. I nostri pensieri vibrano a determinate frequenze e, a quanto pare, concentrarsi su un’asserzione del tipo: “Voglio arrivare puntuale” ha risvolti diametralmente opposti a “Non voglio più arrivare in ritardo”. Nella prima si fa appello al Futuro e si “evoca” una qualità anziché un difetto, mentre nella seconda si continua ad “attrarre” un meccanismo ben radicato nel  passato, nelle  abitudini e nei comportamenti che vogliamo cambiare.
“Il nostro desiderio ci dirige verso il futuro. Non è una coincidenza che il termine VOLERE sia usato per formare il tempo futuro in tutti i verbi inglesi […] È attraverso la volontà che portiamo il futuro a compimento”. [Pag. 221 de “Il libro dei chakra” di Anodea Judith, Neri Pozza.]


I verbi del desiderio:
·       Ricordare (essere, divenire, avere).
·       Creare (fare, dire).
·       Ricevere.
·       Dare/donare.


Desiderare è ricordare
C’è stato un tempo in cui il Tempo non esisteva e tu ed io eravamo parte del Tutto; è stato prima di nascere. E non te lo ricordi, ma – forse – ti è rimasta una sorta di nostalgia, una sensazione di essere stat* iniziat* alla bellezza, alla forza, al coraggio, all’intelligenza e a molte altre qualità meravigliose. Desiderare è ricordare quelle qualità che erano tue e che hai acquisito durante una “gestazione spirituale”. Quelle caratteristiche ti appartengono ancora, ma sarà prima necessario che tu ricordi quali sono.
 “Poiché nel mondo spirituale non esiste il concetto di tempo, noi esistiamo nel nostro stato definitivo e perfetto nel Mondo dell’Infinito (Ein Sof). Poiché nel mondo spirituale il desiderio indica l’azione, è il desiderio stesso ad agire senza un corpo. Tuttavia, dobbiamo ancora arrivare a percepire questo stato. […] Così, per raggiungere questo stato di perfezione, dobbiamo attraversare un processo graduale di trasformazione delle nostre qualità interiori (i desideri), che corrisponde all’ascesa spirituale dal nostro mondo attraverso tutti i mondi, fino al Mondo di Ein Sof. [Pag. 5 dello “Zohar]
Lo scopo della Qabbalah è quello di aiutare l’uomo a superare i desideri impuri ed egoistici e di ascendere ad un livello superiore. Prima di nascere riceviamo istruzioni, Sefira dopo Sefira, sul comportamento da tenere sulla Terra. È come un ‘corredo’, una sorta di ‘dote spirituale’ che avremo il compito di mettere in partica una volta nati. Quella dote rappresenta il nostro contatto con il Divino, ma – quando nasciamo – attraverso l’educazione terrena, purtroppo, dimentichiamo quelle istruzioni, rischiando di cadere nell’infelicità e nell’insoddisfazione. I desideri servono proprio a farci recuperare questo rapporto perduto con il Divino, ma è necessario che siano i desideri ‘giusti’…

 “I giusti sono coloro che vogliono fondersi con il Creatore, conseguire l’intera creazione e, come risultato, scoprire la giustizia del Creatore, che l’ha creata e la governa”. [Pag. 487 dello “Zohar”]

Cosa desideri DAVVERO? Chiedi e ti sarà dato.
“Abbiate fede in Dio! In verità io vi dico che chi dirà a questo monte: «Togliti di là e gettati nel mare», se non dubita in cuor suo ma crede che quel che dice avverrà, gli sarà fatto. Perciò vi dico: tutte le cose che voi domanderete pregando, credete che le avete ricevute e voi le otterrete”. [Marco 11: 12-24]
Cosa significa? Semplice: non datevi il tempo di ragionare sul fatto che un desiderio sia possibile o meno. Quando sentite nascere in voi un desiderio, non tarpategli le ali, ma lasciatelo libero di esprimersi in tutta la sua potenza e – soprattutto – datevi la libertà di esprimere la vostra vera volontà. Non esitare significa non soffermarsi a ragionare. Sentirete/vi accorgerete subito se un desiderio è autentico oppure no: se è autentico vi fa stare bene, vi fa sentire colmi di gioia e soddisfazione, già solo per il fatto che vi sia venuto in mente. Vi sentirete come se quel desiderio  stesse aspettando, come se stesse attendendo che voi lo formulaste nel vostro cuore e sarà una sensazione talmente forte e potente che, al solo pensarlo, vi sembrerà come già realizzato. Se non dubitate, vi sentirete fiduciosi nella sua realizzazione proprio come se lo aveste già ottenuto. In tutto questo, però, è essenziale ricordare che per ottenere bisogna chiedere, perciò chi non chiede non otterrà.
“se non speri l’insperabile, non lo scoprirai, perché è chiuso alla ricerca, e ad esso non conduce nessuna strada” [Eraclito, Frammento 125, pag. 200, “Dell’Origine”, Feltrinelli”]

Desiderare è creare
 “«Dove siamo, Fiordiluna?»
«Io sono con te e tu con me».
Era come un dialogo in sogno, eppure Bastiano era assolutamente sicuro di essere sveglio e di non star sognando.
«Fiordiluna», sussurrò, «questa è la fine?»
«No», rispose lei, «è il principio».
«Dov’è Fantàsia, Fiordiluna? Dove sono tutti gli altri, Atreiu e Fùcur? È tutto scomparso? E il Vecchio della Montagna Vagante e il suo libro? Non c’è più nulla di tutto questo?»
«Fantàsia rinascerà dai tuoi desideri, Bastiano mio. E grazie a me, essi si muteranno in realtà».
«Dai miei desideri?» ripeté Bastiano sbalordito.
«Tu lo sai bene», udì la dolce voce, «che mi chiamano la sovrana dei Desideri. Che cosa desideri?» [Pag. 199 de “La Storia Infinita]
Il punto di vista dal quale osserviamo il mondo è fondamentale: un bicchiere il cui livello di liquido all’interno arriva a metà può essere interpretato come mezzo pieno oppure mezzo vuoto, come ben saprete… Ecco, la stessa cosa vale per il cerchio: in esso, la fine e il principio si congiungono e ci danno modo di decidere se vogliamo interpretare quel punto come l’una o l’altro. [A questo proposito, torna nuovamente calzante il frammento numero 20 di Eraclito.]
“Le storie scritte nei libri finiscono con un punto. La storia da cui tutte le storie sono nate, invece, con un punto inizia.
Per questo ho messo un punto all’inizio del mio racconto: perché in un punto c’è già tutto”. [Pag. 73 de “Il poeta dell’aria” di Chicca Gagliardo, Hacca Edizioni.]
“«Tutto comincia a esistere solo dopo che l’ho desiderato? Oppure c’è già e io l’ho soltanto evocato?»
«Entrambe le cose» perché Fantàsia è il regno delle Storie e «una storia può essere nuova oppure raccontare di tempi immemorabili. Il passato nasce con lei»”. [“La Storia Infinita”]
Sì, perché “Il momento è eterno”. Tutto deve ancora accadere e tutto è già accaduto. E la realtà è come sospesa in quella dimensione in cui il tempo non è quello dell’orologio. Assomiglia a una dimensione onirica, in cui un minuto può durare una vita e una vita può passare in un solo minuto…
“L’ultimo attimo durò più a lungo dell’intera esistenza. In quell’istante riuscì a vedere che cosa era racchiuso all’interno del punto iniziale che conteneva in sé l’intero universo”. [Pag. 79 de “Il poeta dell’aria” di Chicca Gagliardo, Hacca Edizioni.]
Tutto è sempre.
Quando desideri ti proietti nel futuro e vai a prendere l’oggetto del tuo desiderio, già pronto per te, che ti sta aspettando e – nello stesso tempo – hai il potere di plasmare il tuo futuro attraverso i tuoi desideri.

Questa risposta mette d’accordo sia coloro che sostengono la teoria (o l’ipotesi) secondo la quale il Destino  lo plasmiamo noi di giorno in giorno, sia coloro che credono in un percorso già scritto. In ogni caso, il fatto è che:
“Le strade di Fantàsia le puoi trovare solo grazie ai tuoi desideri. E ogni volta puoi procedere soltanto da un desiderio al successivo. Quello che non desideri ti rimane inaccessibile. Questo è ciò che qui significano le parole ‘vicino’ e ‘lontano’. E non basta volere soltanto andar via da un luogo. Devi desiderarne un altro. Devi lasciarti guidare dai tuoi desideri”. [“La Storia Infinita”]
Come per le Tre Porte, non si può passare al desiderio successivo fin quando non si è formulato e ottenuto il precedente. Si cresce per tappe intermedie. E tutto gira intorno alla consapevolezza: non sei veramente cresciuto se non prendi atto internamente della tua crescita. La crescita va “sentita” dentro.

“Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete; bussate e vi sarà aperto; perché chiunque chiede riceve; chi cerca trova, e sarà aperto a chi bussa”. [Matteo, 7:7,8]
Le passioni e i desideri, sono le forze motrici del cambiamento: danno il via alle vicende e le portano avanti fino alla completa evoluzione del protagonista. Bastiano è ognuno di noi. Gli manca – da accanito lettore – una storia che non abbia fine. La sua è una mancanza che l’autore stesso definisce una “passione”. Ogni cosa che ci manchi e che desideriamo fortemente scatena in noi una passione. Quanti al mondo, ad esempio, possono dire di svolgere il lavoro dei propri sogni?

Gli ostacoli
Bastiano spiega alla Sovrana per quale ragione non si è presentato subito al Suo cospetto: si vergognava, non si sentiva all’altezza, aveva paura.
Pensava che la Sovrana si aspettasse un tipo coraggioso, forte e bello come un principe… allora l’Imperatrice ride e lo invita a guardarla negli occhi:
“E ora, nello specchio d’oro delle sue pupille dapprima ancora piccina, come a una grande lontananza, poi via via più vicina, vide una figura che ingrandiva e si avvicinava, facendosi sempre più chiara. Era un ragazzo, press’ a poco della sua stessa età, ma snello e di straordinaria bellezza […] Incantato e pieno di ammirazione, Bastiano fissava l’immagine. Non poteva saziarsi di guardarla. Voleva giusto chiedere chi fosse quel bellissimo figlio di re quando, come il bagliore di un lampo, lo trapassò la consapevolezza di essere lui. Quella era la sua immagine riflessa negli occhi d’oro di Fiordiluna”. [“La Storia Infinita”]
Dante, Paradiso, Canto XXXIII, “[…] per che ‘l viso mio in lei tutto era messo”.
“Ciò che avvenne in quel momento in lui è assai difficile da descrivere a parole. Fu un rapimento, un’estasi che lo trasportò fuori da se stesso, portandolo lontano, come se avesse perso conoscenza e quando ebbe fine ed egli fu tornato in sé si ritrovò esattamente quel bellissimo fanciullo di cui aveva visto l’immagine […] Si volse verso Fiordiluna. Lei non c’era più”. [“La Storia Infinita”]
Gli occhi della Sovrana sono come degli specchi che riflettono la vera essenza di Bastiano, ormai libero da tutti i condizionamenti e i preconcetti di cui è sempre stato vittima e fautore. Siamo tutti creature bellissime e – soprattutto - destinate alla bellezza! È questo il significato delle parole: “si volse verso Fiordiluna. Lei non c’era più”. Vedendosi in lei, Bastiano diventa consapevole di portarLa dentro di sé.
Per Bastiano, d’altronde, è stato come uscire da se stesso e guardarsi/vedersi dall’esterno, ma attraverso gli occhi di Dio, del Dio del divenire.
Bastiano vede la propria essenza divina e – si sa – non si può vedere il volto di Dio (il proprio vero Io) e pretendere di rimanere uguali a come si era prima di vederlo.
Ma per vedere l’Io bisogna uscirne…


“«Quanti desideri ho a disposizione?»
«Quanti ne vuoi. Quanti più sono, tanto meglio è, Bastiano mio. Tanto più ricca e multiforme diventerà Fantàsia».
Bastiano si sentì sopraffatto  dalla sorpresa. Ma proprio perché d’improvviso si trovava di fronte a una simile illimitatezza di possibilità non gli veniva in mente nulla di preciso da desiderare”.

“[…] si può essere perfettamente convinti di desiderare una cosa, magari per anni interi, fintanto che si sa che il desiderio non è realizzabile. Ma nel momento stesso in cui, all’improvviso, ci si trova di fronte alla possibilità ch’esso si trasformi in realtà, allora non si ha più che un solo desiderio: non averlo desiderato mai”.
[“La Storia Infinita”]

Proprio così. È una delle condizioni che spesso impediscono ai nostri desideri di realizzarsi. Quando desideriamo qualcosa, anche se ardentemente, può capitare di non vederla realizzarsi e le cause possono essere le più disparate:
-        La sensazione di non essere degni o - addirittura – all’altezza, chiamata anche “senso di colpa”.
[«[…] ci sono tante forme di colpa, quella dell’azione, quella del pensiero… La nostra è quella di esistere». “La Storia Infinita”
Bastiano riconosce che gli Acharai non hanno colpa per il loro aspetto fisico. Questa constatazione gli tornerà utile per riconsiderare l’idea di se stesso. Li trasforma in Uzzolini e loro inziano a chiamarlo “Coso” e instillano in lui il dubbio su quale sia il suo vero nome (e la sua vera identità). Ma noi non siamo il nostro nome!!!]

-        La paura di non sapere come gestire il desiderio una volta ottenuta la sua realizzazione.
-        La paura che si realizzi perché se si realizza cambierà tutto nella nostra vita.
-        La paura che non si realizzi.
-        Il fatto di non volerlo davvero (magari perché di quella cosa c’importa poco o nulla).
-        L’errata formulazione.
-        L’aver desiderato cose o – addirittura  desideri che appartengono ad altri e che non sentiamo del tutto “nostri”.
Bastiano, in questo caso, ha desiderato una storia che non avesse fine e ora – attanagliato dalla paura – non vorrebbe aver mai desiderato una cosa del genere.

I “DEMONI” dei Chakra
Se spingessimo il nostro pensiero un poco oltre le convenzioni, potremmo notare che ci sono moltissime affinità tra l’Albero della Vita e la colonna vertebrale umana, con i suoi 7 centri energetici denominati “Chakra”. A guardare le cose da questo punto di vista, ci accorgeremmo che la risalita di Ida e Pingala (due serpenti, guarda caso) lungo Sushumna è un percorso molto simile a quello che si compie per risalire le Sefirot della Qabbalah. Pertanto, gli ostacoli che potremmo incontrare durante la formulazione dei nostri desideri, potrebbero essere facilmente paragonati ai cosiddetti “Demoni” dei Chakra: 1- Paura, 2- Colpa, 3- Vergogna, 4- Dolore, 5- Bugie, 6- Illusione, 7- Attaccamento. Tali “Demoni”, come li chiama Anodea Judith nel suo libro [“Il libro dei chakra”, Neri Pozza], sono contrapposti ai 7 diritti dell’essere umano: 1- Esistere (Sopravvivenza), 2- Sentire (Sessualità), 3- Agire (Potenza), 4- Amare (Amore), 5- Parlare (Comunicazione), 6- Vedere (Intuizione), 7- Conoscere (Cognizione). Come nella Qabbalah, anche in questo campo, eccedere o difettare in uno o più punti energetici significa trovarsi in squilibrio/disarmonia con se stessi e con il mondo circostante.
“È strano che non si possa semplicemente desiderare quello che si vuole”. [“La Storia Infinita”]
Fa’ ciò che vuoi non vuol dire che puoi fare quel che ti pare, con leggerezza (= noncuranza), ma che devi fare ciò che rappresenta la tua vera volontà.
Ci vogliono sincerità e attenzione a se stessi, coraggio e determinazione, ma anche intuizione. Sono tutte cose che non possono essere forzate. E va ricordato che i desideri possono guidarci nella vita (come i sensi), ma non sono tutti buoni. Perché lo siano bisogna che:
-        Rappresentino, come già detto, la nostra “vera volontà”.
-        Appartengano veramente a noi.
-        Siano espressi con chiarezza e precisione, altrimenti si rischia di non vederlo realizzarsi (o che si realizzi nella maniera sbagliata).
-        Procedere di desiderio in desiderio. Questo implica il fatto che non possiamo passare ad uno stadio evolutivo più alto prima di aver completato quello precedente. (Desideri = evoluzione.)
-        Fare attenzione a non desiderare per gli altri (ognuno ha la propria storia). [Eh sì, abbiamo anche delle responsabilità quando desideriamo: dobbiamo fare in modo che ciò che desideriamo non leda le vite altrui. Desidera, pertanto, cose che cambino la tua vita e non intrometterti nella vita degli altri.  Si tratta di egoismo? No, al contrario, non desiderare per gli altri è una forma di altruismo perché lascia loro la libertà di – passatemi il gioco di parole – desiderare i loro desideri. Se desiderassimo per gli altri, infatti, sarebbe come se andassimo al ristorante, ordinassimo una cena luculliana e poi facessimo mettere la cifra risultante sul conto di qualcun altro…
“Io voglio che loro vogliano quel che voglio io”, desidera – ad un certo punto de “La Storia Infinita” -  Bastiano. Ecco, niente di più sbagliato…]


-        Quando esprimiamo un desiderio dobbiamo poi permetterci di accoglierne la realizzazione nelle nostre vite.
-        Carpe Diem. Cogliere l’attimo esatto in cui ciò che abbiamo desiderato ci sta raggiungendo e afferrarlo prontamente per impedire che (l’attimo) passi e il desiderio ci sfugga di mano. [(Es.: a Bastiano, la spada SIKANDA, appartiene da sempre (anche perché le ha dato il nome). Sikanda è l’intuito, il potenziale. Come la lampada di Aladino o una delle due bambole di Vassilissa (l’altra è la ragione). Ma è una lama a doppio taglio: se usata correttamente, fa del Bene, mentre se viene usata per scopi malevoli, farà del Male].
-        Desiderate ciò che sentite di desiderare veramente, nelle profondità di voi stessi e non ciò che chi vi circonda approverebbe. E, ribadisco, desiderate per conto vostro, cose che riguardano solo voi e non cose che coinvolgano anche altre persone (specifiche): lasciamo a tutti la facoltà di esercitare il Libero Arbitrio!
-        Non affidarti al caso, quando vuoi cambiare la tua vita: sii tu l’artefice del tuo Destino. “Vuoi vedere un miracolo, figliolo? Sii il tuo miracolo!”, dal film: “Una settimana da Dio”.




La BELLEZZA, ovvero Tiphereth
“E proprio in tal modo veniva esaudito il suo desiderio di essere bello, perché uno che lo è sempre stato non pensa neppure lontanamente a desiderarlo. Aveva appena ottenuto questo, che già provava quasi un senso di insoddisfazione, e in lui si risvegliò un nuovo desiderio. Dopotutto essere soltanto bello non era un gran pregio. Voleva anche essere forte, più forte di chiunque altro. Il più forte in assoluto!” [“La Storia Infinita”]
 Bastiano gioisce del fatto di essere bello. Non gli importa che non ci sia nessuno ad ammirarlo  e questo pensiero ci fa riflettere sulla troppa importanza che attribuiamo all’approvazione, all’ammirazione e al riconoscimento altrui (nei nostri confronti).
A poco a poco la sensazione di gioia e la consapevolezza di essere bello si trasformano in naturalezza, come se la sua bellezza fosse una cosa ovvia. Non è meno felice, ma ha l’impressione di non essersi mai conosciuto diverso da come è ora.

Bastiano ha desiderato di essere bello e la sua richiesta è stata esaudita.
Bellezza è una delle parole che, personalmente, porterei con me in un ipotetico nuovo mondo.
Bellezza è la qualità di ciò che è bello; è incanto, splendore, magnificenza, armonia, grazia, fascino e avvenenza. Pertanto, chi è bell* è delizios*, incantevole, benfatt*, buon*, sereno, elegante, affascinante, cospicuo, grande, generoso, nobile.
Nella Qabbalah, la bellezza (Tiphereth o Tiferet) risiede nella sesta Sefira e corrisponde non soltanto alla qualità esteriore propriamente detta, ma anche e soprattutto alla bontà, al buon cuore, all’amore armonioso ed equilibrato. La sesta Sefira è, non a caso, situata nella parte centrale dell’Albero della Vita.
È interessante notare l’accostamento che sia il vocabolario italiano sia la Qabbalah fanno di bellezza e bontà. Nel mondo che vorrei, la bellezza - così intesa - dovrebbe traboccare da ogni parte ed essere sia causa sia effetto di grande gioia. 

La forma delle parole è importante quanto il loro contenuto. Ogni lettera dell’alfabeto ebraico, per esempio, non è un segno tracciato a caso, bensì un simbolo del significato in esso contenuto.


L’alfabeto ebraico e la storia della Creazione.
Ho il sospetto che Ende abbia studiato a fondo ogni lettera dell’alfabeto ebraico per scrivere “La Storia Infinita”, rappresentata – tra l’altro – dalla lettera Samech, di forma circolare. Simbolo del mito dell’eterno ritorno, è anche possibile veder questa lettera come un serpente che si morde la coda. Racconta la ciclicità della vita, “la fine innestata nel principio”. Ogni capitolo de “La Storia Infinita” si apre con una lettera diversa e l’ordine seguito è – naturalmente – quello alfabetico. Un altro vistoso riferimento all’alfabeto ebraico e alla Qabbalah è la lettera Mem, che rappresenta le “Acque di Vita”; poi troviamo la lettera Yod, la cui traduzione è “Mano” (cosa che ricorda inevitabilmente il capitolo 20 del libro di Ende, intitolato “La Mano che vede”). Così per ogni lettera. Così per ogni numero. Sì,  Ende ha inserito anche un accuratissimo compendio del significato dei numeri all’interno della Qabbalah e lo ha fatto perché – fondamentalmente – lettere, Sephiroth e numeri, all’interno della Qabbalah, sono strettamente collegati tra loro. “La miglior traduzione della parola Sephira è «emanazione numerica». Vi sono dieci Sephiroth, che rappresentano le forme più astratte dei dieci numeri della scala decimale: 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10. Quindi, come nell’alta matematica ragioniamo di numeri nel solo senso astratto, così nella Qabalah ragioniamo della Deità nelle forme astratte dei numeri; in altre parole mediante le SPIRVTh, Sephiroth”. [Pag. 29 di “Magia della Cabala”.] Ne “La Storia Infinita” compare spesso il numero 7. Questo numero possiede molteplici significati tra cui l’intuizione, la capacità di fondere realtà e magia e quella di rendere reale quella stessa magia. Per i Pitagorici rappresentava la perfezione del cerchio e – per estensione – della ciclicità. Assolutamente in linea, quindi, con il concetto di infinito che permea tutto il libro di Ende. La settima lettera dell’alfabeto ebraico (Zain) è associata alla capacità discriminativa della nostra mente, ovvero la facoltà di discernere il Bene dal Male e di allontanare – di conseguenza – tutto ciò che ci impedisce di crescere spiritualmente. Non a caso, la forma della lettera è simile a quella di un pugnale, di un’arma da taglio con la quale combattere per la nostra sopravvivenza. “Zain” significa, letteralmente, “strumento di guerra” ed è appunto lo strumento con il quale possiamo lottare sia per vivere, sia per progredire. Il numero 7, pertanto, rappresenta la perfezione data dall’equilibrio degli opposti.
Ecco, dunque, che si spiega anche il significato del numero 8. L’8 non è altro che la trascendenza del numero 7, il momento in cui Atreiu e  Bastiano entrano in una dimensione che va oltre il tempo perché il numero in questione rappresenta l’ingresso del finito nell’infinito…
Quando Ende parla dei rintocchi del campanile nel mondo di Bastiano, dunque, non sta fornendo al lettore dei meri riferimenti al tempo “terrestre”… Nessun dettaglio è casuale, all’interno del suo libro!
Un appunto sul numero 10: il 10 ha, nella Qabbalah, un significato molto particolare in quanto non è singolo, bensì composto da 1 e 0. L’1 è, naturalmente, l’Unità, mentre lo 0 simboleggia il Negativo, perciò, quando raggiungiamo il numero 9 (concetto valido anche per le Sephiroth), “non possiamo proseguire oltre senza tornare all’unità perché il numero dieci è solo una ripetizione di unità appena derivate dal negativo. Così, allora, l’infinito oceano della luce negativa non procede da un centro, perché è senza centro, ma concentra un centro, che è il numero uno delle Sephiroth manifestate, Kether, la Corona, la Prima Sephira; che quindi può essere detta il Malkuth o numero dieci delle Sephiroth nascoste (v. Tav. II)”. Vi sono, infatti, tre veli cabalistici dell’esistenza negativa. Se dovessimo rappresentarli graficamente, li dovremmo disporre concentricamente: all’”esterno” dovremmo mettere AIN, il primo velo dell’esistenza negativa, in quanto Ain=Negatività. Questa parola consiste di tre lettere che così indicano le prime tre Sephiroth o numeri; il secondo velo (andando verso il centro) è l’AIN SVP, Ain Soph=l’Illimitato. Questa parola consiste di sei lettere e indica l’idea delle prime sei Sephirot o numeri. Il terzo velo è l’AIN SVP AVR, Ain Soph Aur=la Luce Illimitata. Questa parola consiste di nove lettere e simbolizza le prime nove Sephirot, ma naturalmente solo nella loro idea nascosta. [Da “Magia della Cabala”.]
Da 1 a 10 e da 10 a 1 è il percorso in salita e in discesa e – di nuovo – in salita, a ciclo continuo, dell’essere umano; dal finito all’Infinito e viceversa…
 Ma il rapporto tra numeri, lettere, parole e Sephiroth è un argomento troppo vasto e troppo complesso per essere trattato in questa sede, pertanto non mi spingerò oltre.
“Rabbi Hamnuna-Saba disse: «Nelle prime quattro parole della Torah, In principio il Creatore creò  Et-Bereshit Barah Elokim Et, le prime due parole iniziano con la lettera Bet e le due successive iniziano con Aleph». […] È detto: «Quando il Creatore pensò di creare il mondo, tutte le lettere erano ancora occultate e anche duemila anni prima della creazione del mondo, il Creatore le osservava e si dilettava a giocare con loro». [Pag. 85 dello “Zohar”]
“Quando il Creatore pensò di creare il mondo, tutte le lettere dell’alfabeto vennero da Lui in ordine inverso, dall’ultima (Tav) alla prima (Aleph). La lettera Tav entrò per prima e disse: «Signore del mondo! È bene per Te creare il mondo con me, con le mie proprietà […]». [Pag. 86 dello “Zohar”]
Ogni lettera/geroglifico (e – di conseguenza – ogni parola) è formata da una “base” e da un “riempimento”, ma è quest’ultimo che chiarisce la lettera stessa. È possibile sentire il riempimento di una lettera quando quest’ultima viene pronunciata. Ed è poi interessante sapere che “la maggior parte di termini Kabbalistici ha una forma composta: la parola ‘Creatore’, ad esempio, deriva dalla parola ‘ombra’.
La lettera Tav
“Ognuna delle ventidue lettere corrisponde a un particolare livello spirituale nel quale agisce”. [Pag. 114 dello “Zohar”]
La lettera Tav, ad esempio, rappresenta le proprietà della ‘Verità’, ovvero il ‘Sigillo del Creatore’. [Pag. 115 dello “Zohar”]
E, ancora… “Il nome della lettera Tav, ‘verità’, indica che, per raggiungere il suo livello, il suo grado, l’uomo deve ottenere la proprietà della verità. Perciò la lettera Tav sosteneva che con le sue proprietà l’uomo può analizzare completamente il bene e il male, respingere come falsi i propri desideri impuri e, nella misura in cui li respinge, avvicinarsi ai desideri puri (forze). In questo modo può essere certo di raggiungere lo scopo della creazione: la correzione di tutti i propri desideri […]”. [Pag. 119 e 120 dello “Zohar”]
“Tutto questo corrisponde alla citazione: «Il Creatore è vicino solamente a coloro che veramente Gli chiedono aiuto». Perché solo con il Suo aiuto l’uomo può raggiungere la correzione e l’elevazione spirituale. Tuttavia, questo aiuto arriva solamente a coloro che lo domandano sinceramente e ‘veramente’. Non appena l’uomo è capace di implorare con tutto il cuore il Creatore perché lo aiuti, questo aiuto arriverà all’istante. E se l’uomo non riceve una risposta dal Creatore, si tratta di un segno che la sua richiesta non è ancora completa, che egli non ha ancora compreso totalmente la propria natura egoistica […]”. Ecco perché è necessaria la Verità… Necessaria nonostante il Creatore, alla fine, non l’abbia scelta come lettera per la Creazione del mondo.
Verità
‘Verità’ è una delle parole che porterei nel mio nuovo mondo. È sinonimo di  ‘autenticità’, pertanto rappresenta l’individuo. ‘Autentico’ , infatti, significa ‘autore responsabile’, definizione in cui si ravvisa un composto con ‘autos’ (= stesso). Ognuno ha la propria verità costituita da un insieme di credenze, pensieri, convinzioni, ricordi, fatti accaduti e accadimenti vissuti (passatemi il gioco di parole) che hanno prodotto – guarda caso – un personalissimo mondo, ovvero un modo di vedere e percepire le cose. L’insieme di tutte le verità dà origine al Mondo con la “M” maiuscola ed è lo specchio di ciò che chiamiamo “Tutto” (o Dio, se preferite un approccio più teologico).
Il racconto di Rabbi Hamnuna-Saba “spiega le particolari proprietà delle lettere ebraiche: come tutte le lettere si presentino davanti al Creatore e come ognuna di esse Gli chieda di essere usata per creare il mondo con le sue proprietà. Ognuna delle ventidue lettere rappresenta un livello spirituale nei mondi di ABYA e ognuna crede che le proprie qualità spirituali pure siano le più adatte per questo compito, cioè che raggiungendo il suo livello e acquisendo le sue qualità, gli abitanti del mondo saranno in grado di elevare le forze pure al di sopra di quelle impure, quel tanto che permetterà loro di raggiungere la fine della correzione, che è lo scopo della creazione.
Tuttavia, il Creatore risponde a ogni lettera che esistono corrispondenti forze impure per ognuna di esse e, perciò, l’uomo non sarebbe capace di separare in modo corretto le forze pure da quelle impure e di utilizzare le forze pure per raggiungere lo scopo. Questa situazione si ripete finché non arriva, al Suo cospetto, la lettera Bet, la quale rappresenta il livello chiamato ‘la benedizione del Creatore’, contro la quale non esistono forze impure di alcun genere.
Allora il Creatore acconsente a creare il mondo con la lettera Bet, con la sua proprietà e poiché essa non ha una controparte impura, solo Bet si presenta come l’opportunità di scindere tra il bene e il male, per determinare quando un uomo opera per se stesso e quando lo fa per il bene del Creatore. Perciò il mondo può esistere solo per mezzo della sua forza e delle sue proprietà: in modo da estrarre, dal ‘miscuglio’ dei propri desideri, solo quelli che sono puri, per elevarli sopra quelli impuri, fino al completo sradicamento di questi ultimi, con il conseguimento della completa correzione della propria natura”. [Pp. 109 e 110 dello “Zohar”]
 “Ma il Creatore le rispose che non era meritevole di diventare la base della creazione, perché le forze del giudizio che sarebbero nate da essa sarebbero state così forti che persino i giusti perfetti, che hanno adempiuto tutta la Torah da Aleph a Tav (dalla A alla Z) e raggiunta la proprietà della verità, sarebbero comunque stati puniti da essa, dato che essi non hanno distrutto tutti i peccatori, come è scritto nel Talmud […].
Inoltre, il Creatore declina la sua richiesta perché essa è anche il sigillo della morte, in quanto il suo potere porta la morte in questo mondo. Perché l’uomo è destinato a morire, in quanto il serpente ha creato il proprio sigillo e ha messo fuori strada Adamo, confondendolo a proposito dell’Albero della Conoscenza. Questa è la ragione per cui il mondo non può esistere con le proprietà di Tav”. [Pag. 120 dello “Zohar”]
“La lettera Bet entrò e disse al Creatore: «Creatore del mondo, sarebbe bene che Tu creassi il mondo con me, perché attraverso di me Tu sei benedetto in Alto e in basso. Perché Bet è benedizione». Il Creatore replicò a Bet: «Naturalmente, Io creerò il mondo con te e tu sarai la base del mondo!” [Pp. 149 e 150 dello “Zohar”]
“La lettera Bet è la proprietà di HOCHMA (Saggezza) o, piuttosto, di HESED in HOCHMA” perché – attraversando tutti i mondi – dal Creatore fino al livello più infimo, la Luce della benedizione non si attenua in nessun modo e nessuno schermo e nessun desiderio meschino può danneggiarla.
La lettera Bet
Bet è la seconda lettera dell’alfabeto ebraico ed è l’Archetipo di tutti i recipienti poiché, per la sua particolare conformazione, rappresenta il simbolo della capacità recettiva. La sua forma, infatti, ricorda quella di un contenitore chiuso su tre lati e aperto a sinistra, sul quarto. Da questo lato, secondo la Qabbalah, provengono le forze negative, pertanto il fatto che sia aperto proprio in tal punto, ci porta a pensare – ancora una volta – all’imprescindibilità degli opposti nel delicato gioco dell’equilibrio nel Mondo: se non ci fosse il Male non potremmo sperimentare il Bene e neppure avremmo la possibilità di decidere ogni giorno quale strada prendere. Non potremmo batterci per ciò che è Giusto perché non sapremmo che cosa è Giusto e che cosa è Sbagliato. E non potremmo sperimentare il Libero Arbitrio e, con esso, uno degli atti di Libertà più belli che ci siano, ovvero la libertà di Creare.
“è la malattia che rende piacevole e buona la salute, la fame la sazietà, la fatica il riposo” [Eraclito, Frammento 20, pag. 63, “Dell’Origine”, Feltrinelli]

“Questa è anche la ragione per cui la proprietà della misericordia è la più adatta per la creazione del mondo: perché a essa non si può aggrappare alcuna forza impura. Questo perché le forze impure si possono aggrappare solamente in un posto dove ci sono mancanze. E poiché non ci sono mancanze di nessun genere nelle proprietà della misericordia, non potrà mai esserci contatto tra Bet e le forze impure”. [Pag. 150 dello “Zohar”]
“La lettera Aleph restò fuori e non entrò per presentarsi al Creatore. Il Creatore le disse: «Perché non vieni da Me come hanno fatto tutte le altre lettere?» Aleph replicò: «Perché ho visto tutte le lettere lasciarTi senza la risposta desiderata. Inoltre, Ti ho visto donare alla lettera Bet questo grande regalo. E, in verità, il Re dell’universo non può riprendersi indietro il suo regalo per donarlo a qualcun altro!» Il Creatore replicò: «Sebbene Io creerò il mondo con la lettera Bet, porrò Te in testa a tutte le lettere e la Mia unicità sarà espressa solo attraverso di te; tutte le azioni e le ragioni di questo mondo incominceranno sempre con te e l’unicità sarà in te sola»”. [Da pag. 151 dello “Zohar”]
Persino l’Infanta Imperatrice, in qualche modo, si avvale di Bastiano e dei suoi desideri per ricostruire Fantàsia. Vi potrete facilmente accorgere, infatti, che il nome e il cognome del terrestre Bastiano iniziano proprio con la lettera “B” (Bastiano Baldassarre Bucci).

Ma se Bet rappresenta la Creazione nonché l’esistenza del principio negativo nel Mondo, Aleph (ovvero la prima lettera dell’alfabeto ebraico) è “l’unione degli opposti. È la soglia fra il manifesto e l’inconoscibile, il segreto e il rivelato, il potenziale e l’attuale”. [“Nuovo manuale di Cabala”] La sua forma è data da due metà contrapposte: nella parte alta risiedono le Acque Superiori, quindi la Conoscenza pura e illuminata, mentre nella parte bassa sono rappresentate le Acque Inferiori, vale a dire l’affettività, l’emotività e l’istinto. Aleph rappresenta l’Uno, l’Assoluto, Dio nella Sua interezza che ha in sé il Tutto.
E – guarda un po’ – il nome di Atreiu inizia proprio con la lettera “A”…
Il legame speciale tra lettere e desideri
“Le lettere sono dei Kelim (plurale di Kli, vaso) dei desideri. E questo si riferisce sia alle singole lettere dell’alfabeto, sia a quelle che formano le parole. Nel nome degli oggetti spirituali, le lettere indicano la forza del loro desiderio che la Luce può colmare. Le lettere di un nome semplice, senza riempimento, indicano la sua base senza la Luce […]. Le lettere di un nome colmato indicano l’intensità dei desideri che sono colmati dalla Luce.
Ci sono due fonti delle lettere: Yod e Aleph. Yod è una fonte sincera, perché quando scriviamo qualcosa, iniziamo con un punto (Yod) e poi, mentre procediamo dal punto in una delle quattro direzioni, tiriamo una linea. Le lettere sono dei Kelim, dei desideri nei quali viene ricevuta la Luce (il piacere). Un desiderio per qualcosa di specifico si può presentare soltanto se:
1-      il desiderio iniziale, ancora inconscio, è colmato di piacere;
2-      il piacere abbandona il desiderio.
Sono i ricordi […] dei piaceri passati che portano alla manifestazione di un vero desiderio di ricevere piacere, di percepirlo ancora una volta. E questo è il vero desiderio che si chiama Kli.
Un Kli colmato non può essere chiamato desiderio, perché è stato soddisfatto. Perciò, l’espulsione della Luce e la sensazione di una discesa spirituale, costituiscono il periodo per la creazione di nuovi Kelim per future ricezioni della Luce, per nuovi conseguimenti”. [Pag. 153”Zohar”]







Il potere delle parole, ovvero: nominare le cose per farle esistere
“Se tu dici una cosa, essa esiste”. [“La Storia Infinita”]
Così bastiano crea il Bosco Notturno e lo fa esistere chiamandolo “Perelun”.
”E Bastiano stava lì e si beava di quello spettacolo. Quello era il suo regno. Lui lo aveva creato! Lui era il signore di Perelun”. [“La Storia Infinita”]
 “Il Creatore dà ai giusti il potere della Sua parola. E proprio come il Creatore crea le Sue creature con il potere della Sua parola, così il giusto crea nuovi cieli con il potere della parola”. [Pag. 193 dello “Zohar”]
Nominando le cose le si fa esistere, ma come ben dice Andrea Marcolongo nel suo “Alla fonte delle parole”, non nominare qualcuno o qualcosa non significa che quel qualcuno o quel qualcosa non esista… Dare un nome alle cose ci permette di circoscriverle, di “ridurne l’essenza” perché possiamo usarle per costruire e riordinare il nostro mondo. Creare nominando e nominare per dominare, anche se “dominare” è un termine che non amo e che non porterei con me in un ipotetico o concreto nuovo mondo.

Dare/donare e ricevere e… potere delle parole. Desiderare è pregare
“Egli disse a queste porte e a queste parole che sono state messe una sopra l’altra nella Torah rinnovata: «Chi è con voi? Voi siete i miei compagni. Come Io faccio i Cieli e la terra con le Mie parole, in quanto è scritto: «Attraverso la parola del Creatore i Cieli sono stati creati», così voi create nuovi Cieli e una nuova terra con il vostro lavoro sulla Torah”.
Le proprietà della ricezione sono chiamate ‘le porte’; come porte aperte, esse sono sempre pronte a ricevere. Le ‘Parole’ sono le proprietà della dazione, dell’innalzamento della preghiera […] al Creatore. La frase «poste una sopra l’altra» indica che una si riveste dell’altra e, così, si ha la ricezione per il bene della dazione”. [Pag. 203 dello “Zohar”]
Il brano prosegue mettendo in guardia chi non conosce la Torah, le lettere e le parole che la compongono, dal rinnovarla. (“Senza una profonda comprensione di tutti gli intricati dettagli dell’atto in se stesso, l’uomo volubile e la lingua falsa catturano le sue parole”. [Pag. 204 dello “Zohar”])
Con questo articolo, naturalmente, non intendo compiere tale opera, in quanto non ho né le conoscenze né le competenze, né – tantomeno – la presunzione per farlo, pertanto mi atterrò al rinnovamento del mio mondo attraverso l’uso di parole che mi fanno stare bene perché, quando le uso, lo faccio con una consapevolezza dovuta ai miei interessi, studi e approfondimenti da persona curiosa e – spero – creativa. A tal proposito, mi piace usare l’espressione: “Mi prendo cura delle parole”. In realtà, penso che tutti dovremmo prenderci più cura di questi potenti strumenti di creazione, per poterli avere come alleati, in quanto:
·       più parole conosciamo più siamo in grado di creare mondi ricchi: mondi, parole e pensieri si creano gli uni con le altre, vicendevolmente (poche parole=pochi pensieri e pochi pensieri=poche parole);
·       più parole conosciamo meglio sapremo riconoscere e difenderci dalle manipolazioni altrui
·       più parole conosciamo più i nostri pensieri saranno grandiosi;
·       più parole conosciamo più saremo in grado di capire/comprendere gli altri.
[‘Ricchezza’ trascina con sé ‘abbondanza’ che – a sua volta – porta con sé ‘qualità’. Ricchezza intesa come abbondanza di tutto ciò che ci è necessario per una vita serena, ovvero di buona qualità.
E poi: ‘donare’ e ‘dono’… Ecco altre due parole che porterei con me nel mio nuovo mondo e che vorrei fossero usate/praticate anche nel Mondo grande.]



Pregare
 “La preghiera è una sensazione, un desiderio nel cuore dell’uomo. L’uomo non si rende completamente conto e non può descriverla, poiché la sensazione nel cuore della persona NON è SOGGETTA AD ALCUN CONTROLLO O CORREZIONE COSCIENTE; non può essere “creata” per mezzo della volontà”. [Pag. 491 dello “Zohar”]
Perciò, quando Ende parla di “vera volontà”, molto probabilmente fa riferimento al desiderio più puro cui l’uomo possa aspirare, ovvero l’amore; ricevere e – infine – dare amore sono le cose più nobili, in assoluto.


L’intenzione nella preghiera
I desideri “non si possono evocare, né soffocare a piacimento” in quanto “nascono dalle profondità più remote del nostro animo, più nascosti di ogni altra intenzione, siano essi buoni o cattivi. E a nostra insaputa”.
Nello Zohar è scritto: «Separa una parte di te e rendila devota al Creatore». Il Creatore, infatti, guida ognuno di noi nell’opera di riconoscimento e formulazione di ‘veri desideri’. I desideri terreni, così effimeri ed egoistici, sono considerati inutili - stando a ciò che è scritto nello Zohar – e la ricerca del loro appagamento non porterà mai l’uomo alla felicità vera. Il corpo fisico è il maggior produttore di tali desideri, perciò una pratica molto utile per distinguere i desideri ‘buoni’ da quelli ‘non buoni’ potrebbe essere quella di interrogarci domandandoci perché vogliamo ciò che diciamo di volere. Emergeranno sempre rivelazioni illuminanti, come – ad esempio – gli innumerevoli “bisogni indotti”, specialmente quelli indotti dalla pubblicità.
Separare una parte di sé e renderla devota al Creatore può, però, anche rappresentare un ulteriore invito a sviluppare maggiormente l’emisfero cerebrale destro, quello più creativo, appunto.
“Da questo possiamo comprendere il significato segreto della preghiera: colui che teme il creatore e rivolge il proprio cuore e i propri desideri nella sua preghiera, conseguirà grandi ed esaltanti correzioni. Se si desidera entrare nel regno spirituale e percepire il Creatore, l’unica cosa che si deve fare è pregare, ovvero chiedere al creatore di correggere la propria natura, quella del nostro mondo (egoistica) [che dà retta a un “io piccolo”, nota mia], nella natura del regno spirituale (altruistica). Allora si potrà entrare nell’eternità e trascendere i confini del nostro mondo. Per il fatto di essere reso completamente schiavo dal proprio egoismo, l’uomo non è capace di cambiare se stesso da solo.
Per correggere se stesso, l’uomo ha bisogno di attingere alla forza che esiste al suo esterno, oltre i confini dell’egoismo. Egli deve richiedere di ricevere la forza; quindi l’unica cosa che può fare è pregare.
Tuttavia, la preghiera non viene pronunciata con la bocca, ma piuttosto è come un desiderio del cuore, poiché il Creatore legge il desiderio nei nostri cuori. Perciò l’unico compito dell’uomo è di trasformare il desiderio del proprio cuore, poiché il cuore desidera cambiare i propri desideri. Ma l’uomo, da solo, non è in grado di fare neanche questo: deve chiederlo al Creatore”. [Pag. 481 dello “Zohar”]
Anche Bastiano deve compiere questo passo per poter incontrare l’Infanta Imperatrice e salvare sia Lei sia Fantàsia.

Dal Vangelo di Matteo:
“Guardatevi dal praticare la vostra giustizia davanti agli uomini, per essere osservati da loro; altrimenti non ne avrete premio presso il Padre vostro che è nei cieli. Quando dunque fai l’elemosina, non far suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipocriti nelle sinagoghe e nelle strade, per essere onorati dagli uomini. Io vi dico in verità che questo è il premio che ne hanno. Ma quando tu fai l’elemosina, non sappia la tua sinistra quel che fa la destra, affinché la tua elemosina sia fatta in segreto; e il  Padre tuo, che vede nel segreto, te ne darà la ricompensa.
Quando pregate, non siate come gli ipocriti; poiché essi amano pregare stando in piedi nelle sinagoghe e agli angoli delle piazze per essere visti dagli uomini. Io vi dico in verità che questo è il premio che ne hanno. Ma tu, quando preghi, entra nella tua cameretta e, chiusa la porta, rivolgi la preghiera al Padre tuo che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, te ne darà la ricompensa.
Nel pregare non usate troppe parole come fanno i pagani, i quali pensano di essere esauditi per  il gran numero delle loro parole. Non fate dunque come loro, poiché il Padre vostro sa le cose di cui avete bisogno, prima che glielo chiediate”. [Matteo: 6, 1-8]
In questo brano è riassunto tutto quello che abbiamo detto fino ad ora:
-         Quando formulate un desiderio, lasciate fuori la parte razionale ed esprimete ciò che volete con l’emisfero destro.
-         Non pregate/desiderate per vanteria: non è agli altri che dovete mostrare la vostra parte migliore, quella più intima, ma a voi stessi e al Creatore (o, se preferite un approccio più filosofico che teologico, al vostro vero Io).
-         Dio sa cosa si nasconde nel vostro cuore, conosce la vostra vera volontà: si tratta soltanto di avere il coraggio di essere sinceri con voi stessi.
-         Bastano poche parole, se il desiderio è autentico; e sarà necessario che sappiate molto bene il significato di quelle parole, perché quando usate un linguaggio di cui non siete sicuri farete vacillare anche la potenza del desiderio stesso.
Tra Hod (lo Splendore) e Tiphereth (la Bellezza) troviamo Netzah (o Netzach), ovvero l’Eternità o la Vittoria. Rappresenta la costanza, la perseveranza, l’essere decisi e il saper vincere; arrivare a questo punto dell’Albero della Vita significa poter acquisire la capacità di rimanere saldi anche nelle prove più dure, forti di un Amore in grado di propagarsi nel tempo (per questo si chiama Eternità) dal nostro interno (come semplice emozione) verso le prove a cui veniamo sottoposti dalla vita. Netzah rappresenta la resistenza di chi sa che è guidato e supportato dal coraggio dell’Amore.

La Forza, ovvero Gheburah
Nella sua accezione positiva, intendendola – cioè – come virtù, rappresenta il coraggio, l’energia, mentre nella sua accezione opposta (vizio) rappresenta la crudeltà, la distruzione. È, da alcuni, intesa come Severità, da altri come Giustizia (in quanto, tra l’altro, è situata sul pilastro sinistro dell’Albero della Vita che è, appunto, quello della Giustizia). La sua esperienza spirituale è la Visione del Potere, “l’accorgersi di essere saliti in alto”. La Sefira della Ghevurah è situata sul lato sinistro dell’Albero della Vita, pertanto occorre prestare attenzione a controbilanciarla adeguatamente. La Forza, infatti, ci sprona a metterci in discussione alimentando in noi un senso di mancanza e di vuoto, ma porta con sé sia l’arroganza sia la paura di compiere uno sbaglio un passo falso che ci faccia cadere rovinosamente.
“Non doveva permettere che il pericolo lo inducesse a commettere qualche imprudenza. […] E con tutto ciò Bastiano era ancora a un’altezza vertiginosa”. [Pag. 214 dello “Zohar”]
“Il suo desiderio di essere forte era stato esaudito. […] Ora era bello e forte , ma in un certo senso non gli bastava. Anzi, proprio per questo gli pareva quasi il segno di una certa mollezza. Essere bello e forte aveva valore solo se si era al tempo stesso anche temprati, duri tenaci, spartani. Come Atreiu. Ma lì, sotto quella selva di fiori meravigliosi, […] c’erano ben poche possibilità di esercitarsi in spartana durezza. […] Cosa ben diversa sarebbe stata per esempio traversare un deserto, il più grande deserto di Fantàsia! Sì, quella sarebbe stata un’impresa di cui andar fiero!” [“La Storia Infinita”]
Questo passaggio è un ottimo corollario di una delle scene più belle del film “Un’impresa da Dio” (seguito di “Una settimana da Dio”), in cui Dio (interpretato da Morgan Freeman), nei panni di un cameriere, parla con la moglie di quello che è un Noè dei giorni nostri e le spiega che quando chiedi a Dio di avere un’abilità o una virtù, Dio non ti fornisce quell’abilità o quella virtù, ma l’occasione per svilupparla.
“A chi – pregando – chiede pazienza, crede che Dio dia pazienza o dia invece l’opportunità di essere paziente?
A chi chiede coraggio, Dio lo concede o dà l’opportunità di essere coraggioso?
A chi chiede la gioia di una famiglia più unita, crede che Dio regali sentimenti rassicuranti o l’opportunità di dimostrare amore?”
Chi è forte, riporta il Dizionario dei sinonimi e dei contrari, è: robusto, vigoroso, resistente, bravo; risoluto, tenace, saldo; intenso acceso; impetuoso; acuto, offensivo; consistente.
La porterei nel nuovo mondo? Sì, ma come risorsa per difendere i propri obiettivi e i propri ideali. Come alleata del coraggio (di andare avanti o – al contrario – di fermarci quando non vogliamo più proseguire).
Bastiano, intanto, è diventato bello e forte, ma non gli basta più: vuole affrontare un’impresa di cui andar fiero, qualcosa che gli permetta di dimostrare coraggio, perciò dà vita al Deserto Colorato e alla Morte Multicolore. [La presenza di numerosi colori fa pensare anche alle ali striate degli Arcangeli presenti nell’Ottava Sefira o – a spingerci oltre – alla nostra Aura.]
Già parecchie volte abbiamo incontrato le parole “armonia” ed “equilibrio”. Le porterei con me? Sì, perché conciliano gli opposti dando spazio ad entrambi. L’armonia è, infatti, “l’accordo di più elementi”, mentre l’equilibrio è la “condizione dei corpi che rimangono immobili perché sollecitati da forze uguali e contrarie”. Naturalmente terrei conto del fatto che esiste l’equilibrio stabile, ma anche quello instabile; quest’ultimo si ha quando un corpo tende ad abbandonare la posizione di partenza. Senza di esso non ci sarebbe crescita alcuna.




Crescita e Creazione
Creare: produrre qualcosa dal nulla; dare vita, realizzare, comporre, ideare. Provocare, suscitare. Bellissima la variante riflessiva: nascere, prodursi.
“Tutto il magnifico Cantico dei Cantici parla della fusione Divina di tutte le creature con il Creatore. Dato che il nostro mondo è stato creato come un riflesso del mondo spirituale [«Come in Cielo, così in Terra», “Padre Nostro”, Preghiera. “«Il Cielo è sulla terra, ma secondo un modo terreno, e la terra è nel cielo, ma secondo un modo celeste» Thomas Vaughan, autore alchemico meglio noto come Eugenius Philalethes, evidentemente citando Proclo”, “Magia della Cabala”, NOTE MIE], la fusione spirituale può essere descritta solo con parole corrispondenti del nostro mondo. [Le parole sono molto utili, ma – ahimè – sono anche molto limitate e limitanti: ci aiutano ad esprimerci, a comunicare, ma non sono in grado di descrivere appieno il nostro mondo, né – tantomeno – il mondo spirituale. Ad esempio: così come non è possibile esprimere la bellezza, il profumo, la delicatezza e le molte altre caratteristiche e qualità di una rosa con la sola parola ‘rosa’, non è possibile neanche descrivere Dio. Perfino Dante Alighieri, ne “La Divina commedia”, si trovò in difficoltà nel descrivere ciò che vide in Paradiso...  Nota mia.] Poiché il nostro mondo è egoistico, quello spirituale, altruistico,  è orientato verso la fusione delle proprietà e dei desideri descritti nelle parole del nostro mondo come Malchut (l’anima dell’uomo) che si avvicina al Creatore nei propri attributi e poi segue la loro graduale unificazione”. [Pag. 484 dello “Zohar”]



Crescere:
1-   Svilupparsi in base a un processo naturale.
2-   Diventare adulto.
3-   Essere allevato.
4-   Aumentare.
5-   Fare progressi, migliorare.
6-   Essere in più, avanzare.
La parola Creazione e la parola Crescita hanno molto in comune: creare significa pro-durre, crescere significa pro-gredire, avanzare, migliorare, aumentare. Nel primo caso, quando creo qualcosa, “conduco avanti” quel qualcosa, nel secondo caso, quando cresco, sono io stessa ad andare avanti. Questo non significa che, per crescere, si debba andare solo avanti, anzi, in alcuni casi è vero il contrario: tornare all’inizio, a volte, fa molto bene. È un processo che prende il nome di “Iniziazione”, e ha doppia valenza: da un lato, come appena detto, è un ritorno alle origini, a quando eravamo bambini o – addirittura – a prima di nascere, dall’altro si parla di “Iniziazione” quando si fa il proprio ingresso in una comunità o in un gruppo (o, in certi casi, quando si apprendono delle pratiche particolari).
Bastiano fa entrambe le cose grazie al suo “viaggio” a Fantàsia: torna a quella dimensione (infinita ed eterna?) in cui era (e in cui eravamo tutti) prima di nascere e, al suo “ritorno” nella dimensione degli umani, è  pronto per affrontare con consapevolezza il Mondo terreno.
Le Sefirot dell’Albero della Vita sono, infatti, la bussola per orientarsi in questo Mondo, ma anche nell’“Aldilà”.
Ma che cosa significa risalire le Sefirot dell’Albero della Vita? Significa cercare l’unione con il Creatore, con Dio o – se preferite – ripristinare la connessione con la nostra parte divina. Attraverso questa unione, tutta la realtà nel suo complesso, dai mondi spirituali più elevati fin giù al nostro Mondo, si basa sul dare e ricevere Amore. Nulla è più importante di questa Forza “che move il sole e l'altre stelle” [Paradiso, XXXIII, v. 145], e tutto ciò che succede nella realtà avviene solo per far sì che l’umanità possa accorgersi di tale potenza per vivere permanentemente con questa consapevolezza.
Scalare le Sefirot della Qabbalah serve anche e soprattutto a capire cosa vuoi davvero. Bastiano arriva alla propria volontà vera e fondamentale che è il desiderio profondo di donare Amore. La Qabbalah ci aiuta ad acquisire i desideri dei mondi spirituali.


LE MILLE PORTE
“La profondità della saggezza de «Il Libro dello Zohar» è protetta da mille porte”. [Rabbi Yehuda Ashlag (Baal HaSulam), dalla Prefazione al «Libro dello Zohar».] Mille Porte… Come il Tempio dalle Mille Porte de “La Storia Infinita”…
“In Fantàsia c’è un luogo che conduce ovunque e al quale si può giungere da ogni parte. Tale posto è chiamato Tempio delle Mille Porte. Non ha un esterno, ma solo un interno, composto da un labirinto fatto di porte. Ogni porta in tutta Fantàsia può rappresentare l’accesso al Tempio, ma solo in un determinato istante. Nessuno può passare per più di una volta dalla stessa porta e nessuna delle Mille porte riconduce là da dove si è venuti”. [“La Storia Infinita”]
“Tutto scorre”, diceva Eraclito, “e non ci si bagna mai due volte nello stesso fiume”



 In pratica:
“non esiste ritorno. Attraverso il labirinto delle Mille porte ti può guidare un solo desiderio. Chi non lo ha è costretto a continuare a vagarci dentro fino a quando sa esattamente cosa desidera”. [“La Storia Infinita”]
La porta d’ingresso si trova soltanto desiderando di trovarla. Un po’ come La Stanza delle Necessità, in Harry Potter.
Bastiano vuole incontrare Atreiu.
Sceglie una porta tra le Mille, verde oliva (scelta fatta col cuore, perché il colore gli ricorda Atreiu), la varca ed esce dal Tempio. [Il verde è il colore del quarto chakra, il punto energetico che corrisponde al cuore e – per estensione – all’amore e all’equilibrio interiore. Perciò, il fatto che Bastiano voglia incontrare Atreiu è un segno evidente del suo desiderio di trovare il bilanciamento tra le proprie parti. Atreiu, infatti, è l’alter ego di Bastiano.]
Uscito dal Tempio, incontra quattro uomini e una donna. Nasconde Auryn e il proprio nome perché vuole che il gruppo lo accolga e lo valuti senza “raccomandazioni”.
Come si opera, dunque, la scelta della porta giusta?
Adoperando:
-        l’intuito
-        il ragionamento
-        il cuore

“L’OCCHIO VEDE E IL CUORE BRAMA”
“[…] un uomo dovrebbe essere cauto con il proprio desiderio.
La regola è la seguente: «L’occhio vede e il cuore brama» e se l’uomo non fosse in grado di proteggere la propria intenzione, di mantenerla soltanto per il bene del Creatore, desidererebbe ricevere per se stesso. […] Esaminiamo brevemente come nasce un desiderio nell’uomo. Un uomo vede qualcosa per la prima volta non sapendo ancora cosa vedrà. È come se una cosa finisse per  caso dentro il suo campo visivo. Naturalmente non si possono imporre divieti a questa situazione, perché non è dipendente dall’uomo; dunque non c’è né ricompensa né punizione.
Invece, quando la cosa viene vista per la seconda volta, l’uomo si ritrova già con la libertà di scegliere. E se la seconda osservazione si tradurrà in un desiderio di ricevere piacere, allora ci sarà una proibizione. Se l’uomo non riesce a trattenersi e guarda per una seconda volta, i suoi occhi mandano un segnale al cuore e il cuore inizia a desiderare. Dunque, l’uomo ha il potere di decidere se permettere o no al desiderio di nascere dentro di sé. Questo è il significato della frase: «L’occhio vede e il cuore brama»”. [Pag. 203 dello “Zohar”]
Personalmente, sono un po’ restia a concordare con questo assunto; penso, invece, di essere più vicina al vecchio detto: “Al cuor non si comanda”, d’altronde “Il cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce” [Blaise Pascal].
“contro il desiderio è difficile combattere: a prezzo dell’anima acquista ciò che vuole” [Eraclito, Frammento 56, pag. 112, “Dell’Origine”, Feltrinelli”]

Il corpo
“La Kabbalah non si riferisce mai al nostro corpo fisico e nemmeno lo nomina […]. Perciò, le azioni del corpo non sono assolutamente considerate nella Kabbalah. Invece il DESIDERIO dell’uomo è preso in considerazione ed è considerato come un’azione. […] esso costituisce l’azione spirituale interiore dell’uomo.
Il mondo spirituale è un mondo di desideri incorporei, che non hanno sostanza, misura, movimento o tempo. Proprio come nella nostra immaginazione, in cui i nostri desideri sono appagati istantaneamente dal potere del pensiero, ogni cosa nel mondo spirituale è determinata solamente dai nostri desideri-pensieri e non dalle azioni fisiche”. [Pag. 493 dello “Zohar”]
Eppure, ne “La Storia Infinita”, c’è un momento in cui Bastiano vede in Atreiu un rivale e comincia a pensare che in Fantàsia non si sta poi tanto male. [Nota: Atreiu, alter Ego di Bastiano, deve affrontare sfide diverse da quelle di quest’ultimo, facendo un percorso per proprio conto. Incontrerà la Morla, Ygramul Le Molte, i Bisolitari (che lo aiuteranno a superare le Tre Porte e ad arrivare ad Uyulala); andrà nel Paese della Mala Genìa, nella Città dei Fantasmi, sconfiggerà il Nulla e si recherà alla Torre d’Avorio per incontrare l’Imperatrice. Una volta arrivato lì, dovrà superare altre prove per poter ricevere la Grazia. Molte altre imprese costellano il cammino di Atreiu che, ad un certo punto,  incontrerà fisicamente Bastiano. Tra di loro ci saranno sia alleanze sia scontri, ma – alla fine – prevarranno l’equilibrio e la collaborazione.] Pensa che essa (= Fantàsia) non abbia bisogno del mondo degli uomini perché ha la presunzione di poter fare tutto da solo (ma le nostre due metà sono imprescindibili l’una dall’altra! Il corpo non può stare senza la mente e la mente non può stare – su questa Terra – senza il corpo), anche se al prezzo dei propri ricordi. Abbiamo bisogno di entrambi i mondi, non possiamo rinunciare a nessuno di essi e la razionalità non può prevalere sulla creatività e viceversa.
“Ma Bastiano vuole diventare un individuo pericoloso, temibile e temuto. Uno di quelli da cui tutti si sarebbero dovuti guardare. Anche loro due”. [Atreiu e Fùcur].
Ed è allora che fa la sua comparsa Xayde… Cosa rappresenta la sua figura?
Impara a diffidare di chi ti vuole offrire la propria guida (in cambio della tua identità/libertà) e di chi dice di volersi sottomettere alla tua (in cambio di doni). Xayde dà a Bastiano la cintura Ghemmal che rende invisibile chi la indossa. Non avere percezione di sé significa, però, due cose:
1.      Annullarsi (ed essere imparziale). O perdere se stessi.
2.      Essere protetto. Da nemici esterni, ma anche da se stessi.
A questo punto Bastiano vuole diventare il più saggio di tutta Fantàsia e, analizzando nel dettaglio la Saggezza, troveremo che essa è data dalla somma di ILLUMINAZIONE [cioè: INTUIZIONE + ATTENZIONE (ovvero PENSIERO e VISIONE)] e INTELLIGENZA.
[Simbolicamente il Giorno è la Visione, il Crepuscolo è l’Intelligenza e la Notte è l’Intuizione.]

L’INTELLIGENZA: Binah
Fa parte della Triade Superiore (composta da Kether, Chokmah e Binah), situata nel Mondo dell’Intelletto. Corrisponde all’emisfero cerebrale sinistro, pertanto è esperta nell’uso del linguaggio fatto di parole; è razionale e la logica è la sua specialità. È la capacità di intendere e di comprendere nozioni e concetti. Per i latini era anche l’accorgersi, il notare e il percepire.
LA SAPIENZA: Chokmah
È l’intuizione, il sapere – di colpo – qualcosa, come se fossimo stati colti da una sorta di “illuminazione”. È quel pensiero che sorge all’improvviso nella nostra mente e, se vogliamo, l’idea geniale; è quell’esperienza che annulla l’ego (come la cintura Ghemmal “annulla” Bastiano).
LA SAGGEZZA: Da’at
La Saggezza, nella Qabbalah, può essere associata a Da’at (= l’unione di tutte le altre Sefirot), ovvero il connubio tra i due emisferi cerebrali. In realtà, Da’at è la Conoscenza, cioè il connubio tra intuizione e logica, pertanto non è una vera e propria Sefira, bensì la capacità di integrare tutte le capacità acquisite nel percorso lungo l’Albero della Vita. È una forma di conoscenza molto particolare poiché include anche il “sapere di non sapere”. È l’unione del maschile e del femminile, di tutte le parti della nostra personalità (sia di quelle in luce sia di quelle in ombra); è il Bianco ma è anche il Nero, è l’affermazione e – insieme – la negazione.
 “per chi ascolta non me, ma il LÓGOS, sapienza è intuire che tutte le cose sono Uno, e l’Uno è tutte le cose” [Eraclito, Frammento 69, pag. 128 “Dell’Origine”, Feltrinelli]
“conoscere l’immediatezza è eccellenza suprema, e sapienza è dire e agire cose vere, intendendo secondo l’origine” [Eraclito, Frammento 76, pag. 138, “Dell’Origine”, Feltrinelli]
Qui potremmo intendere “l’immediatezza” come l’intuizione; il dire e l’agire cose “vere” come il conseguimento dell’autenticità; “l’origine” sia come il principio di tutte le cose sia come quella dimensione a-spaziale e a-temporale, di cui abbiamo già parlato.
“a tutti gli uomini tocca in sorte di conoscere se stessi e cogliere la sapienza suprema” [Eraclito, Frammento 77, pag. 139, “Dell’Origine”, Feltrinelli]
Il tuo destino è andare in cerca di te stess* e – in questo – dovremmo tornare a prendere in considerazione la scritta sul Tempio di Apollo, a Delfi: “CONOSCI TE STESSO”.
Dal Vangelo di Giovanni, capitolo 14: “Gesù gli disse: «Io sono la via, la verità e la vita; nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. […] Chi ha visto me, ha visto il Padre. […] Credetemi: io sono nel Padre e il Padre è in me; se no, credete a causa di quelle stesse opere».
Non valeva solo per Gesù, Dio è in ognuno di noi e ognuno di noi è parte di Dio perché - se Lui è il Padre – tutti noi siamo Suoi figli!

La Città degli Imperatori
“Ogni essere umano che non trovi la strada per tornare indietro presto o tardi vuol diventare imperatore”.
Tutti gli abitanti di quella città sono intrappolati lì perché “prima non volevano e ora… diciamo… non possono più.
E non possono più perché dovrebbero desiderarlo, ma loro non desiderano più: hanno sprecato il loro ultimo desiderio in qualche altra cosa”.
Una volta spariti Desideri e Volontà non resta che affidarsi al Caso. Tanto che, in questo capitolo de “La Storia Infinita”, sono affidate al Caso anche le lettere dell’alfabeto, perché chi non sa usare le lettere non sa formare le parole né sa formulare desideri, pertanto non può più neppure uscire dal loop del proprio mondo.
“Ma perché, non si può continuare ad avere desideri fin che si vuole?
Certo che no! Puoi continuare ad avere desideri fintanto che ti ricordi del tuo mondo. Quelli che vedi qui invece hanno fatto fuori tutti i loro ricordi. E chi non ha più un passato non ha neppure un avvenire, non ti pare? Per questo non invecchiano, […] ma restano così come sono. Per loro nulla può cambiare, perché loro stessi non possono più cambiarsi”. [“La Storia Infinita”]
Non avere più desideri impedisce all’uomo di evolversi e lo porta alla “pazzia”.
Esistono due tipi di matti:
“Gli uni hanno ceduto i loro ricordi a poco a poco. E quando hanno perso anche gli ultimi, nemmeno AURYN ha potuto più soddisfare alcun nuovo desiderio. […] Gli altri, invece, che si sono fatti imperatori, quelli i loro ricordi li hanno perduti sul colpo. Anche in questo caso AURYN non poteva più soddisfare alcun desiderio, perché non ne avevano più.. […] Quando uno si proclama imperatore, AURYN scompare di propria iniziativa”.  [“La Storia Infinita”]
Dopotutto non si può usare il potere dell’Infanta Imperatrice per defraudarla appunto del suo potere, vale a dire che:
1.      Non ci si può sostituire a Dio.
2.      Quando pensi di essere già arrivato in vetta (= presunzione), hai smesso di crescere e puoi soltanto rimanere bloccato.

L’evoluzione dei desideri di Bastiano
A questo punto della storia, Bastiano inizia a voler far parte di una comunità. Smette, dunque, di dire IO e inizia a dire NOI, entrando appunto in una comunità in cui c’è armonia, ma manca l’amore.
“Egli non voleva essere il più grande, il più forte, il più intelligente. Tutte queste cose le aveva ormai lasciate dietro di sé. Aveva una grande nostalgia di essere amato così com’era, buono o cattivo, bello o brutto, stupendo o intelligente, con tutti i suoi difetti. O addirittura proprio per questi. Ma lui com’era, in realtà? Non lo sapeva più”.
I tre cavalieri (= piccole sfaccettature, singole identità, maschere pirandelliane, ecc.), presi singolarmente, servono a poco.
Alla casa di Donna Aiuola, Bastiano deve tornare a essere bambino. Lei gli spiega:
“Tu hai percorso la strada dei desideri, e quella non è mai dritta. Hai fatto un gran giro, ma era proprio la tua strada. E sai perché? Perché tu sei di quelli che possono tornare indietro soltanto quando hanno trovato la fonte da cui sgorga l’Acqua della Vita. E quello è il luogo più segreto di Fantàsia. La via per arrivarci non è mai facile. […] Ogni strada che conduce là risulta, alla fine, quella giusta”. [“La Storia Infinita”]
“«In verità vi dico: se non cambiate e non diventate come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli»”. [Matteo: 18, 3-4]
La Fonte in questione si trova ai confini estremi di Fantàsia. Obiezione: Fantàsia non ha confini…
“i confini dell’anima, per quanto lontano tu vada, non li scoprirai, neanche se percorri tutte le vie” [Eraclito, “Dell’Origine”, frammento 108, pag. 181]
Invece li ha, solo che non sono esterni, bensì interiori. Sono dentro, non fuori. Sono nel luogo da cui l’Infanta Imperatrice riceve tutto il suo potere e dove lei stessa non può arrivare.
E c’è un solo modo per arrivare là: con l’ultimo desiderio.
Grazie ad AURYN, ogni desiderio di Bastiano si è realizzato, ma per ognuno di quei desideri lui ha perso qualcosa e anche ora perderà un ricordo. Donna Aiuola (una sorta di incubatrice spirituale) non gli dice cosa perderà perché se Bastiano lo sapesse in anticipo, farebbe di tutto per tenersi stretto quel ricordo. È necessario, però, che sappia di non aver perso nulla in realtà, perché:
Nulla va perduto, tutto si trasforma.
Col passare del tempo Bastiano inizia a maturare un nuovo desiderio: ora è lui a voler amare.

L’AMORE: Chesed
Chesed è il vero amore, l’amore universale e disinteressato, fine ultimo della creazione. È l’ultimo gradino nella trasformazione dei desideri (da impuri a puri) che culmina nel Timor di Dio. Amare davvero significa amare sia a causa sia a dispetto delle differenze, sia l’amico sia il nemico, sia i pregi sia i difetti. Chesed è il Vaso della benevolenza e della generosità assoluta e illimitata. Ma quando parliamo di Amore, dobbiamo intendere sia la capacità di riceverlo sia quella di donarlo e, nel caso di Bastiano, la ricezione avviene nel capitolo su Donna Aiuola, mentre la donazione avviene nell’ultimo capitolo, con la volontà di dare affetto al proprio padre.
Chesed è anche definito come “Misericordia” o “Grandezza”.
In questo senso diciamo che desiderare è donare e ricevere.
 Arriva, dunque, alla miniera delle immagini, dove le immagini sono i sogni dimenticati degli uomini, sogni su cui tutta Fantàsia poggia. Bastiano deve trovare un sogno dimenticato (ma non perduto):
“Perciò l’unica cosa che ti può aiutare è ritrovare un sogno dimenticato, che ti dia un’immagine con la quale arrivare alla fonte. Ma per questo dovrai anche dimenticare l’ultima cosa che ti rimane: te stesso!” [Pag. 409 de “La Storia Infinita”]


YESOD: il Fondamento
È il primo gradino della Qabbalah, il primo passo che dobbiamo compiere per risalire lungo l’Albero della Vita e l’ultimo prima di ritornare a Malchut. Rappresenta il canale lungo il quale fluisce la nostra energia, anche quella sessuale. Yesod significa “Verità” ed è solo con la sua vera volontà che Bastiano potrà attraversarlo. È il Fondamento sul quale poggia l’Albero della Vita.
Bastiano riesce a trovare il sogno dimenticato, ma esso si rompe, a causa degli Uzzolini. Non tutto, però, è perduto perché intervengono Atreiu e il Drago. Bastiano depone Auryn ai piedi di Atreiu e il medaglione sprigiona una gran luce. Quando i tre riaprono gli occhi, si trovano davanti  alla Fonte. Le Acque pongono delle domande a Bastiano, ma lui è senza ricordi perciò Atreiu risponde per lui. La fonte è Auryn e, vista l’umiltà di Bastiano, i due serpenti li lasciano entrare.
Auryn è la porta che Bastiano. cercava. Egli l’ha avuta con sé fin dall’inizio. Ma, dicono loro, i serpenti non lasciano passare nulla che venga da Fantàsia oltre la soglia. Per questo Bastiano deve deporre tutto ciò che ha avuto in dono dall’Infanta Imperatrice. Altrimenti non può bere l’Acqua della vita. “[…] Dicono che qui finisce il potere di Fiordiluna. E lei è l’unica che non può mai entrare in questo luogo. Non può penetrare nell’interno dello Splendore, poiché non può deporre se stessa”.
I tre entrano.
“E mentre vi si dirigevano, a ogni passo una delle meravigliose doti fantàsiche che Bastiano aveva ricevuto in dono lo abbandonava. […] Così, da ultimo, rimase tutto nudo davanti al gran cerchio d’oro al cui centro sgorgavano le Acque della Vita”. [“La Storia Infinita”]
Bastiano beve e rinasce.
“E la cosa più bella era che adesso voleva proprio essere così com’era. Se avesse potuto scegliere fra tutte le possibilità, non avrebbe scelto altro che questa. Perché adesso sapeva: c’erano nel mondo mille e mille forme di gioia, ma, in fondo, tutte si racchiudevano in una sola, quella di poter amare. E gioia e amore erano la stessa cosa”. [“La Storia Infinita”]
Perciò ti auguro di avere tanti desideri e ti invito a formularne uno (o più d’uno) ogni volta che – nella tua vita – qualcosa non ti piace.
“Avrei potuto accontentarmi, ma è così che si diventa infelici”. [Charles Bukowski]
In chiusura di questo articolo/saggio vi lascio alcune delle parole che porterei con me nel nuovo mondo. Aspetto di conoscere le vostre!
·         Accorgersi, Aiutare, Armonia, Affetto, Amore, Avverso, Abbondanza, Azione, Avere, Assoluto,  Assenso, Aria, Acqua
·         Bellezza, Bontà, Buio
·         Curiosità, Capire, Cura, Creazione, Coraggio, Custodire, Chiedere, Carisma, Corpo, Conoscenza, Collera, Cercare, Confine
·         Desiderio, Dare, Dono, Domanda, Dolore, Divenire, Dubbio, Dissenso, Decidere
·         Emozione, Equilibrio, Espressione, Essere, Eternità, Essenza, Espansione, Energia
·         Fiducia, Fantasia, Felicità, Futuro, Favorevole, Forza, Fondamento, Finito, Fuoco
·         Gioia, Generosità, Giustizia
·         Impressione, Immaginazione, Io, Inizio, Istinto, Intuito, Impulso, Inquietudine, Infinito, Incertezza
·       Limite, Luce, Libertà
·        Mente, Memoria, Mito, Morte, Mondo, Multiverso
·       Noia, Nascita, No, Nome, Natura, Nuovo (Novità)
·       Ombra, Oltre, Operare, Opportunità
·       Perdere, Parola, Piacere, Passione, Progetto, Potere, Pensiero, Proposta, Perché, Psiche, Pregare (Preghiera), Presente, Passato
·       Questione, Qualità
·       Ricerca, Ricchezza, Rispetto, Risposta, Ragione, Risonanza, Relativo, Ricordo
·       Sfumatura, Sfaccettatura, Sensazione, Simbolo, Sapienza, Saggezza, Splendore, Sì, Simile, Soddisfazione, Sapere, Sogni, Spazio (Spazioso)
·       Tenacia, Tenerezza, Tutto, Tu, Tristezza, Tedio, Tossico, Trasgredire, Trasformazione, Trovare, Terra
·       Umore, Uno, Universo
·       Verità, Vittoria, Vita, Volere (Volontà), Vuoto
Buona parte delle parole dall’accezione positiva che vorrei nel nuovo mondo ha un proprio opposto che, naturalmente, non posso esimermi dal portare con me: non c’è luce senza oscurità, abbiamo ripetuto più volte, e questo principio vale per tutte le cose. Ogni cosa ha il proprio opposto, il proprio contrario che, però, è anche il proprio completamento; la complementarietà è propria dei simboli e abbiamo già detto anche che la parola stessa è un simbolo, formato da significante e significato. Le parole, unite ai desideri formulati sulla vera volontà, sono il Fondamento sul quale creare nuovi mondi. È chiaro – lo abbiamo visto percorrendo l’Albero della Vita – che, però, alla Fede (intesa come fiducia) sia necessario affiancare l’azione: la realizzazione dei desideri non piove dal cielo da sola, bisogna farla accadere! Non a caso a Felicità va cercata… E, a proposito di Felicità, che cosa è per me questo tesoro? Della Felicità parlano tutti, ma quel che è certo è che è diversa per ognuno di noi. Per quanto mi riguarda, la Felicità è un’equilibrata unione di Benessere e Serenità, ovvero una bilancia che prevede – su un piatto – la buona salute fisica e – sull’altro – la buone salute mentale. La Felicità non è la Gioia e neppure – per fortuna – la contentezza, poiché la prima è uno stato emotivo (positivo) molto forte, ma anche molto instabile, mentre la seconda ha a che fare con il contenimento e con il contenersi. Epicuro (filosofo del periodo ellenistico, 323 a.C.) la identificava con l’assenza di dolore e con il Bene supremo e riteneva la si potesse  trovare, in particolare, nel “fare filosofia”, ovvero nel cercare la conoscenza e nel godere (seppur con moderazione) dei piaceri di tipo intellettuale e di quelli legati all’amicizia.
Sì, la Felicità è anche quanto detto da Epicuro, ma aggiungerei che per essere  VERAMENTE felici occorre essere liberi, pur sapendo che la Libertà – dalla maggior parte delle persone – non è tollerata né tollerabile perché dire Libertà è come dire Responsabilità e le responsabilità sono scomode o – addirittura – fanno paura…
Libertà è Potere.
In questa società, in cui abbiamo barattato la nostra libertà con un illusorio stato di sicurezza, abbiamo perso anche un’altra cosa: il potere. Il potere delle decisioni e dell’autonomia con tutto ciò che esse comportano.
“Il potere non è una cosa, ma un modo. […] Possediamo potere quando osiamo vivere  in modo autentico, quando entriamo in noi stesso e diciamo la nuda verità. Più osiamo assumerci dei rischi, porci in discussione o resistere alla pressione di andare contro i nostri sentimenti, più facile diventa. Il potere giunge quando siamo disposti a compiere degli errori e ad assumercene la responsabilità, a imparare da essi e a correggerli. […] Il potere è la capacità di determinare il nostro destino”. [Pp. 225 e 226 de “Il libro dei chakra” di Anodea Judith, Neri Pozza.]
“L’autorità ci solleva dalla responsabilità di un’azione indipendente”. [Starhawk]
“Viviamo col vuoto dentro. Essendo vuoti dentro, il nostro mito culturale ci dice che la potenza sta al di fuori di noi, nell’approvazione degli altri, nei gadgets tecnologici o in un dio lontano e autoritario. E così impoveriamo noi stessi, le nostre risorse e il nostro pianeta, cercando di raggiungere un potere esterno, un potere su qualcuno, un potere che ci renderà solo schiavi”. [Pag. 244 de “Il libro dei chakra”]
Essere liberi, pertanto, significa avere il potere di decidere cosa sia meglio per noi, in autonomia e senza il condizionamento (esplicito o implicito) di una qualsiasi autorità a noi esterna.
Tra le parole che poterei con me c’è, poi, “MITO”. Nel nuovo Mondo avremo ancora bisogno dei Miti? Io credo di sì, perché il Mito consiste nello spostare sul piano divino o soprannaturale le grandi questioni umane affinché gli uomini stessi possano osservarle dall’esterno, spiegarsele e poi tradurle (= tra-durle, nel senso di riportarle/trasportarle) in un linguaggio sì cifrato, ma universalmente decodificabile. Anche le storie raccontate nella Bibbia, così come i Miti greci o quelli di altre culture, hanno questa funzione di codifica-decodifica che ci permetterebbe (se applicata) di farci arrivare a comprendere le dinamiche della vita. Si tratta, infatti, di storie che raccontano di una divina umanità e – insieme – di una umanità divina…


E per finire…senza finire…
Nel mondo/Mondo che vorrei, non vorrei IL Tempo, bensì IL MIO Tempo, anzi, mi piacerebbe che ognuno avesse il proprio o i propri, come dicevo all’inizio. Vorrei che il Mondo o, meglio, le persone che lo popolano dicessero “Addio” ai ritmi frenetici che  sono state costrette ad adottare e che – in un certo senso – si sono auto-imposte di adottare; vorrei che ognuno si domandasse più spesso: “Cosa voglio DAVVERO?” e si desse risposte autentiche e sincere; e vorrei che tutti si prendessero più cura e più responsabilità delle cose che fanno, delle azioni che compiono, delle parole che usano e di ciò che provano/sentono. Le emozioni e le sensazioni sono state trascurate fin troppo e ora è il momento di rimettersi all’”ascolto” di ciò che hanno da raccontare. Le parole sono importantissime per adempiere a questo scopo, ma strettamente legati ad esse sono i pensieri (è fondamentale che ognuno impari a pensare con la propria testa), e tutto ciò che concerne il linguaggio non verbale. Sì, anche quello è imprescindibile, soprattutto per cercare di comprendere meglio chi ci circonda.
Poi vorrei che le persone avessero il coraggio di dire “Sì” quando vogliono davvero dire “Sì” e “No” quando vogliono davvero dire “No”.
Vorrei essere circondata da persone curiose e desiderose di conoscere. Vorrei che ci fossero generosità, solidarietà e vera condivisione, contatti umani e  rispetto dell’uomo verso l’uomo e dell’uomo verso la natura. Vorrei che la creatività fosse considerata importante quanto la razionalità e viceversa. Vorrei che tutti fossero liberi di esprimersi. E vorrei una scuola fatta più di passioni che di nozioni, una scuola in cui gli insegnanti siano anche imparanti e gli studenti siano anche insegnanti. E vorrei che la parola “IO” fosse al pari delle parole “TU” e “NOI”. E vorrei…
E TU che cosa vorresti? Anzi, passiamo all’azione: “Che cosa VUOI?”














Riferimenti bibliografici:
-         “La Storia Infinita” di Michael Ende, Tea Edizioni.
-         “Dell’Origine” di Eraclito, Feltrinelli.
-         “Zohar – La luce della Kabbalah”, Feltrinelli.
-         “Il nuovo manuale di Cabala” di Giuliana Ghiandelli, OM Edizioni.
-         “Il poeta dell’aria” di Chicca Gagliardo, Hacca Edizioni.
-         La Bibbia, traduzione 2006 della Società Biblica di Ginevra.
-         “La Divina Commedia” di Dante Alighieri.
-         “Alla fonte delle parole” di Andrea Marcolongo, Mondadori.
-         “Motivazione e personalità” di Abraham Maslow, Armando Editore.
-         Dizionario Italiano (Vallardi), Dizionario dei sinonimi e dei contrari (Vallardi), Dizionario Etimologico (Vallardi), “IL” (Vocabolario della Lingua Latina, Castiglioni e Mariotti).
-         “La mente allargata – Perché la coscienza e il mondo sono la stessa cosa” di Riccardo Manzotti, traduzione di Allegra Panini, Edizioni Il Saggiatore.
-         “Il libro dei chakra” di Anodea Judith, Neri Pozza.
-         “Magia della Cabala” a cura di S. L. MacGregor Mathers, Vol. Primo: Teoria, Edizioni Mediterranee Roma.
-         “Romeo and Juliet” di William Shakespeare, Collins Classics.

2 commenti:

  1. Grazie a te che dedichi passione e amore per esprimere con professionalità e armonia un tuo ritrovato e antico pensiero applicato alla favola che sempre esiste in tutti noi, favola non in quanto fantasia perché fantasia non è ma favola in quanto verità dimenticata che grazie al racconto sopra esposto ci porta a credere che ciò sia un disegno di fantasia quando solo i più audaci studiosi del essere sanno che la realtà del tutto è qui sopra citata con maestria e saggezza profumata di un umiltà che non può che regalare evoluzione

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    1. Mi sento onorata dalle tue parole e non so come esprimerti la mia più profonda gratitudine se non portando avanti i miei studi con crescente impegno per fornire a chiunque leggerà ciò che ho scritto/scriverò nuove angolazioni dalle quali guardare il mondo e per ri/portare alla luce antichi saperi, utili per costruire nuove realtà. Hai proprio ragione, fiabe e favole hanno ancora tanto da raccontarci, così come i Miti, le filosofie e i Testi Sacri di tutte le culture e di tutti i popoli.
      Ti ringrazio col cuore per aver letto il mio articolo e per avermi lasciato il tuo splendido commento.
      Buona Vita!
      Mela

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