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LA BELLEZZA

mercoledì 5 maggio 2021

SUL PRINCIPIO DI CONTRADDIZIONE

 


Si è aperta oggi  - (5 maggio)  e sarà visitabile fino al 3 ottobre 2021 – la nuova mostra allestita alla GAM (Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea) di Torino, dal titolo: “Sul Principio di Contraddizione”.

Da sx: Riccardo Passoni, Riccardo Montanaro, Elena Volpato, Flavio Favelli e Luca Bertolo




 

Alla conferenza di presentazione, avvenuta ieri, erano presenti Riccardo Passoni (Direttore della GAM), Riccardo Montanaro (membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione CRT per l’Arte e portavoce della stessa CRT, sponsor dell’evento), Elena Volpato (Conservatrice e Curatrice delle opere esposte alla GAM) e i cinque artisti che hanno partecipato al progetto, ovverosia: Francesco Barocco, Riccardo Baruzzi, Luca Bertolo, Flavio Favelli e Diego Perrone.

 Il discorso introduttivo di Elena Volpato è stato illuminante e dettagliato, ricco di spunti e foriero di curiosità e aspettative, tanto che nell’articolo qui di seguito troverete sia le mie suggestioni sia i dati tratti dal suddetto discorso e da me rielaborati.

Elena Volpato

 Di particolare rilievo sono stati anche gli interventi di due degli artisti: Flavio Favelli e  Luca Bertolo. Il primo, in particolare, ha usato “studio” e “tempo” come parole chiave per definire il “sottotesto” della mostra. Il lavoro svolto per allestirla, infatti, ha coinvolto anche il modo in cui – in questi mesi di Covid – abbiamo  vissuto e stiamo tuttora vivendo il tempo. Il secondo, invece, ha sottolineato quanto ben strutturata sia stata la collaborazione tra curatrice e artisti.

 

 

 

 

Le due opere di Luca Bertolo che aprono la mostra.

 

È emerso, poi, che il tema della mostra è nato proprio dall’osservazione del lavoro degli artisti da parte della curatrice (anche se alcune opere sono state realizzate ad hoc - in questi ultimi mesi - per rispondere al tema della contraddizione e solo successivamente  sarebbe stata operata una scelta per capire quali di quelle avrebbero effettivamente ottenuto uno spazio espositivo).

 

Una mostra fondata sulle contraddizioni; una mostra il cui titolo stesso è basato su una contraddizione in termini o – meglio – sul senso di spaesamento che prova il visitatore quando si trova al cospetto delle opere esposte. E come il filosofo Aristotele postulò il famoso Principio di non contraddizione – che affermava l’impossibilità che una data proposizione e la sua negazione fossero entrambe vere contemporaneamente e in egual modo, così Elena Volpato (curatrice della mostra in questione) ha allestito un’esposizione che applica il principio opposto. L’intento è stato (ed è) quello di mettere in discussione quella tautologia filosofica che rende quasi deterministica ogni affermazione, scardinarla e infine sostituirla con qualcosa che assomiglia al famoso tutto il contrario di tutto o, per spolverare nuovamente un concetto filosofico, applicare il Dialeteismo.

 Ammettere che un’affermazione o – come in questo caso – un’immagine possa essere sia vera sia falsa (vale a dire arrivare a concepire la possibilità che esistano affermazioni - o immagini - vere le cui negazioni siano altrettanto vere) non è semplice e neppure facile, ma è il fulcro della sfida che si è posta Elena Volpato allestendo questa mostra in collaborazione con gli artisti (Francesco Barocco, Riccardo Baruzzi, Luca Bertolo, Flavio Favelli e Diego Perrone). Il titolo della mostra, d’altronde, è nato proprio perché – in ognuna delle opere dei cinque artisti partecipanti – vi sono sempre almeno due elementi contrapposti tra loro. 

Riccardo Baruzzi, "Linea del ritorno" (disegno preparatorio).
Elementi che, spesso, pur sovrapponendosi, non arrivano a coincidere. La “collisione” degli opposti, infatti, non sempre porta alla coincidentia oppositorum (cioè l’unione degli opposti) come invece asseriva il neoplatonico Nicola Cusano parlando di Dio. La particolarità di tale dualismo, dunque, risiede nel fatto che esso non si risolve in un’unità; le immagini proposte, infatti, non si prestano ad essere  archetipiche e neppure sono ascrivibili a un principio dogmatico o a una fine netta e priva  di appello. Tutte le opere esposte in questa mostra hanno un “prima” e un “dopo”, sono – cioè – inserite in una sorta di “catena” di immagini-pensiero. Possiamo immaginarle come se fossero ognuna un film dotato di almeno un prequel e un sequel.

Perciò, così come la Teoria della Relatività Generale e la Meccanica Quantistica sono al momento incompatibili, anche in questo allestimento è entrata in gioco una questione di coerenze (o incoerenze) spazio-temporali; in ambito scientifico si tratta di ipotesi che non collimano, mentre in ambito artistico si tratta di elementi di una stessa opera che non combaciano. E, quando gli elementi non coincidono, rimane un “vuoto” tra di loro, uno spazio, una sorta di “bolla” o di cesura, come la cesura formatasi tra gli Avanguardisti del ‘900 e i loro predecessori; una cesura che si è tentato di ricucire riavvicinando le parti in causa, tentando di farle nuovamente combaciare senza, però, riuscirci mai completamente. Ecco, è proprio in quello “scarto” di spazio e/o di tempo che prende vita e si alimenta la contraddizione…

In tutte le opere, com’è facile intuire da queste premesse, è presente una doppia chiave di lettura: a seconda della distanza e dell’angolazione da cui le si guarda – ad esempio – il risultato può far variare l’interpretazione che se ne dà.

Prendiamo come campioni due opere di Luca Bertolo: “The thing” e “Terzo paesaggio”.

Luca Bertolo, "THE THING"

 

   Se guardate dalla giusta distanza e dalla corretta angolazione, le due tele sveleranno i loro segreti che – altrimenti – rimangono celati. 

Luca Bertolo, "Terzo paesaggio"

La stessa cosa vale per “Vittoria” di Diego Perrone che, guardata frontalmente, appare piccola e semplice, ma se ci si pone ai lati rivelerà ulteriori volumi.

Diego Perrone, "Vittoria" (Adolfo Wildt)

 

 Anche nelle opere di Francesco Barocco è celato qualcosa che si mostrerà agli spettatori solo nel momento in cui questi si porranno alla giusta distanza da esse; resta, però, il mistero su cosa inglobi cosa: è il gesso che imprigiona ombre e profili  che tentano disperatamente di affiorare, ribellandosi alla prigionia, oppure è il gesso stesso a volersi ritirare per mettere a nudo le figure al proprio interno?

 

 

Francesco Barocco, "Senza titolo"


 

 

Probabilmente, qualsiasi cosa vedremo, sarà la verità perché – per il Principio di Contraddizione – ogni cosa è vera contemporaneamente al suo contrario. Ogni interpretazione sarà quella giusta, anche quella che celebra il suo opposto. E il bello, in tutto questo,  è che le idee contrapposte  che scaturiscono dalla stessa opera sono tanto inconciliabili tra loro quanto tutte valide e degne di nota. Osservare tali creazioni significa provare agio e disagio, insieme, nonché calma e inquietudine, fastidio e appagamento, pace e turbamento, nello stesso 

 tempo. Ma è proprio questo il bello: infatti, unendo vero e non-vero, si crea un effetto surreale in cui tutto è possibile… Trovarsi in due posti, contemporaneamente? Anche se può sembrarvi un paradosso, è possibile, così com'è possibile adottare due punti di vista nello stesso tempo. Grazie a Riccardo Baruzzi, infatti, possiamo essere sia all'interno sia all'esterno di un ambiente con  Arlecchino

Riccardo Baruzzi, "Via Saragozza 93" e "Arlecchino pescatore" (After Birolli)
 che - a sua volta - è sia all'interno sia all'esterno di uno stesso spazio (a me piace pensare che possa esistere uno spazio che contiene un altro spazio in cui quello stesso spazio è contenuto); e grazie a Flavio Favelli e ai suoi 

 

 

"Spalti"

Flavio Favelli, "Spalti"
 possiamo essere sia attori sia spettatori nello stesso momento! Sono opere che disorientano, è vero, ma rappresentano anche un'occasione per espandere la mente...