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LA BELLEZZA

sabato 27 maggio 2017

"L'inventore di sogni" di Ian McEwan. Einaudi



Spesso, quando diventiamo adulti, dimentichiamo i pensieri, ma soprattutto i sogni che facevamo da bambini. Anche i sogni ad occhi aperti. La razionalità prende il sopravvento e – semplicemente -  smettiamo di credere alla fantasia; smettiamo di usare la fantasia per affrontare la vita di tutti i giorni. E quando vediamo un bambino fatichiamo a capire cosa gli passi per la testa; a volte ci risulta addirittura impossibile comprendere i meccanismi del suo pensiero.
McEwan non ha mai smesso di guardare con gli occhi del bambino, non ha mai messo il filtro che – invece – usano gli adulti. Un filtro che offusca la semplicità delle cose, un filtro che appanna la nitidezza di immagini e pensieri  che contraddistingue il bambino. Il pensiero del bambino è complesso nella sua assoluta semplicità proprio perché è ricco di fantasia.
Anche i silenzi dei bambini ci appaiono astrusi e incomprensibili così come indecifrabili sono i loro sogni.
McEwan entra nella mente di un bambino o - forse – nella propria mente e le dà voce, le dà forma e dimensione visibili attraverso sette brevi racconti in cui bambole inerti prendono improvvisamente vita, in cui l’anima di un gatto e quella del bambino si scambiano i corpi e i ruoli, in cui nei meandri di un cassetto di cianfrusaglie inutili ci si imbatte in una pomata che fa magicamente svanire le persone su cui viene spalmata.
Un libro per grandi e piccini, scritto in maniera magistrale che insegna ai grandi a ricordare il mondo dei bambini e insegna ai bambini a capire il mondo degli adulti.
Un libro dove la fantasia è la padrona di casa, ops… delle pagine e dove i sogni prendono vita. Perché la fantasia e i sogni sono più che importanti, sono ESSENZIALI per ogni individuo: tanto nei grandi quanto nei piccoli perché ciò che sogniamo con maggiore intensità si manifesta – poi – fisicamente e materialmente nella nostra vita.
Perciò sognate gente, SOGNATE! Perché – almeno nei sogni – siamo liberi.

"Le nostre anime di notte" di Kent Haruf. NN Editore



Oggi parliamo di un libro che hanno letto tutti, un libro di cui tutti hanno parlato tanto e bene. Allora perché ne parlo anch’io? Perché se tutti l’han visto come un capolavoro della letteratura americana, io – invece – l’ho visto come un discreto libro d’intrattenimento. Diciamo che avrei gridato al capolavoro se a scriverlo fosse stato un esordiente, ma essendo stato scritto da Kent Haruf, autore già affermato nel panorama letterario, beh…per me ha un valore diverso.
Lei vedova. Lui vedovo. Entrambi residenti in un paesino del Colorado, chiamato Holt. Entrambi maturi, ma soprattutto, soli. Poi la proposta: Addie propone a Louis di trascorrere le notti insieme, nella stessa casa (quella di lei), nella stessa stanza, nello stesso letto.  All’inizio lo sconcerto, da parte di Louis, poi la curiosità di sapere come sarebbe e infine la prova.
Addie torna a dormire serena con Louis accanto a sé e tutto fila liscio, nella castità e nel pudore, nell’amicizia e nella tenerezza che contraddistinguono le loro notti. Finché il paese viene a sapere della loro “relazione” e i cittadini gridano allo scandalo. Il comportamento della “coppia” è scabroso, inaccettabile. E’ dura per i due non dar peso alle malelingue, ma per un po’ reggono.
Ogni notte si raccontano l’uno all’altra e viceversa. Si svelano e ne emergono i ritratti di due individui assolutamente unici nella loro normalità. Vite ordinarie, le loro. Entrambi, nel loro passato, hanno sia gioie sia dolori.
La voce dello scandalo – però – arriva fino alle orecchie del figlio di Addie che sta attraversando un brutto periodo con la propria moglie e per questo motivo ha deciso di portarle il nipotino, Jamie, nell’attesa che le cose si sistemino. Addie accoglie il nipotino con gioia immensa e la stessa gioia avvolge anche Louis che diventa per Jamie un forte punto di riferimento. Addie – però – verrà costretta a scegliere tra il nipote e il nuovo “compagno” con il quale – nel frattempo – l’amicizia si è rafforzata fino a sfiorare un sentimento ben più profondo.
Non vi racconterò il finale – ovviamente – ma solo le impressioni che questo libro ha lasciato sulla mia pelle.
Innanzitutto partirei col dire che il romanticismo che fin dai primi momenti domina le pagine, si interrompe bruscamente verso la fine e questo mi ha destabilizzata non poco. Vedere infrangersi la tenerezza, la favola, il sogno, davanti ai miei occhi mi ha intristita tantissimo. E ricordo di aver pensato: "Io leggo per evadere dalla quotidianità nera e scontata che mi circonda e qui ci piombo dentro con tutte le scarpe? Che tristezza, che delusione, che amarezza!" Forse è solo colpa dei miei gusti, di ciò che mi aspettavo. Ah, il peso delle aspettative! Il mio desiderio di vedere le cose finire diversamente. Ma va beh, pazienza.
Analizziamo nel dettaglio le impressioni: COSA CI VOLEVA RACCONTARE HARUF?
. La differenza tra le coppie di un tempo e le coppie di oggi? Una volta, se qualcosa si rompeva, si incollava, ci si mettevano delle pezze  si andava avanti e nessuno, a parte i due coniugi interessati, si accorgeva di qualcosa. Ora è tutto diverso. Le coppie scoppiano per un nonnulla, i figli – soprattutto i più piccoli – ne pagano le spese e le conseguenze spesso sono disastrose.
. Ci voleva forse dire che nei paesi la gente mormora, cede al pettegolezzo, si lascia andare al pregiudizio e alla parola “scandalo” troppo facilmente?
. Ci voleva raccontare la caducità della vita, l’urgenza di fare ciò che desideriamo fare prima che sopraggiunga il momento della nostra dipartita?
. Ci voleva portare a ragionare sul fatto che ogni scelta, anche la più banale, è in grado di cambiare la nostra vita radicalmente?
Ci voleva far capire che in ogni coppia, anche in quella che – vista dall’esterno – appare quasi normale (o addirittura perfetta), può nascondere in realtà dei drammi (o comunque almeno un dramma)?
. Voleva dirci di cogliere l’attimo, il famoso carpe diem?
Se voleva dirci tutto questo, lo ha fatto a meraviglia, facendomi piombare – però – in una tristezza profonda. Queste cose le sapevo già… per cui avrei tanto desiderato che il finale lasciasse presagire un futuro un po’ più accomodante e meno cinico. Volevo intravedere una luce in fondo al tunnel e invece…tristezza, tanta tristezza.
 L’idea in sé e per sé era bella, originale, ma trovo che sia stata sviluppata in modo scontato.
Quello che – invece – mi è piaciuto tanto di questo libro è la tenerezza, la dolcezza che si cela dietro il desiderio di condividere il buio della notte. La tenerezza nella sicurezza che ci può fornire la presenza di una persona accanto a noi. Ecco. Questo mi è piaciuto tanto. Il fatto di condividere la propria solitudine con quella di qualcun altro e il fatto che le due solitudini – insieme – possano dare vita ad una grande compagnia reciproca.
Un bel libro, quindi, ma non all’altezza delle mie aspettative.

"Gli occhi degli alberi e la visione delle nuvole" di Chicca Gagliardo e Massimiliano Tappari. Hacca Edizioni



Un libro onirico, un sogno che scaturisce dalle parole eteree della Gagliardo. Leggende che sembrano realtà e realtà che sembra leggenda. La Gagliardo gioca con le ombre, si insinua nelle increspature dell’acqua, coglie il tempo nelle pieghe stesse del tempo, parla il linguaggio del vento e sussurra ai suoi lettori verità su mondi fantastici di una dimensione parallela in cui gli alberi ci osservano l’anima, ci scrutano in profondità coi loro occhi muti , ma allo stesso tempo loquaci. Toglie massa alle montagne, rendendole leggere e inconsistenti come ombre e – di contro – dà corpo alle nuvole, destando in noi il potere del sogno. Tutto è vita, nel libro di Chicca Gagliardo. Ogni capitolo è collegato al successivo da un filo invisibile così come tutto – in natura – è attraversato da un flusso vitale che ha il rumore del silenzio e la realtà nella sua immaginazione.
Leggere questo libro è come svegliarsi cominciando a sognare perché questo libro è tutto ciò che non ti aspetti e molto, molto di più.
Leggendo questo libro si galleggia a mezz’aria tra realtà e fantasia e una volta che lo si finisce non si guarda più alla natura e al mondo circostante con gli stessi occhi. Si apre una seconda vista a metà tra il mondo fisico e il mondo etereo.
Complimenti a Chicca Gagliardo per aver scritto questa piccola perla di originalità che dovete leggere assolutamente anche voi se cercate qualcosa di diverso dai soliti libri.
E’ poesia pur essendo scritto in prosa.
Tra l’altro le foto scattate da Massimiliano Tappari sono – a dir poco – sublimi. Impossibile capire se le foto hanno dato origine alle parole o le parole hanno ispirato le foto perché il lavoro di questi due artisti è assolutamente complementare.
Un bellissimo libro sinestesico.

"LA VEGETARIANA" di Han Kang. Adelphi



 
Un sogno. Tutto inizia così per Yeong-hye. Un sogno, mai lo stesso, dai contorni sfocati, sbiaditi che dentro di lei lasciano – però – segni ben nitidi, netti come incisioni sulla carne. La carne, l’altra grande protagonista di questo libro intitolato proprio “La vegetariana”. Dopo aver fatto un sogno o – per meglio dire – un incubo, Yeong-hye prende la decisione di diventare vegetariana. Le sue vicende, le vicende di questa donna, vengono narrate da tre persone e mai dalla protagonista. Il libro è – infatti – suddiviso in tre sezioni: la prima è data dal racconto delle vicende dal punto di vista del marito, la seconda dal punto di vista del cognato e la terza dal punto di vista della sorella di Yeng-hye, In-hye.
Ma chi è questa donna?
Yeong-hye è una donna tranquilla, pacata, remissiva, docile, il nichilismo fatto a persona. Lo è sempre stata. Ha sempre subito in silenzio le angherie del padre (prima), poi quelle del marito. Insomma, la classica vittima. Sembra l’esatto opposto della sorella, così intraprendente, laboriosa, di carattere, ma solo quando verrà il turno del racconto dal punto di vista  di In-hye, ci accorgeremo di una realtà agghiacciante (che ovviamente non vi svelerò).
Yeong-hye adotta una forma di ribellione molto particolare, quella legata al cibo: decide di diventare vegetariana (in realtà vegana, se proprio vogliamo essere precisi). Quando le chiedono il motivo lei risponderà sempre principiando la frase con le parole. “Ho fatto un sogno”.
Questa sua decisione di non voler più in alcun modo avere a che fare con la carne e i suoi derivati sarà motivo di vergogna per la sua famiglia. Il marito la lascerà, il padre tornerà a picchiarla, lei stessa tenterà il suicidio e la sorella la farà rinchiudere in una sorta di manicomio, mentre il cognato comincerà a vederla per ciò che Yeong-hye aspira a diventare- un vegetale – e la tratterà come tale. Sfruttandola per i suoi scopi personali talmente folli da risultare a volte incomprensibili.
Yeong-hye si sente un vegetale nel corpo e nell’anima e aspira a “tornare” a quella forma naturale che necessita solo di acqua. Attraverserà – dunque – varie fasi, che si riflettono – tra l’altro – nella suddivisione del libro in tre sezioni. Tre fasi in cui passerà dal non mangiare più carne e derivati al non cibarsi di nulla per coronare col digiuno il desiderio di fare – almeno del proprio corpo – ciò che vuole. Estremizzerà la scelta della dieta ferrea nella messa in pratica dell’eutanasia. Lei, che è sempre stata considerata alla stregua di un vegetale da tutta la famiglia; lei che non ha mai assunto un ruolo determinante nella vita; ebbene, lei prenderà – così – l’unica vera grande decisione: fare del proprio corpo un vegetale a tutti gli effetti.
Un libro crudo, una scrittura asciutta e spiazzante quella di Han Kang. Le budella si aggrovigliano leggendo “La vegetariana”. Un libro tanto onirico quanto realistico che vi lascerà a bocca aperta per lo stupore. Strano, sconvolgente, intrigante, erotico, appassionante. Non è adatto a tutti. Ci va uno stomaco forte e al contempo una grande delicatezza d’animo nell’accostarsi alla scrittura di Han Kang, però – una volta iniziato - vorrete sapere come va a finire. Così è successo a me.

giovedì 4 maggio 2017

"SENTI CHI PARLA. Interviste con gli animali" di Mirella Delfini. Edizioni Clichy.



Quali animali intervistereste se vi fosse data la possibilità di farlo?
Quali domande porreste loro?
Mirella Delfini [1]ha immaginato di intessere dialoghi con gli animali più disparati, realmente esistenti e non: dal Panda al mostro di Loch Ness, passando per altri 62 animali come la Vespa, il Bittaco, il Kakapo, il Coccodrillo, la Mosca Killer, il Radiolario, il Quetzal e persino un Batterio Egizio. Dai più noti ai meno conosciuti e bizzarri, insomma.
Questo libro nasce con l’intento di dare una voce agli animali, di fornir loro la parola, il nostro linguaggio. Uno strumento potente di protesta, un microfono per tutte le specie animali; per sapere cosa ne pensano di noi, del nostro comportamento e perché trovino il coraggio di ribellarsi e insorgano contro la tirannia dell’uomo.
La parola d’ordine è ORIGINALITA’. La Delfini, infatti, ha strutturato questo libro in 64  brevi capitoli/interviste (uno per ogni animale) in cui ognuno degli intervistati ci fornisce non solo la propria visione delle cose, ma anche utilissime nozioni scientifiche, curiosità e informazioni tecniche sulla propria specie. La cosa straordinaria è che il lettore non può annoiarsi, ma soltanto rimanerne affascinato ed iniziare a riflettere. Questo accade perché ogni intervista termina  sempre con una battuta di spirito o con una frase ad effetto. Non mancano le critiche alle nostre forme di governo, ai mezzi di informazione, al sistema sanitario, a quello legislativo e – di conseguenza – al nostro senso di giustizia. Il tutto è condito con quel pizzico di ironia che rende spassosa la lettura.
Vengono sollevati temi come il disboscamento e la deforestazione, la solidarietà, la libertà, il razzismo, l’eutanasia, la paura, la fiducia, l’amore, il sesso, la fedeltà e – persino – la prostituzione; l’urbanizzazione, il denaro, le scelte etiche, la guerra, il potere, il perdono, la religione, l’inquinamento e l’estinzione. Questi temi e molti altri vengono trattati in “Senti chi parla”, dove storia e leggenda, mito e realtà, si intersecano fino a darci un quadro realistico e – proprio per questo - spaventoso del mondo in cui viviamo. Un mondo dominato da un uomo che non è mai cambiato, un uomo che non ha rispetto per le altre specie, ma non lo ha nemmeno per sé stesso.
Cosa direbbero gli animali, se potessero parlare? Molto probabilmente affermerebbero con sicurezza che l’uomo è la rovina di questo pianeta. L’uomo, così legato al denaro, così opportunista da sfruttare qualsiasi cosa gli possa far avere un tornaconto personale. L’uomo, che è arrivato a cibarsi di qualsiasi cosa, considerando la carne degli animali più come una moda che come un mezzo per la sopravvivenza.
"In un mondo allo sfascio come questo, chi ha più voglia di mettere al mondo dei figli?"
Un libro per capire che la scienza e l’amore dovrebbero andare di pari passo, come due alleate.
Un libro per abbattere cliché, false credenze e stereotipi sugli animali.
Un libro perché l'essere umano - così abituato a comandare su tutto e su tutti - arrivi ad accorgersi che la libertà è un valore  cui tutti hanno diritto. 
Un libro commovente e istruttivo, divertente e pungente. Da leggere, assolutamente.



[1] Mirella Delfini: ha 92 anni e quando era giovane ha lasciato la biologia per fare la giornalista, lavorando per testate come Il Giorno, Paese Sera, Repubblica, Unità. Come inviata ha girato quasi tutto il mondo, conosciuto molta gente e capito che gli animali sono migliori di noi. Così è tornata alla biologia e ha scritto Insetto sarai tu, finito anche nel catalogo degli Oscar Mondadori. Con Mollusco sarà lei si è aggiudicata il Premio Estense. Suoi altri libri di grande successo sono Brevetti rubati alla Natura e La vita segreta dei ragni, che ha dato origine all’Associazione Italiana di Aracnofilia. Edizioni Clichy ha pubblicato nel 2016 il suo La Scienza giorno per giorno.