OMBRE
Ci sono ombre più concrete
dei corpi che le proiettano;
ci sono ombre che ascoltano,
ci sono ombre che parlano
e parlano una lingua
cupa, oscura e profonda,
ma chiara e potente.
In molti casi, seducente.
Ci sono ombre chete e sbiadite
e ci sono ombre incattivite
dopo anni passati all’ombra.
Ombre colate sui muri,
scivolate al suolo,
leggere e silenziose.
Ombre magnetiche che ti si attaccano addosso
e ti appiccicano i passi sul selciato.
Ombre lunghe e pazienti,
ombre obbedienti.
Ombre corte e pesanti,
ombre invadenti. Ombre ingombranti.
Ci sono ombre che ti rinfacciano
di essere corpo;
ci sono ombre che fuggono
al primo lampo di buio:
le acceca il bagliore dell’oscurità.
Ci sono ombre
che han preso il sopravvento
e ombre che camminan
sottovento.
Ci sono ombre e ombre,
chi proietta questa,
chi quella,
ma come non c’è un’ombra senza corpo,
così non c’è un corpo senza ombra.
Una creatura e la sua Ombra passeggiano mano nella mano su Viale Feuerbach, nel quartiere filosofico di Città del Pensiero: impossibile capire quale delle due sia fatta di carne e quale di fumo. Le figure sono impegnate in un fitto dialogo filosofico-teologico che le porta a discutere sulla natura di Dio e su quella del Suo alter ego. Quanto segue è la trascrizione in tempo reale di ciò che le due si stanno dicendo, ignare del fatto che tu le stia ascoltando. Presta attenzione e sii prudente: anche la tua Ombra è in ascolto e prima o poi potrebbe cominciare cercare di comunicare con te, potrebbe parlarti e dirti delle cose sconvolgenti…
- Dio non è perfetto, ecco perché dico che esiste. Ed è nato dall’uomo, ecco perché dico che non è perfetto. Una donna lo avrebbe fatto meglio.
- Dunque, secondo te, un uomo – resta da scoprire chi – avrebbe creato un Dio che avrebbe, a sua volta, dato vita all’uomo?
- Esatto.
- E per quale motivo un uomo si sarebbe preso la briga di inventare un Dio?
- Beh, magari per spiegarsi da dove viene.
- Tanta immaginazione per dare i natali a un Dio imperfetto? Che spreco! E poi, perché Dio sarebbe imperfetto?
- Perché ha creato l’uomo. E lo ha creato a propria immagine e somiglianza; questo significa sia che noi assomigliamo a Lui sia che Lui assomiglia a noi. Anche se, forse, l’intento primario dell’uomo era ben diverso…Se ci pensi, Dio è noto per tre caratteristiche che dovrebbero fare di Lui un’entità perfetta, vale a dire: onnipotenza, onnipresenza e onniscienza. Senza contare l’infinita bontà e misericordia…
- È buffo, io ho sempre immaginato Dio come l’estremizzazione delle qualità umane e – di conseguenza – il Diavolo come l’estremizzazione delle caratteristiche negative dell’uomo…
- Al Diavolo penseremo dopo. Piuttosto, riprendiamo il discorso sulle qualità di Dio: in effetti qualcosa non quadra… A parole è perfetto, ma nei fatti no. Ma perché dici che una donna lo avrebbe fatto meglio? Anche la donna è imperfetta, e tu dai per scontato che sia stato un maschio a crearlo.
- Era una battuta!
- Se lo era, non faceva ridere.
- Non volevo farti ridere, volevo farti riflettere, anzi, pensare, così mi avresti rivolto delle domande interessanti e non scontate. Le domande sono essenziali, sai, per l’evoluzione dell’essere umano. Tanto è vero che se quest’ultimo non si fosse interrogato sulla propria esistenza, Dio non esisterebbe.
- Allora dimmi: se l’uomo ha creato Dio per illudersi di sapere da dove viene, perché Dio è stato al gioco? E non rispondermi: “perché una creatura immaginaria non ha volontà propria”.
- Oh, vedi che ho fatto bene a stuzzicarti! La risposta penso sia: per frustrazione e per noia, innanzitutto.
- Per noia?
- Sì. E anche per paura.
- In che senso?
- Cosa può fare un Dio, se basta a se stesso?
- Niente, immagino.
- Appunto: niente. Perché avvenga un atto creativo deve mancare qualcosa, bisogna sentirsi incompleti. Chiunque si senta incompleto prova frustrazione, si sente solo e, di conseguenza, si annoia.
- E di cosa avrebbe avuto paura, Dio? Della solitudine?
- Sì, ma non soltanto di quella. Un Dio che sia l’unico occupante di tutto l’Universo, di tutto lo spazio disponibile, a chi imporrebbe il proprio volere, secondo te?
- A nessuno, a parte a se stesso.
- E a chi chiederebbe obbedienza, se ci fosse Lui soltanto, in tutto l’universo? Ha dovuto ricorrere allo stratagemma della Creazione, per sfuggire alla noia, alla solitudine, alla frustrazione e alla paura di avere se stesso come unico Regno di quel Re che era Lui. E quando dico “ha dovuto ricorrere”, intendo, naturalmente, che l’uomo ha dovuto ricorrere allo stratagemma di creare un Dio Creatore. L’uomo lo ha fatto per sentirsi al sicuro, per avere qualcuno a cui rivolgersi nei momenti di sconforto. È più accettabile, per l’uomo, il fatto di sentirsi schiacciato e oppresso da qualcosa che abbia un nome, un volto e un’identità - preferibilmente o rigorosamente maschile – piuttosto che dalla grandezza anonima dell’universo. È più accettabile sapere di avere il controllo su qualcosa (o su qualcuno) che controlla noi. Non avere un Dio nella propria vita significa dover portare tutto il peso delle proprie azioni addosso e non poterne scaricare neanche un po’. Non a caso è stata inventata la Confessione…
- Perciò, possiamo dire che l’uomo ha ricattato Dio…
- In un certo senso, sì. È come se gli avesse detto: “O mi crei, oppure ti renderò un Dio annoiato e infelice”.
- Ma è terribile!
- Forse. Ma tanto poi l’uomo ha fatto in modo che Dio potesse vendicarsi. Più volte, tra l’altro. Dopo il furto di frutta (che, detto fra noi, secondo me non era frutta, bensì droga) dall’Albero della Conoscenza, ha inflitto punizioni assai severe ai trasgressori.
- Ma, stando al tuo ragionamento (o pensiero?), glielo abbiamo lasciato fare! E così anche il diluvio e tutto il resto, a ben guardare, sarebbe frutto di concessioni dell’uomo al suo Dio-Creatore-in-quanto-creato, per restituirgli dignità e potere. Al che mi domando: tutto il male che c’è nel mondo è solo colpa nostra?
- È uno dei vizi più radicati nell’uomo cercare sempre un colpevole, un capro espiatorio, per restare in tema.
- E che mi dici di quella storia della droga, di cui mi parlavi prima?
- Ti dico che, forse, quel divieto di toccare l’Albero della Conoscenza e i suoi frutti, potrebbe essere un velato: “Non drogatevi!”
- E perché sostieni quest’ipotesi?
- Perché una volta assaggiata la “roba” proibita, qualsiasi cosa essa fosse, ai due si aprirono gli occhi e si accorsero di essere nudi. Questi sono gli effetti delle droghe…
- E qui mi sembra doveroso introdurre il Tentatore, il Serpente, il Diavolo, insomma.
- Povero Serpente! Che brutta reputazione gli è toccata in sorte! Diavolo? Perché lo chiami così? Cosa o chi pensi che sia il Diavolo?
- Il Diavolo è il Male, così mi han sempre detto.
- E che cos’è il Male? Ma, soprattutto: perché Dio permette che esista?
- Forse perché lo stesso uomo che ha creato Dio ha pensato che fosse necessaria una figura che controbilanciasse il troppo Bene divino. Voglio dire: se Dio è stato creato per dare un volto alle Virtù dell’uomo e originare un Supereroe dotato di superpoteri, automaticamente è nato il bisogno di dare un nome e un volto alle caratteristiche negative, ai vizi e alla depravazione dell’essere umano.
- Sia Dio sia il Diavolo, quindi, sarebbero stati creati dall’uomo a immagine e somiglianza di quest’ultimo?
- Penso di sì. Perché così come ogni abitante di questa Terra ha un lato in luce e uno in ombra, anche il Divino deve avere un’Ombra.
- In poche parole, il Diavolo sarebbe l’Ombra di Dio?
- È possibile, non trovi?
- E se, invece, scardinassimo tutte le teorie basate su luoghi comuni?
- Che vuoi dire?
- Voglio dire: se il Male non fosse un’entità a sé stante bensì una parte del Bene? Proprio come lo è l’uomo che, come abbiamo detto, incarna entrambe le cose.
- Quindi Dio sarebbe Bene e Male nella stessa entità, giusto?
- Esatto. Oppure, ascoltami attentamente, potremmo azzardare altre ipotesi sulla figura di Dio. Ipotesi più fantasiose, tanto per allenare il pensiero…
- Tipo, vediamo… Potrebbe darsi che i sette miliardi di corpi presenti su questa Terra siano i sette miliardi di corpi di Dio, anzi, i sette miliardi di pezzi che formano quel grande puzzle chiamato “Dio”. E grazie a ognuno di noi Dio farebbe esperienza diretta di cosa significhi essere umano. Grazie a ognuno di noi Dio sarebbe maschio, femmina, adulto, bambino, bianco, nero, cinese, australiano, finlandese e così via… Sarebbe pianta, animale, cristallo; sarebbe aria e nell’aria, fuoco e nel fuoco, acqua e nell’acqua e terra oltre che nella terra.
- Vedo che hai capito perfettamente l’esercizio di immaginazione! Ora, dato che tu mi hai esposto un tuo pensiero, ti illustro anch’io una cosa che mi è balenata in mente poco tempo fa: noi sette miliardi potremmo non essere altri che gli attori e le attrici inconsapevoli della soap opera preferita di Dio. Non so ancora decidere, però, se il regista-burattinaio di tale soap sia Dio stesso o se Lui sia un semplice spettatore passivo che ci guarda e ci segue soltanto per non annoiarsi.
- Pensi che, se così fosse, Gli piacerebbe veder soffrire i suoi attori?
- Penso che la noia possa spingere chiunque – anche un Dio – a fare cose folli. Tutti sono in cerca di qualcosa per cui emozionarsi e non credo che Dio faccia eccezione…
- Stando a ciò che dici, il Diavolo dovrebbe essere la noia stessa, la paura, il vizio, l’ossessione, l’Ombra di Dio… Ma – mi chiedo anche – tutto questo male, alla fine, è davvero necessario?
“Quando non vedo, e vedo Dio…
Vedo l’ombra di Dio… Sono dunque
Al di là di me… L’individuale è a mia Immagine”
Fernando Pessoa, Sono un sogno di Dio”, Quiqaijon Comunità di Bose, p. 15, “Visione”, 19 ottobre 1912
Il Diavolo è l’Ombra di Dio?
Per rispondere a questa domanda è necessario, innanzitutto, far luce su due punti: il primo riguarda la definizione di “Ombra” e il secondo è legato alle differenze tra l’ “Ombra” e il cosiddetto “Lato Oscuro”.
Mentre sfogliavo il tomo di “Astrologia archetipica”[1], mi sono imbattuta in un trafiletto che diceva:
“Gli archetipi, innanzitutto, come ogni fenomeno della realtà fisica e psichica (vita/morte, bene/male, piacere/dolore) presentano un aspetto polare, duale, un lato positivo e un lato negativo, un lato luminoso e uno oscuro, una parte costruttiva e una parte distruttiva. Il Lato Oscuro si manifesta quando le caratteristiche di un archetipo vengono attratte dal polo negativo e manifestate all’eccesso o in modo distruttivo. Il Lato Ombra rappresenta la negazione delle qualità espresse dall’archetipo, che non vengono riconosciute in se stessi e inevitabilmente proiettate sugli altri.
Vi sono molti modi in cui possiamo interagire con gli archetipi: ci possiamo identificare con essi, e allora assumeremo le loro caratteristiche, sia nel lato luminoso che in quello oscuro. Possono essere negati e relegati nell’Ombra, quella parte di noi che non vediamo e che mentalmente proiettiamo sugli altri. Possono agire nell’inconscio a nostra insaputa e quindi noi ne saremo in qualche modo posseduti”.[2]
Ero già a buon punto nella stesura di questo non-libro e quelle parole mi spingevano a rimettere in discussione le basi su cui poggiava. Decisi di approfondire la questione, per amore dell’onestà intellettuale e della correttezza informativa. Così, pur non amando avvalermi dell’Intelligenza Artificiale, digitai sul mio telefono: “Differenze tra lato oscuro e ombra” e quella che segue fu la risposta di AI Overview.
“In psicologia, il “lato oscuro” e l’ombra non sono sinonimi, ma rappresentano concetti distinti, seppur correlati.
L’ombra, secondo la psicologia analitica di Jung, è quella parte della nostra psiche che contiene aspetti della personalità che tendiamo a rimuovere, negare o proiettare sugli altri, spesso caratterizzata da emozioni e comportamenti che consideriamo negativi o inaccettabili. Il “lato oscuro”, invece, può riferirsi a una visione più ampia di questa parte nascosta, includendo sia l’ombra che altri aspetti negativi della personalità, e può essere considerato come il sé “sconosciuto” o la parte di noi che preferiamo non affrontare.
L’OMBRA, definizione: Secondo Jung, l’ombra è una componente dell’inconscio che comprende pensieri, sentimenti, impulsi e ricordi repressi che l’individuo non riconosce come propri, spesso considerati negativi o inaccettabili.
Origine: Nasce dalla necessità di adattamento sociale e dalla repressione di aspetti della personalità che non sono accettati dal sé cosciente o dalla società.
Funzione: Può manifestarsi attraverso proiezioni, ovvero attribuendo le proprie qualità indesiderate ad altre persone, o attraverso comportamenti negativi e distruttivi, quando non viene integrata nella coscienza.
Integrazione: L’integrazione dell’ombra nel processo di individuazione, teorizzato da Jung, implica la consapevolezza e l’accettazione di questi aspetti nascosti per raggiungere un equilibrio psicofisico e una maggiore autenticità.
IL LATO OSCURO, definizione: Il “lato oscuro” è un termine più ampio che può includere l’ombra, ma anche altri aspetti negativi della personalità, come la tendenza a mentire, a manipolare, o ad essere aggressivi.
Origine: Deriva sia da fattori individuali (come esperienze traumatiche o modelli di comportamento appresi) sia da fattori sociali e culturali.
Funzione: Può portare a comportamenti disfunzionali, relazioni problematiche e sofferenza emotiva, sia per la persona che lo manifesta che per chi lo circonda.
Integrazione: L’integrazione del lato oscuro richiede un lavoro di auto-riflessione, accettazione e sviluppo di strategie per gestire questi aspetti negativi i modo più sano e funzionale.
In sintesi: Mentre l’ombra è un concetto specifico della psicologia junghiana che si riferisce alla parte nascosta e repressa della personalità, il lato oscuro è un termine più generale che può includere l’ombra e altri aspetti negativi della personalità. L’integrazione di entrambi è fondamentale per la crescita personale e il benessere psicofisico”.
Qualche settimana prima di questa ricerca avevo scovato un libriccino incentrato sull’Ombra tra una montagnola di volumi usati di una bancarella in Via Po, a Torino. Si trattava de “Il piccolo libro dell’Ombra” di Robert Bly. Lo lessi immediatamente e vi trovai informazioni molto utili di cui ora farò un riassunto, appoggiandomi – come sempre – a citazioni e brevi estratti. La più significativa tra le citazioni è sicuramente questa:
“L’ombra è l’immagine che più efficacemente rappresenta che cos’è, e come funziona, l’inconscio”.[3]
L’Ombra è dunque la traduzione dell’inconscio in immagini, ed è meno astratta di quanto si potrebbe pensare poiché – per renderla visibile – l’individuo che ne è portatore la proietta sugli altri. Infatti “[…] il male che pensiamo degli altri è, di solito, una dislocazione dell’ostilità che proviamo per alcuni nostri aspetti di cui non siamo consapevoli e che (anche per questo) suscitano in noi rabbia e avversione”.[4]
In quell’oscurità inconscia si annidano aspetti essenziali della nostra identità e riconoscerli significa compiere il primo passo per integrarli nella nostra vita, cosa fondamentale sia per la nostra crescita interiore sia per il nostro benessere mentale. Se non si distoglie lo sguardo dall’Ombra, se la si ascolta con attenzione e coraggio, si scoprono molte qualità che erano state sotterrate. Ed erano state sotterrate perché facevano paura o davano fastidio, ma molti non sanno che quando nascondiamo qualcosa ne nascondiamo sia gli aspetti negativi che quelli positivi. Ecco perché è importante riportare alla luce quegli aspetti e studiarli: in mezzo a ciò che viene visto come “male” rimane impigliata sempre anche una buona dose di “bene”. Il lato oscuro - e l’Ombra con esso – può avere infatti molte facce, due di queste, in particolare, incutono più timore rispetto alle altre: la depressione e la follia. Stando al libro di Bly, accettare la depressione è il prezzo da pagare per integrare l’Ombra nella personalità e per poter utilizzare i suoi tesori.
“Una società che rifiuta ogni momento di depressione e riconosce come positiva solo la posizione euforica […], si colloca sui toni della mania. E proietta sugli altri la gigantesca Ombra costituita da tutta l’oscurità, il lutto, la fatica, il dolore che non ha voluto riconoscere in se stessa”.[5]
In poche parole, le cose negative vanno guardate in faccia come quelle positive perché sono una forma di percorso iniziatico, alla stregua delle sciagure che capitano al/alla protagonista delle fiabe o all’alchimista che si dedica alla propria “Opera” di trasmutazione della materia. La fase “Nigredo” è necessaria per l’evoluzione individuale e per quella collettiva. Rappresenta le Paludi della Tristezza di Atreiu, la prova delle Tre Porte Magiche, la perdita dell’ombra di Peter Schlemihl, e così via. È impossibile bruciare le tappe, le prove vanno affrontate. Nel viaggio di ogni eroe accade lo stesso: Ulisse – tanto per citare un esempio noto a tutti - torna a Itaca dopo anni di disavventure e Dante deve attraversare l’Inferno e il Purgatorio prima di poter vedere il Paradiso e le meraviglie che lo abitano!
Fatta questa premessa, mi sento di ipotizzare che il Diavolo sia il Lato Oscuro di Dio, e i demoni tutte le sue Ombre. Passo ad argomentare questo pensiero.
“Gli uomini […] hanno bisogno che si mostri loro il cammino e non possono fare a meno della predicazione”[6].
Gli uomini vogliono tabù e paletti, hanno bisogno di qualcosa in cui credere, hanno bisogno di certezze. Ed ecco perché hanno inventato l’entità che conosciamo: un Dio maschio, vecchio e infinitamente buono, anche se autoritario e spesso irascibile. E poi, avendo compreso che Dio – da solo – non bastava a spiegare tutto, gli hanno dato un gemello che rappresentasse il Suo opposto: il Diavolo. Il fatto è che all’uomo serviva qualcuno o qualcosa che giustificasse i suoi comportamenti più abietti e depravati, un’entità che spiegasse il dolore, che desse un senso al Male, incarnandolo.
Un solo essere per tutti i vizi, un solo essere per tutte le virtù. Un accentramento di poteri piuttosto insolito, se penso alle antiche Civiltà: nell’Antica Grecia o nell’Antico Egitto, come ho già avuto modo di accennare, avevano di che scegliere tra Dei e Dee, tra figli e figlie di Dei e Dee. E ogni Dio e ogni Dea mostrava entrambi i lati del proprio carattere, sia la Luce sia l’Ombra, così era possibile, per tutti, riconoscersi in essi anziché sentirsi schiacciati dal peso delle loro virtù. Ogni potere – costruttivo o distruttivo che fosse -, ogni elemento della natura, ogni aspetto del carattere aveva un o una rappresentante. Il vento, il mare, il sole, l’amore, la morte, la fertilità, la guerra, la discordia, ogni cosa era la manifestazione di un Dio o di una Dea. Avevi un problema? Bastava sottoporlo alla divinità competente in materia e attendere la risposta. Quando questa arrivava, operava una trasformazione nel postulante, il quale “diventava” il Dio che aveva invocato e poteva attuare la risoluzione del problema. Oggi, non solo non siamo più in grado di ascoltare le risposte, ma non sappiamo neanche più porre le domande. Oggi, senza il supporto politeistico e sfaccettato, siamo sprovvisti di modelli di riferimento nei quali identificarci e dai quali farci soccorrere; inoltre, siamo tesi in una eterna competizione in cui non potremo vincere: non saremo mai Dei né, tantomeno, Dee. Per quanti sforzi e per quanto impegno dedicheremo alla nobile arte della ricerca della perfezione divina, non siamo destinati a raggiungerla. Siamo miseri Sisifo illusi, delusi e frustrati. Ti piace un tizio, ma non sai come dirglielo? Sono sicura che non ti rivolgeresti mai a Venere (ovvero alla parte di Venere che c’è in te), o a Cupido (ovvero l’Eros che hai dentro) per farti avanti. Sei costretto ad affrontare una dura lotta o una sfida impossibile? Non prenderesti mai in considerazione l’idea di chiedere aiuto a Marte (Ares) per trovare una soluzione al tuo problema. Eppure il solo atto di pregare ti aiuterebbe a fare chiarezza nei pensieri e ti darebbe accesso a informazioni utili a risolvere la questione che ti affligge. Eppure abbiamo quel “Chiedete e vi sarà dato”, che ha la stessa funzione, infatti non va inteso come “qualunque cosa chiederai ti sarà concessa”, bensì come “se non sai porre domande, non otterrai risposte”. Nonostante tutto, però, mi vien da calarmi nei panni di questo Dio moderno, ma comunque antico, un Dio creato – almeno apparentemente - perfetto: anche Lui starà sentendo il peso insostenibile della propria perfezione, e sapere di essere un paradosso non può aiutarlo di certo. Un paradosso in quanto Creatore di un paradosso che lo riguarda, dato che l’aver creato l’essere umano a propria immagine e somiglianza avrebbe dovuto implicare la creazione di un essere umano perfetto. E noi non lo siamo, giusto? Già, è davvero così che stanno le cose? Siamo l’incarnazione di Bene e Male, siamo esseri completi – sebbene non sempre equilibrati – e siamo Creatori. Cosa ci manca? L’umiltà di ammettere che sbagliare è umano o l’orgoglio (e l’audacia) di ammettere che sbagliare è divino? “L’uomo baratta la propria divinità con la felicità”, scrisse Camus, ma questo vorrebbe dire che l’uomo non è perfetto bensì felice, e non mi sembra che, di tutte le caratteristiche che si possono attribuire all’uomo, la felicità sia preponderante. Inoltre, se errare fosse divino, cosa sarebbe diabolico? L’opinione più diffusa è che lo sia il perseverare, ovvero proseguire sulla strada sbagliata, anche dopo aver appurato che era sbagliata, fondare il proprio operato sull’errore, anche dopo aver capito che tale era. Ecco cosa implica la perseveranza nella sua accezione negativa. Dostoevskij, ne “I fratelli Karamazov”[7] sollevava una questione piuttosto interessante, a questo proposito: se Dio esiste ed è davvero l’artefice dell’intero Universo, come può una Sua creatura – che già non riesce a comprendere le Leggi che regolano il Mondo – avere la presunzione di comprendere Colui che ha fatto di quelle Leggi le fondamenta di ogni cosa? Come potrebbe una creatura di questo mondo arrivare a comprendere cose che non sono di questo mondo?[8] E se anche, per qualche strano miracolo, giungesse a capirci qualcosa e trovasse le prove che Dio esiste e ha creato tutto, potrebbe accettarlo? Se i misteri fossero un giorno svelati, l’uomo sarà in grado di perdonare chi gli ha fatto del male? Potrà ritenere giusta la sofferenza degli innocenti? Queste domande presuppongono che la fonte del Bene sia pura e assoluta, che Dio sappia sempre cosa fare e come farlo, che in Lui non ci siano punti ciechi o falle, ma se così non fosse?
“Sei Colui che ha due Volti: uno di luce
pascolo delle anime beate,
ed uno fosco
indefinito, dove son sommerse
la gran parte delle anime, cozzanti
contro la persistente
ombra nemica: e vanno, in quelle tenebre,
protendendo le mani come ciechi…[9]”
L’idea di un Dio bifronte, come Giano, non è poi tanto campata in aria, se vogliamo. Tanto è vero che nel “Padre Nostro”, preghiera caposaldo del Cattolicesimo, l’ambiguità di quel “non ci indurre in tentazione[10]” salta all’occhio e scatena una domanda scomoda: non è il mestiere del Diavolo indurre in tentazione? La risposta più logica e convincente che mi sono data fino ad ora è che Bene e Male (perciò anche Dio e il Diavolo) non possono essere considerate due entità separate. Sono come due facce della stessa medaglia, sono come luce e ombra. D’altra parte l’identificazione del Diavolo con l’Ombra non è nuova nella storia del pensiero. Già Jung ne parlò in questi termini e, persino nella prefazione de “Il Dottor Faust” di Marlowe, curata da Nemi D’Agostino, leggiamo:
“È l’ambiguità di questo rapporto che rende illusoria l’opzione di Faust. Scegliendo il diavolo egli sceglie l’ombra del Dio[11]”.
L’ambiguità deriva dall’ambivalenza e tale ambivalenza si riscontra sia nel Faust di Marlowe sia in quello di Goethe, seppur in modi diversi e con epiloghi differenti. Il Faust di Marlowe è compresenza di opposti, e “la sua dannazione è dovuta alla sua libera scelta e insieme è il cieco frutto di un inganno diabolico”. È “un errore vedere Faust come un uomo immaturo, in malafede, illuso, traviato dal diavolo, corrotto e negativo fin dal principio”. Perché “ciò che caratterizza il Faust in questa tragedia è proprio la sua plurivalenza, la sua assenza di messaggio, il suo mostrare attraverso l’opposizione dei modelli in un mondo ambiguo e irriducibile a un solo significato[12]”. Il Faust di Marlowe è coraggioso e pavido, sicuro e insicuro, deciso e indeciso, modesto e presuntuoso, furbo e ingenuo… “Sembra di veder susseguirsi, in questa sfilata di maschere faustiane, i partner del sé nella psicologia junghiana[13]”. Un uomo creato da un Dio creato dall’uomo non potrebbe essere altri che un essere doppio, cioè dotato di caratteristiche positive e negative. Tanto è vero che, forse proprio per sottolineare questa doppiezza d’animo e d’intenti, Marlowe introduce nell’opera due figure angeliche diametralmente opposte: l’angelo buono e l’angelo cattivo, i quali tentano periodicamente e vicendevolmente di tirare Faust ognuno dal proprio lato della barricata. A questo punto il paragone con il Faust di Goethe è d’obbligo. I due personaggi, questo – innanzitutto - va detto, sono simili ma estremamente differenti: il Faust di Marlowe si caratterizza per la scarsa fiducia in Dio e nella sua misericordia, cosa che lo porterà alla dannazione eterna; quello di Goethe, invece, maggiormente orientato verso il Bene, nonostante il patto infernale, tanto da garantirgli la salvezza dopo la morte. La cosa ancor più interessante e significativa è, però, che così come i Faust dei due autori sono simili ma diversi, anche i Mefistofele lo sono. Quello di Marlowe è più scaltro e accorto, mentre quello di Goethe si lascia sfilare la preda da sotto il naso. Forse perché il primo sembra una figura a sé rispetto a Dio, in totale contrapposizione, mentre il secondo sembra una costola del divino. Mi spiego meglio: il Mefistofele dell’autore tedesco è in buoni rapporti con l’altra faccia della medaglia universale, e con essa formula una scommessa molto simile a quella che il Diavolo stipula con il Dio di Giobbe. Per testare la fede nei loro beniamini? Nel caso di Giobbe, sì, ma nel caso di Faust non solo… Lo scopo, qui, è portare l’uomo oltre i propri limiti, strappandolo al torpore dei sensi e a quella che oso definire “accidia”.
Nel “Faust di Goethe […] Mefistofele si descrive come parte di quella forza che eternamente vuole il Male ed eternamente opera il Bene, è qualcuno che osserva, che giudica, condanna, punisce, ma che è sempre giusto[14]”.
Come fa un demone a compiere il Bene? Essendone parte. “Tutto sarà giusto, su questo il mondo è costruito”, dice Woland ne “Il Maestro e Margherita” di Bulgakov, e intende proprio questo. È il destino del Diavolo, in fondo: “Egli è capace di passione e di tensione verso il Bene, ma inevitabilmente cade nel Male”. Eh già, forse quello che chiamiamo Diavolo non è poi così insensibile[15]: magari può innamorarsi – come ne “Il diavolo” di Lermontov -, provare sentimenti, forse sensazioni. Può provare nostalgia, come asserisce il Mefistofele del Faust di Marlowe quando dice di essere dannato all’inferno con Lucifero, ma che lui, il suo inferno se lo porta dentro poiché ha veduto Dio, sa cosa è il Cielo… “E tu credi che non mi tormentino diecimila inferni vedendomi tolta tutta quest’estasi?” Lucifero stesso, nel “Paradiso perduto” di Milton, pur cercando strenuamente di non darlo a vedere, soffre le pene dell’Inferno – è proprio il caso di dirlo – per via della nostalgia di ciò che aveva e non ha più. Ma il guaio/Destino di ogni Diavolo è che nessuno lo ama. Non veramente, almeno[16]. Anche quando qualcuno, spinto da disperazione o brama di potere, si affida ai suoi servigi, prova una sorta di speranza disperata (passami il gioco di parole). Brama, desiderio cocente e disperato, sì. Ma anche se il Diavolo è consapevole di tutto questo, non può non assolvere il suo ingrato compito: “Mandare in perdizione le migliaia affinché se ne salvi uno[17]”.
Il Diavolo ne “I fratelli Karamazov”, invece, si spinge oltre e dice: “Mefistofele, apparendo a Faust, testimoniò di se stesso che egli vuole il male, ma non riesce a fare che il bene. Ch’egli la pensi pure come gli aggrada: io, da parte mia, penso tutto l’opposto. Io, probabilmente, sono l’unico uomo in tutto l’universo, il quale ami la verità, e desideri schiettamente il bene[18]”. Perché “[…] gli Spiriti dannati non perdono affatto tutta la loro virtù[19]”, scrisse Milton, e questo verso si avvicina alla mia ipotesi: il volto di Dio e quello del Suo opposto non sono altro che maschere, coperture indossate dallo stesso Principio che regola l’Universo. L’equilibrio ha due identità che noi fin troppo spesso percepiamo come separate, quando probabilmente sono tanto intrecciate da non poter essere distinte. Chi ci infligge il male è lo stesso “individuo” che ci fa del bene.
A questo punto penso sia giunto il momento di parlare dell’altra faccia di Dio: il Diavolo. Chi è costui? O, meglio, cos’è il Diavolo?
«Io credo che se il diavolo non esiste e se, quindi, è stato l’uomo ad inventarlo, questi l’ha fatto a sua immagine e somiglianza».
«Proprio come ha fatto con Dio, allora».
«È stupefacente il modo in cui riesci a rigirare le parole, come dice Polonio nell’Amleto», scoppiò a ridere Ivan. «Mi hai preso proprio in parola, ne sono contento. Il tuo Dio deve essere un buon Dio, se l’uomo l’ha creato a sua immagine e somiglianza[20]».
L’uomo è lo specchio di Dio e Dio è lo specchio dell’uomo, e se l’uomo ha in sé luce e ombra è logico ipotizzare che anche Dio sia costituito allo stesso modo. Analizzare l’Ombra dell’uomo può quindi aiutarci a comprendere l’Ombra di Dio.
L’Ombra dell’uomo
LA RICERCA DI Ciò CHE è PERDUTO
Ho cacciato colei
che mi sbarrava il cammino.
Ho ignorato colei
che sussurrava al mio orecchio.
Ho scansato colei
che mostrava al mio occhio
le verità invisibili.
E
ora
che
ho
perso
la
strada
vado in cerca di colei
che voleva indicarmela.
Rimpiango i sussurri
di colei che mi parlava.
Mi pento d’aver rinnegato
i miei mondi nascosti,
celati agli occhi del corpo,
ma limpidi e chiari
per la mente e il suo sguardo.
TAO-TE-CHING
Il Tao emanò l’Uno.
L’Uno emanò il Due.
Il Due produsse il Tre.
Il Tre generò la totalità degli esseri (“diecimila cose”)
e ciascun essere reca un’Ombra (Yin) sulle spalle
ma fra le braccia porta la Luce (Yang).
L’Ombra è “la parte inferiore della personalità. La somma di tutte le disposizioni psichiche personali e collettive che, per la loro incompatibilità con la forma di vita scelta coscientemente, non vengono vissute e si uniscono a formare nell’inconscio una personalità parziale relativamente autonoma con tendenze contrarie. L’ombra ha un atteggiamento di compensazione con la coscienza, perciò il suo effetto può essere tanto negativo che positivo. Nei sogni l’ombra è dello stesso sesso di chi sogna. Come parte dell’inconscio personale l’ombra appartiene all’io; ma come archetipo dell’«avversario» all’inconscio collettivo. La presa di coscienza dell’ombra è il lavoro iniziale dell’analisi. Trascurare e rimuovere l’ombra, così come identificare l’io con essa può condurre a pericolose dissociazioni. Poiché l’ombra è vicina al mondo degli istinti, è indispensabile tenerne costantemente conto[21]”.
Rileggo ciò che ho scritto fino a ora e mi sorge un dubbio: e se Dio non fosse Uno? D’altronde, se si analizza la Bibbia, ci si accorge che in quelle pagine non si parla di un solo Dio, ma su questo punto tornerò tra un po’. Per ora, ti chiedo soltanto di immaginare una storia diversa da quella che ti hanno sempre raccontato…
C’era una volta una creatura multiforme che amava giocare con tutte le sue personalità chiamate “angeli”, ma - un giorno di tanti tanti anni fa – uno di questi angeli, annoiato dalla monotonia, propose un nuovo gioco. La creatura multiforme pensò che il suo amico angelo avesse ragione, ma non volle accontentarlo e cominciò ad evitarlo. Ogni giorno l’angelo si faceva avanti con nuove proposte, ma la reazione della creatura era sempre più scostante, così l’angelo cominciò a incupirsi. Altri angeli si avvicinarono a lui per capire cosa stesse accadendo e per consolarlo e scoprirono che la creatura voleva sempre aver ragione e non accettava proposte, novità o cambiamenti. Si formarono due schieramenti: da una parte c’erano i “luminosi” – ovvero gli angeli che la pensavano come la creatura multiforme – e dall’altra c’erano gli “oscuri”, che per la frustrazione si erano appunto rabbuiati. Questi ultimi, non sapendo più cosa fare per farsi prendere in considerazione dai loro ex amici luminosi, si prepararono a una guerra. Ci furono battaglie violente e sanguinose tra le due fazioni e la creatura, che non voleva (o non sapeva) perdere, cacciò il più lontano possibile da sé gli oscuri rivali.
«La figura dell’ombra impersona tutto ciò che il soggetto rifiuta di conoscere e tuttavia continuamente – in modo diretto o indiretto – gli si impone, dunque, ad esempio, tratti inferiori del carattere e altre tendenze incompatibili».[22]
«L’ombra è… quella personalità celata, rimossa, per lo più inferiore e colpevole, che con le sue estreme propaggini rimonta al regno dei nostri antenati animaleschi e così abbraccia l’intero aspetto storico dell’inconscio… Se fino a ora si è pensato che l’ombra umana fosse la sorgente di ogni male, ormai, a una indagine più accurata, si può scorgere che l’uomo inconscio, cioè l’ombra, non consiste solo di tendenze moralmente riprovevoli, ma mostra anche un certo numero di buone qualità, cioè istinti normali, reazioni opportune, percezioni fedeli alla realtà, impulsi creativi e così via».[23]
“L’Ombra, nella terminologia junghiana, simboleggia il lato inferiore, animale, della natura umana: essa tuttavia completa e dà spicco alla personalità”.[24]
“In ultima analisi si può dire che, a proposito dell’Ombra, le fiabe ci insegnano che essa è parte della generale dualità della nostra esistenza, prodotta dalla coscienza discriminante. Tuttavia il bene e il male hanno una propria drammatica realtà, poiché è il male che fa fallire il processo di presa di coscienza e perciò nelle fiabe viene sempre eliminato senza pietà”.[25]
“Nelle fiabe ogni personaggio è l’Ombra è tutti gli altri, esiste un legame reciproco fra tutti i personaggi, i quali hanno tutti una funzione compensatoria. Perciò bisogna usare la parola Ombra cum grano salis”.[26]
L’Ombra è “la personificazione di certi aspetti della personalità inconscia”; processi di cui non si è coscienti, “perciò, nella prima fase di avvicinamento all’inconscio, l’Ombra è semplicemente la demonizzazione «mitologica» di tutto ciò che di psichico è racchiuso in noi, e che non possiamo conoscere direttamente”.[27]
“Se qualcuno vivesse in totale solitudine, gli sarebbe praticamente impossibile vedere la propria Ombra, poiché nessuno potrebbe osservarlo dall’esterno. È necessario un osservatore”. Ma von Franz dice anche a p.148 de “L’Ombra e il male nella fiaba”: “Chi vive in solitudine non solo attira il male che porta dentro di sé e lo costella con il proprio inconscio, ma attira anche le proiezioni”. Infatti “se la gente non è in grado di capire qualcosa, vi proietta tutto il proprio male”. Dunque, stare in solitudine attira i demoni, ma non permette a chi li ha attirati di vederli. Gesù incontra la propria Ombra nel deserto, eppure riesce a vederla e a riconoscerla… Ciò è assai bizzarro…
“Tu sei una menzogna, tu sei una mia malattia, tu sei un fantasma. Soltanto non so come fare a distruggerti, e vedo ch’è necessario che io per un po’ ti sopporti. Tu sei una mia allucinazione. Sei un’incarnazione di me stesso, ma d’una parte sola di me stesso… dei miei pensieri, dei miei sentimenti, ma solo di quelli più ripugnanti e più stupidi[28]”.
Il Male, così come il Bene, è innanzitutto il prodotto della nostra mente. Quello stesso prodotto che può rimanere un pensiero o può concretizzarsi in un’azione, in un comportamento. Quando compiamo il Bene incarniamo la parte divina che sta in luce; quando compiamo il Male incarniamo la parte – anch’essa divina - che sta in ombra.
“Giorno dopo giorno, con l’aiuto delle due entità del mio spirito, quella morale e quella intellettuale, mi andai sempre più avvicinando a quella verità la cui parziale scoperta mi ha condannato a questa rovina totale, e cioè che l’uomo non è unico, ma duplice. dico duplice perché il livello delle mie conoscenze non va al di là di ciò. Altri seguiranno, altri mi supereranno sulla stessa via; io mi limito a pronosticare che un giorno o l’altro l’uomo sarà conosciuto come un insieme di multiformi, incongrue e indipendenti componenti. Da parte mia, dato questo tipo di esistenza, ho progredito costantemente in un’unica direzione. Ed è stato nel campo della morale e nella mia stessa persona che ho imparato a riconoscere il dualismo intrinseco e primordiale dell’uomo. Mi sono reso conto che, se potevo legittimamente identificarmi sia con l’uno che con l’altro dei due esseri che lottavano nel campo della mia coscienza, ciò era dovuto al fatto che ero fondamentalmente entrambi[29]”.
Riconoscere in sé più personalità contrapposte e tentare di scinderle perché siano libere di esprimersi; identificarsi con entrambe (o con tutte loro), inizialmente, per poi prendere le distanze da ciò che fa più orrore, successivamente; nutrire la convinzione (errata) di poterle dominare e ritrovarsi a dover fare i conti con il lato oscuro della propria personalità… Tutto questo e molto altro impara a fare il Dottor Jekyll nel momento in cui scopre il Signor Hyde (“Il Nascosto”) dentro di sé. Ma cosa accade quando gli diviene impossibile mettere a tacere gli istinti più terrificanti? Il libro di Stevenson si chiude con la parola “Jekyll”, ossia un altro modo per dire “Io Uccido”… Ne “L’Io e l’inconscio”, Jung scrisse: “Se dunque noi adoperiamo il concetto di un Dio, con esso non facciamo che formulare un fatto determinato, psicologico, vale a dire l’autonomia di certi contenuti psichici e il loro prepotere, il quale si esprime nella sua capacità di contrariare la volontà, di ossessionare la coscienza e d’influire sul nostro umore e sulle nostre azioni. Susciterà scandalo il sentir dire che un capriccio inspiegabile, un disturbo nervoso o un incorreggibile vizio siano manifestazioni di Dio. Ma appunto per l’esperienza religiosa sarebbe una perdita insostituibile se queste cose, magari cattive, venissero artificialmente separate dal novero dei contenuti psichici autonomi. È un eufemismo apotropaico sbrigarsi di tali cose dicendole “nient’altro che…”. Così non si fa che rimuoverle, e di norma non si guadagna che un vantaggio apparente, un’illusione un po’ modificata. Non si arricchisce la personalità, ma la si impoverisce, la si inaridisce. Ciò che all’esperienza e alla conoscenza di oggi sembra malvagio, o almeno privo di senso e di valore, a un grado più alto di conoscenza e di esperienza può sembrare una fonte di bene; tutto dipende, naturalmente, dall’uso che uno fa dei propri sette diavoli. Dichiarandoli privi di senso si toglie alla personalità l’Ombra che le corrisponde, e così essa perde la sua forma. La “figura viva” ha bisogno di profonde ombre, per apparire plastica. Senza le ombre, rimane un’immagine fallace e piatta, oppure un bambino più o meno ben educato”.[30]
Mi sono domandata spesso se i demoni esistano solo dentro di noi o anche fuori, ma ora penso che la domanda importante non sia questa, bensì: “Cosa ci spinge ad agire in un modo piuttosto che in un altro?”
“«No, tu non esisti di per te stesso, tu sei me, tu sei me e niente di più! Sei una sciocchezza, sei una mia fantasia!»
«Cioè, se vuoi, io ho la tua stessa filosofia: ecco, questo è giusto. Je pense, donc je suis: questo lo so, sì, ma tutto il resto, tutto quello che mi sta attorno, tutti questi mondi, Dio, e perfino Satana stesso, non è ancora dimostrato se tutto ciò abbia un’esistenza propria o se sia solo una emanazione mia, uno sviluppo conseguente del mio io, […]»”.[31]
Un demone può essere qualcuno che instilla un dubbio, che mette zizzania, che spezza, che divide, che distrugge, che opprime e che deprime; un demone può essere una convinzione portata alle estreme conseguenze, un’ossessione, una paura. Un demone, però, può non essere totalmente negativo… Di fronte a un dubbio, infatti, abbiamo almeno due strade: fermarci a riflettere meglio, oppure muoverci in un’altra direzione per cercare altre risposte, che confermino o che confutino il nostro pensiero. Se ci troviamo coinvolti in una lite o in una situazione in grado di spaccare i nostri rapporti con qualcuno, forse abbiamo l’occasione di confrontarci in un modo più profondo e più intenso con quella persona o con quella dinamica degli eventi; potremmo vedere ciò che ci sta accadendo come un modo – magari un po’ brusco, questo lo concedo – per spingerci a cambiare, a migliorare, a prendere in considerazione un punto di vista che non coincide col nostro. Separazione, poi, non è sempre una brutta parola, così come non è oppressione (anche se, lo ammetto, è arduo trovare un’accezione positiva a questo termine). Essere oppressi può caricarci di una forza che non sapevamo di avere, può far esplodere il nostro potenziale. Avete presente quando da piccoli strozzavate un palloncino da una parte e quello si gonfiava dall’altra? Ecco, può accadere più o meno la stessa cosa quando qualcuno tenta di soffocare le nostre aspirazioni. Lo so, è difficile, e io per prima trovo difficoltà nel raccontarmi uno scopo diverso e meno crudele delle cose brutte che (mi) capitano, ma è comunque un ottimo esercizio; è come cambiare alimentazione, come mangiare cose diverse, provare cibi nuovi. Le abitudini (altre cose che possono essere considerate demoni, a tutti gli effetti) imbrigliano psiche e corpo e spesso ci fanno cadere in quelle trappole chiamate ossessioni, loop di pensieri e/o di azioni che ci impediscono di crescere e di evolverci. E le paure? A questo riguardo vorrei invitare tutti (me compresa) a prestare moltissima attenzione alle parole: con esse formuliamo concetti e diamo vita ai fatti, pertanto sono strumenti potenti ma anche delicati. Da maneggiarsi con cura, insomma. Sono come coltelli a lama doppia, e sono come cristalli molto fragili, allo stesso tempo. Quand’è che la paura non è paura, per esempio? Quando è prudenza. L’attenzione, l’accortezza, ci portano a fare le cose con più cura, ci invitano ad affrontare le cose con maggior sensibilità e minor superficialità. La paura, vista sotto questa luce, può essere una cosa buona. L’esperienza ci può aiutare molto, ma non sempre è un’alleata (così come la paura non è sempre un ostacolo). Quando ci fidiamo ciecamente del nostro passato, infatti, corriamo il rischio di tornare (o di non tornare) sui nostri passi per paura di uscire dagli schemi, ma se è vero che il destino è quella cosa che ci capita sulla via intrapresa per evitarlo[32], allora forse è bene valutare di volta in volta le sfide che la vita ci para davanti. Il passato, in fondo (così come il futuro e il presente), fa parte di quella cosa chiamata Tempo che gli uomini hanno inventato per scandire la vita, per cercare di avere il controllo su di essa e su tutto ciò che la riguarda. Tanto è vero che in numerosi racconti sui demoni ci sono salti spazio-temporali. I viaggi nel tempo e nello spazio sono distorsioni e rovesciamenti delle nostre umili certezze, dei nostri piccoli punti fermi sui quali basiamo ogni nostra teoria, ogni nostro ragionamento e ogni nostra azione. Per questo motivo pensieri, sogni, ricordi e immaginazione – che non si piegano a tali leggi – sono spesso demonizzati, trattati come frivolezze insignificanti o come tabù. Il Bene e il Male sono razionalizzazioni, scatoloni in cui cerchiamo inutilmente di mettere ordine. Anche se volessimo, non avremmo mai degli “hashtag” a compartimenti stagni in cui confinare l’uno o l’altro. Succede più o meno la stessa cosa che accade quando cerchiamo di districare catenine, braccialetti e altri bijoux: più ci si prova, più quelli si aggrovigliano. Vedere le cose scevre da condizionamenti e tentativi di razionalizzazione non è più possibile, se non in alti livelli di meditazione. Quest’ultima lascia il pensiero libero di vagare, apre i cancelli della morale e dà spazio alle sensazioni. Tutto questo mi ricorda molto un serpente che si morde la coda: abbiamo creato Dio e il Diavolo per dare un senso e un volto al Bene e al Male ma, nello stesso tempo, questa netta distinzione di volti ci impedisce di vedere Dio e il Diavolo come un’unica entità.
“Avere in sé uno sconosciuto che ha potere su di noi e sulle nostre azioni è un’idea terrificante”.[33] Eppure è proprio ciò che accade quando ci lasciamo possedere dalla parte peggiore di noi, dal nostro nemico interiore… La ricetta per una salute mentale (e fisica) perfetta prevede come ingrediente principale l’equilibrio, da cui sono banditi la repressione continua e il libertinaggio assoluto.
“Ecco che cosa succede quando si mette la museruola al proprio nemico interiore per troppo tempo: quando riesce finalmente ad aprire bocca, non la chiude più”.[34]
Addentrarsi nel proprio lato oscuro all’occorrenza può aiutarlo a non incancrenirsi, può far emergere delle soluzioni creative anziché terribili ai problemi. Quando la Luce mi offre il suo silenzio, io scendo in cantina e mi metto in ascolto del Buio. Nel momento in cui risalgo in superficie, non sempre applico ciò che ho udito lì sotto, ma almeno so come la pensa un’altra parte di me.
“Ma io sono la parte di te che non si rifiuta nulla di quello che veramente vuole”.[35]
“Sono la parte di te che ti distrugge. Tutto quello che cresce aumenta la propria capacità di autodemolizione. Io sono questa capacità”.[36]
Immagina di gonfiare un palloncino: finché vi soffierai all’interno una certa quantità d’aria andrà tutto bene, ma non appena ne introdurrai più del dovuto il palloncino esploderà. Una cosa simile accade alla tua Ombra – o alle tue Ombre – quando la usi (o le usi) impropriamente. Mettendo in soffitta troppe cose si finisce per farla crollare! Questo non significa che tutto ciò che proviene dal Buio sia positivo e vada usato: i demoni fanno parte di te, ma tu non sei il Diavolo!
“Sorrisi e, in quel momento mi resi conto veramente che Giuda e il Salvatore erano entrambi dentro di me”.[37]
Ricordati sempre che identificarsi in modo definitivo con una parte di sé – sia essa quella in Luce o quella in Ombra – è deleterio, si rischia di danneggiare gli altri oltre che la propria persona. Tu sei tu, ma in quel “tu” c’è tanta roba. Quel “tu” è tanta roba. Hai in te (in quella cosa chiamata “Io”) tanti piccolo “io” che pensano di essere i soli, il “tutto”. Ma siamo sicuri che questo Io sia un “contenitore” a tenuta stagna? Siamo sicuri che nulla trapeli? Quando dici “io”, chi sta dicendo “io”? Quale parte di te ha preso il sopravvento sulle altre?
“Le prove dell’esistenza del nemico interiore sono evidenti e quelle del suo potere schiaccianti. Credo nel nemico perché, tutti i giorni e tutte le notti, lo incontro sul mio cammino. Il nemico è quello che dall’interno distrugge tutto ciò che vale. È quello che ti mostra il disfacimento insito in ogni realtà. È quello che ti rivela la tua bassezza e quella dei tuoi amici. È quello che, in un giorno perfetto, troverà un’ottima ragione per torturarti. È quello che ti ispirerà il disgusto per te stesso. È quello che, quando scorgi il viso celeste di una sconosciuta ti rivelerà la morte contenuta in tanta bellezza”.[38]
L’OMBRA
L’ombra non soggiace a chi la proietta.
Si muove al suo fianco silenziosa,
a volte lunga, a volte sinuosa
a volte corta, reietta,
mostruosa.
Ricorda:
non sei tu quell’ombra,
ma è quell’ombra
una parte di te.
Si nutre di luce
e la luce ne è lieta,
si lascia assorbire
e contrasto proficuo produce
tra una natura dolce
e una truce.
Tu non sei Sole
e neppure Luna:
tu sei una pietra
un cristallo al rovescio:
mostri l’ombra nel mondo di fuori
quando il Sole ti colpisce
e i colori
dell’arcobaleno
li emani tu stesso
da luoghi interiori,
da forze possenti
che son tutti i tuoi elementi.
“Dentro di te c’è un campione e c’è un perdente.
C’è un angelo e c’è un demone.
C’è un eroe e c’è un furfante.
La domanda è: chi di loro avrà la meglio oggi?”[39]
CONTRO DI TE
Non avevi armi e
non sapevi combattere.
Non avevi alleati e
neppure nemici.
Ora
i nemici
son dentro di te:
tu li hai creati,
tu li trattieni.
Hai ingaggiato troppe battaglie, ma
una
guerra
soltanto
attende
paziente
che tu la noti,
la guardi
e la veda
finalmente
per quella che è:
una guerra
contro di te.
Si può trasformare una guerra civile in una forma di collaborazione? È una cosa rara e difficile, ma quando ci si riesce i risultati sono imprevedibili e – oserei dire – miracolosi. Dio ha messo in un angolo una parte di Sé anziché accoglierla e hai visto com’è andata a finire?
“Un sangue-misto di rado si trova contento in compagnia: c’è sempre qualcosa che gli fa ombra, ma in realtà è lui che si fa ombra da se stesso, come il ladro e il tesoro, che si fanno ombra l’uno con l’altro”.[40]
L’OMBRA E L’ALCHIMIA
L’Ombra è un alter ego, ossia un io che “opera sprofondando nell’inconscio”.[41]
È interessante notare che il dio dell’alchimia è il Mercurius philosophorum; un dio dalle origini greche – Hermes - “dio del sonno e della rivelazione, la guida che conduce le anime dei morti agli inferi”.[42]
A quanto pare, il simbolismo alchemico – deducibile da alcune immagini e iscrizioni antiche – “equipara Dio alla nuvola onirica (o l’inconscio)”.
Se unisco questa frase alla prima, ottengo: l’ombra è un alter ego, ossia un io che opera sprofondando in Dio, ossia nell’oscurità divina, ovvero nella parte più oscura di Dio.
“L’incontro con l’ombra” – come lo definisce Jung – è la prima tappa di un viaggio, il primo stadio dell’opera alchemica, il caos (cosmico), la ‘melanconia’ che permette di portare alla coscienza ciò che è inconscio e mettere così in discussione l’ego. “Diventare conscio [dell’ombra] implica il riconoscimento degli aspetti oscuri della personalità come presenti e reali”.
Fare conoscenza dell’ombra significa sfidare la morale, ma ciò comporta una dura lotta in quanto gli scavi incontrano una notevole resistenza. L’ombra è il letamaio dell’inconscio (ma è dal letame che nascono i fiori), la parte oscura di Dio e dunque la nostra parte oscura. Ci vuole cautela per immergersi negli abissi dell’inferno che ci portiamo dentro e che allo stesso tempo ci contiene, perché ogni inferno è presidiato da demoni, ovvero da frustrazioni ed esasperazioni del Bene che volge così in Male. Ed ecco che le virtù si trasformano in vizi, i pensieri in ossessioni, le carezze in schiaffi, e così via. Le implicazioni psicologiche per un viaggiatore poco accorto sono gravi – essere incauti o precipitosi o impreparati può condurre il viaggiatore alla follia – “Un autore alchemico dice: «Se tu vedessi improvvisamente questa trasformazione, te ne verrebbe meraviglia, terrore e tremore; perciò opera con cautela”.[43]
Prendere coscienza gradualmente di ciò che di oscuro abbiamo in noi può tramutare il caos e lo scoramento iniziali in ordine ed equilibrio, ma successivamente può produrre cose meravigliose.
Melanconia, noia, depressione sono tappe orribili ma necessarie per chiunque si metta in cammino: morire (ritualisticamente/simbolicamente) per rinascere. Distruggere (e distruggersi) per creare (o crearsi). Nel caos le forze positive e quelle negative (amore/odio, speranza/disperazione, creazione/distruzione, attrazione/repulsione, progresso/regresso, ecc.) sono mescolate e appaiono confuse e indistricabili (oltre che indistinguibili), ma il caos non è una condizione permanente, così come non lo è il vuoto… Nulla si crea, nulla si distrugge, ma tutto si trasforma… Se così fosse, come si spiegherebbe la Genesi? E la trasmutazione dei metalli (che è poi la trasmutazione delle anime)? In Alchimia questo concetto è ben noto e ne è anzi il fondamento. Anche la morte, dunque, è una trasformazione, e nascere è rinascere e creare è ri-plasmare. Anche la morte rituale degli sciamani è un cambiamento…
L’immaginazione, in tutto questo, è importantissima, anzi, essenziale: creare è proiettare all’esterno ciò che abbiamo all’interno. La Pietra Filosofale è il Paradiso, l’ingrediente necessario al raggiungimento dell’elisir di lunga vita.
“Psicologicamente, visioni e allucinazioni rappresentano contenuti dell’inconscio, e spesso si manifestano sotto forma di immagini sensorie illusorie. Nel ‘Liber de alchemiae difficultatibus’ Hagelande racconta degli alchimisti: «Essi dicono anche che alla pietra sono stati dati nomi differenti a causa delle meravigliose varietà di immagini che appaiono nel corso del lavoro, così come per i colori che spesso si manifestano contemporaneamente, proprio come talvolta immaginiamo nelle nuvole o nel fuoco strane forme di animali, rettili o alberi».[44]
“L’alto numero di allucinazioni, visioni e sogni nella scienza ermetica spiega l’importanza capitale attribuita dagli alchimisti ai poteri dell’immaginazione nell’uomo. […] L’aspetto meditativo dell’Opera rivela la comprensione da parte degli alchimisti del loro ‘lavoro’ come un processo psichico di trasformazione, che si sviluppa pari passu con quello di trasformazione chimica”.[45]
L’alchimia è una metafora – o, forse dovrei dire, uno specchio? - così come lo è tutto il mondo.
“Se in passato il luogo del sogno era il luogo dove il divino parlava all’umano attraverso messaggi cifrati, con Freud si assiste a una laicizzazione della parola dell’Altro: ciò che mi parla in una lingua straniera non è il divino ma ciò che di me stesso, di propriamente mio, rigetto e non voglio sapere; chi mi parla nel mio sogno, in una lingua che appare a me stesso sconosciuta, è il mio inconscio”.[46]
“Quello freudiano non è un contenitore di significati, ma è piuttosto un inconscio al lavoro, è un inconscio che partecipa attivamente alla vita del soggetto proprio perché ne fa parte. Non è un contenitore ma un animatore. L’inconscio parla, risponde, ci interroga, suggerisce soluzioni, genera inciampi, ostacoli, promuove atti, spalanca visioni, dubita del nostro sapere, esige un sapere nuovo”.[47]
Il Diavolo instilla il dubbio, ti fa essere scontento di quello che hai, insoddisfatto di ciò che sai, ti provoca desideri. I Faust vogliono acquisire un nuovo sapere, nuove conoscenze, vogliono penetrare i misteri del Tutto, oltre a bramare cose materiali e terrene. Chi vende la propria anima al diavolo si trova sempre, a un certo punto, combattuto tra il fare qualcosa e il non farlo, tra il dire qualcosa e il non dirlo, tra il bene e il male, tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. Perché “ha aperto gli occhi” e ha visto la differenza tra il mondo reale e quello immaginario, tra ciò che il suo cuore desidera e ciò che invece gli capita, tra le pulsioni istintuali e il raziocinio, ed è caduto nell’inferno che vede la morale e l’etica come rivali, contrapposte; tra le leggi di natura e quelle dettate dall’uomo, tra ciò che vuole il cuore e ciò che invece gli impone il cervello. Ma quello che sfugge alla maggior parte delle persone è che non c’è, tra queste cose, una distinzione netta: ogni cosa è intrecciata al suo opposto, ecco perché scegliere è un’impresa durissima. E decidere lo è ancor di più. È per questo che spesso l’uomo sopprime il desiderio, la vocazione, la passione e talvolta anche il talento per non entrare in conflitto col mondo esterno. Si adegua alle condizioni che gli vengono imposte dall’esterno e tradisce quelle interiori.
“La rimozione consiste nell’allontanare dal soggetto ciò che egli non sopporta di se stesso. Tuttavia, questa azione non arriva mai ad abolire ciò che allontana, nel senso che tutto quello che viene rimosso continua a esistere, non è mai completamente dimenticato”.[48]
Ma tutto ciò che non coltivi marcisce dentro di te o ti rema contro, è il tuo sabotatore, il tuo peggior nemico. Se vuoi fare la ballerina, ma per qualche motivo non puoi, quel desiderio ti marcirà dentro. Ogni passione che non esprimiamo, prima o poi ci si ritorcerà contro, ma prima ci deruba, ci porta via l’energia vitale (che è la stessa che ci permette di creare). I desideri vanno espressi, se si vuole creare. Oppure ci si tradisce. Hai mai tradito te stesso/a? Magari lo hai fatto per compiacere i tuoi genitori o il/la tuo partner…
“Il fondamento dell’etica della psicoanalisi non può che essere borgesiano: il traditore non è fuori di me, diverso da me, ma un aspetto di me, un mio modo d’essere, una mia inclinazione, una mia parte. Il bene e il male, il puro e l’impuro, la verità e la menzogna, la barbarie e la Civiltà non sono in una antitesi rigida ma annodati in maniera spiraliforme”.[49]
“Il fatto che l’amato sia sempre un po’ odiato, e viceversa, evidenzia che non c’è mai discontinuità fra i contrari, non c’è mai una separazione rigida, ma piuttosto inversioni, ribaltamenti, ambivalenze appunto, che rivelano una loro perturbante continuità: la barbarie non è estranea alla Civiltà, ma la sua punta più interna, l’inconscio non è l’antiragione ma il cuore della ragione, lo straniero non è altrove ma al cuore del mio stesso essere”.[50]
Ci hanno insegnato: o una cosa o l’altra, ma così perdiamo in ogni caso. Quando operi una scelta è inevitabile che una parte di te (che fa parte di te quanto l’altra parte) resterà delusa. O stai con me oppure stai contro di me. No, non è così semplice. C’è chi trova l’anima gemella in più persone: con una sta bene dal punto di vista fisico, con l’altra dal punto di vista mentale, ma è costretta a scegliere, mentre vorrebbe mantenere un rapporto con entrambe. Il matrimonio, la Civiltà ci impongono la fedeltà ad una sola persona, ma curiosamente quella persona non sei tu stessa… Essere fedeli a se stessi, non tradirsi, non nascondere il proprio desiderio nelle pagine di un diario, ma esprimerlo forse potrebbe togliere dalla circolazione tante malattie; potrebbe porre fine a tanti reati, anche. La gelosia? Non è forse una malattia sociale? Non si è generata dai divieti e dalle leggi dettate dall’uomo? Il divieto di avere relazioni extraconiugali non è forse un invito a nozze per il tradimento?
“[…] una delle definizioni freudiane più efficaci di inconscio: «territorio straniero interno»”.[51]
“Eppure per Freud l’inconscio era anche un nuovo Dio che agitava le vite degli uomini come un regista i suoi attori, come il macchinista il suo treno”.[52]
E tutto ciò che è “straniero” ci attira e ci respinge, ci incuriosisce e ci terrorizza. Ciò che è invisibile e sconosciuto rappresenta da sempre un polo di attrazione/repulsione che ci fa paura e nello stesso tempo ci invita a saperne di più. Hai mai ascoltato il tuo inconscio? È possibile che quella sagoma spaventosa che troneggia nel buio sia solo un cappotto appeso a una gruccia, una volta accesa la luce. Fare due chiacchiere col proprio inconscio forse può rivelarsi un’esperienza piacevole, dopotutto.
“Alla proiezione paranoica, che non tollera di fare i conti con lo straniero che abita in noi, l’etica della psicoanalisi oppone il movimento dell’introiezione o, se si preferisce, della soggettivazione. In un mondo dove si autorizza sempre più la ricerca del colpevole al di fuori dei confini del soggetto. la psicoanalisi rivendica l’assenza di un ‘fuori’”.[53]
Proiettiamo ciò che siamo (oltre a ciò che fingiamo di essere), quindi i concetti di ‘dentro’ e ‘fuori’ diventano indistinguibili l’uno dall’altro. Ciò che invidiamo nell’altro, ciò che aborriamo dell’altro, così come ciò che ci attira e ci affascina di un’altra persona è qualcosa che comunque viene da noi: o perché ci manca o perché fa parte di ciò che abbiamo represso o perché ci ricorda che siamo tutti individui intrappolati negli specchi degli altri. E, a volte, noi stessi siamo quegli specchi.
“Con il lamento il soggetto imputa – come accade anche nella paranoia – costantemente all’Altro (sino nella forma del destino avverso) e alla sua inadeguatezza l’origine del Male. […]La nostra faccia in ombra non è in realtà tanto diversa da quella che imputiamo all’Altro”.[54]
Tu non sei Caino o Abele. Tu sei Caino e Abele. Ognuno di noi lo è. “Il fattore decisivo consiste nella vigilanza interiore, indispensabile per sfuggire agli attacchi del diavolo. Persino quando si osserva la propria Ombra o il proprio Animus, e non si è costantemente all’erta, queste figure possono avere il sopravvento in un istante di stanchezza o di abaissement du niveau mental”.[55]
Quello di Caino e Abele non è l’unico esempio letterario di Ombra, ma se vuoi saperne di più su questo fronte ti invito ad avere solo un po’ di pazienza e di attendere di arrivare al capitolo di questo non-libro intitolato: “Letteratura Ombrosa”.
Per ora voglio riportare qui degli splendidi versi tratti dalle poesie di Robert Frost, Fernando Pessoa e Giorgio Caproni, che introducono al cuore di questo capitolo.
“Nel denso di una fitta nevicata
io vidi sulla neve la mia ombra.
Mi volsi e tornai a guardare il cielo
dove ancora guardiamo domandando
i perché di ogni cosa quaggiù”.[56]
È come se noi fossimo le Ombre di Dio. E se c’è l’Ombra di qualcosa, allora c’è anche qualcosa che la proietta…
“Ombra di Te che hai ai tuoi piedi, disegno
Di Te in me,
Fa’ che io sia il chiaro e umile ingegno
Che rivela il tuo Fine”.
“Quest’opera ch’è tua e in me comincia
E in Te finisce”.[57]
“che vale temere il nemico
fuori, quand’è già dentro?”[58]
L’Ombra di Dio
“Quando non vedo, e vedo Dio…
Vedo l’ombra di Dio… Sono dunque
Al di là di me… L’individuale è a mia Immagine”[59]
Dio è nato dall’uomo che, a sua volta, è nato da Dio.
Dio ha creato l’uomo uguale a Sé perché l’uomo ha creato Dio uguale a sé.
L’uomo è fatto di Luce e di Ombra, perciò Dio è fatto di Luce e di Ombra.
Il Diavolo è l’Ombra di Dio perché i demoni sono le Ombre dell’uomo.
Quale storia ha inventato l’uomo per spiegare (e spiegarsi) l’origine dell’Ombra?
Quelle che seguono sono citazioni tratte dalla Bibbia, testo dal quale intendo partire per illustrarti la figura del Diavolo.
“E ci fu una battaglia nel cielo: Michele e i suoi angeli combatterono contro il dragone. Il dragone e i suoi angeli combatterono, ma non vinsero, e per loro non ci fu più posto nel cielo. Il gran dragone, il serpente antico, che è chiamato diavolo e Satana, il seduttore di tutto il mondo, fu gettato giù, fu gettato sulla Terra, e con lui furono gettati anche i suoi angeli[60]”.
“Come mai sei caduto dal cielo, astro mattutino, figlio dell’aurora? Come mai sei atterrato, tu che calpestavi le nazioni? Tu dicevi in cuor tuo: «Io salirò in cielo, innalzerò il mio trono al di sopra delle stesse di Dio; mi siederò sul monte dell’assemblea, nella parte estrema del settentrione; salirò sulle sommità delle nubi, sarò simile all’Altissimo». Invece ti hanno fatto discendere nel soggiorno dei morti, nelle profondità della fossa![61]”
“Allora dirà anche a quelli della sua sinistra: «Andate via da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli[62]»”.
“Ed egli disse loro: «Io vedevo Satana cadere dal cielo come folgore. Ecco, io vi ho dato il potere di camminare sopra serpenti e scorpioni, e su tutta la potenza del nemico; nulla potrà farvi del male[63]»”.
Un tempo il Diavolo era un Angelo, ma questa condizione di potere non gli bastava: voleva essere simile a Dio, voleva regnare, voleva di più, insomma. Così radunò un esercito di Angeli insoddisfatti come lui e ingaggiò una feroce battaglia contro l’esercito di Dio. Quest’ultimo lo sconfisse e Satana cadde, finendo relegato in quell’Inferno che divenne il suo regno. Questo è, a grandi linee, ciò che ci raccontano dai tempi del Catechismo…
Se si crede all’esistenza di Dio, automaticamente si crede all’esistenza del suo opposto, il Diavolo, per l’appunto. Ora, io non sto scrivendo questo non-libro per dirti se credo o no o – peggio – per dire a te di credere o non credere. Non voglio convincerti di qualcosa e non ho neppure la presunzione di erigermi a paladina della Verità. Non so nemmeno se né quanti errori ci siano in questo non-saggio, in effetti. Il mio scopo è, come ho detto nell’introduzione, stimolare il pensiero - il mio e il tuo – sulle cose del Mondo, sul Bene, sul Male, sulle ragioni della sofferenza, sui misteri della Vita e della Morte. E, per avvalorare o confutare l’ipotesi del Diavolo come Lato Oscuro di Dio, devo innanzitutto far luce – passami il gioco di parole – su cosa sia il Diavolo.
“Il vuoto effettivo è la natura del demonio, Dio e demonio sono le prime manifestazioni del nulla che chiamiamo pleroma[64]”.
In questa frase coesistono due spunti di riflessione interessanti: il primo ci fornisce un indizio sulla natura del demonio, mentre il secondo accomuna Dio e demonio sotto il segno del nulla. Che cos’è questo “nulla” di cui si parla? È forse il Nulla di cui parlava Ende ne “La Storia Infinita”? “Nello gnosticismo, la sfera cosmica mediatrice tra l’assoluta realtà del principio ideale e divino e l’assoluta irrealtà della materia”. Così dice il dizionario, ma questa definizione – che dovrebbe spiegare il significato della parola “pleroma” – è meno chiara della parola stessa. Il pleroma è forse una “bolla”, priva degli elementi di spazio e di tempo, in cui coesistono la materia e la sua idea, il concetto astratto e la sua realizzazione fisica? È il Mondo delle Idee, con sede nell’Iperuranio, di cui parlava Platone? È uno spazio fisico, vero e reale in cui tutto è, c’è ed esiste? Oppure è il Vuoto? Il Nulla di Ende era l’assoluta mancanza, il Vuoto completo, inesorabile e irreversibile che divorava implacabilmente l’immaginazione umana, il senso del desiderio, la spinta a pensare e la voglia di creare. Mi sembra che il nulla da cui derivano Dio e la Sua controparte sia, invece, più simile all’ Ain Soph della Cabala ebraica, un luogo-non-luogo misterioso, impalpabile e insondabile. E, siccome abbiamo letto che il vuoto effettivo è la natura del demonio e che Dio e demonio hanno la stessa derivazione, possiamo ipotizzare che Dio sia il Tutto e il Diavolo sia il Nulla. Il pieno assoluto contrapposto al vuoto assoluto, la presenza totale contro la mancanza totale. Ammesso e non concesso che il concetto dell’Assoluto esista, non mi resta che avanzare un’ulteriore ipotesi: il confine tra Tutto e Nulla risiede nella coscienza.
“Strana questa religione dell’io. ‘Io sono io, nient’altro che io. Io sono io, dunque non sono la sedia su cui siedo, non sono l’albero che osservo. Sono ben distinto dal resto del mondo, sono limitato dalle barriere del mio corpo e della mia mente”.[65]
Parlare di Dio senza parlare del suo opposto significa rinnegare una parte della divinità, quindi tutta la divinità. Parlare del Diavolo in termini (anche) positivi non significa votarsi a lui, bensì riconoscerne il ruolo, indispensabile per la sopravvivenza della specie umana.
“Io, il diavolo, sono destinato a morire. […]Per secoli, ho cercato di far capire agli uomini che i nostri destini erano intrecciati, e che io avrei dovuto rappresentare, per loro, un’idea di civiltà basata sulla ragione anziché sulla religione. Invece gli uomini si sono inventati la favola del Diavolo malvagio, e hanno continuato a odiarsi e a uccidersi in nome di colui che, sulla Terra, doveva essere il mio contrario. Cioè di Dio.
Ho cercato di venire a patti con gli uomini. Ero così ingenuo, che pensavo bastasse fare un contratto con loro per mettersi d’accordo.
Un contratto scritto e firmato col sangue.
Mi sbagliavo.
Gli uomini sono sleali, come me; in più sono stupidi”.[66]
Già, “ovunque vi è teologia – […]- anche il diavolo si inserisce nel quadro e impone la sua realtà complementare a quella di Dio”.[67] Ecco perché “la teologia tende, anzi, in determinate circostanze deve per forza tendere alla demonologia”.[68]
Nel nostro mondo, però, poiché gli Assoluti non sono possibili, le realtà di Bene e Male si stemperano l’una nell’altra…
“La Baba Yaga non è completamente malvagia; è ambivalente, una mescolanza di bene e male, luce e ombra […]. Che non si debba mettere il naso nell’aspetto oscuro della divinità, maschile o femminile che sia, è un motivo molto diffuso […]”.[69] [Sapere troppo non è bene e alcuni misteri è bene che rimangano tali. Cosa avrebbero dovuto fare Adamo ed Eva? Accontentarsi di ciò che avevano o peccare come hanno fatto? Ma avevano veramente scelta, poi? Vassilissa si trova a dover affrontare lo stesso dilemma: quali e quante domande fare alla Baba Yaga?]
In qualunque modo stiano le cose…
“Non spetta agli uomini mettere Dio faccia a faccia con la sua Ombra” anche perché Dio “è molto suscettibile” alle critiche “e attacca Giobbe, il quale però non dice: «Ah, sì, credo che tu sia caduto in balia della tua Ombra!» In tal caso avrebbe trattato Dio come un suo pari. Giobbe dice invece: «Mi metto la mano sulla bocca», manifestando così timore reverenziale”.[70]
E se invece, così come fa bene all’uomo, facesse bene anche a Dio comunicare con il proprio Buio? Se, finalmente, Dio integrasse la propria Ombra?
[1] Umberto Carmignani – Simone Bongiovanni, La scienza dell’anima. Astrologia archetipica”, La Città della Luce Edizioni, Macro
[2] p. 95 di “Astrologia archetipica”
[3] Robert Bly, “Il piccolo libro dell’Ombra”, edizioni red!, p. 9
[4] Robert Bly, “Il piccolo libro dell’Ombra”, edizioni red!, p. 11
[5] Robert Bly, “Il piccolo libro dell’Ombra”, edizioni red!, p. 14
[6] Camus, “Il mito di Sisifo”, Bompiani, p. 104
[7] Dostoevskij, “I fratelli Karamazov”, pp. 325-326
[8] “È per questo che la religione ti irrita: perché se l’universo è comandato da leggi meccaniche tu le impari e ti metti al riparo; se esiste un essere superiore ti schiaccia ogni volta che vuole ”. Il Dr. Wilson al Dr. House, in una puntata della serie TV “HOUSE MD”.
[9] Alda Merini, “Chi sei”, 21 dicembre 1947, da “Fiore di poesia”, Einaudi.
[10] Ora modificato da Papa Francesco in: “non abbandonarci alla tentazione”.
[11] Pag. 24
[12] Ibidem, p. 19
[13] Ibidem, p. 21
[14] “Racconti di demoni russi”, p. 27
[15] Il Diavolo di Chamisso, ad esempio, è descritto come “l’uomo dall’abito grigio”, un “grigio spirito” maligno. Grigio. Per ribadire il concetto che Bene e Male, giusto e sbagliato hanno confini molto labili e sottili. “Il diavolo non è poi così nero come lo si dipinge”. [A. Von Chamisso, “Storia meravigliosa di Peter Schlemihl”, p. 100
[16] “Lei non mi ama e me ne rincresce”. [Pag. 100]
[17] Dostoevskij, “I fratelli Karamazov”, p. 237
[18] Ibidem, p. 236
[19] Milton, “Paradiso perduto”, p. 93
[20] Dostoevskij, “I fratelli Karamazov”, pp. 330-331
[21] Ricordi, sogni, riflessioni p. 491-492, glossario
[22] C. G. Jung, Bewusstein, Unbewusstes un Individuation, «Zentralblatt fűr Psychotherapie», 1939, pp. 265 sg.
[23] Jung, Aion, 1951, pp. 379 sg.
[24] Nota a pagina 161 de “L’Io e l’inconscio” di Carl Gustav Jung, Bollati Boringhieri
[25] Marie-Louise von Franz, “L’Ombra e il male nella fiaba”, Bollati Boringhieri, p. 106
[26] Marie-Louise von Franz, “L’Ombra e il male nella fiaba”, Bollati Boringhieri, p. 29
[27] Marie-Louise von Franz, “L’Ombra e il male nella fiaba”, Bollati Boringhieri, pp. 11-16
[28] F. Dostoevskij, “I fratelli Karamazov”, Mondadori, p. 663
[29] R. L. Stevenson, “Lo strano caso del Dottor Jekyll e del Signor Hyde”, ed. Crescere.
[30] “L’Io e l’inconscio” di Carl Gustav Jung, Bollati Boringhieri, p. 161
[31] F. Dostoevskij, “I fratelli Karamazov”, Mondadori, p. 669
[32] Dal film di animazione “Kung-fu panda”
[33] Fouad Laroui, “Dio la matematica la follia”, Forme, p. 252
[34] Amélie Nothomb, “Cosmetica del nemico”, Voland, p. 88
[35] Amélie Nothomb, “Cosmetica del nemico”, Voland, p. 89
[36] Amélie Nothomb, “Cosmetica del nemico”, Voland, p. 90
[37] J. Baldwin, “La stanza di Giovanni”, pp. 137-138
[38] Amélie Nothomb, “Cosmetica del nemico”, Voland, p. 25
[39] Blair Singer
[40] Elsa Morante, “L’isola di Arturo”, Einaudi, p. 66
[41] “L’Alchimia” di Johannes Fabricius, ed, Mediterranee, p. 21
[42] “L’Alchimia” di Johannes Fabricius, ed, Mediterranee, p. 16
[43] “L’Alchimia” di Johannes Fabricius, ed, Mediterranee, p. 22
[44] “L’Alchimia” di Johannes Fabricius, ed, Mediterranee, p. 10
[45] “L’Alchimia” di Johannes Fabricius, ed, Mediterranee, p. 11
[46] Massimo Recalcati, “Elogio dell’inconscio”, Castelvecchi, p. 25
[47] Massimo Recalcati, “Elogio dell’inconscio”, Castelvecchi, p. 26
[48] Massimo Recalcati, “Elogio dell’inconscio”, Castelvecchi, p. 26
[49] Massimo Recalcati, “Elogio dell’inconscio”, Castelvecchi, p. 50
[50] Massimo Recalcati, “Elogio dell’inconscio”, Castelvecchi, p. 50
[51] Massimo Recalcati, “Elogio dell’inconscio”, Castelvecchi, p. 50
[52] Massimo Recalcati, “Elogio dell’inconscio”, Castelvecchi, p. 79
[53] Massimo Recalcati, “Elogio dell’inconscio”, Castelvecchi, p. 52
[54] Massimo Recalcati, “Elogio dell’inconscio”, Castelvecchi, p. 52
[55] Marie-Louise von Franz, “L’Ombra e il male nella fiaba”, Bollati Boringhieri, p. 242
[56] Robert Frost, “Fuoco e ghiaccio”, Adelphi, “A fiocchi scesi”, p. 437
[57] Fernando Pessoa, “Sono un sogno di Dio”, Quiqaijon Comunità di Bose, “Noi siamo ombre di Dio”, p. 35
[58] P. 265, “Il fischio (parla il guardacaccia)”, Caproni
[59] Fernando Pessoa, Sono un sogno di Dio”, Quiqaijon Comunità di Bose, p. 15, “Visione”, 19 ottobre 1912
[60] Apocalisse (12, 7-18 ma la mia citazione arriva solo fino al versetto 9 incluso).
[61] Isaia (14, 12-23 ma la mia citazione arriva solo fino al versetto 15 incluso).
[62] Matteo (25, 41).
[63] Luca (10, 16-20).
[64] C. G. J., “Ricordi, sogni, rif.lessioni”, Bur, p. 470
[65] Amélie Nothomb, “Cosmetica del nemico”, Voland, pp. 86-87
[66] Sebastiano Vassalli, “Dio il Diavolo e la Mosca nel grande caldo dei prossimi mille anni”, Einaudi, p. 82
[67] Thomas Mann, “Doctor Faustus”, Mondadori, p. 139
[68] Thomas Mann, “Doctor Faustus”, Mondadori, p. 143
[69] Marie-Louise von Franz, “L’Ombra e il male nella fiaba”, Bollati Boringhieri, p. 156
[70] Marie-Louise von Franz, “L’Ombra e il male nella fiaba”, Bollati Boringhieri, p. 157
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