Elena Loewenthal (foto di Manuela Barbagallo) |
[Per inciso: affinché possa avvenire la Creazione del Mondo, è necessario che Dio si ritiri, ma – così facendo, poiché con Dio si ritira anche la Sua Bontà – insieme al Mondo viene al Mondo il Male.]
La Voce di Dio si fa Mondo prima attraverso dicotomie (es. Luce/Buio) e successivamente attraverso atti di moltiplicazione. Tutto viene creato per mezzo della Parola, ma - quando arriva il momento di creare l’Uomo – la modalità cambia.
Infatti l’essere umano:
1. È l’unica cosa creata indirettamente, “di seconda mano”, vale a dire con l’uso della polvere della terra.
2. È l’unica creatura che non scaturisce dalla Parola.
3. È l’unico essere creato singolo e poi sdoppiato.
4. È l’unico a non essere Parola, ma ad avere la Parola, in quanto – appena “nato” – possiede già la missione di attribuire il nome alle cose.
Ma il tema principale dello studio di Elena Loewenthal è – come annunciato dal titolo della conferenza - la mancata risposta dell’Uomo alla chiamata di Dio. Perché la Bibbia è interamente binomiale/dicotomica: Voce-Silenzio, Chiamata-Risposta, ecc.
Tutto ha inizio con il Peccato Originale, trasgressione senza la quale la storia (e, aggiungerei, la Storia) non proseguirebbe. La Bibbia stessa ha bisogno di quell’atto di disobbedienza per poter avanzare nella sua narrazione. L’Albero della Conoscenza rappresenta un Tabù per l’Uomo. Il divieto di Dio si accompagna ad una “minaccia” di morte, ma – pur avendo mangiato il frutto proibito – i due occupanti del Giardino non trovano la morte… Non muoiono, ma si accorgono di essere nudi, parola che in ebraico si traduce anche con “furbi” e ben presto capiremo l’utilità di questa doppia valenza di significato. Adamo ed Eva provano infatti un disagio che prima del Peccato non provavano e capiscono di essere fragili e – soprattutto - mortali; capiscono che la vita è un cammino ineluttabile verso l’assenza. Questa consapevolezza – che oggi è innata in noi – non ci sarebbe se Adamo ed Eva non avessero disobbedito, ed ecco spiegato il motivo per il quale la loro trasgressione era necessaria.
Una volta compiuto il misfatto, i due umani vanno a nascondersi, e noi che leggiamo la Bibbia vediamo un Dio Onnipotente che cerca l’Uomo, lo chiama. Quando, alla fine, escono dal loro nascondiglio, Adamo pronuncia due parole importantissime per lo svolgimento della storia (e, ancora una volta, della Storia). Egli dice: “Io ero”. In queste due parole sono contenute due grandi invenzioni dell’Uomo:
1. Io: prima di allora mai era esistita la prima persona singolare.
2. Ero: prima di allora non c’era mai stato neanche il verbo al passato.
Si tratta della prima autobiografia della Storia, se vogliamo. Ma come hanno fatto Adamo ed Eva a raggiungere questo stato di consapevolezza? Rifiutando la Voce di Dio…
Mosè è un’altra delle “identità in bilico” presenti nella Bibbia. Nato da una trasgressione, abbandonato per necessità, scopre di non essere figlio del Faraone, uccide un uomo per sete di giustizia… Dio è costretto a usare altri mezzi che non siano la Voce per convincere Mosè ad accettare e ad abbracciare la propria Vocazione.
Il bastone di Mosè, la manna, ecc. sono tutte “armi” supplementari nell’opera di convincimento. L’intera storia dell’Esodo è una storia di “lotte” per farsi ascoltare.
Il roveto ardente è un’altra dimostrazione che Dio si trova costretto a dare perché la Voce non ottiene l’effetto voluto. Mosè vuole delle informazioni, chiede conferme e – ricolto a Dio - domanda: “Chi sei Tu? Come Ti chiami?” E la risposta di Dio a quest’ultima domanda è straordinaria… Egli dice: “Io sarò quello che sarò” (tradotto erroneamente “Io sono Colui che sono”). Ma non è la prima risposta… Inizialmente, Dio aveva risposto: “Il Signore”. Cosa che non aveva convinto molto Mosè…
Ecco, Mosè – e, con lui, tutti noi – vuole/vogliamo capire chi è quel Dio che ci chiama e qual è il Suo nome. Mosè ha una missione, ma ritiene di non poterla compiere senza sapere chi è il mandante di tale missione. Neanche questo, però, gli basta, così domanda ancora: “E io? Chi sono io?” È allora che Dio trasforma il bastone di Mosè in serpente. Ma a Mosè non basta ancora. Allora Dio gli affianca suo fratello Aronne. Possiamo dire che Aronne è stato il primo Ufficio Stampa della Storia…
Anche la storia del profeta Giona è una storia di rifiuto della chiamata. E mentre Mosè aveva Aronne, Giona ha ben due aiutanti accanto a sé: uno è il pesce e l’altro è l’albero di ricino. Entrambi lo salveranno… Sì, perché Giona corre nella direzione opposta a quella impostagli da Dio. Giona è un “Ivrì”, un ebreo, “colui che sta dall’altra parte”, per l’appunto. Attraverso la fuga, però, Giona cresce, capisce delle cose che lo portano a Ninive (che è proprio il posto in cui doveva andare fin dall’inizio), fa quel che doveva fare già molto tempo prima (cioè convertire il popolo di Ninive), ma poi si offende nuovamente pensando che tutto ciò che gli è accaduto sarebbe successo comunque, qualunque cosa avesse fatto, in quanto tutto è preordinato; allora fugge di nuovo e si rifugia all’ombra di un alberello. Dio brucerà quell’albero per far comprendere al profeta che lui è uno “strumento”, pertanto non deve ritenersi inutile.
Anche il profeta Geremia rifiuta la Vocazione, così Dio gli dice: “Tu eri quello che eri ancor prima di nascere”. Ma Geremia è intimidito; come Mosè, pensa di non essere in grado di comunicare il messaggio di Dio, di non saper parlare. Allora Dio gli dona la facoltà di parlar bene, toccandogli la bocca.
Per concludere: il tema/simbolo della bocca è presente anche nella storia di Mosè, al quale Dio dà la morte attraverso un bacio…
Nessun commento:
Posta un commento
Grazie per essere passato/a di qua. Cosa pensi di questo post? Lasciami un commento e ti risponderò al più presto!!!