“Non
ascolterò più la sua voce. Era lei, le sue parole, le sue mani, i suoi gesti,
la sua maniera di ridere e camminare, a unire la donna che sono alla bambina
che sono stata. Ho perso l’ultimo legame con il mondo da cui provengo”.
Con Una donna Annie
Ernaux ha voluto onorare la figura di sua madre, renderle omaggio
ricostruendone la storia, la vita. La scrittura, per questa autrice, è
catartica e ben si presta ad esorcizzare il dolore causato dalla perdita di un
genitore.
“Non
ho detto a nessuno che sto scrivendo su mia madre. Ma non sto scrivendo su di
lei, piuttosto ho l’impressione di vivere assieme a lei in un tempo, in luoghi,
in cui è ancora viva”.
Quel dolore che è simile a una pugnalata:
improvviso, acuto, insopportabile. Quel dolore che nasce ogni volta che alla
mente si affaccia il pensiero, il ricordo, la consapevolezza di aver perso una
persona cara. Quel dolore spiazzante, annichilente, dato dall’assenza definitiva
della donna più importante nella vita di ogni individuo. Perché, se è vero che
la mamma è sempre la mamma, è pur vero che una mamma – prima di essere una
mamma – è una donna; una donna con la propria storia, il proprio passato, la
propria vita alle spalle.
“Questa
sensazione, nella quale la presenza illusoria di una madre è più forte della
sua assenza reale, dev’essere la prima forma dell’oblio”.
A volte è difficile analizzare
i propri genitori, contestualizzarli anche - e soprattutto - nei periodi della
loro vita in cui noi figli non c’eravamo ancora o eravamo troppo piccoli per
ricordarcene, ma bisogna ricordare che ogni individuo recita numerosi ruoli
durante il corso della propria esistenza, ha molte “maschere” che indossa a
seconda delle necessità. Annie Ernaux sviscera in modo magistrale queste
sfaccettature della madre e analizza anche se stessa in rapporto a quelle “maschere”
di cui parlavo poc’anzi. E’ interessante notare anche come – attraverso la
narrazione della vita della madre – Annie Ernaux riesca a raccontarci perfino
il modus vivendi degli anni in cui la
madre era giovane: la povertà, l’indigenza, la severità e il rigore erano all’ordine
del giorno, ma prima di ogni cosa lo era la dignità.
E’ semplice e naturale
cedere all’empatia, leggendo le parole della Ernaux. Annie ci racconta quanto
sia straziante vedere la propria madre logorata dall’Alzheimer, malattia che –
per sua natura - è solita ledere l’identità e la dignità di chi ne è affetto.
La scrittura diventa, pertanto, un grido, un’esplosione che libera la tensione
e il dolore accumulati nel tempo.
Un libro magnifico, un’esortazione
a godere appieno di ogni istante che possiamo trascorrere in compagnia dei
nostri cari.
Nessun commento:
Posta un commento
Grazie per essere passato/a di qua. Cosa pensi di questo post? Lasciami un commento e ti risponderò al più presto!!!