Andando spesso alla GAM ho capito che ogni esposizione non va mai considerata soltanto singolarmente, ma va anche inserita in un contesto più ampio. E la nuova mostra – che ha come protagoniste le opere di Gianni Caravaggio – non fa eccezione: va infatti considerata sia la mostra in sé sia il ciclo in cui è inserita, anzi, amalgamata. Un ciclo iniziato con “Sul Principio di Contraddizione”[1] (2021) e proseguito con “Hic sunt dracones” (2022).
“Contraddizione, metamorfosi e analogia sono tre territori dell’indefinito che la filosofia, sin dalla sua nascita, ha cercato di espungere come forme aberranti contrarie alla logica, alla razionalità e al pensiero scientifico deduttivo. Le ha relegate allo spazio del mito, dell’immaginazione simbolica e prescientifica. Rappresentano però, non solo alcuni dei processi più naturali con cui la mente umana dà senso all’esperienza del mondo, ma sono il terreno stesso di nascita dell’espressione poetica e artistica”. Elena Volpato
Se durante la prima mostra ci si
è trovati alle prese con il tema della contraddizione e durante la seconda è
stata esplorata la metamorfosi, in questa terza esposizione si avrà a che fare
con l’analogia. Non a caso il titolo di questa esperienza artistico-poetica è “Per
analogiam”[2].
Come è in cielo, così è in terra; ciò che si può vedere nel grande, si può riscontrare anche nel piccolo; ciò che sembra tanto lontano da noi, è – in realtà – dentro di noi. Su questo principio di corresponsione tra gli elementi che compongono l’universo si regge la mostra. Mostra in cui nulla è lasciato al caso: dalle forme scelte per le opere
Gianni Caravaggio, "Giovane Universo" |
ai materiali che le compongono, dal luogo in cui sono collocate al modo in cui sono state posizionate. Mostra che rientra nell’ambito dell’arte performativa, ma nello stesso tempo ne crea un’espansione, trasformando l’osservatore – che può essere anche l’artista stesso – nel soggetto che compie la performance.
Gianni Caravaggio, "Via dalla luce mia (la verità)" |
Nel silenzio quasi sacrale delle sale immerse in una cornice atemporale e a-spaziale (ottenuta grazie all’accostamento di tonalità cromatiche neutre che sfumano dal bianco al grigio) il visitatore dà inizio al proprio viaggio tra le opere. Sarà un viaggio strano, il suo, perché si troverà a camminare sul confine tra i mondi, contemporaneamente presente in un macrocosmo che lo inizia ai misteri dell’Universo e in un microcosmo che è quello del suo stesso Io.
“Come una risonanza interiore e un mistero che attraversa il tutto e svela la corresponsione del dettaglio con l’assoluto. Quella risonanza è l’analogia, […]”.
E le opere rivelano allo spettatore le loro infinite sfaccettature, i loro punti luminosi e le loro ombre – che mutano al mutare della posizione o dell’angolazione dello sguardo – e le innumerevoli interpretazioni a cui sanno prestarsi. Ma non è semplice arte concettuale, è – piuttosto – arte universale, dove scopriamo che l’infinità – dell’universo, per l’appunto – corrisponde all’infinità della mente; dove le stelle che dimorano in cielo possono stare tranquillamente anche su uno scampolo di stoffa adagiato qui, sulla Terra, per terra.
Gianni Caravaggio, "La coperta dell'eremita" |
È una mostra in cui il ragionamento, tipica modalità di pensiero dell’essere umano, lascia finalmente il campo all’intuizione, cioè a quel guizzo che ci illumina e che in quel lampo, tanto breve quanto intenso, ci svela ogni cosa. Ci svela l’immensità contenuta in un piccolo seme, ci svela il passato, il presente e il futuro riunendoli nella sola dimensione del “sempre”.
“Lo stupore è nuovo ogni giorno”, questo ci dice Caravaggio variando un frammento di Eraclito che recita: “Il sole è nuovo ogni giorno”. Con questo assunto, l’artista “evoca la forza creativa di ogni moto di stupore in cui contemplazione, formazione e rispecchiamento si fondono in un unico impulso: l’indefinito riaccadere dell’incipit nel permanente divenire che è continua nascita del tutto”.
Questa continua rinascita è particolarmente evidente in una delle opere di Caravaggio in cui l’artista ha ricostruito il cielo della propria nascita su una lastra metallica forata in corrispondenza della posizione delle stelle e sollevata da terra in modo tale da rispecchiare se stessa sul pavimento. Ne risulta così una molteplice corresponsione; tra la nascita dell’artista e il cielo inclinato sul pavimento; tra il cielo inclinato e il suo riflesso; tra lo spettatore e la propria nascita.
Gianni Caravaggio, "Lo stupore è nuovo ogni giorno" |
Nascita e rinascita, luce e ombra, contrazione ed espansione, creazione e distruzione, materia densa e sostanza effimera… Lo spazio e il tempo sarebbero invisibili se non ci fosse il cambiamento a tradirli! Noi percepiamo questi due grandi concetti proprio quando le cose cambiano: la rotazione della Terra dà vita alle stagioni, al giorno e alla notte, alla luce e al buio, al caldo e al freddo… Anche la Creazione si dice sia avvenuta perché Dio è cambiato, perché ha contratto se stesso per far spazio al mondo. Nella cultura ebraica questo fenomeno prende il nome di Tzimtzum e, col nostro movimento (cioè attraverso il cambiamento di posizione) attorno alle opere, anche noi possiamo creare e ricreare, ma anche modificare o persino distruggere la nostra percezione delle cose e l’interpretazione ad essa abbinata.
Ogni oggetto proietta un’ombra diversa a seconda della posizione della luce che lo colpisce: noi, con la nostra sola presenza, possiamo influire su quelle proiezioni.
Gianni Caravaggio, "Testimoni di uno spazio invisibile", dettagli. |
Ogni oggetto, se guardato da un punto di vista diverso, rivela facce, dettagli, caratteristiche differenti: noi, col nostro movimento, siamo in grado di vedere l’ “oltre” guardando oltre. E non è solo un gioco di parole, è il frutto di una sensazione che mi ha portata a un’intuizione, e viceversa.
Gianni Caravaggio, "L'ignoto" |
“Né il soggetto che conosce né l’oggetto conosciuto ma il conoscere: è tale relazione miracolosa come puro divenire, pura sensibilità, che la forma è in grado di testimoniare. Tale relazione, quando accade, si manifesta in noi con una sensazione emotiva e al contempo con una sensazione di incertezza, che in sostanza definiscono la circostanza psichica dell’apertura poetica. È per via di questa ‘fragilità’ che l’apertura poetica va difesa”.
È capitato tutto in un “Attimo”[3],
Gianni Caravaggio, "Attimo" |
nell’istante esatto in cui mi sono trovata (o ritrovata?) di fronte a una delle opere di Caravaggio, una foto appesa a un filo da pesca,
Gianni Caravaggio,"Melancolia" |
che proiettava la
propria ombra sul pavimento. Non era un effetto voluto o cercato dall’artista
(gliel’ho chiesto), ma in quell’ombra involontariamente ottenuta c’è – a mio
parere – tutta l’essenza della mostra. L’immagine si specchia sul pavimento
proiettandosi nei panni di un’ombra,
L'ombra proiettata da "Melancolia" di Gianni Caravaggio |
come un negativo fotografico, come l’altra faccia della medaglia, come il lato oscuro e impenetrabile di ognuno di noi che scaturisce da quello in luce, come un’anima che si rapporta al corpo… E non è un caso, probabilmente, che una sia in alto e l’altra in basso, anzi, in questa dislocazione contrapposta c’è la grande simbologia dell’intero universo.
In alto: "Melancolia" di Gianni Caravaggio. A dx: "Attimo" di Gianni Caravaggio. In basso: l'ombra proiettata da "Melancolia". |
Attraverso le opere-simbolo di Gianni Caravaggio ci rendiamo conto che ognuno di noi vede le cose a modo proprio, si accorge di determinate cose e non di altre e si sofferma su determinate cose e non su altre. E scopriamo che le cose, spesso, si rendono manifeste solo attraverso le loro conseguenze. E poi intuiamo che c’è un filo (visibile) che lega le sostanze e uno (invisibile) che, invece, collega le essenze.
Gianni Caravaggio, "Agire come la falce di Cronos". |
Dire “Per analogiam”[4] è come dire “per corrispondenza”, ed è così, per corrispondenza, che una foglia può divenire l’immagine di se stessa perché l’immagine di una foglia non è che la foglia stessa. Ed è così che il passato di quella foglia si intreccia al suo futuro dando vita a una proiezione del suo presente, in forma d’ombra, perché il presente – essendo un continuo ed eterno divenire – è etereo ed effimero. Foglie che somigliano a mani con le dita intrecciate perché, in fondo, siamo tutti specchi gli uni degli altri…
Gianni Caravaggio, "Il tempo mi scorre tra le dita" |
L’artista è come un poeta e la sua opera d’arte diventa poesia, cioè quella formula magica che ci mette in connessione con il mondo delle sensazioni e delle intuizioni. Perché la poesia è quella forma letteraria che nasconde l’infinito dietro alla finitezza delle parole, le quali – probabilmente non a caso – vengono anche chiamate “termini”. Perché dietro un illusorio confine fatto di lettere o corpi o materia, si spalanca l’indicibile, l’inafferrabile, l’imponderabile.
Se andrete a vedere la mostra, vi suggerisco di portarvi a casa anche il libro (che è veramente bellissimo!) perché possiate confrontare le vostre impressioni con i messaggi che l’artista ha voluto lanciare. Sappiate, infatti, che l’esposizione non ha didascalie sui muri, per non distrarre il visitatore durante le sue epifanie.
Gianni Caravaggio, "Orione prima di Giza" |
Ma non preoccupatevi, perché è disponibile una mappa orientativa che vi darà le indicazioni necessarie! Tra l’altro – non a caso, di nuovo – ho usato la parola “mappa”: l’artista ha voluto giocare con il suo pubblico “sfidandolo” anche a una caccia al tesoro, dove il “tesoro” – un’opera che si rispecchia nella “gemella” presente in Galleria – è collocata in giardino.
Ve lo avevo detto: i performers siete voi!
[1] Trovate il mio articolo qui, sul blog.
[2] Gianni Caravaggio, “Per analogiam”, 1 novembre 2023 – 17 marzo 2024.
[3] “Attimo”
è il titolo dell’opera di Gianni Caravaggio posta dietro alla fotografia di cui
parlo poco dopo. I titoli stessi sintetizzano concetti complessi, tanto è vero che Caravaggio usa il termine "proposizione" al posto di "titolo".
[4] Dal Lat.: ănălŏgĭa, ae, f., analogia, conformità, VARR.; term. gramm. analogia, regolarità (contr. anomalia), VARR. e a. [gr.].