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LA BELLEZZA

mercoledì 21 aprile 2021

IL GABBIANO JONATHAN LIVINGSTON

 

IL GABBIANO JONATHAN LIVINGSTON di Richard Bach, Bur (Rizzoli)

“Il gabbiano Jonathan Livingston non è come tutti gli altri. Là dove i suoi simili, schiavi di becco e pancia, si limitano a composti viaggetti per procurarsi il cibo inseguendo le barche da pesca, lui intuisce nel volo una bellezza e un valore assoluti. Tanto basta per meritargli il marchio dell’infamia e l’allontanamento dallo stormo Buonappetito. Solo, audace, sempre più libero, Jonathan il Reietto scopre l’ebbrezza del volo acrobatico e varca i confini di altri mondi, altre dimensioni abitate da gabbiani solitari simili a lui nella spasmodica fame e sete di perfezione. Ne diventa la guida, il capo indiscusso, e tra i compagni incontrerà chi senza saperlo è pronto a raccogliere la sua eredità”.

 

“Possiamo elevarci dall’ignoranza, possiamo scoprirci creature straordinarie, intelligenti e capaci, Possiamo essere liberi! Possiamo imparare a volare!” [Pag. 27]

Possiamo superare i nostri limiti. Possiamo farlo proprio perché siamo creature meravigliose; perché la perfezione esiste e “il nostro scopo nella vita è trovare quella perfezione e manifestarla”. E perché “scegliamo il nostro prossimo mondo in base a ciò che apprendiamo in questo. Se non impari niente, il prossimo mondo sarà identico a questo, con tutti gli stessi limiti, le stesse zavorre”. [Pag. 55]

Il prossimo mondo non è necessariamente quello in cui avverrà la nostra prossima reincarnazione. Il prossimo mondo può manifestarsi già qui, ora, semplicemente riconoscendo di voler essere liberi. Non è necessario morire fisicamente, per rinascere: ogni cambiamento è una morte. Ogni superamento dei nostri limiti è un superamento di noi stessi perciò davanti a noi si spalanca un nuovo mondo ad ogni mutazione. Per questo, se non cresciamo, se non cerchiamo le nostre aspirazioni, non otterremo mai più  del mondo in cui abbiamo sempre vissuto. Per vivere in un mondo migliore non bisogna aspettare che siano altri a crearlo, bisogna adoperarsi per crearselo da soli, vale a dire in autonomia. E poi, quando si sono superati i propri limiti, “si scompare” (così è scritto nel libro di Bach) perché la terra è diventata troppo limitata per contenerci. “Scomparire” è un altro modo per dire che non siamo più al livello di prima, così chi ha deciso di non “innalzarsi” con noi non è più in grado di vederci. Il gabbiano Jonathan non si limita a sperare che le cose cambino, lui lotta perché il cambiamento avvenga. Dimostra al suo stormo che il volare non è solo  il modo per sopravvivere, ma anche e soprattutto lo scopo della vita. Anzi, è la vita stessa. Si nasce per volare e quella del volo è una bella metafora a sostegno del fatto che sia necessario perseguire alte aspirazioni, tendere al miglioramento e alla crescita, (puntare in alto se preferite), ricercare sé stessi in qualcosa (o Qualcosa) di più grande ed elevato. Da questo deduciamo che esistono due modi di volare: uno è facendo lo stretto indispensabile per sopravvivere e l’altro è votandosi alla libertà per vivere davvero.

“Vede più in là il gabbiano che vola più in alto”. [Pag. 72]

Volare significa mettere le ali al pensiero, significa cambiare il punto di vista, superare i propri limiti, crescere. “Volare è molto più che limitarsi a sbatacchiare le ali da un posto all’altro!” [Pag. 74]

Volare è  qualcosa di intenzionale, è volontà. Non a caso è stato coniato quel famoso detto che recita: “Volere è volare!”

Volare è desiderare di sentirsi liberi e lasciarsi colmare dalle idee così da avere qualcosa da realizzare (e per cui vivere). Guardare in faccia la bellezza con gli occhi di Eros, fino a raggiungere una forma di estasi e ritornare, poi, alla realtà portando “in grembo” un’idea da “partorire”. Come si partorisce? Condividendo, insegnando ciò che si è appreso, o anche semplicemente realizzandolo. L’Iperuranio di Platone, la Maieutica di Socrate…

“Il paradiso non è un luogo, e non è un tempo. Il paradiso è essere perfetti. […] Raggiungerai il paradiso nel momento in cui raggiungerai la velocità perfetta”. Il che non vuol dire volare a una certa velocità (cioè a un certo numero di chilometri/miglia all’ora), “perché qualunque numero è un limite, e la perfezione non ha limiti. La velocità perfetta è esserci”. [Pag. 56-57]

Allora la perfezione che cos’è?

Se ho ben capito, è andare incontro alla libertà. E nel momento in cui decidiamo di voler essere liberi, di voler spezzare le catene dei limiti, siamo già a metà della strada per la perfezione. L’altra metà si percorre facendo del proprio meglio in ogni cosa fino ad arrivare alla pace coi sé  stessi. Non è un atto di egoismo in quanto una buona parte del nostro cammino prevede che condividiamo con gli altri ciò che abbiamo appreso. Ognuno raggiunge la perfezione nel momento in cui sta bene con sé stesso, nel momento in cui sente di essere pervaso dalla pace interiore. Ognuno è perfetto a modo proprio.

Il gruppo è un’agevolazione o un ostacolo?

Il gruppo è un organismo plurivalente: da una parte può fornire appoggio, protezione e compagnia mentre dall’altra può rivelarsi una gabbia di regole, costrizioni e impedimenti. Ma queste non sono le uniche funzioni cui può assolvere un gruppo (o, per restare in tema, uno stormo). Se composto da individui coraggiosi , questo organismo può far crescere i propri membri attraverso la solidarietà e soprattutto la condivisione delle esperienze. Ma alla condivisione torneremo tra un po’.

A un certo punto compare una frase che mi ha lasciata assai perplessa: “Per volare veloce come il pensiero, e andare ovunque devi convincerti che sei già arrivato”. [Pag. 68]

Ho sempre pensato che convincersi di non avere più obiettivi, di sapere già tutto e di non avere più nulla da imparare fosse la peggior forma di ignoranza. Così ho letto e riletto questa frase, preda di un profondo turbamento, e più la rileggevo più mi sembrava di leggere qualcosa come: se vuoi guarire devi pensare di essere già guarito. Provavo un certo fastidio davanti a questo punto di vista. Poi, però, poche righe dopo, ho ribaltato la mia prospettiva quando ho letto queste righe: “Il trucco era sapere che la sua vera natura viveva ovunque nello stesso momento, perfetta come un numero non scritto, nello spazio e nel tempo”. [Pag. 69]

L’insieme dei tuoi tanti “io” fa sì che tu sia unico proprio perché molteplice, speciale proprio perché perfetto e  perfetto dal momento in cui decidi di essere te stesso. Raggiungi la perfezione ogni volta che ti poni un obiettivo in linea con te stesso e lo consegui. Essere te stesso è l’obiettivo più grande  cui tu possa aspirare perché fatto di tante piccole tappe. Se ti accorgi di ogni tappa, le dai il giusto riconoscimento e trovi i coraggio di esserne felice, allora significa che il miracolo della perfezione si è appena manifestato a te, in te e attraverso di te. Per chi ha a cuore la Bibbia,  siamo tutti figli di Dio, creati a Sua immagine e somiglianza; perfetti non perché privi di difetti bensì per merito di quelle caratteristiche che ci rendono unici. Tendere alla perfezione significa ricordarci che siamo nati per essere creature meravigliose, per splendere della nostra vera natura; che possiamo diventare qualsiasi cosa se solo troviamo il coraggio di immaginare che dentro di noi abbiamo il potenziale necessario per esserlo. Il coraggio è fondamentale. Anche quello per capire che il tempo non è un ostacolo perché non esiste e che il passato e il futuro sono fusi in ciò che comunemente chiamiamo “presente” (che potremmo benissimo intendere come “eternità”). D’altronde, quando ricordiamo il passato siamo nel presente e lo stesso accade quando immaginiamo il futuro. Un gioco molto stimolante che vi consiglio col cuore consiste nello stravolgere a tal punto l’idea di tempo da concepire la possibilità di ricordare il futuro e immaginare il passato… Quel “convincersi di essere già arrivati”, dunque, acquista tutta un’altra valenza, non trovate? O, almeno, a me piace pensare che sia così. Difatti:

 “[…] li esortava a non smettere mai di imparare, di esercitarsi, di sforzarsi di capire sempre più a fondo il perfetto principio invisibile di tutta la vita”. [Pag. 71]

“Tutto il vostro corpo […] non è altro che il vostro pensiero stesso in forma visibile. Spezzate le catene del pensiero e spezzerete anche le catene del corpo…” [Pag. 87]

 “[…] il suo modo di dimostrare amore era donare parte della verità che aveva capito a un gabbiano che cercasse solo il modo di vederla”. [Pag. 72]

Ecco che tutto torna: è possibile crescere da soli, ma senza l’aiuto degli altri non si supereranno mai certi limiti. Siamo allievi e maestri per tutta la vita; non si può imparare senza insegnare e non si può insegnare senza imparare (e senza aver imparato). Il primo passo consiste nel capire chi si è veramente e cominciare a farne pratica, stando a quanto scritto a pagina 94. Poi:

“Tu devi solo continuare a scoprire te stesso ogni giorno di più a scoprire il vero Gabbiano Fletcher, quello privo di limiti. È lui che devi scoprire, è lui che devi esercitarti ad essere”. [Pag. 103]


“Non credere a ciò che ti dicono i tuoi occhi. Tutto ciò che vedono è limitato. Guarda con l’intelletto, scopri ciò che già sai, e troverai il modo di volare”.  [Pag. 103]

Essere è ricordare…

Se leggerete questo libro (magnifico, a parere mio), vi accorgerete sicuramente dei numerosissimi riferimenti alla Bibbia e ai Vangeli. Qui di seguito ve ne suggerisco qualcuno:

·        Jonathan Livingstone è velatamente rappresentato come il Messia, chiamato (non a caso) “il Figlio del Grande Gabbiano in Persona” (pag. 94), “mille anni in anticipo sul suo tempo”. In quest’ottica, i suoi compagni di volo/allievi sono gli Apostoli. Partendo da questo presupposto, si  ravvisano molte somiglianze tra il modo in cui fu trattato Gesù e il modo in cui viene trattato Jonathan… Senza contare il messaggio che entrambi hanno tentato di portare su questa terra: “Quello che è venuto a dirci è che siamo in grado di volare” (pag.112), o – meglio – lo saremmo se solo lo volessimo e, anziché limitarci a teorizzare, ci dedicassimo alla pratica.

·        “[…] un gabbiano è un’idea illimitata di libertà, un’immagine del Grande Gabbiano, e tutto il vostro corpo, […], non è altro che il vostro stesso pensiero”.

Cfr: Gen. 1, 26-27

·        Quando Jonathan guarisce il gabbiano che sostiene di non poter volare perché non riesce a muovere l’ala (pagine 92 e 93), ricorda la guarigione del paralitico di Betesda da parte di Gesù.

Cfr: Gv. 5, 1-16

·        Quando, a pagina 101, Jonathan resuscita il Gabbiano Fletcher, sembra di leggere del miracolo della resurrezione di Lazzaro.

Cfr: Gv. 11, 1-46

·        Vedere per credere… [Cfr. pagine 124 e 125 con Gv. 20, 24-29 e Gv. 4, 43-54]

·        “Ma io non chiedo onori. Non desidero essere il capo. Voglio solo condividere ciò che ho scoperto, mostrare gli orizzonti che si aprono davanti a tutti noi”. [Pag. 34] Cfr: Mc. 10, 42-45

·        A pagina 118 c’è una replica perfetta del comportamento dei fedeli in Chiesa, ad ascoltare sermoni e prediche su un uomo che non ha mai voluto (esattamente come il Gabbiano J.L.) essere venerato! Il problema è che la Chiesa ha innalzato Gesù a livelli tali che se l’uomo provasse a seguire il suo esempio sarebbe considerato blasfemo o eretico. La Chiesa in quanto Istituzione religiosa gradisce e predilige maggiormente umani imperfetti e peccatori penitenti rispetto a individui consapevoli del fatto che - in quanto figli di Dio, fatti a Sua immagine e somiglianza – si può aspirare alla perfezione anche in terra. Abbiamo creato degli “alibi terminologici” per sperimentare la libertà: dicendo che cerchiamo di “scoprire ciò che è vero” ci permettiamo di nascosto qualcosa che avremmo tutto il diritto di attuare alla luce del sole. È facile e comodo parlare di bontà, amore, gentilezza, fratellanza e solidarietà, ma praticare questi valori è tutta un’altra faccenda. È facile e comodo attribuire la bellezza dei miracoli e la responsabilità della loro realizzazione a Dio o a Suo Figlio; tutt’altra cosa è impegnarsi a diventare miracoli o, ancor meglio, a essere miracoli viventi. La Fede è diventata uno sforzo; sono subentrate le superstizioni (pag.119); Gesù è diventato un Mito, una Leggenda, una favola da raccontare anziché da sperimentare nella pratica. Tutti i gabbiani possono fare ciò che fa J.L. e Giovanni, nel capitolo 14 del suo Vangelo (vv 11 e 12), parlava negli stessi termini.

·        “Tu devi solo continuare a scoprire te stesso ogni giorno di più a scoprire il vero Gabbiano Fletcher, quello privo di limiti. È lui che devi scoprire è lui che devi esercitarti ad essere”. [Pag. 103]

Cfr: Gv. 14, 1-14  Vado a prepararvi un posto…

“Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio  abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: «Vado a prepararvi un posto»? Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi. E del luogo dove io vado conoscete la via. Gli disse Tommaso: «Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?» Gli disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto”.

Sei stato, sei e sarai molte cose. Dentro di te convivono tanti “io”; le strade che ti si parano davanti sono numerose. Seguire il proprio “vero io” non è cosa facile né semplice… “Io sono la via, la verità e la vita” è un po’ come dire che l’Io è la Via che devi percorrere (seguendoTi) per arrivare alla Verità che sei e che alberga in Te. Il fondamento della Vita risiede proprio in questa scoperta di sé. Segui il tuo istinto e le tue intuizioni e non sbaglierai (come Vassilissa seguiva la propria bambola e non sbagliava mai).

Mc. 10, 17-22   Lascia tutto e seguiti…

“Gesù gli disse: «Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!» Ma a queste parole egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva infatti molti beni”.

Ma qual è il bene più prezioso che possiedi? Te stesso, esatto. E i beni materiali, per quanto numerosi o preziosi possano essere, non saranno mai minimamente paragonabili a te. L’avarizia (soprattutto quella nei confronti di se stessi) è un vizio terribile!

Segui il tuo Io…

Franco Battiato, nella canzone  composta insieme a Manlio Sgalambro e intitolata “Il mantello e la spiga”, cantava: “Lasci un’orma attraverso cui tu stesso ti segui nel tempo e ti riconosci”. “Lascia tutto e seguiti”.

Ma abbiamo già visto che il tempo e lo spazio sono concetti relativi, per cui decidere di abbandonare le zavorre e iniziare a seguire se stessi è già essere se stessi. Immersi come siamo nell’eternità, ogni cosa scritta nel futuro è già avvenuta, potrebbe già essere avvenuta o – magari - sta accadendo proprio adesso... È complicato, lo so, ma è fondamentale allargare l’orizzonte spaziale tanto da contemplare l’infinito e allargare l’orizzonte temporale tanto da contemplare la già citata eternità. Solo così avverranno i miracoli…

Bellissima, a questo proposito, la citazione  di pagina 74:

“Se la nostra amicizia dipendesse da cose come lo spazio e il tempo, quando finalmente supereremo lo spazio e il tempo avremo distrutto la nostra fratellanza! Superiamo lo spazio, e tutto quello che ci resta  è il Qui. Superiamo il tempo, e tutto ciò che ci resta è l’Ora. E nel bel mezzo del Qui e dell’Ora non credi che potremmo vederci qualche volta?”

Ci sarebbero ancora tantissime cose da dire su questo testo, riferimenti da fare, concetti da approfondire, ma per adesso è meglio fermarsi qui. Per chiudere, vi consiglio caldamente la nuova edizione della Bur (Rizzoli), quella col capitolo inedito e le magnifiche immagini di gabbiani disseminate tra le pagine. E che dire, poi, della splendida nota finale, a cura dello stesso autore, sul dono dell’immaginazione e sul potere dello scrittore, ovvero le parole.

Volate, amici e amiche! Siate liber* di essere voi stess*!