Manifesto della mostra "Bizantini"
Leggendo il titolo della mostra[1] non può che sorgere una domanda: che cosa c’entra Torino con Bisanzio?
Già, che cosa ha a che fare Palazzo Madama con l’Impero Bizantino?
Per rispondere a questa domanda è necessario che rispolveriate tomi giganteschi di Storia, che restiate chini per ore su imponenti tavoli di antiche biblioteche con un’illuminazione derivante da sole lampade a olio e… No, dai, stavo scherzando! Ora ve lo racconto io - come meglio posso, eh, ché a scuola ero una frana in Storia – ma non preoccupatevi perché, durante la conferenza stampa in cui è stata presentata la mostra, il Direttore di Palazzo Madama e tutti gli altri oratori ci hanno fatto dono di preziose informazioni. Ciò che segue è un sunto di tali dati…
Innanzitutto bisogna tenere presente che “Bizantini” è la seconda tappa, delle cinque totali previste, tese a raccontare una grande parte della nostra Storia. Il percorso tematico, cominciato l’anno scorso con la mostra su Pompei, proseguirà – negli anni a venire – con una fermata nel Medioevo[2], una nel Rinascimento e l’ultima nel Barocco. Perché – ricordiamolo – nei suoi 2000 anni di vita Palazzo Madama ha avuto molte “anime”, tra le quali quella romana (ricordata, appunto, grazie alla mostra su Pompei) e quella bizantina. Il Museo Civico d’Arte Antica, prima di diventare tale, fu la sede del Principato d’Acaia – fin dagli albori proiettato verso l’Oriente greco e bizantino – origine della dinastia dei Savoia-Acaia. Quest’ultima nacque dal matrimonio nel 1301 tra Filippo di Savoia e Isabella di Villeharduin, principessa d’Acaia. Ma le connessioni tra il Piemonte e Bisanzio non finiscono qui… il legame con la dinastia dei Paleologi, ascesa nel 1261 con Michele Paleologo al trono imperiale e durata fino al tramonto definitivo di Bisanzio nel 1453, è un altro pezzo di fil rouge che sancisce il diritto di Palazzo Madama di rivendicare una solida connessione con un passato bizantino.
Tra imprese militari e alleanze stipulate attraverso i matrimoni (come quello celebrato tra Ranieri di Monferrato e Maria, figlia dell’Imperatore di Costantinopoli, il basileus Michele Comneno), molti sono i riferimenti a questo nostro passato bizantino… Ricordiamo, in particolare, il legame instauratosi tra il territorio del Monferrato e il regno di Tessalonica, ottenuto dal quarto figlio di Guglielmo, Bonifacio, durante la crociata del 1204. Tessalonica, per chi non lo sapesse o non lo ricordasse, è la città greca che oggi è nota con il nome di Salonicco ed è proprio grazie a questo appunto che posso agganciarmi al tema delle collaborazioni. Per allestire la mostra sui Bizantini, infatti, è stata creata una fitta rete di collaborazioni che vedono protagonisti la Grecia (in particolare Salonicco) e il Ministero Ellenico della Cultura e dello Sport, il MANN – Museo Archeologico Nazionale di Napoli, Villaggio Globale International e i rispettivi rappresentanti di queste realtà culturali nelle persone di: Giovanni Carlo Federico Villa (Direttore di Palazzo Madama), Fivos Valachis (Console Generale della Grecia), Paolo Giulierini (Direttore del MANN), Rosanna Purchia (Assessora alla Cultura del Comune di Torino), Maurizio Cecconi (Amministratore Delegato di Villaggio Globale), Federico Marazzi (Curatore della mostra) e Massimo Broccio (Presidente della Fondazione Torino Musei).
La collaborazione con la Grecia
In primo luogo, ad accomunare Italia e Grecia, c’è la figura dell’Imperatore Costantino. Perché è vero che Costantino ha molto di romano per ciò che concerne le Istituzioni, ma ha anche molto di greco per quanto riguarda il pensiero filosofico e la cultura.
A Costantino è legato il Bosforo che, nel corso della Storia, ha sempre avuto una notevole importanza commerciale e strategica. Nel V secolo a.C., la città-stato di Atene, dipendente dal grano importato dalla Scizia, mantenne fitte alleanze con le città che controllavano lo stretto, tra le quali, figurava proprio Bisanzio. Ed è per questo che Costantino decise di fondare lì, nel 330 d. C., la nuova capitale dell'Impero, Costantinopoli. Nel 1453 la città venne conquistata dai turchi ottomani, ma il controllo del Bosforo continuò a essere al centro di diversi conflitti nella storia moderna, in particolare la guerra russo-turca (1877-1878) e l'attacco da parte delle potenze alleate ai Dardanelli nel 1915 durante la prima Guerra Mondiale. E non solo: la guerra di Troia fu mossa dai greci proprio per il controllo dello stretto dei Dardanelli e del Bosforo.
Infine, quando pensiamo a Costantino e all’Impero Bizantino, il pensiero non può che collegarsi alla Religione (Cristiana, prima, e Ortodossa, poi).
La collaborazione con Napoli
Prima di approdare a Torino, la mostra “Bizantini” è stata allestita – dal 21 dicembre 2022 al 10 aprile 2023 – al MANN, dove ha riscosso un grande successo. Ma perché ora si è spostata proprio qui da noi? Come ho già detto, la mostra si prefigge lo scopo di illustrare quanta parte del “millennio bizantino” si inserisce all’interno dell’area piemontese. Perché sarebbe stato riduttivo confinare la Storia bizantina all’interno del solo territorio di Napoli; perché il mondo non è finito nel 79 d. C., dopo l’eruzione del Vesuvio … Certamente si è trattato di una cesura importante, ma non definitiva. Infatti, c’è stato modo di esplorare anche altri momenti bui della Storia di Napoli, come quello che ha visto l’arrivo dei Longobardi, dei popoli dei Nord e – successivamente – dare conto di questa importante tappa dei Bizantini, presagendo la possibilità, in un prossimo futuro, di puntare i riflettori anche sui Normanni.
Tutto ciò che è stato fatto e tutto ciò che verrà fatto, in definitiva, serve a farci capire quale sia la nostra identità storico-culturale.
Cos’altro non è la fine del mondo? La caduta di Costantinopoli perché, grazie alla fuga dei Greci – quelli colti- che arrivarono nella Firenze dei Medici e diedero origine all’Umanesimo[3], abbiamo riscoperto l’Età Classica. Dobbiamo quindi ringraziare Costantinopoli se, oggi, possiamo parlare dell’Arte Antica.
L’Impero Romano costituito in Oriente ha rappresentato a lungo un modello di sviluppo economico e culturale e di complessità politico-amministrative prima di stabilire quella che oggi potremmo definire la cartina al tornasole del riavvicinamento di tutto l’Occidente a quanto si riteneva fosse andato perduto con il crollo della civiltà romana. Questa è la prima sfida che ci si è posti allestendo “Bizantini”: restituire a questo attore il posto che meritava sul palcoscenico della Storia italiana.
È
stata operata una scelta sulla base di una linea concettuale anziché temporale,
mettendo a fuoco gli aspetti che, mantenutisi costanti dal V secolo fino agli
inizi del XIII secolo, possono aiutare a definire cosa sia stata Bisanzio.
L’esistenza di un sistema statuario complesso, di cui la Chiesa era parte
integrante, il cemento ideologico, e di cui l’Imperatore è stato il vertice
indiscusso; la continuità nell’organizzazione
militare, efficiente e spietata, che ha costituito l’asse più solido
della sopravvivenza dell’Impero; l’onnipresenza dell’elemento cristiano nella
vita dei bizantini e la sua traduzione in spazi e opere d’arte; la raffinatezza
e la varietà delle tecniche volte alla produzione di oggetti ornamentali della
persona
e i manufatti per le necessità della vita quotidiana.Stoviglie del periodo bizantino
Con “Bizantini” si è voluta narrare la realtà di un mondo che, per secoli, è stato centro di un complesso produttivo, nonché un crocevia commerciale di primaria importanza.
Son tutti questi gli aspetti introdotti da una porta d’ingresso d’eccezione – cioè Napoli – città italiana che, più a lungo delle altre, è rimasta nell’orbita dell’Impero Bizantino.
Ecco cos’è “Bizantini”
“Bizantini”
è un modo di rispolverare la Storia, saldarne le crepe formatesi nella nostra
memoria, ma anche riportare alla luce il ruolo significativo del Museo Civico
d’Arte Antica che rappresenta proprio il nostro passato, ma ci proietta anche
nel futuro, nella progettazione di ciò che intendiamo essere. Come dicevo
alcune righe fa, infatti, Palazzo Madama non
è sempre stato un Museo e quest’anno (il 4 giugno, per la precisione)
ricorrono i 160 anni dalla sua trasformazione[4] e dalla
nascita del suo Statuto il cui primo articolo si prefigge di raccontare la
Storia a partire dal periodo bizantino (eccolo che torna) sino al principio del
corrente secolo. Con questa mostra si intende pertanto sottolineare il ruolo
che Palazzo Madama ha ricoperto negli ultimi 160 anni attraverso le sue
collezioni, che contano oltre 80.000 opere (di cui solo una minima parte è
attualmente esposta).
Questa
mostra è un faro la cui luce è puntata sulla cultura e sulla vita dell’Impero,
un faro che illumina opere d’arte e manufatti tanto significativi da
permetterci di studiare con curiosità e attenzione la vita quotidiana, le
comunità, la cultura e i simboli di quei popoli che hanno attraversato il
periodo bizantino. Questo Impero ha lasciato un’impronta indelebile nella
Storia – non solo con la sua arte e la sua architettura, ma anche con la sua
filosofia, la sua letteratura e i suoi fondamenti religiosi - e la mostra
“Bizantini” è un tributo a tutto ciò che esso ha rappresentato per la società
occidentale; inoltre, ci permette di valorizzare il nostro patrimonio
numismatico.Vaso con tesoretto; Salonicco, scavo della metropolitana, stazione Santa Sofia; XII secolo; argilla, lega di rame; Salonicco, Eforato delle Antichità. Stoviglie del periodo bizantino
Palazzo Madama, infatti, possiede un tesoro dal valore
inestimabile: oltre 1200 monete! Al momento ne sono esposte un centinaio, che
vanno ad arricchire ulteriormente l’esperienza dei visitatori. La numismatica –
forse non tutti lo sanno o se ne rendono conto – ha un’importanza cruciale per
il lavoro degli archeologi, i quali, proprio grazie a quei piccoli dischetti di
metallo,
dispongono di elementi
preziosissimi per datare e studiare la Storia. Le monete che, in questo
momento, sono esposte nelle teche della mostra, testimoniano il passaggio –
nelle valli e nelle pianure piemontesi - dall’inizio dell’epoca bizantina fino
al 1530.Tesoretto di 14 monete; Salonicco, Olympiou Diamanti; 1005-1045; Oro; Salonicco, Museo della Cultura Bizantina.
Nel nostro immaginario collettivo, Bisanzio non è mai riuscita ad essere ciò che sono state la Grecia antica e Roma o – addirittura – altre civiltà come quella dei Longobardi, la quale è sempre stata vista nel ruolo di demolitrice di quella romana. Bisanzio è rimasta su un binario morto della Storia, è stata sempre considerata un’estensione della cultura romana, immersa in un’atmosfera d’Oriente tanto affascinante quanto però sostanzialmente percepita come “aliena” e incomprensibile.
“Bisanzio è un mito che non mi è consueto.
Bisanzio è un sogno che si fa incompleto.
Bisanzio forse non è mai esistita”.
Francesco Guccini, “Bisanzio”, 1981
“Bizantini” rappresenta quindi, a tutti gli effetti, un tentativo di rendere meno “aliena” e più comprensibile questa civiltà e il relativo periodo storico di appartenenza, mantenendo nel contempo quell’aura leggendaria che contraddistingue entrambi.
Questa mostra porta sulle proprie spalle tre anni di collaborazioni tra Istituzioni, curatori scientifici, Paesi, ma soprattutto persone. Perché ogni mostra è un’occasione per stare insieme, per aprire canali di comunicazione e creare sinergie. Perché le mostre devono riuscire ad aprire spazi, ad allargare menti e orizzonti; devono far scoprire cose perdute o dimenticate, devono restituire il passato e costruire le basi per un futuro migliore.
“O saggi che state nel fuoco sacro di Dio
come nel mosaico dorato di una parete
scendete dal sacro fuoco,
discendete in una spirale,
e siate i maestri di un canto
della mia anima”.
W. B. Yeats, “Navigando verso Bisanzio”, 1927
“BIZANTINI – Luoghi, simboli, comunità di un Impero millenario”
Busto di uomo. Tardo IV secolo e seguenti; marmo. Salonicco, Museo Archeologico.
Secondo la tradizione Bisanzio fu fondata dai Greci nel 667 a. C. in posizione strategica a dominare gli stretti del Bosforo e dei Dardanelli. Ampliata da Costantino e scelta come luogo per la sua residenza, mutò nome in Costantinopoli e con la divisione dell’Impero romano avvenuta nel 395 d. C. divenne capitale dell’Impero Romano d’Oriente. Di questo Impero, sopravvissuto quasi 1000 anni a quello Occidentale crollato sotto le pressioni dei popoli “barbari”, la mostra racconta la lunga storia, dalle origini fino alla caduta di Costantinopoli ad opera degli Ottomani nel 1453.
Erede dell’antica Roma ma fondato sulla fede cristiana, l’Impero bizantino, che nella sua massima estensione andava dalla Tunisia al Caucaso, viene narrato attraverso gli oggetti che testimoniano la sua organizzazione e il suo funzionamento, dalla figura dell’Imperatore (il basileus) all’esercito[5],
dalla corte al clero, dalla monetazione ai commerci, dalla vita quotidiana alle pratiche del culto.
“Un corpo romano.
Una mente greca.
Un’anima orientale e mistica”.
Liberamente tratto da Robert Byron, 1929
Le attività commerciali
Per
secoli Bisanzio esportò in tutto il Mediterraneo le molte merci prodotte entro
i propri confini, specialmente olio, vino, salse e unguenti, trasportati
all’interno di anfore,Anforisco, scaldavivande e piatti del periodo bizantino provenienti da Salonicco.
ma anche prodotti di lusso come oreficerie e tessuti. L’alta qualità dell’artigianato bizantino ereditava le competenze dell’età antica e beneficiava dei contatti che l’Impero aveva con il mondo arabo, persiano e con l’Estremo Oriente.
L’uso diffuso della moneta, coniata in tre tipi di metallo (oro, argento e rame) era anch’esso in continuità con il mondo antico.
L’esistenza di anfore prodotte nei secoli successivi alla caduta dell’Impero romano dimostra che i traffici commerciali nel bacino del Mediterraneo tipici del periodo antico (soprattutto di derrate alimentari), sebbene ridotti, proseguirono nel Medioevo grazie alla spinta propulsiva di Bisanzio.
La vita quotidiana
In
mostra sono riuniti gli oggetti che caratterizzavano la casa e la vita privata
all’interno dei territori bizantini, lungo un periodo cronologico che va dal IV
secolo al XII secolo.
Si tratta di opere emerse in scavi archeologici e provenienti in massima parte dalla Grecia, ma anche da siti bizantini a Napoli, Ravenna e in Sardegna.
Vi
sono le stoviglie da mensa, in vetro e in ceramica, accompagnate da lucerne in
bronzo: tutti pezzi ancora realizzati nel solco della tradizione romana. Assai
ricco il nucleo delle arti preziose: fibule, fibbie da cintura, amuleti, anelli
– spesso con iscrizioni e monogrammi -, bracciali, Bracciale a fascia. Salonicco, IX-X secolo
collane, fasce per il capo, orecchini.
Orecchini in argento del V secolo. Kikis, Eforato. |
Qui, accanto agli influssi dell’arte romana, si leggono anche apporti del mondo germanico, slavo e iranico.
La ceramica denominata “Terra Sigillata Chiara” costituì uno dei prodotti più versatili e diffusamente scambiati di tutta l’età pre-industriale. I vasi di questo tipo erano caratterizzati da un impasto molto tenace e leggero, ricoperto da una patina liscia di colore arancione.
La Religione
"BIZANTINI", a Palazzo Madama dal 10 maggio al 28 agosto 2023. |
Mosaico pavimentale |
Fino al VII-VIII secolo questi manufatti sono legati a un forte rigore geometrico e presentano decorazioni essenziali, tra cui croci e monogrammi cristologici. Successivamente si arricchiscono spesso con raffigurazioni di animali dal significato simbolico.
Entro
i confini dell’Impero bizantino sorgevano numerosi monasteri: essi non erano
solo centri di vita spirituale, ma depositari di ingenti patrimoni terrieri e
quindi caratterizzati da un notevole
potere economico e politico, come nel caso della comunità del Monte Athos.Rotolo contenente la divina liturgia di san Giovanni Crisostomo. XII-XIII secolo; pergamena, donazione del monastero di Dousikou, (Tessaglia); Atene, Museo Cristiano e Bizantino.
A
livello architettonico essi comprendevano gli edifici abitati dai monaci e
aperti esclusivamente alla comunità religiosa – solitamente raccolti intorno a
una corte interna; e una zona esterna, dedicata alle attività produttive e
all’accoglienza dei pellegrini, con una cappella per le funzioni religiose
dirette a questi ultimi. Molti monasteri erano anche importanti centri
culturali, impegnati nella trascrizione, in lingua greca, dei manoscritti
destinati al culto, dei principali testi della letteratura greca dell’Antichità
e di trattati scientifici e filosofici.
All’interno
di una chiesa, la luce, naturale o artificiale, era un elemento importantissimo
per creare un’atmosfera di mistico raccoglimento. La luce artificiale era
prodotta per mezzo di lucerne e candelabri alimentati in genere con olio
d’oliva. Tra gli oggetti liturgici principali vi erano i contenitori per le
sostanze (il pane e il vino) utilizzate per la celebrazione eucaristica. Capitello bizonale, con motivi a intreccio e a spina di pesce. VI secolo; marmo lavorato a traforo. Cagliari, Museo Archeologico Nazionale.
Presso
le chiese, infine, si trovavano le aree cimiteriali, da cui provengono le
iscrizioni funerarie esposte in mostra, che corredavano le tombe.
Riferimenti temporali
476
L’Impero Romano d’Occidente ha cessato di esistere con la deposizione dell’ultimo Imperatore, Romolo Augustolo, ma la sua parte orientale, con la capitale Costantinopoli, resta saldamente integra e si avvia anzi a conoscere una lunga stagione di prosperità.
565
Alla morte dell’Imperatore Giustiniano (527-565), l’Impero Romano d’Oriente, dopo decenni di guerre, raggiunge la sua massima estensione, riconquistando l’Italia, il Maghreb e la Spagna meridionale. Il Mediterraneo torna a essere un “lago romano”. Sarà però uno splendore di breve durata, interrotto dall’espansione islamica del VII secolo.
730
All’inizio dell’VIII secolo, l’espansione araba a est, la calata degli Slavi nei Balcani e l’ingresso dei Longobardi in Italia lasciano l’Impero a brandelli, abbarbicato a pochi presidi lungo le coste, tranne che nell’Anatolia, che costituirà per secoli il cuore profondo di uno Stato che ormai possiamo definire pienamente “bizantino”.
1025
Alla morte dell’Imperatore Basilio II (976-1025), l’Impero Bizantino è tornato a essere una potenza egemone nel Mediterraneo orientale e nei Balcani, e mantiene una significativa presenza anche in Italia meridionale. Questo è anche il periodo in cui si stringono i contatti con il mondo russo, che di Bisanzio sarà per molti aspetti l’erede.
1170
Nel 1071, con la sconfitta di Manzikert, l’Anatolia cade nelle mani dei Turchi, che non l’abbandoneranno più. Nello stesso anno andrà perduto anche l’ultimo presidio italiano, Bari. Nel corso del XII secolo, gli Imperatori della famiglia dei Comneni riusciranno a riconquistare le coste anatoliche ma le regioni interne saranno perse per sempre. Nel 1024 Costantinopoli sarà presa dai Crociati e dai Veneziani.
1400
All’inizio del suo ultimo secolo di vita, l’Impero è ormai ridotto a pochi e sparsi territori. L’espansione turca in Anatolia, quella serba nei Balcani e quella veneziana e genovese nel Mar Egeo hanno sottratto gran parte dei suoi possedimenti e la conquista finale di Costantinopoli (1453) è ormai vicina.
Una chicca…
Se la lunghezza e le informazioni contenute in questo articolo non vi hanno scoraggiati/e, allora meritate un “premio”. Ad aprire la conferenza stampa, Palazzo Madama ha deciso di invitare un coro bizantino, un gruppo composto da cinque talentuose giovani donne che hanno eseguito un canto interamente “a cappella”. Quattro coriste hanno accompagnato la loro maestra di canto, Irene Rotondale, proponendoci un brano di Pasqua intitolato “Pace a tutti” (il titolo è tradotto, dato che il brano viene eseguito solitamente in Greco, Latino e Aramaico, oltre che in Italiano).
L’impressione,
ascoltando questo tipo di musica, è quella di trovarsi in Medio Oriente, grazie
alle marcate sfumature arabeggianti, persiane, indiane, ma anche italiane…
Proprio così, perché anche l’Italia, durante il suo periodo bizantino,
produceva questo tipo di canti e di tonalità. Da allora, quella tradizione è
stata mantenuta, seppur con un drastico “sfoltimento”. Oggi, per ascoltare
questo antico genere musicale, potete recarvi nella Chiesa Greco-Ortodossa di
Torino gestita da Padre Iosif. Se lo farete, assisterete a una specie di
miracolo artistico composto da – udite udite – ben 72 note! Coro bizantino. Nel mezzo: la Maestra di canto bizantino, Irene Rotondale.
Credendo
– erroneamente – che gli spartiti fossero stati ritrovati in seguito a degli
scavi o durante qualche spedizione archeologica - mi incuriosiva sapere come
avessero fatto a “decodificare” le partiture, data la loro innegabile
complessità (e antichità) e così, chiacchierando sia con Padre Iosif sia con la
Maestra Rotondale, sono venuta a conoscenza del fatto che – come vi dicevo –
non si è mai persa la tradizione del canto bizantino, non c’è mai stata una
vera e propria interruzione, ma, nei secoli, la scrittura è stata sensibilmente
semplificata. Nel VII secolo iniziarono a fissarla in maniera stabile, per poi affinarla
ulteriormente nel 1700. Perciò, trasposte da paleografia bizantina a
neo-bizantina, le partiture sono diventate maggiormente accessibili
(soprattutto negli ambienti scolastici, nei Conservatori) e, così, sia
l’insegnamento sia l’apprendimento ne hanno tratto beneficio… La “limatura” ha
infatti “snellito” la quantità di simboli musicali che, uniti ai 72 intervalli,
avrebbero creato difficoltà pressoché insormontabili in materia di studio e di
applicazione canora pratica.
Cos’altro aggiungere? Niente, se non – ovviamente - un invito a visitare la mostra “Bizantini” e ad andare ad ascoltare le splendide voci del coro bizantino.
[1] “BIZANTINI – Luoghi, simboli e comunità di un impero millenario”, a Palazzo Madama (Torino, Piazza Castello), nella Sala del Senato, dal 10 maggio al 28 agosto 2023.
[2] Spoiler: Palazzo Madama ha, al proprio interno, una delle più grandi sale baronali del Medioevo.
[3] A proposito di Umanesimo… L’Umanesimo di Bisanzio
I Turchi fin dall’XI secolo erano penetrati in Anatolia, mettendo sotto attacco il governo di Bisanzio in quella regione. Nel XV secolo sotto la pressione turca e quella mongola avevano ormai notevolmente ridimensionato il territorio dell’Impero. Fu anche in funzione anti turca che nel 1438 il basileus Giovanni VIII Paleologo giunse in Italia per partecipare al Concilio voluto da Papa Eugenio IV con lo scopo di riunire le chiese d’Oriente e d’Occidente.
La sua venuta fu celebrata da letterati e artisti, da Pisanello, che gli dedicò la prima medaglia moderna, a Benozzo Gozzoli, che lo raffigurò negli affreschi della Cappella dei Magi in Palazzo Medici-Riccardi a Firenze. Tuttavia, gli aiuti occidentali non riuscirono ad arrestare l’avanzata degli Ottomani. Nel 1453 Costantinopoli fu conquistata dall’esercito guidato da Maometto II e la sua caduta decretò la fine dell’Impero bizantino.
[4] Il 4 giugno 1863 Palazzo Madama viene convertito ad uso museale diventando, di fatto, il Museo Civico d’Arte Antica di Torino.
Aperto al pubblico il 4 giugno per iniziativa dell'assessore Pio Agodino, si pone due obiettivi specifici: documentare la storia del lavoro dalle epoche più remote al presente, su modello del South Kensington Museum (oggi Victoria and Albert); raccogliere ed esporre le opere d'arte italiana moderna. Questo impianto iniziale si modifica nei decenni successivi, quando viene abbandonato il terreno della ricerca archeologica e dell'etnografia. Nel 1898 le collezioni d'arte contemporanea danno vita alla Galleria d'Arte Moderna.
[5] L’organizzazione dell’esercito bizantino prevedeva diverse tipologie di legioni: c’erano le forze armate regionali, costituite da contadini-soldati cui era assegnato un lotto di terra con cui sostenere se stessi e la propria famiglia e che in cambio di ciò, quando necessario erano chiamati a difendere il territorio dell’Impero; quindi alcuni contingenti di professionisti, i tagmata, stipendiati direttamente dagli imperatori (a partire dal regno di Costantino V, 741-775); e infine, dalla fine del X secolo, i mercenari stranieri, reclutati fuori dai confini imperiali: come i “Variaghi”, di origine russo-svedese, ma anche unità scelte di Turchi e Ungheresi.
Bella descrizione del periodo storico e di ciò che lega tale periodo con la storia di Torino co.plimenti
RispondiEliminaGrazie! Sono felice di essere riuscita a raccontare un pezzo di Storia che non è molto conosciuto! Devo dire che la conferenza stampa - prima - e la mostra - dopo - mi hanno davvero ispirata!
EliminaE'un articolo molto bello spiegato molto bene bravissima
RispondiEliminaGrazie mille, sono lieta che ti sia piaciuto!
EliminaBelllllllllooooooo
RispondiEliminaGrazieeeeee!
RispondiEliminaCara Manuela, complimenti per il tuo articolo, molto professionale e di grande competenza! Lieta che la città di Torino con i suoi bravi bloggers e giornalisti abbiano messo gli occhi sulla storia bizantina e sul canto bizantino che è straordinario e che unisce l'arte cristiana romana di oriente ed occidente
RispondiEliminaGrazie! Sono tanto tanto felice che il mio articolo ti sia piaciuto e spero davvero che sempre più persone si accorgano della ricchezza del nostro passato: esso è prezioso per aiutarci a comprendere il presente e può regalarci occhi nuovi per guardare al futuro...
EliminaBuonasera Signora, grazie per il suo articolo. Siamo fieri della nostra città, che finalmente propone qualcosa di inedito e interessante che la riguarda.
RispondiEliminaGrazie a lei per il suo apprezzamento: sono lieta che l'articolo le sia piaciuto e che sia riuscito a puntare i riflettori su un mondo poco conosciuto e su una città che, se valorizzata, ha molto da offrire.
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