Ciao a tutti. Dopo un
lungo periodo di assenza (in cui, però, ho continuato a leggere molto), torno
da voi con una nuova “recensione”. Perché le virgolette?
Perché, se seguite da
un po’ il mio blog, avrete sicuramente capito che le mie non possono
propriamente essere definite recensioni, ma sensazioni ed emozioni su carta…
Ops, su web. Per cui vi lascio alle mie sensazioni. Buona lettura!
La Casa Editrice Einaudi ci propone “Lo
strano caso del cane ucciso a mezzanotte” di Mark Haddon, con una meravigliosa
ed illuminante prefazione dell’autore. Haddon
“ci fa cadere dal pero” – come si suol dire – mettendo in primo piano il
fatto che tutti – ma proprio tutti – abbiamo problemi comportamentali. La
storia di Christopher, un adolescente con la sindrome di Asperger, diventa
inevitabilmente la nostra, quella di ogni lettore.
Questo libro vive su una convinzione:
“Se vuoi sapere chi davvero uno sia, non devi far altro che chiederlo a lui”.
Così nasce la storia di Christopher, personaggio di fantasia (ma non troppo)
che si racconta da solo. La sua disabilità diventa la cosa più sana e razionale
così che ogni lettore, ad un certo punto, si trova costretto a pensare: “Anche io ho questa mania…non sono così tanto
diverso da Christopher!”
Se sono d’accordo con il fatto che il
modo per conoscere qualcuno sia chiederlo all’interessato? Ni Diplomatico – lo
so – ma non linciatemi. Spesso ho notato che le persone non si autodefiniscono
per ciò che sentono di essere perché si nascondono dietro ciò che gli altri
dicono di loro. Perciò, altrettanto spesso, si adattano a quella definizione
che è stata “appioppata” loro. Molti di noi sia adattano a ciò che gli altri
vorrebbero che fossimo o a ciò che gli altri sostengono che siamo. E si
dimenticano chi sono realmente. Christopher ha una visione di sé stesso che
esula dal giudizio altrui. E’ critico, asettico e razionale. Forse un po’
troppo. Sì, forse è un po’ troppo lucido, voglio dire: se questo libro fosse
davvero stato scritto da un ragazzino autistico, forse non sarebbe così critico
e ragionato, lucido e dettagliato. Ma se questa caratteristica di Christopher
si rivelasse davvero un “errore narrativo”, è anche vero che tale errore verrebbe
smorzato dalla figura di Siobhan. Siobhan è una degli insegnanti di Christopher
e il suo compito è spiegare come le persone – ritenute sane o normali – vedono
e vivono il mondo.
Questo libro rappresenta il riscatto
delle persone con disabilità perché tornano ad essere persone, individui e non
numeri o nomi di patologie. Queste persone smettono di essere “etichettate”
come “clienti” e si riprendono la loro dignità di esseri umani pensanti e
senzienti.
Lo stile di questo romanzo è semplice,
dinamico e scorrevole. L’incipit che lo apre è uno dei più belli che io abbia
mai letto: semplice, diretto, incisivo e determinante.
Haddon ci mostra la semplicità che si
cela dietro il complesso mondo della disabilità. Il che mi ha fatto sorgere una
domanda: siamo noi “normali” a complicarci la vita o essa è davvero così
complicata? A dire il vero, mi sono sorti più interrogativi, quali ad esempio:
la malattia sta negli occhi di chi guarda il malato? Una malattia risulta più o
meno grave a seconda che chi ne è affetto ne sia consapevole o meno? (E – se
consapevole – fa differenza il fatto che l’abbia accettata oppure no?)
“Lo strano caso del cane ucciso a
mezzanotte” è un libro che definirei con un chiasmo: dalla semplicità
disarmante e dalla complessità sorprendente. Tutto è ridotto ai minimi termini e allo
stesso tempo apre prospettive molteplici, quasi innumerevoli, per ogni
dettaglio o circostanza. Tanto che tutto tende ad essere molto complesso pur
essendo semplice e lineare e viceversa. Questo accade perché noi umani viviamo
di parole, di termini che – come dice la parola stessa – sono limitati e
limitanti e servono solo a catalogare o a cercare di spiegare meglio un
concetto; ciò che non capiamo è che, in realtà, le parole non spiegano un bel
niente, anzi tendono a complicare le cose ed è noto che sono la più vasta fonte
di fraintendimenti esistente.
Ciò che colpisce è che di Christopher
non ci sono caratterizzazioni fisiche, ma solo della sua personalità, del suo
modo di pensare, di ragionare, di vedere le cose.; eppure, nonostante questa
che potrebbe sembrare una carenza descrittiva, il lettore ha ben chiaro in
mente il personaggio di Christopher. Christopher è un personaggio con cui il
lettore non può far altro che entrare in empatia. Forse trovo strano solo il
fatto che sappia distinguere ciò che è “normale” da ciò che è “malato” o
comunque frutto della malattia; mi sarebbe parso meno strano se a raccontare la
storia di Christopher fosse stato qualcun altro che vedeva e osservava i suoi
comportamenti. Ma è solo una sensazione, mia, personale.
Per certi aspetti, capisco chi è
arrivato a considerare “Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte” un libro-manuale: spiega molto bene cosa –
probabilmente – passa per la mente di una persona con la sindrome di Asperger,
ma – allo stesso tempo – mi trovo in accordo con l’autore nel sostenere che è
solo un romanzo e non è “sano” (mai termine fu più appropriato) che sia
considerato, letto, consultato e “assunto” come manuale di medicina e trattato
come tale. E’ un libro-specchio, se vogliamo, nel quale chiunque lo legga può
trovare sé stesso riflesso nelle pagine. E’ un libro che indaga non solo nella
mente di un ragazzino affetto da una singolare forma di disabilità, ma anche
nella famiglia in cui quest’ultimo si ritrova: speranze, difficoltà, momenti di
smarrimento e di confusione, incertezze e attimi di grande forza e
determinazione, nonché di coraggio.
E’ un giallo “sui generis”, uno
“schedario” di piccole grandi manie e ossessioni, un “dizionario” nudo e crudo
del nostro modo di pensare, è l’analisi di sensazioni, emozioni e sentimenti
fatta in modo critico e razionale. Sì, trovo che “Lo strano caso del cane
ucciso a mezzanotte” sia una “guida” per l’interpretazione del mondo e delle
persone, soprattutto.
Se volete iniziare a
indagare dentro voi stessi per conoscervi un po’ meglio , questo libro è
indicato allo scopo.
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