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LA BELLEZZA

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venerdì 19 aprile 2024

Anche i fiori piangono

 

Anche i fiori piangono

strappati via dalla terra

strofinati tra le dita di un bimbo capriccioso

o di un adulto annoiato.

Dita crudeli, in ogni caso.

 

Anche i fiori piangono

appassendo al sole

seccati dall’afa

assetati d’acqua assente

divorati dall’arsura

di un clima impazzito

che non dà pioggia per mesi.

 

Anche i fiori piangono

annegando in un fiume in piena

che porta detriti:

le ossa dei morti

che l’uomo abbandona.

 

Anche i fiori piangono

venendo alla luce

tra i boschi di cemento

e le discariche tossiche.

Forti, seppur seccati dalla fatica;

fragili, benché eroi.

 

Anche i fiori piangono

lanciati a mazzi dalle spose;

donati in corone per ornare le casse

dei morti che non sentono il loro profumo,

che non vedono i loro colori,

che non odono i loro gridi

e non li udivano neanche prima.

 

Anche i fiori piangono

per i compagni calpestati

che non vedranno un altro giorno.

 

Anche i fiori piangono,

ma forse c’è un paradiso per i fiori

dove essi non piangono più,

un mondo tutto per loro

e per le api operose

e le farfalle leggiadre.

 

Manuela Barbagallo, 24/10/23

mercoledì 8 aprile 2020

"LA GIOIA DI SCRIVERE" DI W. SZYMBORSKA, EDIZIONI ADELPHI.

LA GIOIA DI SCRIVERE - TUTTE LE POESIE (1945-2009), W. SZYMBORSKA, ADELPHI

La poesia mi affascina. Da sempre. Da quando ho cominciato a padroneggiare l’uso della parola. Sì, perché, se le parole sono versatili, le poesie lo sono ancora di più: sono canzoni, le poesie. E lo stile di W. Szymborska è sempre così musicale, così armonioso che – leggendo – mi sembra di danzare, di saltellare leggera tra le sue parole come tra le note  di uno spartito. E, anche quando arrivo all’ultimo verso, una melodia rimane sospesa nell’aria…
Certo, non mancano i riferimenti biblici, le frecciatine alla politica, una forma di ironia velata ma tagliente, i miti greci, richiami ai Latini, alle culture e alle filosofie antiche, alla Storia con la “S” maiuscola, ma soprattutto a quella con la “s” minuscola, quella fatta da persone comuni che hanno fatto la Storia ma non trovano posto nelle pagine dei grandi libri; c’è  qualcosa che assomiglia all’incanto del disincanto, poi c’è il Tempo, lo studio della propria interiorità, la razionalità con il giusto pizzico di follia o – forse – “solo” di immaginazione. C’è l’amore, c’è la morte, c’è il dolore, c’è la sorte, c’è il tema della memoria (sia quella individuale sia quella collettiva), ma la cosa più sorprendente è che c’è una profondità infinita anche nelle parole e nei versi più semplici. Mai banale, mai scontata, mai noiosa, W. Szymborska sa trasportarmi, da sveglia, in un mondo onirico, e più perdo lucidità più mi accorgo di acquisirne…
“Conosciamo noi stessi solo fin dove
siamo stati messi alla prova.
Ve lo dico
dal mio cuore sconosciuto”.
[UN MINUTO DI SILENZIO PER LUDWIKA WAWRZYŃSKA]
La mente non ha confini… Ognuno di noi è molto più grande di quel che crede di essere e, ogni tanto, quella parte più grande viene a raccontarci cose meravigliose sul nostro conto. La vita ci sfida ogni giorno a scoprire un pezzetto in più di quell’immenso mistero che siamo… Se solo sapessimo dare ascolto a noi stessi…
“Esperti degli spazi
dalla terra alle stelle
ci perdiamo nello spazio
dalla terra alla testa”.
[AGLI AMICI]
Nella apparente semplicità (da non confondere con la banalità) sta la più grande forza di questa autrice:
“fuori svolazza il cielo
e fa il bagno nel mare”.
[LE DUE SCIMMIE DI BRUEGEL]


“Benvenuto e addio
in un solo sguardo”.
[ELEGIA DI VIAGGIO]
La caducità della vita e la durevolezza delle civiltà, la lotta tra il materiale e lo spirituale, dialoghi improbabili se non impossibili, perle di saggezza nella relatività dell’assoluto e nell’assolutismo della relatività:
“«Non è né troppo tardi né troppo lontano. l’isola
Qui è ovunque» disse il terzo pescatore.
Seguì una sensazione di disagio, calò il silenzio. È quel
che accade con le verità universali”.
[PARABOLA]
E, con lei, ci rendiamo conto di essere creature minuscole nell’infinito…
Con lei impariamo a guardarci con e attraverso gli occhi degli altri, a considerare noi stessi come creature immaginarie, quasi come riflessi di riflessi.
“Ombra reciproca nella mia ombra”.
[MOSAICO BIZANTINO]
Immagini così commoventi:
“Ruppe l’orologio del municipio per fermare una volta per tutte la caduta delle foglie dagli alberi”.
“Quando gli fu detto che non esisteva affatto, non potendo morire per il dispiacere – dovette nascere”.
[PROLOGO A UNA COMMEDIA]
Così romantiche, malinconiche, evocative:
“Il tempo si è arrotolato
negli anelli degli alberi”.
[APPUNTO]
Così enigmatiche eppure così illuminanti:
“Lui
ci ha allettati a uscire dall’interno della specie,
ci ha condotti fuori dalla sfera del sonno
prima della parola sonno,
in cui ciò che è vivo
nasce per sempre
e muore senza morte”.
[APPUNTO]
E ci insegna a osservarci da fuori, con sguardo distaccato, come se fossimo noi ma non fossimo noi, come se la vita che viviamo non fosse la nostra, non ci appartenesse e la vedessimo scorrere su uno schermo. Altrove. Una “scorporazione”, come se ognuno di noi fosse
“Esposto
alla propria assenza”.
[NATO]
La scelta accurata delle parole è bilanciata da spassosi giochi linguistici:
“La cipolla è un’altra cosa.
Interiora non ne ha.
Completamente cipolla
fino alla cipollità.
Cipolluta di fuori,
cipollosa fino al cuore,
potrebbe guardarsi dentro
senza provare timore”.
[LA CIPOLLA]
E ineluttabilità:
“E qualunque cosa io faccia,
si muterà per sempre in ciò che ho fatto”.
[UNA VITA ALL’ISTANTE]
E un fatto è un fatto e tutto è importante, anche ciò che non lo è.
Siamo un soffio, su questa Terra, ma nonostante ciò o – forse – proprio per questo:
“Animuccia, solo dubitando dell’aldilà
prospettive più ampie potrai avere”.
[SULLO STIGE]
L’autrice ci insegna a stare in una dimensione in cui non c’è il Tempo, una dimensione di essenza ma di non-esistenza, come parte di un Tutto che è sempre e prescinde da noi.
“Sono qui un istante, un solo minuto:
non saprò del dopo, non l’avrò vissuto.
Come distinguere il tutto dal vuoto?”
[COMPLEANNO]
“L’abisso non ci divide.
L’abisso circonda”.
[AUTONOMIA]
W. Szymborska ha il dono di rendere speciale la quotidianità, di trasformare cose ordinarie in cose straordinarie soltanto adottando una prospettiva differente, un punto di vista diverso. Anche nella normalità si cela lo straordinario…
E, destreggiandosi perfettamente tra solipsismi e riferimenti a innumerevoli correnti filosofiche, sa sfumare il confine che separa il sono dalla veglia, l’essere e il percepirsi attraverso la coscienza:
“neppure ricordando come fosse il non esserci”.
“quanto vuoto ci spetta dall’altra parte”,
un vuoto che è un non-spazio da cui essere
“testimone,
dell’evento d’una lunga attesa d’una vita breve”.
[***]
Sottintendendo, forse, che alla morte torneremo là dove eravamo prima di nascere… L’obiettivo principale è quello di invitarci a sfruttare al meglio ogni istante della nostra vita per trasformare l’attimo in una scintilla di eternità. L’Infinito e l’Eterno: vi siamo immersi e ne facciamo parte, ma l’autrice ci induce a domandarci dove siano i limiti e i confini di noi stessi. E tante altre domande ingenue e – tuttavia – pressanti siamo portati a farci, seguendo i suoi versi. Senza dimenticare i compagni dell’Infinito, ovvero il Tutto e il Nulla.
“C’è tanto Tutto
che il Nulla è davvero ben celato”
[LA VERITÀ ESIGE]
Domande pressanti quali, ad esempio: cosa è reale e cosa non lo è? Dov’è (se esiste) il confine tra sonno e veglia, tra sogno e realtà? E Tutto è dettato dal Caso o segue un Destino già scritto? E dove ha il proprio principio l’inizio?
“Ogni inizio infatti
è solo un seguito
e il libro degli eventi
è sempre aperto a metà”.
[AMORE A PRIMA VISTA]
Come definirei la poetica di W. Szymborska? Metafisica. Perché ha la capacità di andare oltre e portarmi con sé…