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LA BELLEZZA

venerdì 17 febbraio 2023

Michael Snow

Ingresso Videoteca GAM di Torino. L'installazione su Michael Snow sarà visitabile fino al 16.04.23

 

Michael Snow, recentemente venuto a mancare, può essere considerato un caposaldo del cinema strutturalista.  La prova è alla GAM di Torino, dove è stata inaugurata una nuova esposizione (a cura di Elena Volpato), in cui si è  raggiunto l’obiettivo di far dialogare due opere - appartenenti a due generi artistici diversi – come in una specie di rispecchiamento o simmetria. Le opere in questione – “Wavelength” e “Cover to Cover”, entrambe di Michael Snow, sono infatti rispettivamente un film e un libro. Dal coniugio è nata una “composizione”, dimostrazione della complessa stratificazione del pensiero e dei lavori di Snow. Aiutandomi con le parole della stessa curatrice, ho cercato di restituirvi il messaggio artistico di Michael Snow.

Quando, nel ’67, Snow creò “Wavelength” si rovesciò la situazione del cinema Underground newyorkese, perché l’unico che aveva provato a fare qualcosa di vagamente simile, prima, era lo stesso  Andy Warhol. Ma  Warhol aveva assunto l’obiettivo della macchina da presa come fosse una sostituzione dell’occhio creativo dell’artista. Aveva creato il cosiddetto solid time (la ripresa del real time come se fosse una porzione di tempo reale immagazzinata attraverso il mezzo cinematografico e riconsegnata al pubblico nella sua interezza di realtà). Ma i filmati di Warhol (che potevano durare anche 8 o 9 ore) erano come dei wallpaper all’interno della sua factory. Ogni spettatore avrebbe potuto gestire il proprio tempo e concentrare la propria attenzione sul filmato anche solo per pochi secondi, distrarsi e poi tornare a osservare. L’intento di Snow, invece, è ben diverso: attraversare (e far così attraversare allo spettatore) uno spazio di 80 piedi (che è lo spazio del loft industriale di New York in cui è stato girato il video), grazie a 45 minuti di zoomata continua (senza spostare la cinepresa, senza spostare il regista, quindi), per andare verso una parete con 4 grandi finestre. 

Le opere di Michael Snow alla GAM di Torino.

In mezzo alla vetrata c’è una piccola fotografia, incollata con del nastro adesivo, di una superficie marina. Questa passeggiata dell’arte verso la finestra,  verso il mare, per Snow, che è stato anche un pittore, era una passeggiata verso il concetto razionale della rappresentazione artistica, perché quelle finestre sono quelle di Leon Battista Alberti; e oltre quelle finestre ci sono le insegne, c’è la strada newyorkese, c’è tutta la storia della Pop Art americana. Le finestre diventano una griglia, che è la griglia della pittura Modernista, che nel ‘67 era al suo apogeo, grazie ad artisti del calibro di Frank Stella. Snow usa il cinema come se fosse una trasposizione della sua coscienza, del suo stato di consapevolezza, anche di quello neuronale e cerebrale. E studia questo movimento verso la finestra scoprendo che la linearità che lui aveva messo in scena nei suoi 45 minuti di filmato non corrispondeva alla consapevolezza e alla complessità effettiva dell’esperienza reale. Quando noi passeggiamo da qui a lì, infatti, in realtà non pensiamo teleologicamente, ma stiamo ricordando il passo che abbiamo fatto prima e stiamo già prefigurando i passi che faremo dopo. Per cui l’artista ha sezionato in tre parti il film del ‘67, le ha sovrapposte e ne ha estratto 15 minuti: 15 minuti in cui abbiamo contemporaneamente e costantemente l’esperienza del passato, del presente e del futuro come una declinazione temporale del nostro muoverci nel mondo.

Le opere di Michael Snow alla GAM di Torino.

 A questo tipo di elaborazione molto stratificata è stato  affiancato un libro – “Cover to Cover”  – analizzato (e strutturato) come se fosse una rappresentazione del nostro modo di pensare. Questa “fratellanza” tra generi artistici così differenti  è nata grazie a un punto di contatto tra loro: sia il video sia il libro sono prodotti che hanno una dimensione temporale data dalla sequenza di immagini. Solo che, mentre nel video abbiamo i fotogrammi che vanno a formare una sequenza, nel libro è presente una legge fondamentale, una legge spaziale, quasi scultorea, cioè il fatto che questa successione di immagini avviene per pagine, dove ogni pagina è uno strato sottilissimo, reale, ben presente nel nostro mondo, ma composto da due facce: un fronte e un retro; perciò Snow, da buon artista concettuale, ci ha raccontato la realtà fotografandone e rappresentandone contemporaneamente il lato  A e il lato B, il sopra e il sotto, il davanti e il retro, il lato destro e il lato sinistro… Stando così le cose, è chiaro che anche la composizione del libro debba rispettare questa bidimensionalità dello sguardo, questa polarizzazione visuale; proprio per questo motivo, ad un certo punto, sfogliando il libro, ci si accorgerà che le immagini ruotano di 180 gradi… E per sottolineare il cambiamento, Elena Volpato – con l’aiuto della graphic designer Chiara Costa -  ha inserito un  segno che suggerisca di ruotare il libro stesso. Capovolgendo il volume si capovolge il mondo e, una volta arrivati alla quarta di copertina,  si è spinti a rifare l’esperienza di “lettura”, sfogliando il libro al contrario…

Da sx: Riccardo Passoni, Elena Volpato, Luisa Papotti e Massimo Broccio.

A tutto questo, però, devo aggiungere un’informazione: il filmato non è privo di sonoro. Lo zoom della macchina da presa è infatti sottolineato da un suono elettronico “sinusoidale” che va in crescendo e che funge da sfondo (pur essendo tutt’altro che marginale) di un avvicendarsi di figure umane in trasparenza. Sembrano ombre sullo schermo, ma sono ugualmente in grado di catturare l’attenzione e la curiosità dello spettatore.

Se siete arrivati fin qui, ma volete saperne di più, posso raccontarvi ancora qualcosa sulle opere di Michael Snow…

Prima di andare a visitare una mostra ho l’abitudine di informarmi e di studiare l’artista (o gli artisti), le sue (o le loro) opere e i contesti di riferimento (storico, sociale, culturale, ecc.)  in cui quell’artista o quegli artisti si inseriscono. Ho adottato questa “strategia” anche per andare a vedere l’operato di Snow e ho trovato molto materiale su cui lavorare. Proprio a partire da un video in cui viene sfogliata una copia di “Cover to Cover” del ’75 ho avuto l’impressione che il soggetto diventasse oggetto e viceversa; e poi, che l’obiettivo stesso diventasse soggetto e che il soggetto si facesse obiettivo; e ancora, che lo spettatore – ad un certo punto – assumesse il ruolo di obiettivo. L’osservatore che diventa l’osservato e viceversa, insomma. Chi entra e chi esce sono la stessa persona, la quale è immortalata nello stesso istante in cui entra e in cui esce. Come in un “corto circuito temporale”. Spazio e tempo sembrano essere “tutto e sempre”, cioè contemporaneamente e ovunque. Punti di vista diversi si fondono nello stesso fotogramma (o sulla stessa pagina), così da unire tutti i “quando” e tutti i “dove”.

 Ho riscontrato una “sineddoche visiva” attraverso il dettaglio che diventa il tutto (la mano con l’anello che diventa l’uomo con l’anello).

Guardando “La Région Centrale”…

 La rotazione dell’inquadratura, il suo capovolgimento, mi ha inizialmente disorientata, ma poi è sopraggiunta una strana intuizione che mi ha portata a pensare la “visione circolare” come la possibile rappresentazione della ciclicità della vita e della Natura. Ero ferma eppure mi muovevo ruotando su un perno fisso mi conferiva la capacità di esplorare spazio e tempo in un modo nuovo.

Ascoltando “Falling Starts Beginning”…

Come ne “La Région Centrale” anche qui c’è una sorta di “circolarità”, resa però attraverso i suoni anziché attraverso le immagini. Un crescendo di note anche qui, come nel filmato esposto alla GAM, mi hanno dato l’impressione di muovermi, di salire, in questo caso. Poi c’è un fruscio che sembra pioggia e che mi ha ricordato il termine “orizzontalità”, il quale mi suggeriva il contrasto con la “verticalità” delle note di tonalità crescente suonate al pianoforte.

Con le sue opere sperimentali, Michael Snow è riuscito senza dubbio a proiettare su schermo e su carta la complessità del pensiero umano, rendendo giustizia al funzionamento “multifocale” del nostro cervello. Ogni fotogramma è un mondo intero di informazioni, un dialogo tra neuroni, un sodalizio di sensi. In poche parole, Snow è riuscito a creare una sorta di manifesto dell’Arte Concettuale. Sono stupita, ecco tutto.

 

 

 

 

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