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LA BELLEZZA

venerdì 23 settembre 2016

PIRANDELLO AL TEMPO DEI MEDIA




Con l’avvento della tecnologia abbiamo assistito alla creazione di un panorama mediatico chiamato informatizzazione. Nel corso degli anni, però – al contrario  di ciò che si potrebbe pensare -   è cambiata non tanto la tecnologia in sé quanto lo scopo per cui si tenta di farla progredire a ritmi incessanti e in tempi brevissimi. La tecnologia è passata, infatti, dall’essere stata adottata e riadattata per semplificarci la vita all’essere sfruttata – più che messa al servizio – per permetterci di soddisfare bisogni tipici dell’era moderna quali, ad esempio, la curiosità e la ricerca di consensi e attenzione. In realtà il fenomeno della curiosità c’è sempre stato, ma  si è evoluto anch’esso assieme all’uomo, partendo da  quel tipo di curiosità tesa all’elevazione della coscienza e della conoscenza di sé e del “tutto” fino ad arrivare ad un genere di curiosità dai tratti palesemente morbosi. A tale scopo facciamo un uso spropositato dei più famosi Social Networks. All’inizio anche Facebook era nato per avvicinare e ri-avvicinare le persone, mentre ora questo strumento tanto solidale un tempo - ma pur sempre potente - è stato piegato alle bassezze della quotidianità. E così Facebook ha assunto molteplici valenze diventando la vetrina in cui esporre la nostra identità o ciò che crediamo sia la nostra identità. Il punto cruciale è proprio questo: chi è rappresentato realmente in ogni profilo pubblicato sui Social? Se ponessimo tale domanda al celeberrimo Luigi Pirandello, avremmo come risposta: “Uno, nessuno e centomila”; Pirandello sarebbe portato a considerare la bacheca di ogni singolo utente iscritto a Facebook, o a qualsiasi altro Social, come una maschera. Ognuno di noi è, infatti, la personificazione di qualcun altro; ognuno di noi recita un ruolo a seconda delle circostanze, delle esigenze, delle persone con cui vuole o deve interagire, o a seconda dell’effetto che vuole sortire. Quando andiamo a lavoro indossiamo la maschera dell’impiegato modello, quando siamo a casa mettiamo quella della casalinga perfetta, per uscire con gli amici ne mettiamo un’altra ancora, e così via. Allo stesso modo, per compilare il nostro profilo, pubblichiamo cose che forniscono un’immagine di come vorremmo essere o, nei casi più gravi, di come gli altri vorrebbero che fossimo. In ogni caso, quel profilo non racconta alcunché di noi né di come siamo fatti veramente. Siamo addirittura convinti che ciò che enunciamo nei post sia ciò che pensiamo davvero, ma non ci accorgiamo di scrivere solo quello che pensiamo otterrà un maggiore indice di gradimento. Tutta la nostra vita ruota attorno al numero di like. Pochi pollici in su e ci sentiamo perduti, smarriti messi in disparte. Scattano, dunque, subdoli meccanismi di difesa degni di un Vitangelo Moscarda dei giorni nostri. Attacchiamo gli altri per innalzare noi stessi e ci eleviamo abbassando il piedistallo, già fragile, su cui gli altri poggiano. E’ semplice far vacillare delle credenze dal basamento instabile, e dal bullismo fisico a quello morale il passo è breve. E’ questione di attimi smontare delle identità quando queste ultime non hanno radici solide, non sono saldamente ancorate a qualcosa. Ad ogni profilo creato corrisponde la distruzione della vera personalità di quell’individuo. Ogni foto in posa ritrae una di quelle famose maschere pirandelliane citate sopra; da quella che dice: “Io c’ero!”, passando per quella che urla: “Io ho fatto questo!”, fino ad arrivare a quella fatta tanto per avere qualcosa da pubblicare. Far parlare di sé o dire la propria su qualsiasi argomento – tanto meglio se si sa poco su di esso – inonda l’universo telematico di false informazioni, instilla credenze fuorvianti, pianta i semi dell'insicurezza patologica e accresce la massificazione, l’appiattimento e l’omologazione delle menti. L’involuzione è già iniziata e se ne notano gli effetti: teste chine su uno schermo, occhi inebetiti e calore umano soppresso e soppiantato dal costante scambio di file multimediali come unica forma di comunicazione. Gli stati d’animo si esprimono attraverso gli smile, gli emoticon, ci si nasconde dietro pseudonimi, si elevano tablet a barriere per il terrore di “contagiarsi” con le emozioni, di “sporcarsi” con troppa umanità. Se vogliamo sapere cosa sta facendo il vicino di casa o di scrivania, basta consultare “l’Oracolo di Cellulandia” e ogni mistero sarà svelato, ma guai a bussare a una porta o ad alzare lo sguardo! Così, oltre ad aver indossato delle maschere, abbiamo anche relegato in un angolo le relazioni interpersonali.
Fieri di come vanno le cose e inebriati dal potere che i media ci danno, non ci siamo ancora posti una domanda fondamentale: “E se i media sparissero domani?”.

UNA SCUOLA CHE NON FA SCUOLA



I libri sotto braccio
lo spago come laccio
con penna e calamaio,
di scarpe un solo paio.
Maestro solo uno
in cattedra a insegnare,
fornito di bacchetta
pei palmi da arrossare.
Leggere, scrivere
e fare bene i conti:
quel  che per vivere
getta sani ponti.
Storia e geografia
per contemplare il mondo
e la calligrafia
per “o” a tutto tondo.
Adesso professori
a iosa ce ne sono,
ma i classici valori
insegna più nessuno.
Rispetto e cortesia
han già lasciato i posti
a Legge, Economia
o a chimici composti.
Son tante le nozioni,
ma pochi i contenuti
che lascian le lezioni
e i libri più “evoluti”.
L’algebra ti insegnano,
ma poi al supermercato
il resto ti consegnano
e… t’hanno già fregato.
La scuola che frequenti
ti insegna a non pensare
perché quando tu pensi
sei duro da imbrigliare.
Invece come pecore
ci allevano lì dentro
dettandoci le regole
per farci stare in centro;
in centro al loro piano
di rigidi controlli
di quello che facciamo
perché non si decolli.
Che razza di istruzione
ci danno a scuola oggi?
E’ come una prigione
per menti eccelse e saggi.
Ti ingabbiano e ti uccidono
la personalità;
ti legano e ti negano
ogni possibilità
di crescita, espansione,
di originalità.

LA TECNOLOGIA




C’erano una volta i segnali di fumo:
li mandavan  gli indiani
per avvertire qualcuno.
Ora il telefono squilla perenne
neanche più in bagno
puoi restare indenne.
Messaggi, chiamate, squillini e sonate
per cose importanti
o per stupidate.
Nelle borsette o in palmi sudati
siamo più schiavi
che negli anni passati.
Le tasche ci vibrano e siamo già pronti
a dare risposta
a chiunque ci conti.
Gli occhi puntati sempre giù, in basso,
a fissare uno schermo
anche se siamo a spasso.
Selfie su selfie, foto e filmati
da condivider
con tutti gli stati.
Amici virtuali che non conosciamo
commentano, criticano
e noi ribattiamo.
Violiamo la privacy giorno per giorno
di amici e parenti
e di chi ci sta attorno.
Siamo sempre connessi con tutti e con tutto,
ma siamo più soli
e con l’animo brutto.
A volte chattiamo col nostro vicino,
ma di persona
non ci parliamo.
Tutte le info a portata di dito
tanto che senza
ti senti smarrito.
Non siamo più in grado di fare un bel niente:
se la tecnologia
non è qui presente.
Vocabolario? C’è Wikipedia!
Sfogliare la carta
infatti ci tedia.
Il Tuttocittà? C’è il navigatore!
E senza di quello
ti attacchi… al motore!
Lettere in posta? Ti mando una e-mail!
Ormai sembra quasi
come la Breil:
puoi togliermi tutto,
ma non togliermi lei!!!

domenica 18 settembre 2016

Igiaba Scego a Torino

Ieri (sabato 17 settembre) ho avuto il piacere e l'onore di assistere alla presentazione del libro di Igiaba Scego, intitolato "Adua"; presentazione che ha avuto luogo nell'Aula Magna della Cavallerizza Reale in via Giuseppe Verdi, 9 a Torino. La scrittrice è stata ospite del festival culturale "Alla tavola delle migranti", per parlare della condizione e delle esperienze di vita di coloro che arrivano oggi o sono arrivati molti anni fa nel nostro Paese.
"Alla tavola delle migranti" è stato, infatti, "il primo festival sulle ecologie migranti, una manifestazione pensata per coinvolgere l'intera cittadinanza e sensibilizzare ai temi delle culture migranti, della biodiversità culturale, del rispetto dell'ambiente e delle sue risorse in un'ottica di condivisione e cambiamento. Il festival è parte di un più ampio progetto di ricerca dell'Università degli Studi di Torino realizzato con il sostegno della Compagnia di San Paolo, che si propone di esplorare le interconnessioni tra cibo e ambiente naturale e le loro rappresentazioni artistiche nazionali."
La stessa Scego, introdotta dall'esperta di studi della migrazione Alessandra Di Maio, ha toccato temi caldi e di grande spessore avvalendosi di una spiccata ironia e di un'innata sensibilità.
Il cibo utilizzato come mezzo strategico per avvicinare e accomunare popoli e persone tanto diverse quanto simili; un modo per presentare culture e nazioni. Il cibo come protagonista indiscusso dell'integrazione culturale. Un tramite per conoscere e per farsi conoscere.
Il dramma delle "seconde generazioni", cioè di coloro che sono - sì - stranieri, ma nati in Italia; di coloro che sono italiani esattamente quanto gli italiani stessi, ma che burocraticamente e agli occhi dei più, non lo sono mai completamente. Allo stesso tempo, il dramma di coloro che sbarcano oggi sulle nostre coste e che cercano accoglienza qui da noi, ma che - invece - trovano diffifoltà e diffidenza e non riescono a integrarsi.
L'unione di tutte queste tematiche è presente all'interno di "Adua", romanzo edito dalla Giunti, che parla di una donna alla ricerca di sè e della propria identità culturale divisa tra la Somalia e l'Italia.
"Adua è oggi una donna matura e vive a Roma da quando ha diciassette anni.
E' una Vecchia Lira, così i nuovi immigrati chiamano le donne giunte in Italia durante la diaspora somala degli anni Settanta. Ha da poco sposato un giovane richiedente asilo sbarcato a Lampedusa e ha con lui un rapporto ambiguo, complicato. Non a caso lo chiama sempre Titanic, lo fa per rimarcare una differenza e forse per ferirlo un pò. Adua è confusa e a un bivio della sua vita. Medita di tornare in Somalia, paese che non ha più rivisto dallo scoppio della guerra civile. Ormai è sola a Roma, la sua amica Lul è già rientrata in patria. Per questo confida i suoi tormenti alla statua dell'elefantino del Bernini che regge l'obelisco in piazza Santa Maria sopra Minerva. Pian piano racconta a questo amico di marmo la sua storia: figlia di Zoppe, ultimo discendente di una famiglia di indovini, il padre lavorava come interprete durante il regime fascista. Negli anni Trenta Zoppe baratterà involontariamente la sua libertà  con la libertà del suo popolo. Adua, fuggita dai rigori paterni e dalla dittatura comunista, approda a Roma inseguendo il miraggio del cinema. Purtroppo l'unico film da lei interpretato, un porno soft dal titolo Femina Somala, sarà fonte solo di umiliazione e vergogna. E solo adesso che il suo Titanic sta per partire, Adua si rende conto di essere pronta a riprendere in mano la sua vita.
Romanzo a due voci, quella di un padre e di una figlia, Adua indaga il loro rapporto impossibile e lo fa seguendo tutte le loro luci e le loro ombre. Ma alla fine Adua è soprattutto il racconto di un sogno, quello della libertà che ha consumato in modo diverso e in tempi diversi le vite di entrambi."
Ed ecco spuntare fuori un altro tema, quello dei ruoli, che non è semplicemente di contorno, ma permea una buona parte di questo romanzo. A causa delle discriminazioni razziali e degli intramontabili stereotipi legati alla nazionalità, molti stranieri si sono trovati e si trovano ancora oggi a dover fare i conti con ruoli degradanti e sempre uguali anche al cinema. Sembra quasi che determinate popolazioni "ispirino" ruoli cinematografici come quello della prostituta, dello spacciatore, del malvivente, del clandestino o del tossico. E' necessario battersi contro queste ridicolizzazioni sussistenti che sottovalutano, anzi, svalutano gli individui.
E' triste sapere di avere per le mani una grande ricchezza dovuta alla presenza di diverse civiltà con il loro patrimonio artistico, con il loro bagaglio culturale, esperienziale, di usi, costumi e tradizioni e lasciarsela sfuggire così, senza fornirle la possibilità di integrazione. L'interculturalità è ancora un mito.
Adua è sola, talmente sola che si ritrova a parlare con una statua. Sradicata dalla sua terra e trapiantata senza successo in un'altra, è comprensibile il suo disagio: nè somala, nè italiana.
Il Colonialismo ha avuto effetti che si riverberano ancora oggi sulle popolazioni coinvolte. Adua è una delle "vittime", ma non è l'unica protagonista di questa storia. Gli altri grandi personaggi più o meno silenziosi sono sicuramente Zoppe (il padre di Adua), il giovane Titanic e la città di Roma. Sì, anche Roma è protagonista in questa storia così come lo è Magalo (città di nascita di Adua, nella Somalia meridionale). E' stato il Colonialismo a dar vita al fenomeno della migrazione, ma di sicuro si sta facendo poco per arginarne quelle che sono le conseguenze negative.

MELODIE MIGRANTI


Io sono arrivata un pò prima del previsto alla presentazione di Igiaba Scego e ho avuto la straordinaria occasione di assistere ad un'esibizione musicale stupenda che ha coinvolto attivamente anche gli spettatori. I protagonisti di queste MELODIE MIGRANTI sono stati Saba ANGLANA, Cheickh FALL e Tatè NSONGAN. Qui sotto le foto:

Consigli di lettura per il tipo "D"

In tanti, dopo aver eseguito il "Test a Test", mi hanno suggerito di stilare una lista di consigli di lettura per ogni tipologia di lettore. Ho trovato il suggerimento molto stuzzicante e ho deciso di dargli corpo. Ho stilato quindi 4 liste librose (una per categoria) basandomi su letture che io personalmente ho fatto (non oserei consigliarvi autori o libri che magari sono famosi, ma che non ho letto personalmente e di cui - quindi - non so darvi indicazioni precise). Correderò ogni consiglio con la trama, l'incipit o la quarta di copertina o comunque vi lascerò piccoli stralci e citazioni tratte dal libro in questione. Se vi interessa avere recensioni più specifiche di qualcuno di questi titoli in particolare, lasciatemi le vostre richieste nei commenti: provvederò a recensire ciò che vi farà più piacere. Per comodità mia (di redazione) e vostra (di lettura), ho deciso di suddividere le 4 categorie in 4 distinti post: in questo modo troverete con più immediatezza e facilità i consigli di lettura che fanno per voi. I post verranno pubblicati scaglionati perciò state "in campana", amici!
Veniamo, dunque, alla pratica.
  
A te che sei "D", consiglio in prevalenza libri di racconti. Data l'esuberanza e, allo stesso tempo, l'incostanza con cui ti approcci alla lettura ti serve qualcosa che ti tenga incollato alla poltrona. A te servono racconti e storie incisive, che lascino il segno dentro di te e che ti spingano a portare a termine le tue letture. I racconti sono un espediente modello "caramella" che ti può facilitare il compito di leggere: così come le caramelle sono una tira l'altra, anche i racconti ti spingono a leggerli uno dietro l'altro.


-"Il cimitero senza lapidi e altre storie nere" di Neil Gaiman. Oscar Mondadori.
GENERE: racconti gotici/noir.
"...POI MI GETTARONO NELLA FOSSA DEI PERDUTI, SENZA NESSUNA LAPIDE A INDICARE IL MIO NOME..."
"Nobody Owens cade dal melo ai confini del cimitero, nel terreno sconsacrato dove sono sepolti i malvagi, e decide di donare una lapide alla strega che lo soccorre.
Jack incontra un troll sotto il ponte della ferrovia e da quel momento la sua vita sarà legata a un terribile patto di morte.
Un nobile cavaliere trova il Santo Graa nel salotto di una vecchina che non ha alcuna intenzione di spostarlo dal suo grazioso caminetto.
Tra l'horror, il fantasy e il giallo hard boiled, undici perle inedite per rabbrividire e sorridere. Racconti che, come scrive lo stesso Gaiman, sono viaggi fino all'estremo opposto dell'universo che puoi fare con la certezza di essere di ritorno per l'ora di cena."



-"La fattoria degli animali" di George Orwell. Oscar Mondadori.
GENERE: satira fantastico-politica.
 "Gli animali di una fattoria, stanchi dei continui soprusi degli esseri umani, decidono di ribellarsi e, dopo avere cacciato il proprietario, tentano di creare un nuovo ordine fondato sul concetto utopistico di uguaglianza. Ben presto, tuttavia, emerge tra loro una nuova classe di burocrati, i maiali, che con l'astuzia, la cupidigia e l'egoismo che li contraddistinguono si impongono in modo prepotente e tirannico sugli altri animali più docili e semplici d'animo. L'acuta satira orwelliana verso il totalitarismo è unita in questo apologo a una felicità inventiva e a un'energia stilistica che pongono La fattoria degli animali tra le opere più celebri della narrativa del Novecento." 
Per chi ha visto i film d'animazione "Galline in fuga" e Shaun, vita da pecora", li ricorda molto.






-"Il fu Mattia Pascal" di Luigi Pirandello. Oscar Mondadori.
Genere: commedia.
"Una delle poche, anzi forse la sola ch'io sapessi di certo era questa: che mi chiamavo Mattia Pascal. Ma anche la certezza del proprio nome dovrà svanire ben presto nella vita del bibliotecario Mattia Pascal. A lui il caso ha dato una clamorosa possibilità: rinascere, azzerare il proprio passato e ricominciare una nuova vita. Moglie, suocera e amici lo riconoscono nel cadavere di un suicida e lo credono morto. Ricco, grazie a una vincita al gioco, può rifarsi una nuova vita e inventarsi il ruolo di Adriano Meis. Ma la libertà non appena acquisita è in realtà una ferrea prigione: non è nessuno, nn esiste, è un forestiere della vita. Nemmeno l'amore che prova per la dolce Adriana può aiutarlo (come può sposarsi?). L'unica soluzione è morire di nuovo: uccidere Adriano e far rinascere Mattia. La sua nuova identità ora è quella del fu Mattia Pascal: un morto-vivo che non può riprendere la vita di prima (la moglie si è risposata) e a cui non resta che ritornare bibliotecario in un paese dove nessuno legge e andare di tanto in tanto a far visita alla propria tomba. Il romanzo, pubblicato nel 1904, scandagliam, anche umoristicamente, la realtà piccolo-borghese ed evidenzia l'impossibilità per l'uomo di essere totalmente artefice del proprio destino."



-"Potrei farci pipì. E altre poesie scritte da gatti" di Francesco Marciuliano.  Il Castoro Editore.
GENERE: poesia.
"A volte MIAO non è sufficiente a esprimere il pensiero di un gatto...
In questo libro troverete le migliori poesie scritte dai gatti per rivelare il loro più profondo sentire, i loro più autentici desideri e la loro unica e irresistibile visione del mondo. Preparatevi a scoprire molte verità!"




-"Il bar sotto il mare" di Stefano Benni. Edizioni Feltrinelli.
GENERE: racconti fantastici.
Trovate la mia recensione su questo blog, nella pagina LE MIE RECENSIONI.







-"La morte a Venezia" ,
 "Tonio Krӧger" e "Tristano" di Thomas Mann. Edizioni Feltrinelli.
GENERE: novelle (o romanzi brevi) .
"Sono qui riunite le tre lunghe novelle - o romanzi brevi - comunemente annoverate tra le opere migliori di Mann. 
In La morte a Venezia (1913) è narrata la storia di una passione senile dello sccrittore Aschenbach, sullo sfondo s'annuncia il colera: su quello sfondo morboso ed enigmatico la passione si chiarisce e si esalta, fino al crollo totalle del tipico eroe manniano, travagliato dalla lotta incessante fra l'aspirazione eroica della perfezione e dell'autodisciplina e il decadentistico amore dell'irregolare e del dissoluto.
Tristano è del 1903: torna come nei Buddenbrook, la musica wagneriana a motivo conduttore di un processo di dissoluzione fisica e spirituale.
Tonio Krӧger, pure del 1903, è opera propriamente autobiografica. Il motivo dell'acuta nostalgia di un'adolescenza irrimediabilmente lontana, di una vita semplice e felice, vi è espresso in pagine bellissime alle quali si alternano altre mirabili pagine di critica dell'arte."
 
 
 
 
-"Il giovane Holden" di J. D. Salinger. Ed. Einaudi.
 GENERE: narrativa.
"Non ho nessuna voglia di mettermi a raccontare tutta la mia dannata autobiografia e compagnia bella. Vi racconterò soltanto le cose da matti che mi sono capitate verso Natale, prima di ridurmi così a terra da dovermene venire qui a grattarmi la pancia. Niente di più di quel che ho raccontato a D. B. , con tutto che lui è mio fratello e quel che segue. Sta a Hollywood, lui. Non è poi tanto lontano da questo lurido buco. e viene qui a trovarmi praticamente ogni fine settimana. Mi accompagnerà a casa in macchina quando ci andrò il mese prossimo, chi sa. Ha appena preso una Jaguar. Uno di quei gingilli inglesi che arrivano sui trecento all'ora. Gli è costata uno scherzetto come quattromila sacchi o giù di lì. E' pieno di soldi, adesso. Mica come prima. Era soltanto uno scrittore in piena regola, quando stava a casa."
 




-"Il Gattopardo" di Giuseppe Tomasi Di Lampedusa. Feltrinelli.
GENERE: classico storico.
"Siamo in Sicilia, all'epoca del tramonto borbonico. E' di scena una famiglia della più alta aristocrazia isolana, colta nel momento rivelatore del trapasso del regime, mentre già incalzano i tempi nuovi. Accentrato quasi interamente intorno a un solo personaggio, il principe Fabrizio Salina, lirico e critico insieme, il romanzo nulla concede all'intreccio e al romanzesco tanto cari a tutta la narrativa europea del dell'Ottocento. L'immagine della Sicilia che invece ci offre è un'immagine viva, animata da uno spirito alacre e modernissimo, ampiamente consapevole della problematica storica, politica e letteraria contemporanea. 
Tradotto in tutte le lingue, Il Gattopardo è ormai  un classico della nostra letteratura. L'edizione è conforme al manoscritto del 1957."





-"La locandiera" di Carlo Goldoni. Oscar Mondadori.
GENERE: commedia teatrale.
"Andata er la prima volta in scena sul palcoscenico del teatro Sant'Angelo a Venezia nel 1753, La locandiera piacque subito molto anche se forse non riuscì proprio ad affascinare il pubblico del tempo. Originale, spiazzante, tutta giocata su una storia d'amoreche non si sviluppa secondo i soliti schemi ma anzi li rovescia in un gioco di imprevisti, la commedia di Goldoni era probabilmente troppo moderna, troppo audace, per la sua epoca. Più che una vicenda sentimentale il commediografo veneziano aveva scritto infatti una storia sull'egoismo e sulla forza di carattere, magnificamente rappresentati nella seducente e sicura Mirandolina, civetta e donna d'affari, indimenticabile e luminoso esempio di un eterno femminino davanti al quale devono crollare tutte le difese degli uomini, anche (e soprattutto) di quelli che fanno sfoggio di una esasperata misoginia."





-"Controcorrente" di Joris-Karl Huysmans. Garzanti.
GENERE: classici della narrativa.
 "Quella musica lo penetrava di brividi sino alle ossa; per essa gli rifluiva in cuore - nel cuore stupito di contenere tanta confusa angoscia, tanto confuso dolore - un'infinità di sofferenze scordate, d'antiche malinconia senza causa.
Quella musica di desolazione, che gridava dal più profondo dell'anima, lo terrificava ammaliandolo."
 
 
 
 Ne avrei una montagna da consigliarvi; una montagna per ogni gusto, genere, occasione o tipologia di lettore. Per adesso, vi segnalo questi titoli, in seguito ne arriveranno sicuramente altri. Ho in preparazione anche un pò di consigli letterari per i più piccini: fatemi sapere se vi piacerebbe un post con le letture dedicate ai bambini, mi raccomando! Vi aspetto alla prossima, un abbraccio, Mela.