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LA BELLEZZA

giovedì 24 novembre 2016

"Bibbia pagana" di Giorgio Dell'Arti. Edizioni Clichy.



Ho riflettuto a lungo,  sia mentre leggevo questo libro, sia una volta terminata la lettura, su come impostare una recensione che rendesse giustizia a quello che io ho considerato un vero e proprio capolavoro. Questo romanzo ha un valore altissimo non solo perché è un esperimento letterario ben riuscito, ma anche e soprattutto perché – oltre ad aver sviluppato un’idea innovativa in maniera eccellente – l’autore ha corredato la narrazione di un linguaggio che attira e accompagna l’attenzione e l’interesse del lettore da una pagina all’altra. L’innovazione risiede nel fatto che Dell’Arti[1] ti induce a vedere le cose sotto una prospettiva di continuità temporale. Intendo dire che siamo sempre stati abituati a considerare i Miti dell’Olimpo e le storie degli Dei, dei Titani e degli eroi leggendari come realtà separate l’una dall’altra, come scatole cinesi o camere a sé stanti. Il vaso di Pandora, il furto del fuoco, il potere di Medusa, la vita di Eracle (Ercole), Re Mida, il vello d’oro erano stipate ognuna dentro una scatola diversa e mai, prima d’ora, erano state unite. La maestria di Dell’Arti è stata quella di sostituire questa ormai consolidata indipendenza con un filo conduttore. Partito in medias res, ha poi ripreso mito per mito, dipanando una intricata matassa di proporzioni – lasciatemelo dire – mitiche, per donare finalmente un continuum alle vicende con un inizio, uno sviluppo e una fine; una fine che fine non è, perché sappiamo bene che dopo la fuga di Paride ed Elena (evento con il quale termina questo romanzo) le vicende han proseguito il loro corso. L’innovazione letteraria – come dicevo – è solo il primo di due grandi elementi a favore di questo romanzo: l’altro è il linguaggio. Chi si approcciasse alla lettura di questo libro con superficialità e leggerezza (errore non del tutto biasimabile data la scorrevolezza del testo), noterà solo che alcuni tratti risultano più volgari di altri per terminologia. Chi si accostasse, invece, con un occhio maggiormente critico a queste pagine, si accorgerebbe del fine ultimo più elevato di questa scrittura alternativamente cruda e delicata. Lo scopo è quello di presentare le vicende senza veli, senza tabù e senza restrizioni di alcun genere. Tutto questo conferisce al romanzo una resa limpida e moderna, scorrevole e immediata, anche aiutata da capitoli brevi e da un’impaginazione di comoda lettura. Geniale. Così come geniale è il modo in cui ci vengono presentati gli Dei, ossia non come entità astratte e irraggiungibili, bensì come personaggi dotati di corpo, di anima e di forma, nonché di una mentalità molto simile a quella degli esseri umani. Ogni Dio è caratterizzato dai propri vizi e dalle proprie virtù; ogni Dio, così come ogni Dea, possiede desideri e bisogni pari a quelli dell’uomo; capricci e scaramucce si alternano ad amori fulminei e conseguenti tradimenti; e questo porta a invidie, a gelosie e a ulteriori rancori, i quali portano, a loro volta, a guerre a suon di spade, carestie ed epidemie. Uomini e Dei si mescolano tra loro; mortali ed immortali convivono, lottano e si amano. Violenza e sangue a fiumi incontrano amore, passione e tenerezza. Tutto questo non è solo incalzante ed avvincente - tanto che al lettore sembrerà di leggere  una storia nuova sebbene antichissima – ma anche esilarante. Lo stile ironico e pungente rende divertente la lettura di questo che è, a tratti, anche un romanzo erotico.
Ci troviamo catapultati di fronte a divinità dai poteri straordinari che però non sanno affrontare sentimenti antichi quanto lo sono loro come la rabbia o le pulsioni sessuali. Dei umanizzati, indistinguibili da noi comuni mortali. Perdono e compassione si mescolano a intransigenza e testardaggine. Irritante e commovente, dolce  e amaro.
Piccoli accostamenti all’Antico Testamento sono visibili anche in questa che è, a tutti gli effetti, una Bibbia pagana. Mito della Creazione, diluvio universale, sacrifici umani e animali, riti propiziatori, morti e resurrezioni miracolose, cose che ci mostrano quanto sia sottile il confine tra religione e paganesimo, tra Fede e superstizione.
Un romanzo completo, ricco e straordinario. Da leggere assolutamente e da tenere in casa come testo di consultazione per professori e studenti, oltre che come ottima opera di intrattenimento.


[1] Giorgio Dell’Arti (Catania, 4 settembre 1945), giornalista e conduttore radiofonico, è, con Bibbia pagana alla sua quarta prova letteraria dopo Il giorno prima del Sessantotto (Mondadori 1987 e poi Marsilio 2008), Coro degli assassini e dei morti ammazzati (Marsilio 2004) e I Nuovi Venuti (Clichy 2014). Per le edizioni Clichy ha già pubblicato un libro su papa Francesco (Non abbiate paura della tenerezza, 2013), una selezione delle Note Azzurre di Carlo Dossi (Corruzioni, 2015) e un libro su Alberto Moravia (Moravia. Sono vivo, sono morto, 2015).
 


martedì 22 novembre 2016

"Albert Einstein. La sua fisica, i suoi sogni." A cura di Salvatore Califano. Edizioni Clichy, collana Sorbonne.



Poco o nulla da dire su Albert Einstein, ma molto su questa  biografia a cura di Salvatore Califano[1]  ed edita dalla Clichy. Intanto, la cosa che salta subito all’occhio sfogliandolo, è la netta divisione interna in tre parti: la prima parte è dedicata alla biografia “nuda e cruda” (a data corrisponde avvenimento); la seconda parte è la ripresa e l’ampliamento della prima, punto per punto; la terza parte, infine, è dedicata ad un album fotografico corredato da citazioni, pensieri, lettere e persino dal testamento spirituale di Albert Einstein. Vado per ordine a svilupparvi la mia “recensione” (ossia – sempre e solo – il mio pensiero).
La biografia è schematica, regolare, lineare (in ordine cronologico) e lo si vede anche da una chiara impaginazione tipografica. Sono ivi presenti i dati essenziali della vita dello scienziato per poter dar spazio anche alle altre due divisioni del libro.  La parte centrale della biografia è, come ho già detto, l’ampliamento della prima parte. E’ stata curata da Salvatore Califano ed è nata con lo scopo di chiarificare in che modo Einstein sia arrivato a formulare la Teoria della Relatività che lo portò al Nobel del 1921. E’ una esemplificazione delle sue scoperte, delle sue teorie, delle sue formule ideata per i “non addetti ai lavori”, per chi è “profano” della materia e per chi, come me, non è molto ferrato in matematica e fisica, ma è anche un pretesto per mostrare ai lettori il lato umano di Einstein. Insomma, la seconda parte è quella che io ho definito “guida al genio della normalità”. La terza ed ultima parte è il coronamento di questa evoluzione biografica/letteraria. Sì, perché io ho interpretato  questa biografia come una escalation, come un climax ascendente di “umanizzazione” di un personaggio che, prima che un uomo, è sempre stato considerato uno scienziato, un genio. E, senza dubbio, lo è, ma qui si vuole esaltare un lato che è stato preso sempre troppo poco in considerazione.
Veniamo  - però – a ciò che non mi ha convinta e andiamo – ancora una volta – per ordine.
Sicuramente è solo una mia pretesa, ma mi sarei aspettata un’indagine più a tuttotondo di Einstein; avrei voluto potermi addentrare maggiormente nei meandri della sua vita per poi uscirne come se lo avessi conosciuto personalmente, mentre ho trovato la biografia un tantino fredda e forse anche un po’ scarna. Veloce, anche un po’ sbrigativa, ma – a onor del vero – mirata, e per mirata io intendo che è stato mantenuto il focus su Albert: anche quando l’autore si lancia in brevi “peregrinazioni narrative”, lo fa sempre in funzione di Einstein, in relazione alla sua vita e alle sue vicende. Niente divagazioni, insomma. Non dilungarsi in maniera eccessiva nei dettagli e nelle inezie, può essere un pregio, ma in questo caso avrei desiderato più informazioni. Torno a ripetere: si tratta di un mio desiderio… Se vogliamo, il bello di questo libro è che è di facile consultazione: la suddivisione, la brevità e l’impaginazione lo rendono immediato e – passatemi il termine – “scattante”.
Pensavo che la seconda parte sarebbe andata a compensare ciò che mi era mancato nella prima, ma ho notato che Califano riprendeva, punto per punto, le informazioni a carattere scientifico citate nella biografia e le andava sviluppando. L’intento era quello di rendere comprensibile una materia ostica ai più, ma io, personalmente, ne sono rimasta più confusa, a dire il vero. Ho trovato la seconda parte alla stregua di un manuale, di un breve trattato di fisica e matematica, anche un po’ ripetitivo, in taluni punti. Avrei voluto conoscere Albert Einstein, l’uomo, il personaggio che si cela dietro la Teoria della Relatività, non i tecnicismi scientifici propri di un bignami scolastico. D’altronde il sottotitolo recita: “La sua fisica, i suoi sogni”. Bene, “la sua fisica” l’ho trovata, “i suoi sogni” un po’ meno… ma credo che la mia ignoranza plateale in fisica abbia influito non poco su questo giudizio…
L’ultima parte, devo dire, mi ha dato – invece – immense soddisfazioni. Vi ho trovato una sorta di “breviario”, di diario umano. Posso affermare con certezza che era proprio ciò che desideravo trovare in questa biografia.
Quel che mi ha lasciata piuttosto perplessa è la superficialità con cui è stato trattato il tema della Seconda Guerra Mondiale, nello specifico, il coinvolgimento di Einstein in questo evento storico così importante e drammatico. Mi sarei aspettata un approfondimento più ampio di questo punto, ma purtroppo non l’ho trovato che alla fine, con il Testamento spirituale.
Nonostante tutto, lodevole è l’intento che con “Albert Einstein” si è cercato di portare a compimento, cioè quello di creare un libro completo: non solo una biografia di Einstein, ma anche la spiegazione del suo genio e della sua umanità. Le tre parti sono ben bilanciate tra loro e nessuna prevale sull’altra. L’archivio fotografico è davvero un bell’arricchimento delle informazioni scritte. La scelta delle frasi pronunciate dallo scienziato è stupenda e va a creare un repertorio di saggezza davvero sorprendente. Ogni frase è un gioiello da collezione e va a formare un concentrato di bellezza. Ebbene sì, la terza sezione ha compensato buona parte, se non tutte, le “manchevolezze” che ho riscontrato nelle prime due sezioni. “Manchevolezze” tra virgolette perché in realtà non manca nulla a questa biografia, ma poiché le mie recensioni sono solo delle impressioni, il senso di manchevolezza che ho provato leggendo è solo una sensazione, appunto, e non un vero e proprio giudizio critico. Così è e così sarà sempre. Ognuno ha i propri gusti, voi che ne dite?
Vi lascio con una chicca di questo uomo meraviglioso: “Il genio non è che la capacità di osservare la realtà da prospettive non ordinarie. Mentre una persona intelligente, quando riesce a trovare un ago in un pagliaio, si ferma soddisfatta, il genio continua a cercare per trovarne un secondo, un terzo ed eventualmente un quarto”.


[1] Salvatore Califano, napoletano, classe 1931, Professore Emerito di chimica fisica presso l’Università di Firenze, dove ha formato e diretto il laboratorio Europeo di Spettroscopie non lineari (lens), membro dell’Accademia Nazionale dei Lincei. Ha scritto numerosi articoli scientifici, è autore di Vibration states (1976) e, insieme a Vincenzo Schettino e Natale Leto, Lattice dynamics of molecular crystals (1981). Ha pubblicato in due volumi La storia della chimica (Bollati Boringhieri, 2010 e 2012), e La storia dell’alchimia (Firenze University Press, 2016).
 


"Racconti di fantasmi" di Daniel Defoe. Edizioni Clichy. Collana Père Lachaise.



C’è chi passa notti insonni dopo aver letto Stephen King, c’è chi rabbrividisce leggendo Neil Gaiman e poi ci sono io che rifletto dopo essermi dedicata alla lettura dei “Racconti di fantasmi” di Daniel Defoe (edito dalla Clichy), una raccolta di 14 racconti raccolti e tradotti per la prima volta in Italia che mi ha colpita molto per la particolarità delle tematiche e dello stile con cui esse sono state trattate. Partirei col dire che questa raccolta deriva dal diretto interesse personale di Defoe nei confronti del paranormale; tale interesse si può notare nella cura e nell’attenzione che l’autore stesso ha dedicato alla ricerca di informazioni, testimonianze, epistole e documenti inerenti il suddetto tema. E’ doveroso, per questo motivo, attribuirgli un merito particolare e riconoscergli il suo rispetto per le fonti citate e un innato talento diplomatico. Non troviamo, infatti, un autore che si schiera dalla parte di coloro che credono fermamente ai fantasmi, né un autore che ne esclude categoricamente l’esistenza, ma uno scrittore che porta agli occhi di chi legge una nutrita serie di “prove” affinché ognuno possa formulare una propria opinione. L’intento lodevole di questo libro è infatti quello di dimostrare che il confine tra ciò che è reale e ciò che crediamo sia reale è molto sottile e decisamente labile. A suffragare questa, che è come sempre solo e soltanto una mia impressione, c’è la varietà dei racconti qui raccolti, in alcuni dei quali possiamo trovare apparizioni frutto dell’immaginazione o dei rimorsi di coscienza del protagonista in questione; in altri racconti troviamo apparizioni frutto di abili messe in scena ordite da avidi ciarlatani  allo scopo di impressionare le loro vittime designate; in altri racconti ancora, al contrario, possiamo “gustarci” le testimonianze di quelli che sono realmente  eventi inspiegabili, o di quelle che sembrano apparizioni demoniache, di  fantasmi e  di spettri , testimonianze che derivano da persone di indubbia moralità e credibilità (secondo i canoni dell’autore) e, pertanto, presumibilmente vere.
Ritengo che questa raccolta abbia fornito a Defoe l’occasione perfetta per trattare alcuni argomenti piuttosto scottanti su cui l’uomo non ha ancora oggi smesso di discutere, vale a dire: il libero arbitrio, la presunta esistenza degli Angeli Custodi, l’incidenza del Destino e del Caso nella vita quotidiana, il valore dei Miracoli, il significato dei sogni,  e infine, ma non ultimo per importanza, il rapporto tra filosofia e scienza. Proprio di filosofia si trovano spesso riferimenti in alcuni racconti e anche su questo tema possiamo valutare la propensione dell’autore per le ricerche; ricerche che lo hanno portato a scavare a fondo nei grandi nomi dei filosofi del passato, quelli più antichi e, ancora oggi, tenuti in alta considerazione per il loro pensiero. Sono inoltre dell’idea che questi racconti forniscano non solo una valevole scusa per lanciarsi in dissertazioni  sulla presunta esistenza di entità benevole o meno nel nostro mondo, ma anche uno spunto per portarci a riflettere con più intensità e attenzione sulle azioni che noi tutti compiamo in vita: c’è da presupporre che, se davvero esistono entità come fantasmi, spettri e demoni, allora – al momento della nostra dipartita – subiremo un giudizio sulla condotta che abbiamo tenuto quando eravamo dei comuni mortali. Una delle caratteristiche che rendono particolare questo libro è, a questo proposito, il fatto che non risulta inquietante nel momento stesso in cui lo si legge, ma solo successivamente, cioè quando ci si trova a ripercorrere mentalmente le vicende narrate e a riflettere su di esse.
Defoe ci porta lentamente sulla scia di pensiero che vede la Divina Provvidenza come unica speranza di salvezza dell’uomo, come unico scudo contro le forze del male, così presenti e così pressanti nella nostra vita.
Nonostante sia ritenuto, a buon titolo, il padre del romanzo inglese, trovo che in questa raccolta abbia prevalso la sua natura di giornalista, quella dell’indagatore e dell’uomo curioso; mi è risultato semplice pensarla così dati anche alcuni cenni di denuncia lanciati ad alcune categorie sociali di vedute non troppo ampie. Un leitmotiv, un fil rouge che si insinua nelle “cuciture” di questa raccolta è, tra l’altro, il metodo deduttivo di Defoe, metodo che - ho riscontrato -  usano spesso persone come i giornalisti, gli uomini di Legge e le Autorità.
Ciò che ha rallentato un po’ la mia lettura è lo stile: la costruzione dei periodi, il costrutto delle frasi – a mio avviso – ricco e complesso mi hanno reso la lettura meno scorrevole del previsto nonostante alcuni racconti siano davvero piacevoli e scorrevoli per contenuto; ma dobbiamo anche considerare che la scrittura è quella del 1600-1700. Per spezzare una lancia a favore dello stile narrativo di Defoe, posso però dire che mi è piaciuta la sua tecnica di parlare direttamente al lettore: così facendo, quest’ultimo si sente maggiormente coinvolto e partecipe agli eventi narrati.
Un libro molto particolare, sicuramente non scontato e decisamente non banale. Lettura interessante, consigliata agli amanti del genere noir, ma anche a tutti coloro che si interessano di esperimenti letterari, nonché di storia della letteratura.


sabato 12 novembre 2016

"Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte" di Mark Haddon



Ciao a tutti. Dopo un lungo periodo di assenza (in cui, però, ho continuato a leggere molto), torno da voi con una nuova “recensione”. Perché le virgolette?
Perché, se seguite da un po’ il mio blog, avrete sicuramente capito che le mie non possono propriamente essere definite recensioni, ma sensazioni ed emozioni su carta… Ops, su web. Per cui vi lascio alle mie sensazioni. Buona lettura!


La Casa Editrice Einaudi ci propone “Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte” di Mark Haddon, con una meravigliosa ed illuminante prefazione dell’autore. Haddon  “ci fa cadere dal pero” – come si suol dire – mettendo in primo piano il fatto che tutti – ma proprio tutti – abbiamo problemi comportamentali. La storia di Christopher, un adolescente con la sindrome di Asperger, diventa inevitabilmente la nostra, quella di ogni lettore.
Questo libro vive su una convinzione: “Se vuoi sapere chi davvero uno sia, non devi far altro che chiederlo a lui”. Così nasce la storia di Christopher, personaggio di fantasia (ma non troppo) che si racconta da solo. La sua disabilità diventa la cosa più sana e razionale così che ogni lettore, ad un certo punto, si trova costretto a pensare:  “Anche io ho questa mania…non sono così tanto diverso da Christopher!”
Se sono d’accordo con il fatto che il modo per conoscere qualcuno sia chiederlo all’interessato? Ni Diplomatico – lo so – ma non linciatemi. Spesso ho notato che le persone non si autodefiniscono per ciò che sentono di essere perché si nascondono dietro ciò che gli altri dicono di loro. Perciò, altrettanto spesso, si adattano a quella definizione che è stata “appioppata” loro. Molti di noi sia adattano a ciò che gli altri vorrebbero che fossimo o a ciò che gli altri sostengono che siamo. E si dimenticano chi sono realmente. Christopher ha una visione di sé stesso che esula dal giudizio altrui. E’ critico, asettico e razionale. Forse un po’ troppo. Sì, forse è un po’ troppo lucido, voglio dire: se questo libro fosse davvero stato scritto da un ragazzino autistico, forse non sarebbe così critico e ragionato, lucido e dettagliato. Ma se questa caratteristica di Christopher si rivelasse davvero un “errore narrativo”, è anche vero che tale errore verrebbe smorzato dalla figura di Siobhan. Siobhan è una degli insegnanti di Christopher e il suo compito è spiegare come le persone – ritenute sane o normali – vedono e vivono il mondo.
Questo libro rappresenta il riscatto delle persone con disabilità perché tornano ad essere persone, individui e non numeri o nomi di patologie. Queste persone smettono di essere “etichettate” come “clienti” e si riprendono la loro dignità di esseri umani pensanti e senzienti.
Lo stile di questo romanzo è semplice, dinamico e scorrevole. L’incipit che lo apre è uno dei più belli che io abbia mai letto: semplice, diretto, incisivo e determinante.
Haddon ci mostra la semplicità che si cela dietro il complesso mondo della disabilità. Il che mi ha fatto sorgere una domanda: siamo noi “normali” a complicarci la vita o essa è davvero così complicata? A dire il vero, mi sono sorti più interrogativi, quali ad esempio: la malattia sta negli occhi di chi guarda il malato? Una malattia risulta più o meno grave a seconda che chi ne è affetto ne sia consapevole o meno? (E – se consapevole – fa differenza il fatto che l’abbia accettata oppure no?)
“Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte” è un libro che definirei con un chiasmo: dalla semplicità disarmante e dalla complessità sorprendente.  Tutto è ridotto ai minimi termini e allo stesso tempo apre prospettive molteplici, quasi innumerevoli, per ogni dettaglio o circostanza. Tanto che tutto tende ad essere molto complesso pur essendo semplice e lineare e viceversa. Questo accade perché noi umani viviamo di parole, di termini che – come dice la parola stessa – sono limitati e limitanti e servono solo a catalogare o a cercare di spiegare meglio un concetto; ciò che non capiamo è che, in realtà, le parole non spiegano un bel niente, anzi tendono a complicare le cose ed è noto che sono la più vasta fonte di fraintendimenti esistente.
Ciò che colpisce è che di Christopher non ci sono caratterizzazioni fisiche, ma solo della sua personalità, del suo modo di pensare, di ragionare, di vedere le cose.; eppure, nonostante questa che potrebbe sembrare una carenza descrittiva, il lettore ha ben chiaro in mente il personaggio di Christopher. Christopher è un personaggio con cui il lettore non può far altro che entrare in empatia. Forse trovo strano solo il fatto che sappia distinguere ciò che è “normale” da ciò che è “malato” o comunque frutto della malattia; mi sarebbe parso meno strano se a raccontare la storia di Christopher fosse stato qualcun altro che vedeva e osservava i suoi comportamenti. Ma è solo una sensazione, mia, personale.
Per certi aspetti, capisco chi è arrivato a considerare “Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte”  un libro-manuale: spiega molto bene cosa – probabilmente – passa per la mente di una persona con la sindrome di Asperger, ma – allo stesso tempo – mi trovo in accordo con l’autore nel sostenere che è solo un romanzo e non è “sano” (mai termine fu più appropriato) che sia considerato, letto, consultato e “assunto” come manuale di medicina e trattato come tale. E’ un libro-specchio, se vogliamo, nel quale chiunque lo legga può trovare sé stesso riflesso nelle pagine. E’ un libro che indaga non solo nella mente di un ragazzino affetto da una singolare forma di disabilità, ma anche nella famiglia in cui quest’ultimo si ritrova: speranze, difficoltà, momenti di smarrimento e di confusione, incertezze e attimi di grande forza e determinazione, nonché di coraggio.
E’ un giallo “sui generis”, uno “schedario” di piccole grandi manie e ossessioni, un “dizionario” nudo e crudo del nostro modo di pensare, è l’analisi di sensazioni, emozioni e sentimenti fatta in modo critico e razionale. Sì, trovo che “Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte” sia una “guida” per l’interpretazione del mondo e delle persone, soprattutto.

Se volete iniziare a indagare dentro voi stessi per conoscervi un po’ meglio , questo libro è indicato allo scopo.