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LA BELLEZZA

mercoledì 13 settembre 2017

“Il Fürer e la sua corte” di Paola Sorge. Clichy



Esiste molta letteratura sulla Seconda Guerra Mondiale, sul Nazismo, sul Fascismo e – naturalmente – sulla figura di Hitler, ma il libro che mi trovo tra le mani in questo momento rappresenta un documento di enorme valenza. “Avvolto da un’aura di mistero e d’infernale follia, osannato e esecrato, oggetto di studi e di ricerche, di saggi storici, di film e di programmi televisivi più o meno attendibili, Hitler continua ad alimentare ieri come oggi, discussioni, riflessioni, querélles storiche laceranti per la Germania”.Il Fürer e la sua corte” di Paola Sorge svela numerosi retroscena dall’aspetto inquietante che – alla luce di tutto ciò che è accaduto sotto il Regime dittatoriale di Adolf Hitler – non possono essere considerati un semplice corollario, bensì un reportage di informazioni preziosissime per comprendere meglio le menti che ruotarono – in quel periodo – attorno al Fürer. I sostenitori e i detrattori più accaniti, ma anche coloro che giocarono ruoli non così marcati e netti. Aneddoti, stralci di corrispondenza epistolare, testimonianze, atti di immenso coraggio, ma anche di impressionante codardia. “Intrighi, misteri e follie di Adolf Hitler e degli uomini e delle donne che guidarono il Terzo Reich”. L’importanza che ogni forma di arte – dalla letteratura al cinema, passando per il teatro e non solo – assunse durante il periodo del Fascismo.
“[…] da una parte troviamo l’amore sviscerato del popolo tedesco per il “Salvatore”, […] dall’altra, i nuovi orrori che emergono dall’apertura degli archivi di Mosca e della ex DDR e che si aggiungono a quelli già noti”.
 Leggere gli articoli contenuti in questo volume aiuta a capire come  un uomo - inizialmente considerato ridicolo e, proprio per questo, deriso in lungo e in largo - sia riuscito a imporsi con tanta fermezza nel panorama mondiale dei primi anni del 1900. Ben sessantuno attentati contro di lui fallirono miseramente e “misteriosamente”…
 Il Fürer e la sua corte è una raccolta degli articoli comparsi su “la Repubblica” dal 1990 in poi, molti dei quali veri  e propri “scoop” con notizie, curiosità e storie sorprendenti uscite in Germania dopo la fine della “rimozione” e sino ad allora ignorate dal pubblico italiano. Dall’infanzia e dalle curiose, paradossali vicende che portarono Hitler al potere, agli attentati, alle vendette a al suicidio finale. Le folli idee e le “gesta” di Gӧring, Goebbels, Eichmann. Le donne che amavano pazzamente il Fürer, Schmitt, i Krupp, la regista Leni Riefenstahl, i detrattori più celebri, tra cui Thomas Mann, Hannah Arendt, Joseph Roth. E ancora le vittime, dagli omosessuali rinchiusi a Sachsenhausen a Primo Levi, a Walter Benjamin e ai suoi familiari. Infine il dibattito sul Nazismo, da Syberberg a Ernst Nolte”.
“Il Fürer e la sua corte” è uno di quei libri che aiuta a ricordare e – in cuor mio – conservo la speranza che proprio la memoria possa rappresentare un valido mezzo per non commettere mai più atrocità come i genocidi.

sabato 2 settembre 2017

“La variante di Lüneburg” di Paolo Maurensig. Adelphi.



Un colpo di pistola chiude la vita di un ricco imprenditore tedesco. E’ un incidente? Un suicidio? Un omicidio? L’esecuzione di una sentenza? E per quale colpa? La risposta vera è un’altra: è una mossa di scacchi. Dietro quel gesto si spalanca un inferno che ha la forma di una scacchiera. Sì, una partita a scacchi aperta da anni, un’ostilità che chiede vendetta e una tensione che cresce col crescere del mistero.
Una storia mozzafiato, un thriller che mi ha stregata tenendomi letteralmente incollata alle sue pagine. Il mistero viene svelato – paradossalmente – infittendolo. E anche alla fine, quando tutte le “pedine” (giusto per restare in tema), dovrebbero andare ognuna al proprio posto, resta al lettore il compito di fare l’ultima mossa, una mossa d’intelligenza che lo porti a capire la verità. Una verità che si intuisce soltanto, ma che non viene svelata completamente. Ad ogni lettore resta infatti il compito di interpretare “le mosse” ed arrivare a capire i segni.
Per chi gioca a scacchi, quel terreno di scontro bianco e nero può essere al contempo una benedizione o una maledizione. Gli scacchi sono – infatti – vincolati da sempre ad una terribile scia di sangue che trova la propria origine nel suo stesso fondatore. Chi si avventura in questo gioco sa che può cadere nella sua trappola da un momento all’altro: gli scacchi risucchiano i loro partecipanti in un mondo fatto solo di pedine e di mosse facendo perdere loro di vista la realtà. Non a caso in questo romanzo fantasia e realtà si mescolano fino a diventare pressoché indistinguibili l’una dall’altra. Storia e leggenda si intrecciano in una maglia fitta e avvincente che tiene stretto a sé il lettore dall’inizio alla fine.
Unico neo in questo romanzo tanto avvincente è il linguaggio, lo stile narrativo dell’ultima parte: nelle intenzioni dell’autore c’era – molto probabilmente – la volontà di shockare il lettore, di sconvolgerlo e di emozionarlo. Tutto ciò avviene, ma trovo che parte del successo vada attribuita alla tragicità dei fatti e alla sensibilità di ogni singolo lettore. Trovo – infatti – che nelle ultime pagine la scrittura diventi un tantino frettolosa, forse – addirittura – “fredda”, nonostante i temi trattati siano affrontati con la dovuta cura e chiarezza. Qualche pagina in più e un linguaggio un po’ meno elaborato e limato mi avrebbero regalato una soddisfazione maggiore. Vero è anche che la tensione di un thriller va supportata dal “ritmo” con cui vengono narrate le vicende e – va da sé – che il suddetto ritmo vada intensificato – ad un certo punto – in un romanzo come questo, ma così come lo ha fatto Paolo Maurensig credo  sia eccessivo.  Resta -  comunque -  un romanzo bellissimo e degno di attenzione. Almeno da parte mia.

"Notti bianche" di Dostoevskij. Einaudi.



Il punto di vista di “Notti bianche” è quello di un sognatore di cui non abbiamo indicazioni per quanto riguarda il nome e neppure per ciò che concerne l’aspetto fisico. La narrazione avviene in prima persona, ma non avendo alcun tipo di informazione fisica o biografica del nostro sognatore, abbiamo l’impressione di trovarci di fronte al racconto di una figura eterea, impalpabile, la quale esiste per il solo fatto di sognare. Ma che cosa è esattamente il sogno per Dostoevskij? Il sogno è capacità immaginifica, pura immaginazione. Le vicende si svolgono a Pietroburgo, una città che – in “Notti bianche” – non è la Pietroburgo reale e conosciuta, ma una Pietroburgo - per  l’appunto - immaginaria, parallela, scaturita dalla mente creativa del sognatore, il quale vive in uno stato di profonda solitudine che lo porta – addirittura - a intavolare conversazioni con le case, trattandole alla stregua di creature viventi dotate di personalità. Il tempo in cui trascorre la propria esistenza il sognatore è distorto, esattamente come è distorto lo spazio in cui egli  o – forse sarebbe meglio dire - esso si muove. Il sognatore può vivere una vita intera in poche ore, fatta di cose meravigliose, ma totalmente inafferrabili. La struttura di questo breve romanzo è quella di un diario suddiviso in quattro notti e un mattino, anche se – alla fine della narrazione (ovvero al mattino) – il tempo sembra dilatarsi, pare espandersi, fino ad appropriarsi dell’intera vita del sognatore. La trama rispecchia il protagonista: poco articolata e fondata sul classico triangolo amoroso in cui lui ama lei, ma lei ama l’altro. Nonostante un triangolo non lasci dubbi sul fatto di avere solo tre personaggi in scena, secondo la mia visione delle cose le figure coinvolte sono almeno quattro:  “lui” (il sognatore), “lei” (Nasten’ka, l’unico sogno diventato – forse – realtà, per il nostro protagonista), “l’altro” (ovvero l’innamorato di Nasten’ka e quindi il rivale del sognatore, l’uomo dalla vita concreta e reale) e la Solitudine, nella quale il nostro protagonista sembra crogiolarsi con tormento, quasi abbandonandosi ad una vita di accidia. Il linguaggio del sognatore è altalenante: a tratti semplice, quasi trascurato, a tratti magistrale, quasi una prosa da “libro stampato” . E altalenante è anche l’umore dei due protagonisti, in particolare quello di Nasten’ka, tanto da essere in grado di influenzare rispettivamente gli animi dell’uno e dell’altra come se questi stessero su una montagna russa. Il romanticismo di Dostoevskij conferisce alla narrazione un lirismo delicato, ma commovente. Il tempo atmosferico sembra persino riflettere lo stato d’animo del protagonista il cui destino è quello di vivere e rivivere un’intera vita ripercorrendo un solo attimo di beatitudine. Il conforto di una vita in un solo istante di immensa gioia. Il lettore percepisce una sorta di nebbia, una dissolvenza – se vogliamo – nelle immagini che Dostoevskij propone in “Notti bianche” e proprio questa nebbia mi ha portata a chiedermi: quale delle quattro figure presenti in questo racconto è davvero reale? Quale di esse è una proiezione di chi?