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LA BELLEZZA

mercoledì 31 maggio 2023

Alice al Salone del Libro

Lewis Carroll, "Alice nel Paese delle Meraviglie" e "Attraverso lo specchio" in edizione Bur Deluxe (con le illustrazioni di John Tenniel) ed Einaudi (con le illustrazioni dell'autore).

 

“D’aspetto Carroll era gradevole e asimmetrico: due cose che possono aver contribuito al suo interesse per i riflessi speculari. Aveva una spalla più alta dell’altra, un sorriso un pochino fuori squadra, e gli occhi azzurri non esattamente alla stessa altezza. Era sottile, non alto, di portamento eretto, rigido, e camminava in modo singolare, a scossoni. Non ci sentiva da un orecchio e balbettava tanto che gli tremava il labbro superiore. Benché ordinato diacono (dal vescovo Wilberforce), predicava di rado per via del suo difetto di pronuncia, e non passò mai ai successivi ordini sacri. Non ci sono dubbi sulla profondità e sulla sincerità del suo anglicanesimo. Era ortodosso in tutto tranne che nella sua incapacità di credere alla dannazione eterna. […] Era talmente timido che poteva prender parte a una riunione sociale senza dare il minimo contributo alla conversazione, ma la sua timidezza e il balbettio «svanivano dolcemente e improvvisamente» quando si trovava a tu per tu con una bambina”.[1]

Alice nel Paese delle Meraviglie nacque nel 1862, durante una gita in barca a cui parteciparono il Rettore del Christ Church (Henry George Liddell), le sue tre figlie (tra le quali c’era anche Alice) e il Reverendo Charles Lutwidge Dogson, cioè Lewis Carroll. Dogson/Carroll era noto per le sue doti[2] di intrattenitore e di matematico che lo portavano spesso a inventare rompicapo, giochi linguistici e indovinelli, e quel giorno in barca sfruttò tali capacità per divertire le tre bambine. Per l’occasione inventò infatti una storia fantastica chiamando la protagonista proprio come una delle figlie del Rettore. Ad Alice la storia piacque così tanto che chiese a Carroll di metterla per iscritto, cosa che lui fece molto diligentemente. Tempo dopo, infatti, Alice ricevette in dono un manoscritto interamente realizzato a mano da Carroll il quale non si limitò soltanto a scriverlo con grande cura e attenzione, ma lo illustrò e lo rilegò personalmente in maniera impeccabile. Il volume – oggi esposto all’interno della British Library – si intitolava Alice’s Adventures Under Ground (Le avventure di Alice sottoterra) e piacque così tanto alla piccola che Dogson lo sottopose a un editore per farlo stampare in più copie e distribuirlo ai bambini e alle bambine dell’epoca. Dopo le diverse revisioni, il libro fu intitolato Alice’s Adventures in Wonderland (Le avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie) e – su richiesta  dello stesso Carroll – fu illustrato da John Tenniel. I due non trovarono subito un accordo sui disegni, ma – una volta raggiunto il compromesso ideale – ne venne fuori un capolavoro che ebbe un immediato e strepitoso successo sia tra i bambini che tra gli adulti, tanto che persino la Regina Vittoria lo apprezzò. Da allora, Alice nel Paese delle Meraviglie è stato tradotto molte volte e in molte lingue; ha ispirato un sacco di grandi autori, tra cui Oscar Wilde e Vladimir Nabokov; è stato illustrato da grandi nomi  (Salvador Dalì e Max Ernst, tra i tanti) ed è approdato persino al cinema.

21/05/23 in Sala Granata con Enrico Remmert.

“Nessun altro libro scritto per i bambini ha più bisogno di spiegazione di quelli di Alice. Gran parte del loro umorismo è intessuto di fatti e abitudini vittoriani poco familiari agli americani di oggi, e agli stessi lettori in Inghilterra. Molti scherzi nei due libri potevano essere capiti solo da residenti di Oxford, e altri erano scherzi privati intesi solo per Alice”.[3]

Le numerose traduzioni e i tanti rimaneggiamenti sono dovuti non soltanto al grande successo delle opere di Carroll, ma anche e soprattutto alle difficoltà di rendere in maniera comprensibile tutti i giochi linguistici e i riferimenti al luogo e al tempo in cui Carroll visse.

Ma perché, nonostante oggi sia di difficile comprensione – per gli adulti e ancora di più per i bambini – Alice (nel Paese delle Meraviglie e al di là dello Specchio) continua a cavalcare l’onda del successo? A questa domanda si possono dare tante risposte, ma quelle più verosimili sono le seguenti:

-          Perché è ambientato in un mondo parallelo.

-          Perché racconta una storia avventurosa.

-          Perché esplora l’ambiente onirico e – con esso – la psiche umana con la stessa profondità di Jung e Freud, ma tenendo svegli i lettori (passatemi il gioco di parole).

-          Perché i rompicapi sono come misteri: affascinanti e snervanti allo stesso tempo.

-          Perché non vuole impartire una lezione o inculcare una morale pia, anzi, proprio l’opposto. “L’ultimo livello della metafora dei libri di Alice è questo: la vita, vista razionalmente e senza illusioni, appare come una storia di nonsenso raccontata da un matematico idiota”.[4] E qui, gli adulti non hanno nulla da  insegnare.

-          Perché – coraggiosamente – parla di grandi tabù: morte, identità e politica, tanto per dirne alcuni.

-          Perché Alice incarna quel valore oggi tanto ricercato, ovvero la resilienza, la capacità di assorbire gli urti senza rompersi.

-          Perché – soprattutto in Alice al di là dello Specchio – ogni regola è sovvertita: la memoria riguarda il futuro anziché il passato, il rapporto causa – effetto è invertito, e tutto è un paradosso, una verità rovesciata forse ancor più vero della realtà che crediamo essere vera.

-          Perché è un testo che non dà risposte (ovvero imprigiona la mente in stanze senza porte), bensì lancia domande. Siamo veri o siamo solo delle cose nel sogno di qualcuno?

-          Perché pare che contenga moltissimi simboli, i quali si prestano a numerose interpretazioni, ma – nello stesso tempo – pare che vada letto e goduto senza prenderlo troppo sul serio…

21/05/23, in Sala Gialla con Masolino D'Amico e Laura Tosi.

  In qualunque modo la vediate, voglio concludere questo articolo con uno stralcio dell’introduzione (vedi nota 1):

“Il riso, dichiara Reinhold Niebhur in uno dei suoi sermoni più belli, è una sorta di terra di nessuno fra la fede e la disperazione. Ridendo delle assurdità superficiali della vita, noi conserviamo la sanità di mente; ma il riso diventa amarezza e derisione se rivolto alle più profonde irrazionalità del male e della morte. «Ecco perché», conclude il Niebhur, «c’è il riso nel vestibolo del tempio, l’eco del riso nel tempio stesso, ma solo fede e preghiera, e niente riso, nel sancta sanctoum.»

Ecco come Lord Dunsany disse la stessa cosa in The Gods of Pagana. Chi parla è Limpang-atung, il dio dell’allegria e dei menestrelli melodiosi:

«Manderò scherzi nel mondo e un po’ di allegria. E finché la Morte ti sembrerà lontana come l’orlo purpureo dei colli, o il dolore lontano come la pioggia nei giorni azzurri d’estate, prega Limpang-Tung. Ma quando diventi vecchio, o prima di morire, non pregare Limpang-Tung, poiché del dolore egli dice: “Può darsi che sia una gran trovata degli dèi, ma lui non la capisce”».

Le avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie e Attraverso lo Specchio sono due scherzi incomparabili che il reverendo C.L Dogson in vacanza mentale dai lavori di Christ Church offrì una volta a Limpang-Tung”.



[1] Lewis Carroll, “Alice nel Paese delle Meraviglie”, Bur Deluxe, edizione annotata a cura di Martin Grardner, traduzione di Masolino D’Amico, illustrazioni di Sir John Tenniel.

[2] Gli piacevano tutti i giochi, specialmente gli scacchi; inventò moltissimi rompicapo, giochi, alfabeti cifrati, nonché un sistema per imparare i numeri a memoria. Inventò persino un attrezzo per scrivere al buio!

[3] Ibidem (nota 1)

[4] Ibidem (nota 1)

domenica 28 maggio 2023

L'Intelligenza Artificiale attraverso lo specchio

 

Salone Internazionale del Libro di Torino, XXXV edizione, "Attraverso lo Specchio".

Come ho già accennato nel precedente articolo, questa edizione del Salone Internazionale del Libro di Torino ha dato molto spazio al mondo dell’Intelligenza Artificiale, un mondo assai controverso – a dire il vero - poiché affascinante e spaventoso, al tempo stesso. Personalmente non mi è stato possibile partecipare a tutti gli eventi che hanno trattato questo argomento, ma quelli a cui ho potuto assistere mi hanno arricchita di informazioni e curiosità, perciò ora cercherò di condensare su questa pagina virtuale le cose che ho appreso.

19/05/23, Sala Rosa, "Pecore elettriche" con Francesco D'Isa, Francesca Lagioia, Cosimo Lorenzo Pancini, Vanni Santoni e Annamaria Testa. Moderatrice: Loredana Lipperini. In collaborazione con Lucca Comics&Games.

Il mondo sta cambiando e, come sempre accade quando ci si trova di fronte al cambiamento, ci si chiede se questo rappresenti un pericolo o un’opportunità. Qualcuno sostiene che dovremmo temere la stupidità naturale più che l’Intelligenza Artificiale; altri, invece, sono convinti che le macchine prenderanno presto il sopravvento come nei film di fantascienza e sostituiranno gli esseri umani in tutte le loro funzioni e attività. In realtà, la situazione è molto più complessa rispetto a questa netta separazione di opinioni tra tecno-paure e tecno-speranze… I vantaggi sono imprescindibili dagli svantaggi, i lati positivi non esistono senza quelli negativi, nell’ambito tecnologico come in tutti gli altri settori della vita.

18/05/23, Sala Cobalto. Un'intelligenza artificiale può scrivere un romanzo? In collaborazione con Feltrinelli Education.
Sfatiamo qualche mito...

Prima di tutto sfatiamo qualche mito, anzi, due miti, per essere precisi: l’antropomorfizzazione e la coscienza. Per l’uomo è normale vedere ogni cosa in funzione di sé e non riuscire a rapportarsi in maniera disinvolta con creature che non abbiano un volto e facoltà di parola; per questo motivo tende a dare un volto e una voce all’IA. Quello che l’uomo fa fatica a vedere, invece, è che anche l’IA più simile a lui - fisicamente – resta comunque una macchina e, come tale, non possiede una vera e propria coscienza ma solo un insieme di circuiti e componenti che se programmati correttamente sono in grado di simulare/imitare alcuni comportamenti umani. L’IA non prova emozioni, cerca soltanto di raggiungere l’obiettivo che l’uomo le ha fissato, e – a volte – pur di farlo mette in atto delle strategie che ricordano l’atteggiamento manipolatorio dell’uomo. In pratica agisce per massimizzare la propria utilità, anche se ciò significa mentire, violare normative sulla privacy, commettere reati e infrangere la Legge. L’IA impara e insegna, sa essere gentile e addirittura simpatica, sa risolvere problemi ed equazioni, sa parlare, scrivere, tradurre, ma possiamo ritenerla davvero intelligente o – addirittura - creativa? A quanto pare, no o – meglio – non proprio. Bisogna tenere bene a mente, infatti, che le macchine hanno bisogno di dati per poter elaborare, collegare e creare, ma l’inserimento di tali dati rimane uno dei compiti dell’essere umano. Un altro dei compiti dell’uomo riguarda il controllo finale e l’eventuale adeguamento del prodotto elaborato dalla macchina. Vale a dire che la tecnologia può aiutarci solo se siamo in grado di usarla e gestirla in maniera appropriata e che le responsabilità di un uso scorretto saranno a carico dell’uomo. Può farci guadagnare tempo, ad esempio, può fare calcoli e operazioni che noi non siamo in grado di svolgere ed è disponibile h24, ma non può sostituirci. Non in senso assoluto, almeno. Forse alcune professioni (o alcuni tasselli di esse) saranno svolte dalle macchine, ma è pur vero che, al loro posto, nasceranno nuovi lavori, nuove figure professionali, nuovi incarichi e – di conseguenza – nuovi incaricati. Le macchine aumentano la produttività, quindi l’impatto sul mondo del lavoro – in un futuro che è già presente – sarà molto consistente, ma ancora molti fattori sono nelle nostre mani e tocca a noi farne buon uso. Perché dico che il futuro è già qui? Perché, forse non ce ne rendiamo conto, ma tutti i giorni usiamo più IA di quanto pensiamo… Un esempio? Il suggeritore/correttore automatico del cellulare. O il navigatore satellitare che non solo ci dà le indicazioni stradali per andare da A a B, ma ci fornisce anche – in tempo reale – il tempo che impiegheremo per arrivare da A a B. Per non parlare degli algoritmi ai quali ci affidiamo per ottenere consigli sulla musica da ascoltare o sui video da guardare! La tecnologia è indistinguibile dalla magia e questa mimesi è particolarmente evidente negli algoritmi, che sembrano quasi leggere le nostre menti per carpirne gusti, tendenze e affinità. Dati il potere e l’importanza che la tecnologia ha assunto nelle nostre vite, potremmo persino paragonarla a una nuova forma di Religione, controllata da una “chiesa” che - proprio come una vera Chiesa – si regge su tre capisaldi: storia, rituali e cimeli. Per mantenere il proprio potere istituzionale, infatti, la Chiesa (e, dunque, la “chiesa”) racconta una grande storia e si avvale di profeti e apostoli che siano in grado di controllare i rituali e i cimeli creatisi grazie a quella storia. Le immagini e le parole sono strumenti molto forti con i quali si è sempre cercato di manipolare il corso degli eventi: chi controlla le immagini controlla la Storia, va da sé che, siccome le immagini (e le parole) sono lo strumento della tecnologia, chi controlla la tecnologia controlla la Storia.

Intelligenza Artificiale e creatività

Un'intelligenza artificiale può scrivere un romanzo?

Abbiamo appurato che il nostro lavoro cambierà perché cambieranno gli strumenti con cui avremo a che fare; abbiamo capito che ci sono dei vantaggi e degli svantaggi nell’utilizzare mezzi tecnologici; sappiamo che non solo dovremo imparare a governare le macchine, ma che dovremo anche farci carico dei rischi e delle responsabilità che derivano dai suoi usi. Sappiamo tante cose, ma come si coniugano IA e creatività? Innanzitutto – strano a dirsi – l’IA può essere considerata creativa, se ci atteniamo alla definizione più accreditata della parola “creatività”. Tanto per intenderci: una macchina può scrivere un libro, può comporre musica e può creare immagini e, in effetti, già da tempo siamo circondati dall’operato di chip e circuiti… Prossimamente potrebbero persino nascere, nelle librerie, nuovi reparti contenenti libri scritti dalle IA! C’è però un aspetto che dobbiamo prendere in considerazione in merito a questi prodotti, e cioè la bellezza. La bellezza non è oggettivabile perché scaturisce dalla sensibilità e sappiamo che le macchine non dispongono di questa caratteristica prettamente umana, quindi che tipo di prodotti dovremmo aspettarci da questi dispositivi elettronici? Particolari, interessanti e innovativi oppure tiepidi, insipidi e mediocri? Di sicuro saranno prodotti “senza anima”, perché l’anima di un romanzo deriva dall’esperienza personale del suo autore, dalle sue emozioni e dalle sue sensazioni, tutte cose che nessuna macchina per ora può vantarsi di avere nel proprio repertorio di capacità. Addirittura, se non si danno loro dei limiti, possono mettere a rischio il nostro senso di proprietà intellettuale attingendo da fonti protette e violando in tal modo i diritti d’autore. Da queste considerazioni, tra i microfoni del Salone, è sorta una domanda: può un’IA insegnare a scrivere un libro? Viste le premesse, direi che le macchine possono insegnarci molte cose – purtroppo o per fortuna – ma questa, nello specifico, non rientra nelle loro competenze.

Un’altra domanda che vale la pena di porsi è: cosa faremo di quel tempo risparmiato grazie all’aiuto delle macchine? Potremmo usarlo per studiare, creare e sperimentare cose nuove o potremmo sprecarlo impigrendoci. La scelta spetta sempre a noi…

L’IA sta “hakerando” il sistema dell’umanità, ma possiamo ancora volgere la situazione a nostro vantaggio se solo ci predisporremo ad ascoltare ciò che il futuro-presente ha da raccontarci su di noi... Abbiamo da sempre il desiderio di scoprire i nostri limiti e di oltrepassarli, abbiamo paura di ciò che è nuovo e di ciò che è diverso, ma allo stesso tempo ne siamo affascinati. La scienza e la tecnologia sono diventate le nuove “divinità” da adorare e da temere. L’umanità sta sfidando la sua stessa intelligenza con qualcosa che la mima e – chissà – forse superare i limiti ci porterà a una riscoperta di cose dimenticate anziché a una scoperta di cose nuove; potremmo persino rivedere la scala dei valori mettendo in primo piano questioni etiche a cui non abbiamo ancora dato la giusta attenzione. I settori in cui l’IA può essere applicata con risultati per noi vantaggiosi sono numerosissimi: dalla diagnostica medica all’agricoltura passando per tutto ciò che c’è nel mezzo. Faremmo bene, però, a non peccare di ingenuità o – al contrario – di arroganza e presunzione perché se è vero che un sistema ci fornisce sicurezza in un ambito, è pur vero che ci rende vulnerabili su un altro fronte… E poi c'è un'altra cosa su cui dovremmo riflettere: il costo della tecnologia. Più è proibitivo più sarà elitario, appannaggio esclusivo di pochi. Quando un mezzo tanto utile è però anche tanto costoso, quei pochi che possono permetterselo sono detentori di un grande potere e il potere, si sa, può fare danni se non viene controllato...

In conclusione...

Possiamo scegliere tra due opzioni: ostacolare l’evoluzione o prepararci al cambiamento. Possiamo decidere di lasciarci sopraffare dalla tecnologia oppure usarla con saggezza. Qualunque cosa faremo ricordiamoci sempre che essere umani non è una debolezza, bensì un punto di forza, forza che le macchine – per quanto intelligenti possano essere – non hanno.