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LA BELLEZZA

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giovedì 13 luglio 2023

IN CAMMINO...

IN CAMMINO

 

Ci sono in Piemonte cento Sindoni murali, affrescate sulle pareti esterne di edifici diversi – case, palazzi e castelli, ma anche baite e cascine – che costituiscono un capitolo, tutto piemontese, della  storia della Sindone e delle sue ostensioni, poco conosciuto anche da molti piemontesi, nonostante costituisca un caso singolare di devozione popolare, un ciclo d’arte unico lungo tre secoli.

L’ostensione è la conseguenza logica del valore eccezionale attribuito al Lenzuolo in quanto considerato la reliquia più importante in assoluto, e questo spiega perché l’ostensione sia una pratica antica: la prima ostensione di cui si ha notizia certa risale al 1147: essa si tenne a Costantinopoli, davanti al re di Francia e ai cavalieri impegnati nella seconda Crociata. Un’altra ostensione viene ricordata agli inizi del 1200, ma questa pratica fu sospesa dopo il saccheggio della città da parte dei Crociati, episodio a seguito del quale si persero le tracce del Lenzuolo Sacro.

La Sindone di Torino – precisazione necessaria perché negli stessi anni si parla di una Sindone di Besançon, bruciata nel 1349 nell’incendio della Cattedrale che la ospitava – comparve in Europa, come proprietà del duca di Charny, e dal 1353 ripresero le ostensioni – a Lirey, a cura dei canonici che reggevano la chiesa fatta costruire dal duca. Queste proseguirono, inframezzate da varie vicende, finché nel 1453, Margherita di Charny, proprietaria della Sindone in quanto unica erede, rimasta vedova e costretta a portarsela dietro nelle sue peregrinazioni da una corte all’altra in Europa, la cedette al duca Ludovico I di Savoia.

Le ostensioni ripresero nei possedimenti del duca, dalla Savoia al Piemonte – dove la Sindone venne portata per la prima volta nel 1478 – fino a quando, nel 1506, si fermò nella cappella del castello, a Chambery, dove le ostensioni ripresero in modo regolare – a data fissa, il 4 maggio, una volta all’anno, affidate a tre vescovi – e infine, nel 1578, con il pretesto di alleviare la fatica del pellegrinaggio devozionale sindonico al Cardinale di Milano, Carlo Borromeo, Emanuele Filiberto la riportò a Torino per un’ostensione eccezionale di tre giorni, e lì la lasciò definitivamente. Da quella data le ostensioni ripresero, distinte in ordinarie – a data fissa, una volta all’anno – e straordinarie – che per due secoli accompagneranno gli eventi – pubblici e privati – più importanti dei Savoia.

Nell’Ottocento si ridusse la frequenza delle ostensioni straordinarie, le quali si ridurranno ancora nel Novecento, secolo che fu testimone di due importanti “prime volte” per quanto riguarda l’“immagine” della Sindone: venne infatti fotografata per la prima volta (scoprendo così la sua natura di “negativo fotografico”) e, per la prima volta (nel 1973), venne filmata e trasmessa in televisione.

La mostra “IN CAMMINO. LA PORTA DI TORINO: ITINERARI SINDONICI SULLA VIA FRANCIGENA[1]”, promossa dalla Fondazione Carlo Acutis e realizzata dalla stessa con Palazzo Madama, in collaborazione con la Regione Piemonte, si propone di offrire al pubblico un’esperienza coinvolgente e interattiva, permettendo di scoprire la bellezza e la ricchezza dei luoghi attraversati dalla Via Francigena, con particolare attenzione ai cammini sindonici del Piemonte, sensibilizzandolo sui temi del pellegrinaggio, della spiritualità e della natura e mettendo in risalto la centralità storica e contemporanea di Torino e del Piemonte, dimora della Sacra Sindone e accesso principale alla Penisola lungo il pellegrinaggio francigeno.

Alla mostra è stato affiancato un bellissimo progetto chiamato “VIA FRANCIGENA FOR ALL - PERCORSI DI TURISMO ACCESIBILE E INCLUSIVO”, frutto di un fondo ministeriale da 1,6 milioni di Euro[2], nato con l’obiettivo di rendere maggiormente accessibile e inclusivo per le persone con disabilità uno dei più antichi[3] cammini piemontesi, in particolare sui tratti dell’itinerario Canavesano e Valle Susa e territori limitrofi.

“Avventurato se colui che visse

pellegrinando, eppur così v’agogna,

o vecchie stanze, aulenti di cotogna,

o tetto dalle glicini prolisse, […]”.

Guido Gozzano

IN CAMMINO…

“Il cammino, la meta. Il pellegrino, colui che passa per-ager, attraverso i campi, la terra madre coltivata. Anche l’estraneo, in transito per devozione e per pentimento. Esule dal suo mondo, anche in cerca di se stesso”.

Giovanni C. F. Villa

Nel corso della Storia si è sempre fatto un largo uso delle immagini per veicolare informazioni e concetti, spesso anche articolati e complessi. Oggi, come ieri, l’uomo impiega le immagini in maniera massiccia, ne produce in grandi quantità e ne “assorbe” altrettante, preferendole di gran lunga alle parole, forse più prolisse e meno immediate. È soprattutto per questo motivo che la mostra allestita tra le mura della Corte Medievale di Palazzo Madama (a Torino) ha il proprio incipit in una serie di illustrazioni – 16, per l’esattezza – realizzate da giovani artisti italiani ormai riconosciuti a livello internazionale.

Alcune delle opere esposte alla mostra "In cammino"

“Sedici illustratori[4] hanno percorso e declinato il cammino, il viaggio personale. È letteralmente la più sentita fra le metafore del vivere. L’hanno immaginato come un cammino dal monte al piano; una discesa dai monti, un andare nella piana circondata e protetta dai monti. Che sempre, nel paesaggio, stabiliscono l’orizzonte. I passi, i colli, i transiti”.

G. C. F. Villa

Il pellegrinaggio come metafora del percorso dentro di sé per arrivare ad un livello spirituale più profondo, attraverso il rapporto con la natura e le sue forze.

Procedendo sul pavimento trasparente che lascia intravedere i resti delle strutture romane, tra le colonne e gli archi medievali, ci si imbatte nell’evoluzione tecnologica dell’immagine: due grandi schermi interattivi vi proietteranno lungo la “Via Francigena for all” e le altre Sindoni, grazie a video e foto davvero mozzafiato.

Torino, Palazzo Madama, Corte Medievale

Nell’angolo a sinistra della sala campeggia una installazione meravigliosa, opera dell’artista torinese Carlo Gloria. “Vado e vengo” – questo il titolo dell’opera – è una struttura in ferro, perfettamente immobile che, però, esprime e imita il movimento attraverso la proiezione della propria ombra. Illuminata da lampade che si accendono in progressione, infatti, le sagome umane sembrano avanzare lungo la parete, richiamando così il concetto di movimento, di cammino, di pellegrinaggio.

Carlo Gloria, "Vado e vengo", 2020, ferro taglio laser verniciato, 180 x 150 cm, Torino, courtesy Zanfirico.

Più avanti, un altro grande schermo mostra le mappe degli itinerari sindonici e le Vie Francigene.

Costeggiando poi l’ultima parete, è possibile ammirare la Storia e l’evoluzione di Palazzo Madama.

Infine, quasi al centro della sala, è esposto uno splendido modellino che rappresenta il reliquiario del Santo Sepolcro a Gerusalemme. Il reperto (realizzato nientemeno che con il legno del Getsemani) è opera di ebanisti di Gerusalemme della metà del XVII secolo.

Modellino reliquiario del Santo Sepolcro a Gerusalemme. Ebanisti di Gerusalemme, metà XVII secolo.

PERCHÉ IL PROGETTO È ACCESSIBILE E INCLUSIVO

Formazione per gli operatori turistici, mappatura degli itinerari per valutarne l’accessibilità (anche per persone affette da disabilità motorie), realizzazione di pannelli multisensoriali (in mostra, tra l’altro, sono presenti anche didascalie in Braille), acquisto di ausili per le attività di accompagnamento e montagna-terapia, attivazione di tirocini extracurricolari per disabili, sono solo alcune delle attività in corso di realizzazione.

Nei prossimi mesi il Centro Regionale Autismo Piemonte dell’ASL Città di Torino si occuperà di sviluppare l’iniziativa “Francigena in blu”, che prevede la valutazione della fruibilità dei percorsi della Via Francigena e dei loro contesti turistici da parte di persone affette da autismo.

Partirà anche la collaborazione tra “Via Francigena for all” con il progetto “Chiese a Porte Aperte”, il sistema unico in Italia di prenotazione, apertura e narrazione automatizzata di luoghi culturali tramite smartphone e QR Code, ideato dalla Consulta per i Beni Culturali Ecclesiastici del Piemonte e della Valle d’Aosta, con il sostegno della Fondazione CRT. Grazie a questa collaborazione, verranno resi fruibili 20 luoghi culturali lungo il cammino, 365 giorni l’anno, ponendo l’accento sul miglioramento dell’accessibilità per tutti, fisica – dove sarà possibile – e cognitiva[5].

D’altronde in Piemonte ci sono ben 650 chilometri di itinerari percorribili!

Si è già conclusa la mappatura dell’accessibilità della Via Francigena nei tratti Ivrea-Viverone e Villar Focchiardo-Avigliana per disabilità motorie e sensoriali, mentre la valutazione e mappatura di altre tappe, delle strutture e degli uffici turistici è in fase di avvio, così come la realizzazione di pannelli multisensoriali[6].

Rilanciare la pratica del pellegrinaggio attrezzando il territorio affinché chiunque possa godere delle sue meraviglie è un progetto ambizioso, ma lo è maggiormente se pensiamo che non si tratta più di qualcosa che ha a che fare soltanto con la Fede e/o la Spiritualità (come accadeva in passato), bensì di un qualcosa che coinvolge anche Storia, Cultura, Arte, Natura e Bellezza.

L’unione di tutte le realtà e i progetti che ho citato permetterà di riscoprire l’antico attraverso il contemporaneo… Mica male, eh?

 

 



[1] Torino, Palazzo Madama, Corte Medievale. Dal 13.07.23 al 10.10.23

[2] Capofila del progetto è la Regione Piemonte, attraverso la Direzione Regionale Coordinamento Politiche e Fondi Europei – Turismo e Sport, con i partner di progetto Agenzia di Promozione e di accoglienza turistica locale Turismo Torino e Provincia  e Regione Ecclesiastica Piemonte con la Consulta Regionale per i beni ecclesiastici di Piemonte e Valle d’Aosta e il supporto di Visit Piemonte. Sono coinvolti nella realizzazione progettuale enti ed associazioni che fanno parte del tavolo regionale per il Turismo accessibile, in particolare Unione Italiana Ciechi e Unione Italiana Sordi e Strutture regionali degli Assessorati con deleghe alle politiche sociali e lavoro; a cui si aggiungono Agenzia Piemonte Lavoro, Club Aplino Italiano – Montagna Terapia, Amministrazioni Locali.

[3] Ci è pervenuta una testimonianza di un pellegrino (ignoto) attraverso il suo diario. Il pellegrinaggio è datato 333 d.C..

[4] Elenco degli artisti e delle loro opere:

1.       Davide Bonazzi, “Il Piemonte dei pellegrinaggi”

2.       Ilaria Urbinati, “Il Piemonte della Via Francigena”

3.       Elisa Seitzinger, “Il Piemonte della Via Michelita”

4.       Elisa Talentino, “Il Piemonte della spiritualità”

5.       Jacopo Rosati, “Il Piemonte del welfare sociale”

6.       Massimo Di Lauro, “Il Piemonte della Pianura”

7.       Andrea De Luca, “Il Piemonte delle Abbazie”

8.       Roberto Hikimi Blefari, “Il Piemonte dell’acqua”

9.       Giovanna Giuliano, “Il Piemonte dei cammini”

10.    Cinzia Zenocchini, “Il Piemonte della montagna”

11.    Riccardo Guasco, “In cammino”

12.    Massimiliano Aurelio, “Il Piemonte del cibo”

13.    Giacomo Bettiol, “Il Piemonte dei Sacri Monti”

14.    Jacopo Jeugov Riva, “Il Piemonte della Sindone”

15.    Sergio Ponchione, “Il Piemonte dei Santi di Carità”

16.    Gabriele Pino, “Il Piemonte del rapporto uomo e natura”

[5] Il progetto prevede che all’interno di ciascuna chiesa venga installato un sistema di guida composto da musica, luci direzionali e narrazione in italiano, inglese, francese e LIS, grafica visivo-tattile e schede tradotte in CAA (comunicazione alternativa aumentativa). A completamento delle installazioni in situ, sarà realizzata un’attività di storytelling inclusivo, anche attraverso la raccolta delle esperienze di visita con le cosiddette “storie sociali”.

“Via Francigena for all” vuole così contribuire alla modernizzazione del Paese, attraverso l’applicazione del digitale per garantire la fruizione del patrimonio culturale e assicurare un’esperienza di visita inclusiva per tutti.

[6] Tempi di realizzazione previsti per i progetti: entro settembre 2024.

venerdì 24 febbraio 2017

"Mio fratello rincorre i dinosauri" di Giacomo Mazzariol. Einaudi.

Il 21 marzo ricorre la Giornata Mondiale della Sindrome di Down e -nel marzo del 2015 - Giacomo Mazzariol carica su YouTube un video sul fratello - Giovanni Mazzariol - che ne è affetto. Il video (dal titolo The Simple Interview) diventa immediatamente "virale" finché arriva a conquistare anche il cuore di numerosi giornalisti. La storia di Giovanni  commuove, diverte e insegna, tanto che Giacomo ne scrive un libro. Con "Mio fratello rincorre i dinosauri" Giacomo racconta non solo il fratello, ma anche sé stesso e il suo percorso. "Percorso verso quale meta?" - vi chiederete. Arriviamoci per gradi.
"Hai cinque anni, due sorelle e desidereresti tanto un fratellino per fare con lui giochi da maschio. Una sera i tuoi genitori ti annunciano che lo avrai, questo fratello, e che sarà speciale. Tu sei felicissimo: speciale, per te, vuol dire "supereroe". Gli scegli pure il nome: Giovanni. Poi lui nasce, e a poco a poco capisci che sì, è diverso dagli altri, ma i superpoteri non li ha. Alla fine scopri la parola Down, e il tuo entusiasmo si trasforma in rifiuto, addirittura in vergogna. Dovrai attraversare l'adolescenza per accorgerti che la tua idea iniziale non era così sbagliata. Lasciarti travolgere dalla vitalità di Giovanni per concludere che forse, un supereroe, lui lo è davvero. E che in ogni caso è il tuo migliore amico".
Come si evince dalla trama, "Mio fratello rincorre i dinosauri" è una storia vera, autentica, genuina; è un libro che - ancora una volta - ci fa riflettere sulla diversità e sui ruoli che essa ricopre. Diversità non è, infatti, sempre sinonimo di negatività, ma - al contrario - può rappresentare un punto di partenza per capire noi stessi e gli altri. Giovanni è diverso - è vero - ma è proprio questo che lo rende unico e speciale. La Sindrome di Down non è una debolezza per Giovanni, ma semmai un punto di forza. Paradossalmente è proprio Giovanni la forza di Giacomo che - finalmente - dopo dodici anni dalla nascita del fratello, arriverà a capire (e a trasmettere a noi) che la Sindrome di Down non va vista  soltanto come come un handicap. Dietro ogni disabilità si nasconde sempre un individuo con il suo carattere, la sua personalità, i suoi tratti distintivi. La Sindrome di Down è solo una delle caratteristiche che contraddistinguono Giovanni. Giovanni è divertente, gioioso e ricco di una "frizzante" e "contagiosa" vitalità.
In questo libro, Giacomo  ci mostra il lento percorso che lo ha portato ad amare il fratello; un percorso attraverso varie fasi: aspettativa ed entusiasmo, perplessità, antipatia e negazione/rifiuto/vergogna, scoperta/sorpresa, comprensione/accettazione, affetto e desiderio di proteggere e preservare. 
"Mio fratello rincorre i dinosauri" è la "storia di Giovanni. Giovanni che ha tredici anni e un sorriso più largo dei suoi occhiali. Che ruba il cappello a un barbone e scappa via; che ama i dinosauri e il rosso; che va al cinema con una compagna, torna a casa e annuncia: 'Mi sono sposato'. Giovanni che balla in mezzo alla piazza, da solo, al ritmo della musica di un artista di strada, e uno dopo l'altro i passanti si sciolgono e cominciano a imitarlo: Giovanni è uno che fa ballare le piazze. Giovanni che il tempo sono sempre venti minuti, mai più di venti minuti: se uno va in vacanza per un mese, è stato via venti minuti. Giovanni che sa essere estenuante, logorante, che ogni giorno va in giardino e porta un fiore alle sorelle. E se è inverno e non lo trova, porta loro delle foglie secche. Giovanni è mio fratello. E questa è anche la mia storia. Io che di anni ne ho diciannove, mi chiamo Giacomo".

Un libro divertente, delicato e istruttivo. 
Un libro commovente che racconta la quotidianità di una famiglia sospesa tra ordinario e straordinario.

sabato 12 novembre 2016

"Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte" di Mark Haddon



Ciao a tutti. Dopo un lungo periodo di assenza (in cui, però, ho continuato a leggere molto), torno da voi con una nuova “recensione”. Perché le virgolette?
Perché, se seguite da un po’ il mio blog, avrete sicuramente capito che le mie non possono propriamente essere definite recensioni, ma sensazioni ed emozioni su carta… Ops, su web. Per cui vi lascio alle mie sensazioni. Buona lettura!


La Casa Editrice Einaudi ci propone “Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte” di Mark Haddon, con una meravigliosa ed illuminante prefazione dell’autore. Haddon  “ci fa cadere dal pero” – come si suol dire – mettendo in primo piano il fatto che tutti – ma proprio tutti – abbiamo problemi comportamentali. La storia di Christopher, un adolescente con la sindrome di Asperger, diventa inevitabilmente la nostra, quella di ogni lettore.
Questo libro vive su una convinzione: “Se vuoi sapere chi davvero uno sia, non devi far altro che chiederlo a lui”. Così nasce la storia di Christopher, personaggio di fantasia (ma non troppo) che si racconta da solo. La sua disabilità diventa la cosa più sana e razionale così che ogni lettore, ad un certo punto, si trova costretto a pensare:  “Anche io ho questa mania…non sono così tanto diverso da Christopher!”
Se sono d’accordo con il fatto che il modo per conoscere qualcuno sia chiederlo all’interessato? Ni Diplomatico – lo so – ma non linciatemi. Spesso ho notato che le persone non si autodefiniscono per ciò che sentono di essere perché si nascondono dietro ciò che gli altri dicono di loro. Perciò, altrettanto spesso, si adattano a quella definizione che è stata “appioppata” loro. Molti di noi sia adattano a ciò che gli altri vorrebbero che fossimo o a ciò che gli altri sostengono che siamo. E si dimenticano chi sono realmente. Christopher ha una visione di sé stesso che esula dal giudizio altrui. E’ critico, asettico e razionale. Forse un po’ troppo. Sì, forse è un po’ troppo lucido, voglio dire: se questo libro fosse davvero stato scritto da un ragazzino autistico, forse non sarebbe così critico e ragionato, lucido e dettagliato. Ma se questa caratteristica di Christopher si rivelasse davvero un “errore narrativo”, è anche vero che tale errore verrebbe smorzato dalla figura di Siobhan. Siobhan è una degli insegnanti di Christopher e il suo compito è spiegare come le persone – ritenute sane o normali – vedono e vivono il mondo.
Questo libro rappresenta il riscatto delle persone con disabilità perché tornano ad essere persone, individui e non numeri o nomi di patologie. Queste persone smettono di essere “etichettate” come “clienti” e si riprendono la loro dignità di esseri umani pensanti e senzienti.
Lo stile di questo romanzo è semplice, dinamico e scorrevole. L’incipit che lo apre è uno dei più belli che io abbia mai letto: semplice, diretto, incisivo e determinante.
Haddon ci mostra la semplicità che si cela dietro il complesso mondo della disabilità. Il che mi ha fatto sorgere una domanda: siamo noi “normali” a complicarci la vita o essa è davvero così complicata? A dire il vero, mi sono sorti più interrogativi, quali ad esempio: la malattia sta negli occhi di chi guarda il malato? Una malattia risulta più o meno grave a seconda che chi ne è affetto ne sia consapevole o meno? (E – se consapevole – fa differenza il fatto che l’abbia accettata oppure no?)
“Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte” è un libro che definirei con un chiasmo: dalla semplicità disarmante e dalla complessità sorprendente.  Tutto è ridotto ai minimi termini e allo stesso tempo apre prospettive molteplici, quasi innumerevoli, per ogni dettaglio o circostanza. Tanto che tutto tende ad essere molto complesso pur essendo semplice e lineare e viceversa. Questo accade perché noi umani viviamo di parole, di termini che – come dice la parola stessa – sono limitati e limitanti e servono solo a catalogare o a cercare di spiegare meglio un concetto; ciò che non capiamo è che, in realtà, le parole non spiegano un bel niente, anzi tendono a complicare le cose ed è noto che sono la più vasta fonte di fraintendimenti esistente.
Ciò che colpisce è che di Christopher non ci sono caratterizzazioni fisiche, ma solo della sua personalità, del suo modo di pensare, di ragionare, di vedere le cose.; eppure, nonostante questa che potrebbe sembrare una carenza descrittiva, il lettore ha ben chiaro in mente il personaggio di Christopher. Christopher è un personaggio con cui il lettore non può far altro che entrare in empatia. Forse trovo strano solo il fatto che sappia distinguere ciò che è “normale” da ciò che è “malato” o comunque frutto della malattia; mi sarebbe parso meno strano se a raccontare la storia di Christopher fosse stato qualcun altro che vedeva e osservava i suoi comportamenti. Ma è solo una sensazione, mia, personale.
Per certi aspetti, capisco chi è arrivato a considerare “Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte”  un libro-manuale: spiega molto bene cosa – probabilmente – passa per la mente di una persona con la sindrome di Asperger, ma – allo stesso tempo – mi trovo in accordo con l’autore nel sostenere che è solo un romanzo e non è “sano” (mai termine fu più appropriato) che sia considerato, letto, consultato e “assunto” come manuale di medicina e trattato come tale. E’ un libro-specchio, se vogliamo, nel quale chiunque lo legga può trovare sé stesso riflesso nelle pagine. E’ un libro che indaga non solo nella mente di un ragazzino affetto da una singolare forma di disabilità, ma anche nella famiglia in cui quest’ultimo si ritrova: speranze, difficoltà, momenti di smarrimento e di confusione, incertezze e attimi di grande forza e determinazione, nonché di coraggio.
E’ un giallo “sui generis”, uno “schedario” di piccole grandi manie e ossessioni, un “dizionario” nudo e crudo del nostro modo di pensare, è l’analisi di sensazioni, emozioni e sentimenti fatta in modo critico e razionale. Sì, trovo che “Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte” sia una “guida” per l’interpretazione del mondo e delle persone, soprattutto.

Se volete iniziare a indagare dentro voi stessi per conoscervi un po’ meglio , questo libro è indicato allo scopo.