 |
LIBERTY - TORINO CAPITALE
|
LIBERTY – TORINO
CAPITALE, la nuova mostra allestita nella Sala
del Senato di Palazzo Madama, è a cura di Palazzo Madama – Museo Civico d’Arte
Antica e della SIAT – Società degli Ingegneri e degli Architetti in Torino (con
la collaborazione di Mondo Mostre) e sarà visitabile fino al 10 giugno 2024.
LE FONDAMENTA DEL LIBERTY
Nonostante
la nuova mostra allestita a Palazzo Madama sia incentrata sullo stile Liberty
che ha caratterizzato e che caratterizza ancora oggi la città di Torino,
qualcosa mi spinge a fornire un quadro più ampio di questa interessantissima
forma d’arte, perciò penso proprio che partirò… dall’inizio…
Molte
speranze erano state riposte nella scienza che avrebbe dovuto alleggerire il
carico di lavoro all’uomo, a seguito della Rivoluzione Industriale. Molti
contadini si erano riversati nelle città, spinti dalla necessità di un lavoro
più appagante e più remunerativo, ma la loro urbanizzazione forzata non sortì
gli effetti sperati: non soltanto avevano abbandonato le loro radici, subendo tutti
i disagi propri di qualsiasi emigrazione, ma ciò che avevano trovato dall’altra
parte era una realtà massacrante, non adeguatamente stipendiata e per nulla
gratificante. In aggiunta a tutto questo, i prodotti che uscivano dalle
industrie erano qualitativamente scadenti e tutti uguali. La produzione in
serie aveva appiattito non soltanto i prezzi, ma anche l’originalità. Non c’era
arte in quel tipo di produzione!
Si
sentiva, negli ambienti artistici (soprattutto in quelli inglesi) la necessità
di un cambiamento radicale che riconsiderasse gli scopi stessi del lavoro
operaio e la qualità dei prodotti industriali.
Fu
William Morris a far scattare la
scintilla di quel cambiamento. Morris riteneva, infatti, che bisognasse
restituire al lavoro operaio quella “spiritualità” e quel sentimento che erano
stati soppiantati dall’uso delle macchine. Perciò, nel 1861, dette vita alla
ditta Morris,
Marshall, Faulkner & Co.
che produceva elementi per l’arredamento e per la decorazione delle abitazioni.
Tra i suoi prodotti c’erano oggetti di uso comune, ma anche vetrate colorate,
carta da parati, stoffe per rivestimenti, tappezzerie e tessuti ricamati.
Nonostante
i propositi fossero di ridare importanza e dignità all’artigianato e di
permettere anche alle classi operaie di usufruire di bellezza e qualità, i
prodotti della ditta di Morris erano molto costosi e trovavano il loro pubblico
in una ristretta cerchia di persone.
Ecco
perché, nel 1888, Morris fondò la Arts and Craft Exhibition Society, un’associazione di arti e mestieri
che si prefiggeva di conciliare la produzione industriale con l’arte, in modo
che ogni oggetto – pur se di serie e di basso costo – avesse un bel disegno e
godesse di un certo prestigio artistico. Detto in parole povere, lo scopo di
William Morris era di consentire ai meno abbienti di acquistare oggetti d’uso
comune di buona qualità, esteticamente belli e a prezzi contenuti.
Nel
1890 nacque anche una tipografia, la Kelmscott Press, fondata dallo stesso Morris per
ridare lustro al settore editoriale, riprendendo i fasti del libro miniato
medievale.
Arte
decorativa in ogni campo, dunque, che utilizzava tralci, fiori, foglie e motivi
sinuosi ripetuti per impreziosire i prodotti ai quali era applicata.
Ecco
quindi riassunte le fondamenta gettate da William Morris e dai suoi seguaci,
basi che costituiscono i presupposti immediati dell’Art Nouveau.
L’ART NOUVEAU
A
cavallo tra l’Ottocento e il Novecento vanno delineandosi due esigenze:
riqualificare in chiave artistica gli oggetti di uso comune prodotti in serie
dall’industria, e dare vita a un’arte diversa, più moderna, specchio dei tempi
e in linea con le nuove aspettative delle persone.
L’Art
Nouveau (che in francese
significa appunto “arte nuova”) ricalca proprio queste esigenze e diventa, in
breve tempo, il gusto di un’epoca: la Belle Époque. Essa incarna nel modo più vero e
profondo lo spirito e le contraddizioni di una società che, senza rendersene
conto, sta precipitando a gran velocità verso la catastrofe della Prima Guerra
Mondiale.
In
ogni paese d’Europa l’Art Nouveau si sviluppa in modo diverso assumendo
anche nomi diversi:
·
In
Francia, come abbiamo visto, si chiama Art Nouveau (dall’insegna di un negozio di
arredamento d’avanguardia aperto a parigi nel 1875).
·
In
Germania diventa Jungendstil (ovvero “stile giovane”, in
riferimento anche alla rivista Jungend (“giovinezza”) che aveva iniziato le
pubblicazioni a Monaco di Baviera nel 1896.
·
In
Austria prende il nome di Sezession (ovvero “Secessione”) dal movimento
artistico d’avanguardia formatosi a Vienna nel 1897. Fra i promotori della
Secessione viennese Gustav Klimt è senza dubbio la figura più rilevante.
·
In
Belgio si chiama Stile Horta, dal nome di Victor Horta, che ne fu
il massimo esponente.
·
In
Spagna, invece, assume il nome di Arte Jóven o – anche – Modernismo.
·
In
Italia diviene Liberty, dalla ditta di arredamenti moderni Liberty
& Liberty Co.,
attiva a Londra fin dal 1875.
L’ART NOUVEAU NEI TESSUTI
Il
rinnovamento dei tessuti ha riflessi immediati anche nella moda. Gli stilisti
del tempo, infatti, aboliscono le rigidità dei bustini rinforzati e delle gonne
rigonfie proponendo forme estremamente più morbide e fascianti che esaltano le
linee sinuose del corpo femminile, ispirandosi – nel contempo - all’armonia di soggetti floreali o
addirittura alla raffinata eleganza di alcune korai greche.
L’ART NOUVEAU NEL VETRO E NELLA CERAMICA
Essendo
due materiali che ben si prestano a torsioni e trasparenze, anche il vetro e la
ceramica rimangono invischiati nel vortice di novità a cui l’Art Nouveau ha
dato vita.
L’ART NOUVEAU NELLA GRAFICA
Anche
grazie ai progressi fatti nel campo della riproduzione di immagini a colori
(dovuti al perfezionamento delle tecniche litografiche), spopolano manifesti,
locandine, riviste e cartoline illustrate, per di più in grande tiratura.
Questa massiccia diffusione permette agli artisti di esercitare un’importantissima
funzione educativa su larga scala: è infatti più facile far viaggiare le idee e
stimolare i “palati” del pubblico con gusti nuovi.
L’ART NOUVEAU NELLA PITTURA E NELL’ARCHITETTURA
Come
nel piccolo, così nel grande, potremmo dire. A questo punto, infatti, l’Art
Nouveau ha ormai messo radici nelle piccole cose quotidiane, ha abituato le
persone alla sua presenza, mettendole così in condizione di accogliere
positivamente il vento del cambiamento che soffia anche in quegli sconfinati
campi artistici che sono la pittura e l’architettura.
Anche
in questo caso, comunque, vige il detto “Paese che vai, usanza che trovi”
(anche se la lingua italiana soffre ogni volta che qualcuno pronuncia questa
frase…), perciò, a seconda del Paese di riferimento, cambiano anche le
“declinazioni” dello stile. Ciò che invece rappresenta una costante è l’uso
nuovo e funzionale del ferro e della ghisa. Sono le strutture stesse a
diventare decorazione, magari attingendo con piena libertà di rielaborazione al
vasto repertorio offerto dal regno animale (farfalle e pesci sono i soggetti
che ricorrono di più) o da quello vegetale, con fiori, foglie e piante.
LO STILE LIBERTY A TORINO
Torino
è una città che ha il Liberty come leitmotiv stilistico. Io abito in questa città
da trentotto anni e ancora mi meraviglio di fronte alla bellezza di certe
costruzioni, ma mi sono resa conto che c’è anche chi si è abituato a questa
città – tanto che non riesce più a coglierne le forme, i dettagli, le
particolarità – e chi non l’ha mai guardata con attenzione. Chi non l’ha mai
visitata, naturalmente, è scusato…
Sapevate,
per esempio, che la famosa Fontana dei Mesi, al Parco del Valentino, è uno dei
simboli principali del Liberty? |
Fontana dei Mesi
|
Una cascata di 600 litri di acqua al secondo,
con due pennacchi lanciati a 20 metri d’altezza la rendono stupefacente.
Costruita nel 1898 sul progetto dell’architetto Carlo Ceppi, è realizzata in
cemento ed è luminosa e imponente in quanto costituita da quattro gruppi
statuari (raffiguranti rispettivamente i fiumi Po, Dora, Sangone e Stura) e da
12 statue (femminili); ognuna di esse raffigura un mese dell’anno.
Io sono
particolarmente legata a quella che rappresenta il mese di Novembre: immaginate
il motivo? |
Novembre alla Fontana dei Mesi
|
LIBERTY – TORINO CAPITALE
L’esposizione
racconta con un centinaio di opere il fondamentale ruolo di Torino per
l’affermarsi del Liberty, un’arte che nella capitale sabauda diviene il fulcro
di una storia che travolge ogni aspetto della vita dei cittadini, oltre che di
tutte le forme d’arte (dall’architettura alla pittura, passando persino per la
moda e l’arredamento di interni). Tra il 1880 e il 1920 il Liberty riuscì non
solo a trasformare e rinnovare l’aspetto della città di Torino, ma riuscì anche
a definire un approccio al contesto urbano che inciderà su tutta l’architettura
occidentale, prima, e mondiale, poi.
Questa
esposizione è una mossa fondamentale per l’ingresso di Torino nel RANN di
Bruxelles e la sua candidatura a Città Patrimonio Mondiale Unesco per il
Liberty.
La
mostra, è suddivisa in cinque sezioni:
1) Eterno femminino
2) La casa moderna
3) La Gran Via
4) Nuovi linguaggi per una nuova società
5) Dalla Sfinge a Città del Messico
Prendetela
come una passeggiata per le vie della città, priva – però – delle scocciature e
dei pericoli propri del traffico urbano.
Nella
prima sezione, la protagonista indiscussa è la donna che, tra l’Ottocento e il
Novecento, emerge sotto molteplici aspetti (sociale, ruolo, immagine).
Nella
seconda sezione fa bella mostra di sé la splendida ricostruzione di un bow
window (interno della
Palazzina Turbiglio), con: un lampadario dell’Officina Mazzucotelli, pregiati
complementi d’arredo, un abito femminile e accessori moda. |
BOW WINDOW
|
Nella
terza sezione risiede il cuore della mostra che racconta Torino attraverso la
sua architettura, a partire dalla rivoluzionaria Esposizione Internazionale del
1902, rievocata attraverso opere allora esposte e gli apparati iconografici
concepiti, che presentano non solo i fermenti culturali dell’epoca, ma
soprattutto, indagandone la materialità, portano all’essenza del Liberty
torinese.
E,
poiché questa corrente permea ogni settore cittadino (dalle scuole alle
fabbriche, dalle case popolari alle ville signorili, dai bagni pubblici ai
palazzi, dall’arredamento d’interni all’editoria scolastica e dalla grafica
pubblicitaria alle riviste passando persino dall’abbigliamento), la mostra è
veramente molto ricca e rende anche la quarta sezione espositiva un luogo in
cui soffermarsi a lungo.
 |
Banchi di scuola in stile Liberty
|
La
quinta e ultima sezione, invece, è un viaggio all’interno della creazione di
un’opera d’arte in stile Liberty: dal bozzetto all’opera compiuta. |
Leonardo Bistolfi, "La Sfinge", 1890. Bozzetto in gesso per la Tomba Pansa al Cimitero di Cuneo.
|
L’esposizione
si avvale, inoltre, dell’eccezionale contributo dato dalla campagna
fotografica appositamente svolta
dall’architetto Pino Dell’Aquila.
 |
Selezione d'immagini della Prima Esposizione Internazionale d'Arte Decorativa Moderna tratte dal servizio fotografico originale del quotidiano "La Stampa".
|
L’allestimento,
la mostra e il catalogo – edito da Silvana Editoriale – sono a cura di Beatrice
Coda Negozio, Roberto Fraternali, Carlo Ostorero, Rosalba Stura e Maria Carla
Visconti che, anche come SIAT – Società degli Ingegneri e degli Architetti in
Torino -, da decenni hanno intrapreso un percorso di tutela e approfondimento
dei temi della cultura Liberty a Torino, rendendosi protagonisti di importanti
iniziative scientifiche, editoriali e divulgative.
All’esposizione
si accompagna il ricco programma off Libertyamo, che vede il supporto della Camera di
Commercio di Torino, orientato al massimo coinvolgimento della città e dei
cittadini alla riscoperta delle proprie radici e dell’eccezionalità del
contesto architettonico della loro quotidianità.
UN ASSAGGIO DELLA MOSTRA
 |
LIBERTY - TORINO CAPITALE
|
Come
dicevo, il mio consiglio è di fruire della mostra come se fosse una
passeggiata, ma la mia non è un’affermazione fatta a caso… L’allestimento,
infatti, è stato organizzato in modo da agevolare questa modalità di visita,
perciò troverete grandi foto di palazzi che si susseguono. |
Gottardo Gussoni, Casa a Crescent, 1911, Torino, c.so Re Umberto 65/67
|
Ad ognuna di esse è
associato un corredo di dettagli ingranditi, piante (intese come mappature, non
come vegetali, eh! ;) ), documenti storici e curiosità. Tra i nomi degli architetti/ingegneri
che hanno progettato tali strutture abitative si annovera anche quello di
Pietro Battaglia, la cui Villa Scott è nota per essere stata protagonista del
film “Profondo rosso”, di Dario Argento. E l'illuminazione è data da lampioni che riprendono esteticamente e idealmente i lampioni della città. |
Giuseppe Velati Bellini, Casa Florio Nizza, 1901, Torino, via Bertola, 20.
|
C’è
anche un filmato che mostra palazzi e dettagli architettonici davvero
sorprendenti!
Troverete
poi una carrellata dei materiali specifici di cui si avvale il Liberty, tra i
quali spicca una serie di grandi barattoli in cui sono contenuti pigmenti dai
colori vivi e vibranti che – sono sicura
– attireranno la vostra attenzione, così come hanno attirato la mia. |
Una selezione di pigmenti che va dai colori delle terre al verde cromo, passando per il rosso cocciniglia e il blu oltremare artificiale.
|
E,
per gli amanti dell’editoria, ci sono libri e riviste.
Ci
sono dipinti
 |
Giovanni Boldini, "Fuoco d'artificio", 1890 circa.
|
e sculture,  |
Edoardo Rubino, "La danza"
|
ma anche locandine,
 |
Alphonse Mucha, "Ferdinand Champenois Imprimeur-Éditeur 1897", litografia a colori.
|
un ventaglio, un cappello, un
pettine e delle spille. C’è persino un Monumento funerario con la relativa
riproduzione fotografica.
Ci
sono arredi e complementi d’arredo…
Insomma,
c’è tanto da vedere, e la cosa più bella è che tutto è concentrato in un unico
luogo! Perciò, se vi è piaciuto l’assaggio, non vi resta che andare a visitare
la mostra e poi, magari, divertirvi a cercare le impronte del Liberty per le
vie – quelle vere – della città di Torino.
Buona passeggiata!