Non si può sapere
tutto il sapere, questo è vero, ma è vero anche che l’insegnante rimane una
figura indispensabile e – soprattutto – insostituibile all’interno del circuito
scolastico di insegnamento-apprendimento. Questo accade perché un bravo
insegnante è colui che sa far esistere mondi e ha la capacità di mostrarli ai
propri allievi. Purtroppo, però, la Scuola sta perdendo la propria funzione
primaria, ovvero quella di indurre allievi e insegnanti (sì, anche gli
insegnanti) alla fascinazione erotica dell’apprendimento. Un vero insegnante, infatti, è sempre un “portatore
di vuoto” che non smette mai di imparare, anche mentre insegna, che non smette
mai di avvertire quel “vuoto” dentro di sé e – di conseguenza – non smette di
trasmetterlo ai propri allievi. Una “vera” Scuola, per essere considerata tale,
si dovrebbe avvalere di insegnanti di questo tipo, ma le cose sono cambiate. Da
molto tempo, sono cambiate, e Recalcati ci spiega in che modo e perché, ma –
soprattutto – ci spiega come riportarla all’antico splendore, quello splendore
che metteva in primo piano l’amore per la sapienza.
Oggi si insegna ai
ragazzi ad essere efficaci ed efficienti nelle loro performance, a raggiungere livelli standard di prestazioni perché siano preparati a soddisfare le
esigenze di un mondo che lavora, ormai, come un grande mercato in cui tutti sono
merci, valutabili a seconda del vantaggio economico che possono portare allo
Stato e alle Istituzioni. La Scuola stessa è un’Istituzione, una sorta di
estensione del mondo lavorativo e –
certamente - non della Vita. In questo contesto che ruota intorno alla
valutazione della resa in termini economici, di produzione e spendibilità degli
esseri umani anche il sapere ha cambiato faccia, diventando utilitaristico,
superficiale e nozionistico. In più, sono andati perduti gli scarti generazionali
tra insegnanti e allievi così come quelli tra genitori e figli.
La Scuola dovrebbe
incentivare il desiderio di sapere, mobilitarlo, e – per farlo – dovrebbe,
innanzitutto, rendere erotico il sapere. La passione per qualcosa è ciò che ci
induce a cercare di saperne di più, sempre di più, arrivando a innescare un
circolo virtuoso nel quale l’insegnante detiene il compito di trasformare il
sapere in oggetto erotico, e se stesso in “veicolo” di questa “erotizzazione”
(o – mi permetto di azzardare – in “soggetto erotizzante”). Il circolo virtuoso
è – di per sé – molto semplice e molto complesso, nello stesso tempo, in quanto
è un meccanismo in cui più si apprende, meno si conosce; meno si conosce, più
si cerca di colmare quel “vuoto” al proprio interno; più si cerca di colmare
tale vuoto, più si scopre; più si scopre, più si scopre di non sapere e si
amplifica il desiderio di ricerca. E, più questo avviene, più si apprende,
dando il “via” a un nuovo ciclo.
Per poter trasmettere
una cosa è, però, condizione necessaria che si sia fatta esperienza in prima
persona di quella cosa. Va da sé che l’insegnante stesso dovrebbe aver potuto conoscere
“l’erotica dell’apprendimento” per poter trasmettere “l’erotica nell’insegnamento”…
Affidandosi, naturalmente, ad uno stile personale (fatto di tutte le influenze
che ha ricevuto nel corso del tempo), attraverso la “carne” della parola,
ovvero la voce. Nel far ciò, però, bisogna stare attenti a non incorrere nelle
due trappole più pericolose: la prima è tesa dall’illusione che l’insegnante sia
portatore della Verità Assoluta; la seconda, invece, è tesa dall’equivoco che
sia l’insegnante stesso l’oggetto erotico. Nessun sapere, infatti,
costituisce La Verità e nessun maestro può trasmettere La Verità Assoluta
attraverso l’insegnamento del proprio sapere. Ed è, inoltre, necessario ricordare
che il maestro, l’insegnante, è solamente un “ponte” tra l’allievo e il sapere,
un mezzo per trascendere l’abisso dell’ignoranza. Un vero maestro è colui che
sa instillare il desiderio di sapere, il bisogno di cercare; un vero maestro è
colui che crea il vuoto nell’allievo per far sì che si metta in moto, in lui,
il meccanismo per colmarlo, ovvero la Ricerca. Dunque che cosa è l’Eros? L’Eros
è, nella sua accezione più antica e nobile, il potere attrattivo della
conoscenza. Il sapere, come oggetto erotico, sprona l’allievo a cercarlo e la Ricerca
dà grande piacere, pertanto il sapere è sia la causa sia l’effetto di un’azione
piacevole o – se vogliamo – del piacere stesso.
In questo senso, la
Scuola come Istituzione potrebbe essere considerata – passatemi l’ossimoro – un
freno-propulsore, ovvero qualcosa che nelle proprie rigide regole/imposizioni
ha la chiave per trasgredirle, per trascenderle; lo sprone alla Ricerca. Perché gli studenti non sono vasi da riempire di nozioni, ma persone da incuriosire e gli insegnanti non sono automi, ma "alimentatori" di curiosità!
“Ci hai insegnato che
il desiderio senza impegno è solo un capriccio e che l’insicurezza aumenta con
il sapere e non viceversa, perché non c’è sapere che possa assorbire
integralmente la vita, perché la ricerca autentica aumenta i dubbi senza avere
mai la pretesa di risolverli”. (Pag. 139)