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LA BELLEZZA

martedì 10 maggio 2016

Nostalgia... Vi racconto un libro del mio passato.

"La scimmia nella biglia" di Silvana Gandolfi. Salani Editore. Collana: Gl'Istrici.


Questo è stato il libro più importante della mia infanzia insieme ad "Ascolta il mio cuore" di Bianca Pitzorno, altro capolavoro della letteratura per i giovanissimi. E' il libro in cui mi sono ritrovata, in cui mi sono identificata pienamente con la protagonista, in cui mi sono immersa decine di volte per poter sognare in pace. La biglia di Sara (la protagonista) era diventata anche la mia biglia; era il mio cantuccio assolato, il mio angolo di Paradiso dove amavo rifugiarmi quando il mondo esterno mi opprimeva, mi faceva paura, mi umiliava e mi affliggeva. Lì e soltanto lì potevo dirmi al sicuro, lontana da ogni pericolo per  la mia mente, lontana da ogni minaccia, lontana da ogni insulto e da ogni calunnia. Molte volte mi ci sono rifugiata e, crescendo, ho fatto miei altri rifugi come quello, ma il calore e la protezione che sentivo leggendo quel libro sono stati unici e inimitabili. Per questa ragione, dopo averlo tenuto per tanti anni su un ripiano della mia libreria, ho deciso di rispolverarlo e di rileggerlo. Sto attraversando un periodo di transizione che ogni tanto mi trascina nello sconforto e da alcuni giorni "La scimmia nella biglia" continuava a farmi l'occhiolino da dietro il vetro azzurro della piccola sfera. Aluk (questo il nome della scimmietta) voleva assolutamente parlarmi. Voleva ricordarmi che dentro ognuno di noi ci sono sempre almeno due mondi: quello obbediente, remissivo, attento a compiacere gli altri e quello più spavaldo, meno avvezzo alle regole, ai tabù, alle restrizioni e alle limitazioni che gli vengono imposte. A volte emerge un lato, a volte l'altro; a seconda delle circostanze riveliamo una natura piuttosto che l'altra, ma non siamo mai veramente e pienamente noi stessi. Ciò che abbiamo dentro di noi, la nostra anima, il nostro spirito, è molto più grande del nostro corpo. Paradossalmente. A volte ci spaventa, a volte ci incuriosisce, a volte lo riconosciamo, a volte no; il nostro corpo non è che una gabbia, una piccola prigione in carne ed ossa, qualcosa di materiale che si occupa di cose materiali, di cose che per l'anima non hanno alcun valore. Aluk è il nostro Alter Ego, come lo è stato di Sara. Ci fa comodo che venga fuori ogni tanto per potersi prendere le responsabilità più pesanti, per tirarci fuori dai guai o per fornirci quella corazza di cui tanto abbiamo necessità in alcuni momenti della nostra esistenza. Ci sono momenti in cui, però, questa personalità spregiudicata, forte e giocosa ci risulta scomoda o, addirittura, invadente e bramiamo la nostra identità remissiva e obbediente. Succede spesso anche nel passaggio dall'infanzia all'adolescenza e da quest'ultima all'età adulta: abbiamo paura di tutto ciò che ci accade, siamo in lotta con tutti, non sappiamo come affrontare gli ostacoli, i cambiamenti o i sentimenti ed ecco che Aluk compare nella nostra vita e ci aiuta a prendere coscienza delle nostre capacità e delle nostre virtù; Aluk è lì quando abbiamo bisogno di tirare su il nostro "IO", di farci coraggio, di sapere quale via  dobbiamo percorrere. Basta lasciarsi andare e prendere la vita con entusiasmo e un pò di autoironia.  Credo che Aluk volesse dirmi questo, ma immagino che volesse anche mettermi in guardia dall'errore più comune che un essere umano possa compiere: vedere solo ciò che si vuole vedere. Come i genitori di Sara, ottusi e ciechi di fronte alle esigenze della figlia, tutti quanti - prima o poi - cercano di cambiare gli altri o loro stessi (in funzione delle aspettative altrui). Basterebbe solo provare a cambiare punto di vista per mutare la prospettiva; osservare le cose da un'angolazione differente basterebbe a farci comprendere che ingozzare il corpo dimenticandosi di nutrire la mente serve solo a farci ammalare di noia, di solitudine e di inadeguatezza. E come si nutre la mente? Semplice: con la fantasia, con l'immaginazione e coi desideri. Tarpare e tarparci le ali serve solo a farci vivere nella frustrazione e nella tristezza. Ecco cosa voleva dirmi Aluk. 
"La scimmia nella biglia" è il libro della crescita, dell'evoluzione interiore, il libro che mi ha permesso di formare il mio carattere e la mia personalità già una volta e, rileggendolo, ho capito che può farlo ancora e ancora e ancora. Fino a che ne sentirò il bisogno. 

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