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LA BELLEZZA

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sabato 16 agosto 2025

Alfred Eisenstaedt

 

Alfred Eisenstaedt. 170 immagini di un grande reporter da scoprire. Dal 13 giugno al 21 settembre 2025 presso Camera - Centro Italiano per la Fotografia, Via delle Rosine 18, Torino.

 

Sono andata a vedere la mostra su Alfred Eisenstaedt. Ci sono andata perché ho visto una locandina appesa a un muro, una locandina con una foto che amo ma che non avevo mai avuto il piacere di vedere di presenza. La foto di cui parlo è quella del bacio tra il marinaio e l’infermiera, per intenderci, quella che si vede anche nel film “Una notte al museo 2”. Nel film, il protagonista entra per qualche istante nell’immagine e si sostituisce al marinaio, strappando un sorriso allo spettatore. Ecco, capite anche voi che avendo amato il ciclo dei film di “Una notte al museo”, amando la fotografia – soprattutto quella in bianco e nero – e amando l’arte, le mostre, i musei e la cultura, non potevo ignorare quell’invito del destino ad andare in Via delle Rosine, per vedere quel bacio più da vicino. E mi ero ripromessa che avrei tenuto tutto per me, che non avrei condiviso i miei “stupori e tremori”. Volevo interrompere i miei tentativi – per la maggior parte falliti – di comunicare con questo mondo che va veloce e in una direzione diversa dalla mia. Eppure eccomi qui, a scrivere di un’altra mostra, di un’altra opportunità per quel mondo di rallentare un po’ e godersi il tempo della contemplazione, del pensiero e della riflessione davanti a immagini di vita vera. Da qualche anno il mio interesse nei confronti della fotografia è cresciuto e si è intensificato. Oggi, a differenza di ieri, anche io mi trovo a studiare luci, inquadrature, composizioni e proporzioni senza togliere spontaneità ai momenti; oggi, come ieri, cerco di cogliere gli attimi senza “costruirli”, ma cerco anche di non sprecare scatti; ho fatto mio il motto “buona la prima”, cioè mi impegno per ottenere la foto che desidero al primo colpo. Perché? Perché  sono cresciuta, ma ho mantenuto la mentalità anti-spreco, quel tipo di pensiero che c’era una volta, quando le pellicole costavano care e il numero di scatti possibili era molto limitato. Ora abbiamo tanto spazio sui nostri dispositivi, possiamo ritoccare le foto in post-produzione, se non ci convincono, possiamo cancellare e rifare in ogni istante. Ed è per questo che l’arte della fotografia, ultimamente, è stata rivalutata. In tal senso, il mondo si è diviso in due: da una parte ci sono coloro che la svalutano, dall’altra ci sono quelli che la esaltano e – molto spesso – la esasperano, la portano agli estremi, la snaturano.

Molti sostengono che la fotografia sia arte statica, ma - se avessero visto le opere di Eisenstaedt – probabilmente si ricrederebbero. Quelle immagini appese alle pareti di Camera non sono solo singoli fotogrammi, sono lunghi tratti di storia, sono racconti, conversazioni, atmosfere; sono emozioni su pellicola. E si può avvertire il movimento, il dinamismo della vita e del mondo. Ogni foto è come un’eco da un passato che non è poi così passato e, forse, è proprio questo che rende il tutto tanto vivo. I ritratti non sono immagini fisse e “calcificate” di volti, al contrario, sembrano parlare dal loro tempo con una voce che - in maniera quasi magica - riesce a farsi udire fino a noi, fino a oggi, fino a qui. Non è strano, infatti, trovarsi a fare il confronto con l’attuale scenario storico, politico e sociale. In quegli scatti c’è il racconto di quasi un secolo; è come un film in cui però sono stati colti anche aspetti più “marginali” che, grazie all’obiettivo di Eisenstaedt, sono diventati protagonisti. In fondo, se ci pensiamo bene, anche i film sono il risultato di una sequenza di scatti: in un solo secondo possono entrare dai 24 ai 120 fotogrammi, a quanto pare. Impossibile non avere la schiena percorsa dai brividi nel vedere alcune foto, soprattutto quelle scattate nel periodo della guerra, perché è lì che, inevitabilmente, s’impone il confronto con l’oggi e non è difficile notare le somiglianze: siamo più vicini a quel periodo di quanto potremmo immaginare, è come se ogni guerra iniziata non fosse mai veramente terminata. Forse è per questo che la mostra è così impattante. Io, almeno, ne sono rimasta colpita. E non si tratta solo di un interesse tecnico o di pura curiosità, è proprio una sensazione di vicinanza, di “prossimità”.

Sembrerà una cosa banale da dire, ma il fatto di sapere che si tratta di foto autentiche, originali, reali, in questo momento storico in cui IA e fotoritocco impazzano, è confortante; la mente è libera dalla morsa del pensiero che sussurra: “Sarà vera o frutto dell’Intelligenza Artificiale?” E poi emerge spontaneità, non c’è contraffazione delle espressioni e del mondo immortalato. Trapelano eleganza, dolore, gioia, tensione, stanchezza, disperazione, ma anche continuità, equilibri e squilibri. Alcuni scatti sono divertenti, ironici, si potrebbe dire spensierati, eppure a me hanno trasmesso una sorta di inquietudine, come un formicolio.

La mostra è senza “fronzoli”, c’è solo quel che ci deve essere. E tanto basta. Ci sono le foto, brevi didascalie a corredo delle immagini e, nell’ultima sala, le imponenti, patinate e lucidissime riviste dell’epoca, pronte per essere sfogliate, consultate e assorbite con gli occhi.

Grazie alle foto “tattili” è possibile – anche per i non vedenti – “vedere” le immagini, alcune, le più particolari. Ho fatto un’esperienza nuova, stranissima: ho potuto accarezzare le rughe di un volto immortalato in una fotografia, ed è stato illuminante. Si parla tanto di inclusività, a volte in modo esagerato, ma qui l’inclusività l’ho davvero toccata con mano, è proprio il caso di dirlo.

Vedere il ritratto fotografico di Albert Einstein o di Marlyn Monroe è stato  più emozionante di quel che mi aspettassi: sento di aver stretto loro la mano, di averli guardati negli occhi come se fossero stati in carne e ossa di fronte a me. Ho sbirciato in un angolo delle loro vite, ma non come dal buco di una serratura, piuttosto come da una finestra… Nello spazio di pochi metri quadrati ho “incontrato” così tante perone illustri che mi gira la testa! Oppenheimer, Kennedy, Hemingway, Sophia Loren, Bill Clinton e la sua famiglia sono solo alcuni tra i numerosissimi personaggi ritratti che ho potuto vedere in mostra. Ci sono ben 170 foto che aspettano di essere osservate e che in qualche modo osservano lo spettatore, sondano, indagano gli occhi che a loro volta scrutano nelle profondità della pellicola. È uno scambio continuo di sguardi che, alla fine, ti lascia qualcosa dentro… E ho sostenuto a fatica lo sguardo di accusa e disprezzo di Goebbels, ve lo assicuro.

Alcune foto sembrano effettivamente dei dipinti, per via della luce, dell’inquadratura, della composizione, e questo fa emergere lo studio e l’ammirazione di Eisenstaedt per alcuni pittori come Rembrandt e Rubens.

Come dicevo all’inizio, ero andata a vedere questa mostra principalmente perché sapevo che ci sarebbe stata la foto iconica del bacio. L’emozione nel vederla di persona è stata grande, ma ho potuto anche conoscerne i retroscena, e questo mi ha decisamente turbata. Tutte le cose hanno una loro profondità, vanno guardate non solo frontalmente, facendosi bastare la superficie, ma vanno anche analizzate in prospettiva, anzi, da più angolazioni. Dietro ogni immagine può celarsi una verità che non ci aspettiamo e questo dovrebbe far riflettere. Oggi, nell’epoca dei Social Media, attribuiamo grande potere alle immagini, siamo spinti a credere a ciò che vediamo; viviamo, formuliamo pensieri e agiamo sulla base di ciò che vediamo. Sarebbe il caso, invece, di prestare molta attenzione e altrettanta cautela prima di prendere posizione.

 “Un fotografo ha bisogno di un collegamento diretto tra il cervello e le dita. Le cose accadono: a volte come previsto, più spesso in modo inaspettato. Devi essere pronto a catturare l’attimo giusto, perché se perdi l’occasione, le immagini potrebbero svanire per sempre. […] La vita si muove rapidamente e inaspettatamente; non aspetterà che tu ti distragga con il controllo della messa a fuoco o l’avanzamento della pellicola”.

Alfred Eisenstaedt, 1969

martedì 26 marzo 2024

CRISTINA MITTERMEIER E LA GRANDE SAGGEZZA

 

Dalla mostra fotografica di Cristina Mittermeier, "La Grande Saggezza".

Per descrivere “La Grande Saggezza” di Cristina Mittermeier bastano poche parole perché – perdonatemi se uso una frase fatta – le sue foto “parlano”. Comunicano attraverso un linguaggio antico e universale che prevede l’impiego – da parte dell’osservatore – di contemplazione e “ascolto”. Le immagini che l’artista ci propone, infatti, vanno ascoltate con gli occhi e assorbite col cuore. Vi sembrerà un discorso fatto come puro esercizio retorico, ma non è così, ve lo assicuro. Attraverso un filmato C. M. racconta il suo lavoro (e, soprattutto, la sua missione) di fotografa: il concetto è semplice, ma potentissimo e ora farò del mio meglio per riportarvelo.

Dalla mostra fotografica di Cristina Mittermeier, "La Grande Saggezza".

Viviamo in un’epoca in cui i Social Media ci concedono il lusso di pubblicare in ogni istante le immagini più disparate. La fotografia è diventata un’attività alla portata di tutti e in cui ognuno – chi più, chi meno – può dilettarsi. Ma c’è una differenza sostanziale tra lo scattare foto e il raccontare attraverso le immagini: la differenza risiede nell’intento dell’artista. Le intenzioni di C. M. consistono nel destare la nostra curiosità nei confronti del pianeta che ci ospita, farci conoscere la bellezza che ci circonda e invitarci all’ascolto. È per questo che, nonostante giri il mondo, non realizza mai troppi scatti.

Dalla mostra fotografica di Cristina Mittermeier, "La Grande Saggezza".

 Ricreare attraverso una fotografia la stessa intensità che un pittore regala ai propri dipinti è una forma d’arte che richiede un impegno enorme. Valorizzare il soggetto di una foto è come farne un ritratto. Immortalare l’anima di una persona, di un animale, di un paesaggio o di un intero popolo è una grande impresa che nasconde un’urgenza: riportare l’essere umano a contatto con la Natura. 

Dalla mostra fotografica di Cristina Mittermeier, "La Grande Saggezza".

Sparse nel Mondo esistono ancora delle comunità ma anche dei singoli individui che hanno mantenuto tale contatto, così come lo hanno sempre avuto gli animali, ed è a loro che ci si dovrebbe ispirare per salvare (e salvaguardare) il pianeta. In questo consiste la Grande Saggezza che dà il titolo alla mostra fotografica di Cristina Mittermeier, ossia nel tentativo di valorizzare le nostre capacità di ascolto, così da mantenere vivo il “Sistema Operativo” della Terra. Ma la Grande Saggezza consiste anche nella comprensione dei valori imprescindibili: nella vita, la vera e più importante ricchezza risiede negli affetti e nella salute.

Dalla mostra fotografica di Cristina Mittermeier, "La Grande Saggezza".

 Non è ricco chi possiede di più, ma chi è circondato dall’amore… Grazie alla sua attività, Mittermeier è stata a stretto contatto con le popolazioni indigene, con la Natura e con gli animali imparando dunque, lei per prima, l’arte dell’ascolto (già più volte citata in questo articolo) - quella che sta alla base della vera comunicazione e della comprensione profonda - e la mostra alle Gallerie d’Italia (a Torino, 14/03/24 - 01/09/24) ha proprio l’intento di trasmettere ciò che questa artista straordinaria ha ascoltato e compreso. 

Dalla mostra fotografica di Cristina Mittermeier, "La Grande Saggezza".

Mittermeier, infatti, ama paragonarsi a una membrana semipermeabile che si interpone tra il soggetto fotografato e chi lo guarderà, ovvero noi. Semipermeabile perché il filtro da lei applicato è luminoso e trapunto di ottimismo.

Dalla mostra fotografica di Cristina Mittermeier, "La Grande Saggezza".

 A questo proposito, durante l’intervista (sottotitolata in Italiano e trasmessa in loop su un maxi-schermo), l’artista cita il pittore Goya, mettendo in risalto la differenza che intercorre tra loro: l’uno - cupo e oscuro – ha realisticamente proiettato un futuro che rispecchiava i suoi dipinti, l’altra – positiva e speranzosa – ha deciso di mettere il proprio talento a disposizione di una visione più rosea di ciò che ci attende, come se il filtro che si applica al proprio lavoro fosse davvero in grado di cambiare il nostro avvenire. 

Dalla mostra fotografica di Cristina Mittermeier, "La Grande Saggezza".

 

Le sale che ospitano le fotografie di Cristina Mittermeier mostrano quindi questa visione ottimistica, esponendo sia immagini a colori sia in bianco e nero, sia ritratti di singoli individui che di piccole comunità, sia scatti di animali (a figura intera, in dettaglio, singoli e in gruppo) sia di paesaggi mozzafiato.

Dalla mostra fotografica di Cristina Mittermeier, "La Grande Saggezza".

 E, per goderne ancora meglio, è stata persino allestita una sala “immersiva” nella quale vengono proiettate immagini su ognuna delle pareti così che si ha l’impressione di essere parte integrante della Natura.

Dalla mostra fotografica di Cristina Mittermeier, "La Grande Saggezza".

 E, grazie al suo farsi “membrana”, C. M. ha ritratto anche gli animali normalmente ritenuti più “minacciosi” (come squali, lupi e orsi) liberandoli – paradossalmente - da quell’aura artificiale – in quanto costruita dall’uomo – di aggressività e, per l’appunto, pericolosità. Così facendo, ha permesso a queste meravigliose creature di riscattare la loro reputazione e di emergere in tutta la loro “selvaggia” bellezza.
Dalla mostra fotografica di Cristina Mittermeier, "La Grande Saggezza".

La Natura… al naturale, insomma. Nonostante o, forse, proprio grazie al “filtro” apposto dall’artista. Personalmente, infatti, ho avuto la sensazione di vedere, per la prima volta, delle immagini senza veli; sembra un paradosso, me ne rendo conto, ma credo che la macchina fotografica di Cristina Mittermeier abbia catturato la vera essenza dei soggetti ritratti…

Andate a vederla, se potete, e ne uscirete ritemprati e arricchiti.

DATI UTILI:

Cristina Mittermeier, "La Grande Saggezza". La mostra fotografica in questione (realizzata in collaborazione con National Geographic) sarà visitabile  a Torino, Gallerie d'Italia (Piazza San Carlo, 156) fino all'1/9/24. Info su: GALLERIEDITALIA.COM