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LA BELLEZZA

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domenica 3 marzo 2024

Altre letture... altre recensioni

 

Banana Yoshimoto, "Che significa diventare adulti?", Feltrinelli.

Attraverso le esperienze personali dell’autrice esploriamo quel passaggio – spesso complicato – che ci porta dall’infanzia all’età adulta. Senza essere pretenzioso – “Che significa diventare adulti?” è, anzi, disarmante con la sua semplicità/umiltà – questo libro fa riflettere sui grandi temi della vita e sulle domande che, almeno una volta nel corso della propria esistenza, ognuno di noi si è posto/si pone:

-         Quando ci si può considerare adulti?

-         Che cosa significa crescere?

-         È un bene?

-         È necessario?

-         La sofferenza ha uno scopo?

-         Che cos’è l’amicizia?

-         Quanto conta realmente lo studio, nella vita di una persona?

-         Qual è la vera missione di ogni essere umano?

-         Qual è il senso della vita?

-         Che cosa s’intende per “normalità”?

-         Che cosa accade quando si muore?

-         Che cosa vuol dire “darsi da fare”?

-         Come si trova la propria strada (compresa quella lavorativa)?

Brevissimo (solo 90 pagine), è uno di quei libri che…

“Questo libro potrebbe esservi di conforto un giorno o l’altro […].

Nei momenti in cui vi sentite scoraggiati o così abbattuti da perdere la fiducia in voi stessi riprendete  queste pagine, rileggetele, e vedrete che riuscirete a ritrovare la sintonia con la vostra interiorità”.

Delicato. Delizioso. Onesto.

 

Luke Gamble, "La società segreta degli animali magici", Garzanti.

 

Edith, una ragazzina di 11 anni, un’estate, scopre:

-         di saper parlare con tutti gli animali, dal più piccolo al più grande;

-         che gli animali leggendari come yeti e cavalli alati, esistono, eccome!

-         che suo zio è un veterinario moooolto speciale…

-         e che lei stessa, insieme allo zio, dovrà salvare queste creature fantastiche da una corporazione di implacabili bracconieri.

Un libro per ragazzi perfetto, secondo me, anche per adulti che non hanno mai smesso di sognare o che vogliono tornare a farlo.

Un bellissimo mix di “Sheena, regina della giungla”, “Il dottor Dolittle” (sia il film con Robert Downey Jr sia quello con Eddie Murphy) ed Harry Potter, che ci ricorda quanto sia importante (anzi, fondamentale) il RISPETTO di TUTTE le creature viventi.

La magia esiste, ed è davanti a noi ogni giorno: basta solo imparare (o ricordarsi di) osservare e ascoltare!

Luke Gamble (che, tra l’altro, è un veterinario) ha esordito alla grande, con questo libro e, con la semplicità della sua scrittura, ha saputo dare grande rilievo a valori imprescindibili come la solidarietà, la collaborazione, la gentilezza e la compassione; in più, è riuscito a dare un tocco di delicato umorismo a un libro già di per sé notevole.

A D O R A B I L E !

 

Margaret Atwood, "Vecchi bambini perduti nel bosco", Ponte alle Grazie.

15 racconti, tutti - in un certo senso – collegati tra loro da un filo fatto di temi e tematiche che si ripetono e di personaggi che ritornano.

Racconti che mostrano il mondo di ieri e quello di oggi.

Racconti che prendono in esame le parole, grazie a un’accurata analisi del loro uso e significato più profondo; Atwood ci mostra il loro potere e l’evoluzione della lingua con le sue stranezze, le sue lacune e la sua capacità di allargare il gap generazionale e le disparità tra maschi e femmine.

Racconti che spaziano tra i generi, toccando spesso il distopico e il fantastico.

Racconti che illustrano la condizione e il trattamento della donna nella Storia, nel corso dei secoli, fino ad oggi. Comprendendo, in questa disamina, anche la condizione delle vedove. Sì, perché di morte parla tantissimo Margaret Atwood, in questo libro; di elaborazione del lutto, di aldilà, di religione…

Questo libro è la narrazione di un tempo che si ripiega su se stesso… Alcuni racconti portano i segni de “Il racconto dell’ancella”, ma in tutti scorre la visione della Storia, con le sue guerre, la politica, gli errori e la violenza che si ripetono, pur succedendosi. Alcuni racconti rievocano dagli abissi del passato nomi (e persone) illustri come Ipazia e George Orwell, in altri troviamo i segni di una evoluzione che – a dire il vero – somiglia più a un’involuzione…

Aspettiamo ancora che il progresso ci porti libertà, rispetto, comprensione, verità… invece ci ritroviamo tra le mani disparità, cattiveria, menzogne, egoismo e violenza.

Margaret Atwood ci ha dimostrato, ancora una volta, di avere un buon occhio analitico e una penna originale e creativa.

 

venerdì 23 febbraio 2024

Nascita de "Il giocatore" di Dostoevskij

 

F. Dostoevskij, "Il giocatore", Garzanti.

Quella che segue non è una recensione de “Il giocatore” di Dostoevskij, bensì una narrazione delle circostanze che hanno portato alla sua stesura. Le informazioni contenute in questo breve articolo sono tratte dall’edizione Garzanti del suddetto romanzo.

Nel 1863 Dostoevskij era stato lasciato dall’amante, Apollinarija Suslova, cosa che aveva rappresentato una cocente – se non la più cocente – delusione sentimentale della sua vita e lo aveva indotto a pensare che mai più sarebbe stato amato da una donna. Nel 1864 erano morti – a poco tempo l’una dall’altro – la prima moglie Marija Dmitrievna e l’amatissimo fratello Michail, con il quale aveva fondato prima la rivista “Vremja” e poi, dopo la proibizione di questa, “Epocha”. Nel ’65 anche “Epocha” era stata proibita dalla censura, lasciando lo scrittore in una situazione finanziaria disperata. A giugno dello stesso anno, infatti, i creditori gli sequestrarono i mobili e lo costrinsero a fuggire all’estero per sottrarsi alla carcerazione.

Al suo ritorno in patria, D. lavora alla stesura di “Delitto e castigo”, ma i soldi che guadagna gli bastano appena per pagare i debiti. Nell’estate del ’65, proprio per far fronte a questi ultimi, aveva venduto a un editore malvagio e senza scrupoli i diritti a pubblicare la raccolta completa di tutte le sue opere. Nel contratto, però, era presente una clausola con la quale D. s’impegnava a consegnargli un romanzo di almeno dodici fogli a stampa per l’edizione delle sue opere; se non lo avesse fatto entro l’1 dicembre del 1866 l’editore sarebbe stato autorizzato a pubblicare per nove anni – gratis e a suo piacimento – tutti gli scritti di D., senza che quest’ultimo potesse reclamare alcun compenso. Impegnato com’era nella stesura di “Delitto e castigo”, D. arrivò a un mese dal termine ultimo stabilito nella clausola. Era con l’acqua alla gola, come si suol dire, dunque – su consiglio dell’amico Miljukov, ricorse all’aiuto di una stenografa, Anna Grigor’evna Snitkina, che poco tempo dopo diventerà sua moglie. Anna e Fëdor lavorarono febbrilmente per ventisei giorni e, prima della scadenza, il romanzo (“Il giocatore”) fu finito e consegnato a Stellovskij…

Centocinquanta pagine (circa) in meno di un mese… Dostoevskij sembrava dare il meglio di sé quando era messo alle strette!

La fretta è costata al romanzo dei difetti, questo è certo, ma rimane comunque un piccolo miracolo.

 

Consigli di lettura per saperne di più su Dostoevskij:

·        Anna Grigór’evna Dostoévskaja, “Dostoevskij mio marito”, Castelvecchi.

·        “Un certo Dostoevskij”, a cura di Pavel Fokin, con prefazione di Paolo Nori, UTET.


 


lunedì 1 giugno 2020

LETTERATURA RUSSA? Sì, GRAZIE!


Lev Tolstoj, "Guerra e rivoluzione", Feltrinelli
Non dovrebbe spaventarvi tanto il pensiero di leggere questo libro, quanto – piuttosto – quello di non leggerlo. È un testo BELLISSIMO e PERICOLOSO “Guerra e rivoluzione” di Lev Tolstoj, tanto che dovrebbe essere accompagnato da un foglietto illustrativo, da un bugiardino, come i farmaci. Perché? Perché contiene la formula per la LIBERTÀ, espressa con una chiarezza e una semplicità disarmanti. E, che concordiate o meno con le idee di Tolstoj, sarete inevitabilmente portati a riflettere su molti aspetti che riguardano la vostra vita di cittadini e – ancor prima di quella – la vostra vita di esseri umani. Tra gli “effetti collaterali” dovrebbe, a tal proposito, esseri scritto: “Può causare DISOBBEDIENZA”.
Se avrete occasione di leggere questo saggio capirete perché non posso aggiungere ulteriori dettagli alla mia recensione e, forse, mi perdonerete…

"Ivàn lo scemo", Lev Tolstoj, Ed. Barbes.



Ivàn lo scemo. Scemo? Mica tanto, anzi, proprio per niente! Buono e generoso, semmai, e ricco di umiltà. Attraverso di lui, Tolstoj ci mostra la sua società ideale, basata sui valori cristiani; una società in cui la vera ricchezza non è quella data dal denaro e il vero potere non è quello che deriva dalla dominazione dei popoli attraverso gli eserciti e le guerre. Se “Guerra e rivoluzione” rappresenta la “teoria”, “Ivàn lo scemo” mostra come mettere in pratica gli appunti contenuti in quel saggio. La parola d’ordine è “semplicità”. Con la semplicità, unita alla coltivazione della pace, la ricchezza (intesa come abbondanza di tutto ciò che ci è necessario per una vita serena) è assicurata. Un racconto brevissimo, molto divertente e istruttivo “Ivàn lo scemo” di Lev Tolstoj, ed. Barbes. Un classico dal sapore fiabesco, adatto a tutte le età.


 
F. Dostoevskij, "Il sosia", Garzamti
«Voi, signori, mi conoscete tutti, ma sinora mi conoscevate soltanto da un lato». Un thriller psicologico di altissimo livello “Il sosia” di Dostoevskij (1846) è, per me, la versione russa de “Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde” di Stevenson (1886). Abilissimo nello scandagliare l’animo umano, Dostoevskij sa metterne in luce tutti gli aspetti: da quelli più dolci e sensibili a quelli più abietti e meschini L’uomo “perbene” contrapposto all’uomo “del sottosuolo”; l’uomo onesto, probo e irreprensibile sia dal punto di vista sociale sia da quello morale perennemente in lotta contro il proprio crudele e depravato alter ego. Così diversi eppure così simili…


 
F. Dostoevskij, "Un cuore debole", Passigli
Ammalarsi di felicità. Perché si pensa di non esserne degni, di non meritarla… Ancora una volta Dostoevskij mi ha portata sulle montagne russe delle emozioni: gioia e malinconia, entusiasmo e angoscia, serenità e disperazione… E, ancora una volta, le relazioni umane di amore e di amicizia sono state al centro della scena, hanno rappresentato il fulcro delle vicende e hanno saputo coinvolgere e straziare il mio cuore con la loro intensità di espressione.


 
"F. Dostoevskij, "Il sogno di un uomo ridicolo", Newton Compton
Così come Dante Alighieri nella “Divina Commedia” si cimentò nell’ardua impresa di raccontare quello che, per comodità, definiamo “Aldilà”, anche Dostoevskij – ne “Il sogno di un uomo ridicolo” – ha tentato di narrare che cos’è il Paradiso e come vi si vive, ma anche come si costruisce un Inferno. Le difficoltà di Dostoevskij nel trasporre la propria esperienza in parole umane sono le stesse incontrate da Dante nel descrivere il volto di Dio, una volta tornato dal proprio “viaggio”. La Verità – quella Assoluta, quella dell’Amore universale, quella dell’unione con il Tutto – è impossibile da spiegare, ma può essere capita, compresa attraverso l’intuizione. In questo senso, l’espediente del sogno è adatto allo scopo: nel mondo onirico, infatti, tempo e spazio non sono gli stessi della veglia e vi si può viaggiare – senza alcuna limitazione – con la mente. Il messaggio che trapela dal racconto di Dostoevskij nasconde in sé una domanda: potremmo avere il Paradiso qui, sulla Terra, se soltanto lo volessimo tutti fortemente, ma – per ottenerlo – dovremmo ritrovare il “bambino interiore”, vale a dire ciò che eravamo in un tempo e in uno spazio assai lontani… Siamo disposti a recuperare quella purezza o giudicheremo “ridicolo” chiunque professi la propria fiducia nella possibilità di ri/costruire l’Eden?
Un racconto brevissimo (una ventina di pagine, appena) e molto godibile. Ve lo consiglio, con tutto il cuore.


 
F. Dostoevskij, "L'eterno marito"+"La moglie di un altro e il marito sotto il letto", Feltrinelli
“L’Ottocento fu il secolo per eccellenza dell’adulterio, nelle opere letterarie il rapporto coniugale borghese venne sottoposto a una sorta di costante radiografia, per individuarne la struttura e i meccanismi” [Serena Prina]. Anche Dostoevskij si cimentò nell’impresa di trattare questo tema e ne nacquero “La moglie di un altro (Una scena di strada)” e “Il marito geloso (Un’avventura fuori dell’ordinario)” [uniti, poi, a formare un unico testo dal titolo “La moglie d un altro e il marito sotto il letto (Un’avventura fuori dell’ordinario)”] e “L’eterno marito”. Quest’ultimo, sebbene sia stato redatto in soli tre mesi, contiene – dietro un’apparente semplicità – una struttura complessa in cui figurano il tema del doppio (tanto caro all’autore) sia maschile sia femminile, un sottinteso antioccidentalismo (dovuto a una disamina della corruzione morale derivante, secondo Dostoevskij, proprio dall’Occidente) e – tra i vari colpi di scena – una rivelazione in grado di lasciare a bocca aperta il lettore. Altra caratteristica particolare de “L’eterno marito” è la quasi totale assenza dell’adultera all’interno della narrazione: all’apertura del romanzo, infatti, la donna è morta da nove anni e di lei si parla solo in termini di “ricordo”; i veri protagonisti sono, pertanto, il marito, l’amante e – per un tratto – la figlia della defunta, che non tarderà a diventare un fantasma come la madre.
Scorrevole, stranamente esplicito, a volte tragico, altre volte comico, “L’eterno marito” è diverso dagli altri racconti di Dostoevskij; è diverso – persino – da “La moglie di un altro e il marito sotto il letto”, così assurdo e grottesco.
Ho scoperto un Dostoevskij che non conoscevo e voglio consigliarne la lettura anche a voi.