Giovedì 9 maggio, ore
18,00, sala Indaco.
Scrivere di sé (a cura di Scuola del
libro).
Federica Antonacci
dialoga con Andrea Pomella.
La scrittura
autobiografica implica due cose fondamentali: il ritrovamento e la perdita. Si
è soliti pensare che, prima di “ritrovare” si debba “perdere”: in questo tipo
di scrittura, stando al pensiero di Andrea Pomella, avviene l’esatto contrario.
Secondo lui, si ritrova per poi perdere.
Noi non ricordiamo
obiettivamente. Ogni volta che ricordiamo, attacchiamo a quel ricordo
(autentico) qualcosa di posticcio e – così facendo – tendiamo nuovamente a
perdere ciò che abbiamo con tanta fatica ritrovato nella nostra memoria. L’
“io” è trasfigurato attraverso gli strumenti della finzione, pertanto la
non-fiction non è mai solo non-fiction, ma qualcosa di “spurio”…
A
proposito di scrittura creativa…
La scrittura è SEMPRE
creativa. E tutti – proprio tutti – hanno una storia da raccontare perché tutti
hanno una storia! La vita, infatti, è una miniera inesauribile di ispirazione e
non c’è bisogno di andare a cercare storie nascoste: basta guardare le cose che
si hanno davanti agli occhi. L’immaginazione – oggigiorno – è fortemente in
crisi e si ha un grande bisogno di appigliarsi alla realtà. Non basta, però,
essere aderenti alla realtà, bisogna anche – e soprattutto – essere in grado di
inserire un’alta percentuale di verità all’interno di una narrazione. Il
lettore deve sapere che si tratta di finzione ma deve comunque “crederci” come
se fosse reale e – soprattutto – vero.
I
“tempi” della scrittura autobiografica…
Ci sono diversi tipi
di scrittura autobiografica, ma – alla fine – si tende sempre a scrivere del
passato usando gli occhi del presente. Pomella, invece, racconta di aver
scritto “L’uomo che trema” in “presa diretta”, come se fosse una sorta di
diario, usando – cioè – il tempo presente. La vita di tutti giorni potrà anche
essere noiosa, il più delle volte, ma è proprio quella la vita vera, quella che
è interessante narrare! D’altronde è raro e difficile che ogni nostro singolo
giorno su questa Terra sia avventurosa… Inoltre, c’è da considerare che –
spesso – la realtà supera di gran lunga la finzione!
Quando scriviamo
un’autobiografia diventiamo personaggi e – addirittura - il tempo stesso
diventa un personaggio. [Un concetto – questo del tempo-personaggio – tratto dal
libro di Manuel Vilas intitolato: “In tutto c’è stata bellezza”]. Questo accade
perché – per ricostruire il passato – siamo soliti richiamare alla mente tanti
ricordi, per poi caricarli di numerose sovrastrutture. A tal proposito, durante
la stesura della propria biografia, Pomella è arrivato a domandarsi: “È
possibile che io stia piegando la mia vita in funzione di ciò che sto
scrivendo?” [Riprendendo una frase di Aldo Busi che recita: “Io, pur di
scrivere, mi sono ridotto a vivere”].
Fiction
vs non-fiction…
Possiamo dire di
essere usciti, una volta per tutte, dall’esigenza di cercare l’originalità ad
ogni costo? Nel caso la risposta sia
negativa, sarebbe bene pensare che tale ricerca tende, a volte, a scadere
nell’inverosimile: la realtà è già sufficientemente originale!
Riferimenti:
“L’uomo che trema”,
Andrea Pomella, Edizioni Einaudi.
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