Giovedì 9 maggio, ore
12,00, sala Bronzo.
Esordio: istruzioni
per l’uso.
Modera: Benedetta
Centovalli
Intervengono: Giulio
Mozzi, scrittore e consulente editoriale per Marsilio.
Francesca Chiappa:
direttore editoriale Hacca.
Dalia Oggero: editor
narrativa italiana Einaudi.
Alice Cappagli:
scrittrice.
Marco Marrucci:
scrittore.
Giulio
Mozzi (autore di “Oracolo manuale per scrittrici e
scrittori”) ha aperto l’incontro con un’affermazione all’apparenza molto dura,
ma – a ben pensarci – veritiera e – oserei dire – fondamentale: “Scrivere non è
necessario: può non essere la tua vocazione… Può essere un momento di
maturazione per fare dell’altro”. Il significato di questa frase è presto
spiegato: non è detto che, per esprimere te stesso e le tue potenzialità, tu debba
scrivere; esistono tanti mezzi con cui ci
si può realizzare e può anche darsi che scrivere rappresenti solo un trampolino
di lancio per capire che la tua strada è un’altra. Se però, alla fine,
riuscirai a veder pubblicato il prodotto dei tuoi sforzi, sarà inevitabile
provare una punta di orgoglio o fierezza,
in quanto quel prodotto rappresenta l’emblema del tuo meglio. Inoltre, non è
detto che, dopo aver pubblicato un libro sia necessario pubblicare altri libri…
Non importa che la prima opera sia la prima di una lunga serie o la prima e
l’ultima, perché la prima è la prima ed è quella in cui metti in gioco una
parte molto importante di te stesso/a.
Francesca
Chiappa ha dichiarato di concordare pienamente con Mozzi
affermando, infatti: “È proprio vero: non è necessario scrivere e non è
necessario pubblicare”. La casa editrice che si assume l’impegno di pubblicare
un’opera prima, ha una responsabilità enorme in quanto sta implicitamente
comunicando alla persona che ha deciso di pubblicare, che diventerà uno
scrittore.
Perché pubblicare
esordienti, dunque? Perché sono coloro che sanno raccontare cose che tanti
magari non vedono (ancora) o non sanno descrivere. Quando si pubblica un
esordiente, lo si fa con la speranza di pubblicare un “veggente”, ovvero una
persona che sia in grado di intercettare qualcosa e di raccontare quel qualcosa,
in modo tale da far “crescere” (=evolvere) sia il pubblico sia l’editore che ha
deciso di pubblicarlo. Un esordiente è come un portatore di una nuova energia.
Dalia
Oggero
20-25 anni fa,
esordire era una cosa importante non soltanto per l’autore, ma anche per l’editore; era
considerata una buona pratica pubblicare almeno un paio di esordi all’anno.
Possibilmente under 30. Oggi non è
più così. Per scelta. La scelta della Casa Editrice Einaudi, infatti, è stata
quella di pubblicare soltanto libri “forti”, libri che rientrassero, a tutti
gli effetti, negli interessi dell’editore. Tra il “devo” e il “mi piace”, la
scelta è, dunque, caduta sulla seconda opzione. Ci sono stati anni in cui non
hanno pubblicato alcun esordiente.
Come si sceglie che
cosa pubblicare? Ci sono varie modalità: la prima è ancora il passaparola, cioè
si leggono manoscritti su consiglio di altre persone che lo hanno letto e
apprezzato. La seconda modalità avviene attraverso la scrematura diretta (da
parte degli editor) dei manoscritti che arrivano in casa editrice. C’è anche
una terza modalità, secondo la quale è l’editore stesso ad andare in cerca dei
libri da pubblicare. Il presupposto fondamentale su cui Einaudi fa affidamento
per pubblicare un libro è l’accordo/la concordanza di tutti i propri editor.
Alice
Cappagli
“Scrivere aiuta a
chiarirsi le idee”. Per Alice, la parola d’ordine è: “PASSIONE”. La sola
passione, però, non è sufficiente: è necessario anche un grande lavoro di
squadra con gli editor. Un consiglio
per chi vuole scrivere? “Abbiate il coraggio di tagliare, di rivedere, di
rifare”. La bravura di un editor,
infatti, risiede nel saper vedere i punti forti di una narrazione e valorizzare
tutto ciò che è valorizzabile. La bravura dello scrittore, invece, risiede nel
farsi sempre nuove domande e nel sapersi guardare attorno. Sempre.
La Cappagli ha
dichiarato di aver trovato grande soddisfazione, dopo la pubblicazione del suo
libro, nell’interagire le persone.
Riprendendo il concetto dalla Fenomenologia, l’autrice ha asserito, a questo
proposito: “L’opera d’arte è interazione tra chi guarda quell’opera e ciò che
l’opera stessa rimanda a chi guarda”.
Marco
Marrucci
Una Casa Editrice è
un’azienda, una Partita Iva, pertanto compie un atto di coraggio nel pubblicare
un libro. Investe sull’autore senza avere certezze. Personalmente, pensava che
la sua opera non sarebbe stata pubblicata, essendo – lui – inesperto, privo di
referenze e di un qualsivoglia passato nella scrittura. Anche il suo è stato un
atto di fiducia, fiducia nell’azione di talent
scouting della Casa Editrice. Scrivere è un azzardo. Pubblicare lo è ancora
di più. Pubblicare una raccolta di racconti è, poi, un azzardo doppio. Lode al
merito, dunque, per Racconti Edizioni.
A
proposito dei racconti…
Secondo la Cappagli,
il racconto è un “aperitivo” ed è proprio questa caratteristica a renderlo
bellissimo. Perché proprio un “aperitivo”? Perché dà un “assaggio” al lettore,
gli fornisce spunti e dà modo, allo scrittore, di fare esperienza. Chi scrive,
spesso, non ha la consapevolezza del valore di ciò che scrive: per questo
motivo – sia lei sia Marrucci – sono convinti che gli editor abbiano un grandissimo talento nel riconoscere le
potenzialità di un’opera e del suo autore. Il primo sforzo dello scrittore, in
fondo, risiede nel riuscire a comunicare qualcosa (A. Cappagli).
Riferimenti:
“Ovunque sulla terra
gli uomini”, Marco Marrucci (Racconti Edizioni).
“Niente caffè per
Spinoza”, Alice Cappagli (Einaudi).
“Oracolo manuale per
scrittrici e scrittori”, Giulio Mozzi (Sonzogno).
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