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sabato 28 ottobre 2023

LIBERTY - TORINO CAPITALE

 

 

LIBERTY - TORINO CAPITALE

LIBERTY – TORINO CAPITALE, la nuova mostra allestita nella Sala del Senato di Palazzo Madama, è a cura di Palazzo Madama – Museo Civico d’Arte Antica e della SIAT – Società degli Ingegneri e degli Architetti in Torino (con la collaborazione di Mondo Mostre) e sarà visitabile fino al 10 giugno 2024.

LE FONDAMENTA DEL LIBERTY

Nonostante la nuova mostra allestita a Palazzo Madama sia incentrata sullo stile Liberty che ha caratterizzato e che caratterizza ancora oggi la città di Torino, qualcosa mi spinge a fornire un quadro più ampio di questa interessantissima forma d’arte, perciò penso proprio che partirò… dall’inizio…

Molte speranze erano state riposte nella scienza che avrebbe dovuto alleggerire il carico di lavoro all’uomo, a seguito della Rivoluzione Industriale. Molti contadini si erano riversati nelle città, spinti dalla necessità di un lavoro più appagante e più remunerativo, ma la loro urbanizzazione forzata non sortì gli effetti sperati: non soltanto avevano abbandonato le loro radici, subendo tutti i disagi propri di qualsiasi emigrazione, ma ciò che avevano trovato dall’altra parte era una realtà massacrante, non adeguatamente stipendiata e per nulla gratificante. In aggiunta a tutto questo, i prodotti che uscivano dalle industrie erano qualitativamente scadenti e tutti uguali. La produzione in serie aveva appiattito non soltanto i prezzi, ma anche l’originalità. Non c’era arte in quel tipo di produzione!

Si sentiva, negli ambienti artistici (soprattutto in quelli inglesi) la necessità di un cambiamento radicale che riconsiderasse gli scopi stessi del lavoro operaio e la qualità dei prodotti industriali.

Fu William Morris[1] a far scattare la scintilla di quel cambiamento. Morris riteneva, infatti, che bisognasse restituire al lavoro operaio quella “spiritualità” e quel sentimento che erano stati soppiantati dall’uso delle macchine. Perciò, nel 1861, dette vita alla ditta Morris, Marshall, Faulkner & Co. che produceva elementi per l’arredamento e per la decorazione delle abitazioni. Tra i suoi prodotti c’erano oggetti di uso comune, ma anche vetrate colorate, carta da parati, stoffe per rivestimenti, tappezzerie e tessuti ricamati.

Nonostante i propositi fossero di ridare importanza e dignità all’artigianato e di permettere anche alle classi operaie di usufruire di bellezza e qualità, i prodotti della ditta di Morris erano molto costosi e trovavano il loro pubblico in una ristretta cerchia di persone.

Ecco perché, nel 1888, Morris fondò la Arts and Craft Exhibition Society, un’associazione di arti e mestieri che si prefiggeva di conciliare la produzione industriale con l’arte, in modo che ogni oggetto – pur se di serie e di basso costo – avesse un bel disegno e godesse di un certo prestigio artistico. Detto in parole povere, lo scopo di William Morris era di consentire ai meno abbienti di acquistare oggetti d’uso comune di buona qualità, esteticamente belli e a prezzi contenuti.

Nel 1890 nacque anche una tipografia, la Kelmscott Press[2], fondata dallo stesso Morris per ridare lustro al settore editoriale, riprendendo i fasti del libro miniato medievale.

Arte decorativa in ogni campo, dunque, che utilizzava tralci, fiori, foglie e motivi sinuosi ripetuti per impreziosire i prodotti ai quali era applicata.

Ecco quindi riassunte le fondamenta gettate da William Morris e dai suoi seguaci, basi che costituiscono i presupposti immediati dell’Art Nouveau.

L’ART NOUVEAU

A cavallo tra l’Ottocento e il Novecento vanno delineandosi due esigenze: riqualificare in chiave artistica gli oggetti di uso comune prodotti in serie dall’industria, e dare vita a un’arte diversa, più moderna, specchio dei tempi e in linea con le nuove aspettative delle persone.

L’Art Nouveau (che in francese significa appunto “arte nuova”) ricalca proprio queste esigenze e diventa, in breve tempo, il gusto di un’epoca: la Belle Époque. Essa incarna nel modo più vero e profondo lo spirito e le contraddizioni di una società che, senza rendersene conto, sta precipitando a gran velocità verso la catastrofe della Prima Guerra Mondiale.

In ogni paese d’Europa l’Art Nouveau si sviluppa in modo diverso assumendo anche nomi diversi:

·         In Francia, come abbiamo visto, si chiama Art Nouveau (dall’insegna di un negozio di arredamento d’avanguardia aperto a parigi nel 1875).

·         In Germania diventa Jungendstil (ovvero “stile giovane”, in riferimento anche alla rivista Jungend (“giovinezza”) che aveva iniziato le pubblicazioni a Monaco di Baviera nel 1896.

·         In Austria prende il nome di Sezession (ovvero “Secessione”) dal movimento artistico d’avanguardia formatosi a Vienna nel 1897. Fra i promotori della Secessione viennese Gustav Klimt è senza dubbio la figura più rilevante.

·         In Belgio si chiama Stile Horta, dal nome di Victor Horta, che ne fu il massimo esponente.

·         In Spagna, invece, assume il nome di Arte Jóven o – anche – Modernismo.

·         In Italia diviene Liberty, dalla ditta di arredamenti moderni Liberty & Liberty Co., attiva a Londra fin dal 1875.

L’ART NOUVEAU NEI TESSUTI

Il rinnovamento dei tessuti ha riflessi immediati anche nella moda. Gli stilisti del tempo, infatti, aboliscono le rigidità dei bustini rinforzati e delle gonne rigonfie proponendo forme estremamente più morbide e fascianti che esaltano le linee sinuose del corpo femminile, ispirandosi – nel contempo  - all’armonia di soggetti floreali o addirittura alla raffinata eleganza di alcune korai greche.

L’ART NOUVEAU NEL VETRO E NELLA CERAMICA

Essendo due materiali che ben si prestano a torsioni e trasparenze, anche il vetro e la ceramica rimangono invischiati nel vortice di novità a cui l’Art Nouveau ha dato vita.

L’ART NOUVEAU NELLA GRAFICA

Anche grazie ai progressi fatti nel campo della riproduzione di immagini a colori (dovuti al perfezionamento delle tecniche litografiche), spopolano manifesti, locandine, riviste e cartoline illustrate, per di più in grande tiratura. Questa massiccia diffusione permette agli artisti di esercitare un’importantissima funzione educativa su larga scala: è infatti più facile far viaggiare le idee e stimolare i “palati” del pubblico con gusti nuovi.

 

L’ART NOUVEAU NELLA PITTURA E NELL’ARCHITETTURA

Come nel piccolo, così nel grande, potremmo dire. A questo punto, infatti, l’Art Nouveau ha ormai messo radici nelle piccole cose quotidiane, ha abituato le persone alla sua presenza, mettendole così in condizione di accogliere positivamente il vento del cambiamento che soffia anche in quegli sconfinati campi artistici che sono la pittura e l’architettura.

Anche in questo caso, comunque, vige il detto “Paese che vai, usanza che trovi” (anche se la lingua italiana soffre ogni volta che qualcuno pronuncia questa frase…), perciò, a seconda del Paese di riferimento, cambiano anche le “declinazioni” dello stile. Ciò che invece rappresenta una costante è l’uso nuovo e funzionale del ferro e della ghisa. Sono le strutture stesse a diventare decorazione, magari attingendo con piena libertà di rielaborazione al vasto repertorio offerto dal regno animale (farfalle e pesci sono i soggetti che ricorrono di più) o da quello vegetale, con fiori, foglie e piante.

LO STILE LIBERTY A TORINO


Torino è una città che ha il Liberty come leitmotiv stilistico. Io abito in questa città da trentotto anni e ancora mi meraviglio di fronte alla bellezza di certe costruzioni, ma mi sono resa conto che c’è anche chi si è abituato a questa città – tanto che non riesce più a coglierne le forme, i dettagli, le particolarità – e chi non l’ha mai guardata con attenzione. Chi non l’ha mai visitata, naturalmente, è scusato…


Sapevate, per esempio, che la famosa Fontana dei Mesi, al Parco del Valentino, è uno dei simboli principali del Liberty?

Fontana dei Mesi

 Una cascata di 600 litri di acqua al secondo, con due pennacchi lanciati a 20 metri d’altezza la rendono stupefacente. Costruita nel 1898 sul progetto dell’architetto Carlo Ceppi, è realizzata in cemento ed è luminosa e imponente in quanto costituita da quattro gruppi statuari (raffiguranti rispettivamente i fiumi Po, Dora, Sangone e Stura) e da 12 statue (femminili); ognuna di esse raffigura un mese dell’anno.

 



 Io sono particolarmente legata a quella che rappresenta il mese di Novembre: immaginate il motivo?

Novembre alla Fontana dei Mesi

LIBERTY – TORINO CAPITALE

L’esposizione racconta con un centinaio di opere il fondamentale ruolo di Torino per l’affermarsi del Liberty, un’arte che nella capitale sabauda diviene il fulcro di una storia che travolge ogni aspetto della vita dei cittadini, oltre che di tutte le forme d’arte (dall’architettura alla pittura, passando persino per la moda e l’arredamento di interni). Tra il 1880 e il 1920 il Liberty riuscì non solo a trasformare e rinnovare l’aspetto della città di Torino, ma riuscì anche a definire un approccio al contesto urbano che inciderà su tutta l’architettura occidentale, prima, e mondiale,  poi.

Questa esposizione è una mossa fondamentale per l’ingresso di Torino nel RANN di Bruxelles e la sua candidatura a Città Patrimonio Mondiale Unesco per il Liberty.

La mostra, è suddivisa in cinque sezioni:

1)    Eterno femminino

2)   La casa moderna

3)    La Gran Via

4)   Nuovi linguaggi per una nuova società

5)    Dalla Sfinge a Città del Messico

Prendetela come una passeggiata per le vie della città, priva – però – delle scocciature e dei pericoli propri del traffico urbano.

Nella prima sezione, la protagonista indiscussa è la donna che, tra l’Ottocento e il Novecento, emerge sotto molteplici aspetti (sociale, ruolo, immagine).

Nella seconda sezione fa bella mostra di sé la splendida ricostruzione di un bow window (interno della Palazzina Turbiglio), con: un lampadario dell’Officina Mazzucotelli, pregiati complementi d’arredo, un abito femminile e accessori moda.

BOW WINDOW


Nella terza sezione risiede il cuore della mostra che racconta Torino attraverso la sua architettura, a partire dalla rivoluzionaria Esposizione Internazionale del 1902, rievocata attraverso opere allora esposte e gli apparati iconografici concepiti, che presentano non solo i fermenti culturali dell’epoca, ma soprattutto, indagandone la materialità, portano all’essenza del Liberty torinese.

E, poiché questa corrente permea ogni settore cittadino (dalle scuole alle fabbriche, dalle case popolari alle ville signorili, dai bagni pubblici ai palazzi, dall’arredamento d’interni all’editoria scolastica e dalla grafica pubblicitaria alle riviste passando persino dall’abbigliamento), la mostra è veramente molto ricca e rende anche la quarta sezione espositiva un luogo in cui soffermarsi a lungo.

Banchi di scuola in stile Liberty

 

 

 

 

 

 

La quinta e ultima sezione, invece, è un viaggio all’interno della creazione di un’opera d’arte in stile Liberty: dal bozzetto all’opera compiuta.

Leonardo Bistolfi, "La Sfinge", 1890. Bozzetto in gesso per la Tomba Pansa al Cimitero di Cuneo.

 

 

 

 

 

L’esposizione si avvale, inoltre, dell’eccezionale contributo dato dalla campagna fotografica  appositamente svolta dall’architetto Pino Dell’Aquila.

Selezione d'immagini della Prima Esposizione Internazionale d'Arte Decorativa Moderna tratte dal servizio fotografico originale del quotidiano "La Stampa".

 

L’allestimento, la mostra e il catalogo – edito da Silvana Editoriale – sono a cura di Beatrice Coda Negozio, Roberto Fraternali, Carlo Ostorero, Rosalba Stura e Maria Carla Visconti che, anche come SIAT – Società degli Ingegneri e degli Architetti in Torino -, da decenni hanno intrapreso un percorso di tutela e approfondimento dei temi della cultura Liberty a Torino, rendendosi protagonisti di importanti iniziative scientifiche, editoriali e divulgative.

All’esposizione si accompagna il ricco programma off Libertyamo, che vede il supporto della Camera di Commercio di Torino, orientato al massimo coinvolgimento della città e dei cittadini alla riscoperta delle proprie radici e dell’eccezionalità del contesto architettonico della loro quotidianità.

UN ASSAGGIO DELLA MOSTRA

LIBERTY - TORINO CAPITALE

 

Come dicevo, il mio consiglio è di fruire della mostra come se fosse una passeggiata, ma la mia non è un’affermazione fatta a caso… L’allestimento, infatti, è stato organizzato in modo da agevolare questa modalità di visita, perciò troverete grandi foto di palazzi che si susseguono.

Gottardo Gussoni, Casa a Crescent, 1911, Torino, c.so Re Umberto 65/67

 Ad ognuna di esse è 

 

associato un corredo di dettagli ingranditi, piante (intese come mappature, non come vegetali, eh! ;) ), documenti storici e curiosità. Tra i nomi degli architetti/ingegneri che hanno progettato tali strutture abitative si annovera anche quello di Pietro Battaglia, la cui Villa Scott è nota per essere stata protagonista del film “Profondo rosso”, di Dario Argento. E l'illuminazione è data da lampioni che riprendono esteticamente e idealmente i lampioni della città.

Giuseppe Velati Bellini, Casa Florio Nizza, 1901, Torino, via Bertola, 20.


C’è anche un filmato che mostra palazzi e dettagli architettonici davvero sorprendenti!

Troverete poi una carrellata dei materiali specifici di cui si avvale il Liberty, tra i quali spicca una serie di grandi barattoli in cui sono contenuti pigmenti dai colori vivi e vibranti  che – sono sicura – attireranno la vostra attenzione, così come hanno attirato la mia.

Una selezione di pigmenti che va dai colori delle terre al verde cromo, passando per il rosso cocciniglia e il blu oltremare artificiale.

E, per gli amanti dell’editoria, ci sono libri e riviste.

 

 

Ci sono dipinti 

Giovanni Boldini, "Fuoco d'artificio", 1890 circa.

 

 

 

 

 

 

 

 

e sculture, 

Edoardo Rubino, "La danza"

 

 

 

 

 

 

 

ma anche locandine, 

Alphonse Mucha, "Ferdinand Champenois Imprimeur-Éditeur 1897", litografia a colori.

 

un ventaglio, un cappello, un pettine e delle spille. C’è persino un Monumento funerario con la relativa riproduzione fotografica.


 

Ci sono arredi e complementi d’arredo…

Insomma, c’è tanto da vedere, e la cosa più bella è che tutto è concentrato in un unico luogo! Perciò, se vi è piaciuto l’assaggio, non vi resta che andare a visitare la mostra e poi, magari, divertirvi a cercare le impronte del Liberty per le vie – quelle vere – della città di Torino.

Buona passeggiata!



[1] Nato a Walthamstow nel 1834, Morris studiò a Oxford. Fu pittore, pubblicista, decoratore e grafico. Frequentatore assiduo del Victoria and Albert Museum (inaugurato nel 1872 con la denominazione di South Kensigton Museum), il primo a occuparsi esclusivamente di arti decorative, ne divenne in seguito collaboratore in qualità di membro del suo comitato di esperti. Morì ad Hammersmith nel 1896.

[2] Dalla tipografia di Morris proviene la più pregevole edizione dell’opera omnia di Geoffrey Chaucer.

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