Francesco Hayez, "L'ultimo addio di Giulietta a Romeo", 1833 |
Hayez - L'officina del pittore romantico, alla GAM di Torino, 17 ottobre 2023 - 1 aprile 2024. Acura di Fernando Mazzocca ed Elena Lissoni e in collaborazione con l'Accademia di Belle Arti di Brera. Iniziativa organizzata e promossa da Fondazione Torino Musei, GAM Torino e 24 Ore Cultura.
C’è chi va a visitare una mostra perché conosce l’artista, chi perché è stato invitato dall’amico di un amico di un amico; qualcuno ci va per seguire la moda o perché è chic, altri ci vanno perché così hanno qualcosa da raccontare sui Social; ma ci sono anche quelli che ci vanno semplicemente perché sono curiosi e quelli che – invece – non sanno cosa fare, ma pur di uscire di casa andrebbero ovunque. Non dimentichiamo poi quelli che frequentano mostre e Musei per lavoro e coloro che lo fanno perché amano le novità.
E poi ci sono io. Io, che frequento i Musei e le Gallerie d’Arte perché ho sete di conoscenza e fame di stimoli, di bellezza e di meraviglia. Io, che ci vado perché amo il fermento e, nello stesso tempo, la solennità che aleggia in quelle sale, il silenzio che a volte fa spazio a un brusio sommesso, la calma che a volte lascia il posto all’eccitazione; amo il profumo delle cose antiche e l’aroma seducente di quelle moderne. Ci vado per sentire i sussurri del passato e le grida del futuro, ma anche le voci distinte del presente intorno a me.
Quando vado a visitare una mostra o un Museo faccio quasi sempre delle ricerche – prima – e degli approfondimenti – dopo – perché voglio che ciò che ho visto/vedrò si imprima bene nella mia memoria, fosse anche solo quella emozionale. E a volte capita che io sia impaziente di andare a vedere una certa esposizione… È capitato, ad esempio, per una mostra su de Chirico e per una su Frida Kahlo, ed è capitato anche per l’allestimento su Francesco Hayez. Perché? Perché quando a scuola, durante una lezione di Storia dell’Arte, il professore ti fa aprire il libro di testo su un capitolo che ha delle foto di dipinti talmente belli e talmente realistici che sembrano… foto, beh, non puoi non innamorarti a prima vista! E cosa succede quando ti innamori? Succede che vuoi saperne di più sull’oggetto del tuo amore, e vuoi vedere dal vivo ciò che ha scatenato in te quell’emozione.
Nel mio libro di Storia dell’Arte[1] c’erano: “Aiace d’Oileo” del 1822 (sia in bozzetto su carta sia in olio su tela, nella sua versione definitiva), l’ “Atleta trionfante” del 1816, “La congiura dei Lampugnani (o di Cola Montano)”[2], realizzato tra il 1826 e il 1829, “Pensiero malinconico” del 1842, “Il bacio” del 1859[3] e il ritratto di Massimo D’Azeglio, del 1864.
I meme che circolano oggi in rete ci hanno abituati a vedere “Il bacio” associato a ogni genere di citazione romantica e io speravo di trovarlo alla GAM, ma la Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino mi ha riservato una serie di chicche inaspettate e sorprendenti. Innanzitutto, appena entrata nella prima sala, sulla destra si stagliava di fronte a me, in tutta la sua magnificenza, il nudo dell’ “Atleta trionfante” (che mai avrei pensato di trovare). Per ragioni che potrete ben immaginare non metterò qui la foto, comunque sappiate che quel dipinto occupa quasi una parete…
C’erano dipinti a tema mitologico che mi hanno colpita ancor più dell’Aiace stampato sul libro;
Francesco Hayez, "L'educazione di Achille", 1813
al posto del “Pensiero malinconico” c’era addirittura un trittico di pensieri malinconici; c’erano i Lampugnani che congiuravano lì di fronte a me, insieme a numerosi altri dipinti storici; c’era, sì, un ritratto di Massimo D’Azeglio, ma realizzato da Giuseppe Molteni nel 1835…
E “Il bacio”? – vi
starete domandando. C’era anche quello, ma una versione a me sconosciuta che ho
apprezzato moltissimo perché è stata inserita in una sala “romantica” insieme a
Romei, Giuliette e addii tormentosi.Un collage "romantico" realizzato con alcuni dipinti di Francesco Hayez.
«È il capo della scuola di Pittura Storica che il pensiero Nazionale reclamava in Italia».
Queste le parole di Giuseppe Mazzini, contenute in un saggio apparso su una rivista inglese nel 1840. Parole riferite proprio ad Hayez, il quale fu una figura di riferimento per quanto riguarda non soltanto la pittura storica, ma anche la ritrattistica, i numerosi e caratteristici disegni preparatori, i bellissimi nudi, l’uso sapiente del colore, del chiaroscuro e delle ombreggiature. Alla GAM le sale sono state allestite secondo un ordine tematico per poter ospitare al meglio i numerosissimi dipinti di questo artista eccezionale[4].
FRANCESCO HAYEZ
Francesco Hayez, "Autoritratto a settantun anni", 1862
Francesco Hayez nacque a Venezia il 10 febbraio 1791 e proprio nella città lagunare fece i suoi primi studi che lo portarono a vincere, nel 1809, il Premio Roma (bandito dall’Accademia di Belle Arti di Venezia) e a ottenere una borsa di studio con la quale poté trasferirsi nell’Urbe. Lì entrò in contatto col mondo antico e, in particolare, con le opere di Raffaello, che tanto lo ispirarono. Ricevette grande aiuto da Antonio Canova, che lo introdusse negli ambienti colti romani e lo favorì in diverse occasioni. L’artista visse, quindi, tra Roma e Venezia, ma nel 1823 si trasferì definitivamente a Milano, dove divenne un punto di riferimento per l’alta borghesia liberale, la nobiltà e i circoli patriottici dell’epoca: fu il maggiore interprete dei costumi e degli ideali che contraddistinsero quel periodo storico.
Dal 1850 fu professore di pittura all’Accademia di Brera e il suo operato lo ha portato ad aggiudicarsi un posto d’onore tra i pilastri che hanno fatto la storia (in vari ambiti) di quel periodo, ovvero: Alessandro Manzoni, Giuseppe Verdi e i già citati Massimo D’Azeglio[5] e Giuseppe Mazzini. Hayez fu, infatti, “il più grande dei pittori di storia e si trovò ad operare proprio quando la pittura storica, alla stregua del romanzo storico a sfondo patriottico, divenne un mezzo per diffondere nell’animo degli Italiani una comune coscienza di Nazione proponendo un glorioso passato a favore della libertà e contro la tirannide. […] L’opera d’arte, infatti, è rivolta non più a una élite, come nel passato, ma al popolo intero e ha funzione educativa”.
Dopo una prima totale e coinvolgente adesione al Neoclassicismo (durata fino al 1820), Hayez si dedicò alla rappresentazione del vero e del bello. Il vero, naturalmente, si riferisce alla realtà del suo tempo, alla società e ai sentimenti, sia collettivi sia individuali. Il bello, invece, è legato sia al campo estetico dell’immagine sia a quello dell’ideale di pensiero. La realtà, pertanto, non è mai rappresentata in modo crudo, ma sempre restando sul filo di una certa “delicatezza”.
“Con uno stile che abbandona deliberatamente la correttezza più convenzionale del disegno accademico a favore di una nuova naturalezza, esaltate dal colore ispirato ai maestri veneti del Cinquecento, Hayez si distacca dalla dimensione ideale del Neoclassicismo e dai soggetti ispirati alla mitologia e alla storia antica, proponendo una pittura romantica e nazionale, capace di farsi interprete anche delle tensioni politiche di quegli anni”.
“Il successo del nuovo genere – e la conseguente popolarità e diffusione, per il tramite di riproduzioni a stampa, dei dipinti di Hayez – era favorito dal clima politico italiano, del quale desiderio di libertà e aspirazione unitaria erano gli ingredienti di base”.
I TEMI BIBLICI
Francesco Hayez, "Ecce Homo", 1867-75 |
Su un diverso versante, con un repertorio più disimpegnato di smaglianti “Interni di harem” e sensuali “Odalische”, dove trionfa la seduzione, l’artista sperimenta nuove formule espressive legate alla resa del nudo femminile, confrontandosi con la grande tradizione della pittura rinascimentale, tra Tiziano e Correggio, fino a raggiungere soluzioni di straordinaria modernità. Così, le sublimi eroine bibliche – Tamar di Giuda, Ruth, Rebecca – sono struggenti icone di donne ideali, esaltate nella loro malinconica bellezza, capaci di esprimere, proprio grazie a un’estenuata perfezione delle forme coniugata con una grande forza sentimentale e introspettiva, lo spirito e l’inquietudine dei tempi moderni, proiettandoli in una dimensione universale”.
Francesco Hayez, "Carolina Zucchi come Maddalena", c. 1822 |
IL ROMANTICISMO DI HAYEZ
«Hayez fu il primo pittore che aprì alle menti il mondo cavalleresco. Egli fu il primo a condurre i dotti e il popolo in quel mondo, sospiro dei poeti e, più ancora, delle donne romantiche, fra guerrieri e dame, trovatori e romei». (Antonio Rondani, “Scritti d’arte”, 1872)
“Con queste parole la critica riconosceva nell’artista l’artefice del passaggio dalla mitologia classica a un nuovo repertorio romantico, alimentato dalla storia medievale e dal romanzo moderno, i cui eroi ed eroine stanno al centro di travolgenti passioni – spesso dagli esiti fatali -, in sintonia con la sensibilità dell’epoca. È soprattutto il mito di Giulietta e Romeo, nato nel Rinascimento e consolidato da Shakespeare, a godere di un’enorme fortuna, entrato nell’immaginario ottocentesco grazie alla letteratura, al teatro, alle arti figurative, fino a raggiungere una dimensione universale. Hayez lo ha trattato variandone l’interpretazione lungo tutto il corso della sua carriera alternandolo alla tragica vicenda di Imelda de’ Lambertazzi, incentrata sul dramma dell’addio tra i due amanti, un motivo che ritorna – con una più spiccata accezione sentimentale – anche nella piccola composizione ispirata alla relazione amorosa tra Luigi XIV e Mademoiselle de La Valliere. Questa serie dedicata agli amanti perduti troverà il suo esito nell’opera più importante dell’artista, quel celebre “Bacio” che rappresenta il momento più intenso e poetico della relazione tra due persone che si amano, nel quale si poteva riconoscere la passione che aveva accompagnato la nascita dell’Italia unita, ma così pieno di fascino e di mistero da diventare immagine iconica di un sentimento universale”. (Milano, Pinacoteca di Brera)
I RITRATTI E LA MALINCONIA
Trittico di "Un pensiero malinconico" di Francesco Hayez, c. 1842
In mostra – come ho già accennato al principio di questo articolo – è possibile ammirare tre “variazioni sul tema” della malinconia grazie al trittico “Un pensiero malinconico”. La malinconia era uno stato d’animo a cui veniva dato ampio spazio anche nella poesia di quell’epoca.
La “caduta esteriore” è immagine speculare della “caduta interiore”, uno squilibrio emotivo che ha il suo corrispettivo nello “squilibrio” dell’abito, scivolato sulla spalla sinistra della fanciulla, soggetto protagonista del ritratto. La tristezza sale in superficie e traspare proprio nell’istante in cui i nostri occhi incontrano lo sguardo affranto della ragazza. E, a rafforzare la sensazione depressiva, il pittore ha dipinto dei fiori appassiti, sulla sinistra, cosicché la combinazione di ritratto e natura morta diviene quasi un trattato di psicologia…
“È
forse nei ritratti[6]
che Francesco Hayez riesce a mostrare tutte le sue qualità di colorista e di
sottile interprete della personalità del ritrattato”.Francesco Hayez, "Busto di donna dai capelli sparsi (Angiolina Rossi Hayez)", 1876
Ma una sorta di
inquietudine permea anche altre opere e altre sale… Penso, ad esempio, alla
scultura di Vincenzo Vela (“La Desolazione”, 1850)Vincenzo Vela, "La Desolazione", 1850
o a quella di Antonio Canova (“Maddalena penitente”, datata tra il 1793 e il 1796),
Antonio Canova, "Maddalena penitente", 1793-1796
nonché le Maddalene
dipinte dallo stesso Hayez…
I NUDI
Francesco Hayez, "Bagnante", 1859 |
Le linee sinuose danno morbidezza alle carni, i colori fanno della pelle un panno di velluto e regalano ai tessuti l’illusione della tangibilità…
I DISEGNI PREPARATORI
Francesco Hayez, Studio per "Accusa segreta", 1847-48 Francesco Hayez, "Accusa segreta", 1847-48
Ce ne sono tantissimi in mostra, ma non sono normali disegni preparatori, statici… Gli schizzi di Hayez sono quasi “cangianti”, in movimento, sono mutevoli, in perenne evoluzione, sono bozze che trovano la loro forza nell’incompletezza. Ma – attenzione – non per questo sono frettolosi o approssimativi, anzi, direi piuttosto che sono “possibilisti”, nel senso che - nella loro precisione - lasciano comunque spazio al cambiamento.
Francesco Hayez, "Il consiglio alla vendetta", 1851 |
[1] Alcune delle citazioni che trovate in questo articolo sono tratte da “Itinerario nell’Arte – Dall’Età dei Lumi ai giorni nostri”, vol. 3 (Giorgio Cricco, Francesco P. Di Teodoro), Zanichelli. Altre citazioni, invece, provengono dalle didascalie della mostra.
[2] “Il 26 dicembre 1476, intenzionati a porre fine alla tirannia di Galeazzo Maria Sforza, tre giovani, ispirati dall’umanista Cola Montano (in primo piano nel dipinto), uccidono il Duca di Milano nella Chiesa di Santo Stefano. La presenza nel dipinto dei ritratti di noti personaggi dell’epoca contribuisce a creare una corrispondenza tra ricostruzione storica e attualità politica contemporanea, in un’immagine altamente evocativa del mito della gioventù carbonara, all’indomani dei moti insurrezionali del 1824”.
[3] 1859 – La Seconda Guerra d’Indipendenza, con le vittorie di Magenta, di Solferino e di San Martino, apriva definitivamente le porte all’unità d’Italia.
[4] Alla GAM sono oltre un centinaio le opere esposte nell’ambito della mostra “HAYEZ – L’officina del pittore romantico”.
[5] Massimo D’Azeglio – pittore e letterato, oltre che uomo politico uno dei maggiori del nostro Risorgimento) – fu amico di Hayez.
[6] In mostra, oltre ai numerosi ritratti, ci sono anche molti autoritratti di Hayez.
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