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mercoledì 5 aprile 2023

Donne nell'Arte

Rauda Jamis, "Frida Kahlo", Tea
 Il dolore e la sofferenza come Muse, le disgrazie come denti coi quali mordere la vita e, infine, la pittura come mezzo per esprimere, canalizzare e - forse - esorcizzare la disperazione. Frida usava l'Arte come fosse un contrappeso per mitigare le brutture della vita che, nonostante tutto, lei amava, festeggiava e osannava; usava le tele come fossero "catini" per le lacrime e il sangue versati, perché tutto quel vissuto, tutta quell'energia non andassero sprecati. L'autoritratto come dono di sé agli altri, ma soprattutto a se stessa, come specchio "fisso" per immortalare un ricordo, un'esperienza, un'emozione, una sensazione o un insieme di tutto questo. L'Arte come mezzo di sopravvivenza, come ancora di salvezza. 

Brillante, energica, passionale, ma anche intensa e profonda, Frida Kahlo rimane, per me una fonte di ispirazione continua.

Viva la vida!



Marina Abramović, "Attraversare i muri", Bompiani
Perché vi consiglio questo libro? Perché non è solo un'autobiografia magnifica, è anche il "diario" di una presa di coscienza; è la "crepa" attraverso la quale quella donna straordinaria, che è Marina Abramović, ha - innanzitutto - cambiato il modo di intendere l'Arte.

"Se vediamo l'arte come qualcosa di isolato, di sacro e di separato da tutto, significa che non è vita. Mentre l'arte deve essere parte della vita, deve essere di tutti". Perché "l'arte è vita e morte. È molto seria e molto necessaria". Perché l'arte è qualcosa che accade. Proprio come la vita. L'arte è in grado di far avvivinare le persone le une alle altre, ma anche a loro stesse. La performance, in particolare, ha il potere di coinvolgere direttamente lo spettatore (oltre che l'artista) nell'esperienza artistica, facendolo diventare parte attiva della performance stessa.

Quando Marina Abramović esegue le sue performance diventa una cosa sola con il suo pubblico, "un unico organismo pulsante" poiché usa il proprio corpo come materia prima ma anche come ricettacolo di sensazioni e di emozioni. Fare arte come la fa M. A. significa arrivare a percepire se stessi, gli altri e il mondo in maniera amplificata; significa toccare la paura, sentire il dolore in modo diverso, entrare in sintonia con la natura, attingere informazioni, poteri e "conoscenza liquida" da una sorta di "coscienza cosmica". È tutto più intenso e vibrante. Perché l'arte deve essere disturbante, deve porre domande".

Fare arte alla maniera di M. A. significa soppesare il valore del silenzio e la relatività del tempo. La crescita spirituale, in tutto questo, è sia una causa sia una conseguenza. Contemporaneamente. Perché fare arte significa vivere, e vivere significa produrre arte.

Attraverso l'arte tutto si trasforma... E così il dolore diventa "come una porta sacra da cui si accede a un altro stato di consapevolezza", a un'altra dimensione. La paura (della morte, soprattutto), il terrore, la vergogna, non scompaiono, diventano - invece - punti di forza. Diventano, rispettivamente, coscienza di impermanenza, consapevolezza di essere vivi e presenti, spunti per appigli umoristici (autoironici).

"A volte grido durante le mie performance. È un modo per esorcizzare i demoni".

Un flusso di energia immenso attraversa le pagine di questo libro che parla della storia di una donna straordinaria e della sua determinazione, quella determinazione che l'ha resa in grado di "attraversare i muri".



Susan Vreeland, "La passione di Artemisia", Beat
Tra i libri più belli che ho letto l'anno scorso c'è "La passione di Artemisia" di Susan Vreeland. Mi ha colpita al punto che non riesco a smettere di pensarci. Una giovane donna, vissuta nel 1600, Artemisia Gentileschi, che - sebbene sia stata stuprata, oltraggiata, disonorata, calpestata e derisa - ha trovato il coraggio di andare avanti, a testa alta, grazie alla propria passione (e al proprio talento) per la pittura. Un romanzo che narra della vita (e della carriera) straordinaria della prima pittrice riconosciuta e celebrata nella Storia dell'Arte.

"Questa è la grandezza della tua arte, riuscire a proiettare in un capolavoro i tuoi sentimenti e le tue esperienze".

Sono andata a cercare su Internet la sua Giuditta ("Giuditta e Oloferne") perché avevo il vivo e pungente desiderio di incontrarla (Artemisia) nelle pennellate, nei dettagli e nelle espressioni facciali dei personaggi, e in effetti così è stato. Vi sembrerà pazzesco, ma ho sentito nel mio cuore una fitta di ammirazione che mi ha spinta a rimettere in gioco me stessa e una delle mie più grandi passioni: la scrittura. Perciò, eccomi qua, ad allenare questa passione affinché si trasformi nella qualità che voglio mi contraddistingua: la capacità di scrivere cose che parlino il linguaggio delle anime oltre che quello dei corpi.

Grazie, Artemisia, so che mi assisti, ovunque tu sia.


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