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lunedì 1 giugno 2020

LETTERATURA RUSSA? Sì, GRAZIE!


Lev Tolstoj, "Guerra e rivoluzione", Feltrinelli
Non dovrebbe spaventarvi tanto il pensiero di leggere questo libro, quanto – piuttosto – quello di non leggerlo. È un testo BELLISSIMO e PERICOLOSO “Guerra e rivoluzione” di Lev Tolstoj, tanto che dovrebbe essere accompagnato da un foglietto illustrativo, da un bugiardino, come i farmaci. Perché? Perché contiene la formula per la LIBERTÀ, espressa con una chiarezza e una semplicità disarmanti. E, che concordiate o meno con le idee di Tolstoj, sarete inevitabilmente portati a riflettere su molti aspetti che riguardano la vostra vita di cittadini e – ancor prima di quella – la vostra vita di esseri umani. Tra gli “effetti collaterali” dovrebbe, a tal proposito, esseri scritto: “Può causare DISOBBEDIENZA”.
Se avrete occasione di leggere questo saggio capirete perché non posso aggiungere ulteriori dettagli alla mia recensione e, forse, mi perdonerete…

"Ivàn lo scemo", Lev Tolstoj, Ed. Barbes.



Ivàn lo scemo. Scemo? Mica tanto, anzi, proprio per niente! Buono e generoso, semmai, e ricco di umiltà. Attraverso di lui, Tolstoj ci mostra la sua società ideale, basata sui valori cristiani; una società in cui la vera ricchezza non è quella data dal denaro e il vero potere non è quello che deriva dalla dominazione dei popoli attraverso gli eserciti e le guerre. Se “Guerra e rivoluzione” rappresenta la “teoria”, “Ivàn lo scemo” mostra come mettere in pratica gli appunti contenuti in quel saggio. La parola d’ordine è “semplicità”. Con la semplicità, unita alla coltivazione della pace, la ricchezza (intesa come abbondanza di tutto ciò che ci è necessario per una vita serena) è assicurata. Un racconto brevissimo, molto divertente e istruttivo “Ivàn lo scemo” di Lev Tolstoj, ed. Barbes. Un classico dal sapore fiabesco, adatto a tutte le età.


 
F. Dostoevskij, "Il sosia", Garzamti
«Voi, signori, mi conoscete tutti, ma sinora mi conoscevate soltanto da un lato». Un thriller psicologico di altissimo livello “Il sosia” di Dostoevskij (1846) è, per me, la versione russa de “Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde” di Stevenson (1886). Abilissimo nello scandagliare l’animo umano, Dostoevskij sa metterne in luce tutti gli aspetti: da quelli più dolci e sensibili a quelli più abietti e meschini L’uomo “perbene” contrapposto all’uomo “del sottosuolo”; l’uomo onesto, probo e irreprensibile sia dal punto di vista sociale sia da quello morale perennemente in lotta contro il proprio crudele e depravato alter ego. Così diversi eppure così simili…


 
F. Dostoevskij, "Un cuore debole", Passigli
Ammalarsi di felicità. Perché si pensa di non esserne degni, di non meritarla… Ancora una volta Dostoevskij mi ha portata sulle montagne russe delle emozioni: gioia e malinconia, entusiasmo e angoscia, serenità e disperazione… E, ancora una volta, le relazioni umane di amore e di amicizia sono state al centro della scena, hanno rappresentato il fulcro delle vicende e hanno saputo coinvolgere e straziare il mio cuore con la loro intensità di espressione.


 
"F. Dostoevskij, "Il sogno di un uomo ridicolo", Newton Compton
Così come Dante Alighieri nella “Divina Commedia” si cimentò nell’ardua impresa di raccontare quello che, per comodità, definiamo “Aldilà”, anche Dostoevskij – ne “Il sogno di un uomo ridicolo” – ha tentato di narrare che cos’è il Paradiso e come vi si vive, ma anche come si costruisce un Inferno. Le difficoltà di Dostoevskij nel trasporre la propria esperienza in parole umane sono le stesse incontrate da Dante nel descrivere il volto di Dio, una volta tornato dal proprio “viaggio”. La Verità – quella Assoluta, quella dell’Amore universale, quella dell’unione con il Tutto – è impossibile da spiegare, ma può essere capita, compresa attraverso l’intuizione. In questo senso, l’espediente del sogno è adatto allo scopo: nel mondo onirico, infatti, tempo e spazio non sono gli stessi della veglia e vi si può viaggiare – senza alcuna limitazione – con la mente. Il messaggio che trapela dal racconto di Dostoevskij nasconde in sé una domanda: potremmo avere il Paradiso qui, sulla Terra, se soltanto lo volessimo tutti fortemente, ma – per ottenerlo – dovremmo ritrovare il “bambino interiore”, vale a dire ciò che eravamo in un tempo e in uno spazio assai lontani… Siamo disposti a recuperare quella purezza o giudicheremo “ridicolo” chiunque professi la propria fiducia nella possibilità di ri/costruire l’Eden?
Un racconto brevissimo (una ventina di pagine, appena) e molto godibile. Ve lo consiglio, con tutto il cuore.


 
F. Dostoevskij, "L'eterno marito"+"La moglie di un altro e il marito sotto il letto", Feltrinelli
“L’Ottocento fu il secolo per eccellenza dell’adulterio, nelle opere letterarie il rapporto coniugale borghese venne sottoposto a una sorta di costante radiografia, per individuarne la struttura e i meccanismi” [Serena Prina]. Anche Dostoevskij si cimentò nell’impresa di trattare questo tema e ne nacquero “La moglie di un altro (Una scena di strada)” e “Il marito geloso (Un’avventura fuori dell’ordinario)” [uniti, poi, a formare un unico testo dal titolo “La moglie d un altro e il marito sotto il letto (Un’avventura fuori dell’ordinario)”] e “L’eterno marito”. Quest’ultimo, sebbene sia stato redatto in soli tre mesi, contiene – dietro un’apparente semplicità – una struttura complessa in cui figurano il tema del doppio (tanto caro all’autore) sia maschile sia femminile, un sottinteso antioccidentalismo (dovuto a una disamina della corruzione morale derivante, secondo Dostoevskij, proprio dall’Occidente) e – tra i vari colpi di scena – una rivelazione in grado di lasciare a bocca aperta il lettore. Altra caratteristica particolare de “L’eterno marito” è la quasi totale assenza dell’adultera all’interno della narrazione: all’apertura del romanzo, infatti, la donna è morta da nove anni e di lei si parla solo in termini di “ricordo”; i veri protagonisti sono, pertanto, il marito, l’amante e – per un tratto – la figlia della defunta, che non tarderà a diventare un fantasma come la madre.
Scorrevole, stranamente esplicito, a volte tragico, altre volte comico, “L’eterno marito” è diverso dagli altri racconti di Dostoevskij; è diverso – persino – da “La moglie di un altro e il marito sotto il letto”, così assurdo e grottesco.
Ho scoperto un Dostoevskij che non conoscevo e voglio consigliarne la lettura anche a voi.

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