Un colpo di pistola chiude
la vita di un ricco imprenditore tedesco. E’ un incidente? Un suicidio? Un
omicidio? L’esecuzione di una sentenza? E per quale colpa? La risposta vera è
un’altra: è una mossa di scacchi. Dietro quel gesto si spalanca un inferno che
ha la forma di una scacchiera. Sì, una partita a scacchi aperta da anni, un’ostilità
che chiede vendetta e una tensione che cresce col crescere del mistero.
Una storia mozzafiato, un
thriller che mi ha stregata tenendomi letteralmente incollata alle sue pagine.
Il mistero viene svelato – paradossalmente – infittendolo. E anche alla fine,
quando tutte le “pedine” (giusto per restare in tema), dovrebbero andare ognuna
al proprio posto, resta al lettore il compito di fare l’ultima mossa, una mossa
d’intelligenza che lo porti a capire la verità. Una verità che si intuisce
soltanto, ma che non viene svelata completamente. Ad ogni lettore resta infatti
il compito di interpretare “le mosse” ed arrivare a capire i segni.
Per chi gioca a scacchi,
quel terreno di scontro bianco e nero può essere al contempo una benedizione o
una maledizione. Gli scacchi sono – infatti – vincolati da sempre ad una
terribile scia di sangue che trova la propria origine nel suo stesso fondatore.
Chi si avventura in questo gioco sa che può cadere nella sua trappola da un
momento all’altro: gli scacchi risucchiano i loro partecipanti in un mondo
fatto solo di pedine e di mosse facendo perdere loro di vista la realtà. Non a
caso in questo romanzo fantasia e realtà si mescolano fino a diventare
pressoché indistinguibili l’una dall’altra. Storia e leggenda si intrecciano in
una maglia fitta e avvincente che tiene stretto a sé il lettore dall’inizio
alla fine.
Unico neo in questo romanzo
tanto avvincente è il linguaggio, lo stile narrativo dell’ultima parte: nelle
intenzioni dell’autore c’era – molto probabilmente – la volontà di shockare il
lettore, di sconvolgerlo e di emozionarlo. Tutto ciò avviene, ma trovo che
parte del successo vada attribuita alla tragicità dei fatti e alla sensibilità
di ogni singolo lettore. Trovo – infatti – che nelle ultime pagine la scrittura
diventi un tantino frettolosa, forse – addirittura – “fredda”, nonostante i
temi trattati siano affrontati con la dovuta cura e chiarezza. Qualche pagina
in più e un linguaggio un po’ meno elaborato e limato mi avrebbero regalato una
soddisfazione maggiore. Vero è anche che la tensione di un thriller va supportata
dal “ritmo” con cui vengono narrate le vicende e – va da sé – che il suddetto
ritmo vada intensificato – ad un certo punto – in un romanzo come questo, ma
così come lo ha fatto Paolo Maurensig credo sia eccessivo.
Resta - comunque - un romanzo bellissimo e degno di attenzione.
Almeno da parte mia.
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