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sabato 2 settembre 2017

“La variante di Lüneburg” di Paolo Maurensig. Adelphi.



Un colpo di pistola chiude la vita di un ricco imprenditore tedesco. E’ un incidente? Un suicidio? Un omicidio? L’esecuzione di una sentenza? E per quale colpa? La risposta vera è un’altra: è una mossa di scacchi. Dietro quel gesto si spalanca un inferno che ha la forma di una scacchiera. Sì, una partita a scacchi aperta da anni, un’ostilità che chiede vendetta e una tensione che cresce col crescere del mistero.
Una storia mozzafiato, un thriller che mi ha stregata tenendomi letteralmente incollata alle sue pagine. Il mistero viene svelato – paradossalmente – infittendolo. E anche alla fine, quando tutte le “pedine” (giusto per restare in tema), dovrebbero andare ognuna al proprio posto, resta al lettore il compito di fare l’ultima mossa, una mossa d’intelligenza che lo porti a capire la verità. Una verità che si intuisce soltanto, ma che non viene svelata completamente. Ad ogni lettore resta infatti il compito di interpretare “le mosse” ed arrivare a capire i segni.
Per chi gioca a scacchi, quel terreno di scontro bianco e nero può essere al contempo una benedizione o una maledizione. Gli scacchi sono – infatti – vincolati da sempre ad una terribile scia di sangue che trova la propria origine nel suo stesso fondatore. Chi si avventura in questo gioco sa che può cadere nella sua trappola da un momento all’altro: gli scacchi risucchiano i loro partecipanti in un mondo fatto solo di pedine e di mosse facendo perdere loro di vista la realtà. Non a caso in questo romanzo fantasia e realtà si mescolano fino a diventare pressoché indistinguibili l’una dall’altra. Storia e leggenda si intrecciano in una maglia fitta e avvincente che tiene stretto a sé il lettore dall’inizio alla fine.
Unico neo in questo romanzo tanto avvincente è il linguaggio, lo stile narrativo dell’ultima parte: nelle intenzioni dell’autore c’era – molto probabilmente – la volontà di shockare il lettore, di sconvolgerlo e di emozionarlo. Tutto ciò avviene, ma trovo che parte del successo vada attribuita alla tragicità dei fatti e alla sensibilità di ogni singolo lettore. Trovo – infatti – che nelle ultime pagine la scrittura diventi un tantino frettolosa, forse – addirittura – “fredda”, nonostante i temi trattati siano affrontati con la dovuta cura e chiarezza. Qualche pagina in più e un linguaggio un po’ meno elaborato e limato mi avrebbero regalato una soddisfazione maggiore. Vero è anche che la tensione di un thriller va supportata dal “ritmo” con cui vengono narrate le vicende e – va da sé – che il suddetto ritmo vada intensificato – ad un certo punto – in un romanzo come questo, ma così come lo ha fatto Paolo Maurensig credo  sia eccessivo.  Resta -  comunque -  un romanzo bellissimo e degno di attenzione. Almeno da parte mia.

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