C’è chi passa notti insonni
dopo aver letto Stephen King, c’è chi rabbrividisce leggendo Neil Gaiman e poi
ci sono io che rifletto dopo essermi dedicata alla lettura dei “Racconti di
fantasmi” di Daniel Defoe (edito dalla Clichy), una raccolta di 14
racconti raccolti e tradotti per la prima volta in Italia che mi ha colpita
molto per la particolarità delle tematiche e dello stile con cui esse sono
state trattate. Partirei col dire che questa raccolta deriva dal diretto
interesse personale di Defoe nei confronti del paranormale; tale interesse si
può notare nella cura e nell’attenzione che l’autore stesso ha dedicato alla ricerca
di informazioni, testimonianze, epistole e documenti inerenti il suddetto tema.
E’ doveroso, per questo motivo, attribuirgli un merito particolare e
riconoscergli il suo rispetto per le fonti citate e un innato talento
diplomatico. Non troviamo, infatti, un autore che si schiera dalla parte
di coloro che credono fermamente ai fantasmi, né un autore che ne esclude
categoricamente l’esistenza, ma uno scrittore che porta agli occhi di chi legge
una nutrita serie di “prove” affinché ognuno possa formulare una propria
opinione. L’intento lodevole di questo libro è infatti quello di dimostrare che il
confine tra ciò che è reale e ciò che crediamo sia reale è molto sottile e
decisamente labile. A suffragare questa, che è come sempre solo e
soltanto una mia impressione, c’è la varietà dei racconti qui raccolti, in
alcuni dei quali possiamo trovare apparizioni frutto dell’immaginazione o dei
rimorsi di coscienza del protagonista in questione; in altri racconti troviamo
apparizioni frutto di abili messe in scena ordite da avidi ciarlatani allo scopo di impressionare le loro vittime
designate; in altri racconti ancora, al contrario, possiamo “gustarci” le
testimonianze di quelli che sono realmente
eventi inspiegabili, o di quelle che sembrano apparizioni demoniache,
di fantasmi e di spettri , testimonianze che derivano da
persone di indubbia moralità e credibilità (secondo i canoni dell’autore) e,
pertanto, presumibilmente vere.
Ritengo che questa raccolta
abbia fornito a Defoe l’occasione perfetta per trattare alcuni argomenti
piuttosto scottanti su cui l’uomo non ha ancora oggi smesso di discutere, vale
a dire: il
libero arbitrio, la presunta esistenza degli Angeli Custodi, l’incidenza del
Destino e del Caso nella vita quotidiana, il valore dei Miracoli, il
significato dei sogni, e infine, ma non
ultimo per importanza, il rapporto tra filosofia e scienza. Proprio di
filosofia si trovano spesso riferimenti in alcuni racconti e anche su questo
tema possiamo valutare la propensione dell’autore per le ricerche; ricerche che
lo hanno portato a scavare a fondo nei grandi nomi dei filosofi del passato,
quelli più antichi e, ancora oggi, tenuti in alta considerazione per il loro
pensiero. Sono inoltre dell’idea che questi racconti forniscano non solo una
valevole scusa per lanciarsi in dissertazioni sulla presunta esistenza di entità benevole o
meno nel nostro mondo, ma anche uno spunto per portarci a riflettere con
più intensità e attenzione sulle azioni che noi tutti compiamo in vita:
c’è da presupporre che, se davvero esistono entità come fantasmi, spettri e
demoni, allora – al momento della nostra dipartita – subiremo un giudizio sulla
condotta che abbiamo tenuto quando eravamo dei comuni mortali. Una delle
caratteristiche che rendono particolare questo libro è, a questo proposito, il
fatto che non risulta inquietante nel momento stesso in cui lo si legge, ma
solo successivamente, cioè quando ci si trova a ripercorrere mentalmente le
vicende narrate e a riflettere su di esse.
Defoe ci porta lentamente
sulla scia di pensiero che vede la Divina Provvidenza come unica speranza di
salvezza dell’uomo, come unico scudo contro le forze del male, così presenti
e così pressanti nella nostra vita.
Nonostante sia ritenuto, a
buon titolo, il padre del romanzo inglese, trovo che in questa raccolta abbia
prevalso la sua natura di giornalista, quella dell’indagatore e dell’uomo
curioso; mi è risultato semplice pensarla così dati anche alcuni cenni di
denuncia lanciati ad alcune categorie sociali di vedute non troppo ampie. Un
leitmotiv, un fil rouge che si insinua nelle “cuciture” di questa raccolta è,
tra l’altro, il metodo deduttivo di Defoe, metodo che - ho riscontrato - usano spesso persone come i giornalisti, gli
uomini di Legge e le Autorità.
Ciò che ha rallentato un po’
la mia lettura è lo stile: la costruzione dei periodi, il costrutto
delle frasi – a mio avviso – ricco e complesso mi hanno reso la lettura meno
scorrevole del previsto nonostante alcuni racconti siano davvero piacevoli e
scorrevoli per contenuto; ma dobbiamo anche considerare che la scrittura è
quella del 1600-1700. Per spezzare una lancia a favore dello stile narrativo di
Defoe, posso però dire che mi è piaciuta la sua tecnica di parlare direttamente
al lettore: così facendo, quest’ultimo si sente maggiormente coinvolto e
partecipe agli eventi narrati.
Un libro molto particolare, sicuramente non
scontato e decisamente non banale. Lettura interessante, consigliata agli
amanti del genere noir, ma anche a tutti coloro che si interessano di
esperimenti letterari, nonché di storia della letteratura.
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