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martedì 22 novembre 2016

"Racconti di fantasmi" di Daniel Defoe. Edizioni Clichy. Collana Père Lachaise.



C’è chi passa notti insonni dopo aver letto Stephen King, c’è chi rabbrividisce leggendo Neil Gaiman e poi ci sono io che rifletto dopo essermi dedicata alla lettura dei “Racconti di fantasmi” di Daniel Defoe (edito dalla Clichy), una raccolta di 14 racconti raccolti e tradotti per la prima volta in Italia che mi ha colpita molto per la particolarità delle tematiche e dello stile con cui esse sono state trattate. Partirei col dire che questa raccolta deriva dal diretto interesse personale di Defoe nei confronti del paranormale; tale interesse si può notare nella cura e nell’attenzione che l’autore stesso ha dedicato alla ricerca di informazioni, testimonianze, epistole e documenti inerenti il suddetto tema. E’ doveroso, per questo motivo, attribuirgli un merito particolare e riconoscergli il suo rispetto per le fonti citate e un innato talento diplomatico. Non troviamo, infatti, un autore che si schiera dalla parte di coloro che credono fermamente ai fantasmi, né un autore che ne esclude categoricamente l’esistenza, ma uno scrittore che porta agli occhi di chi legge una nutrita serie di “prove” affinché ognuno possa formulare una propria opinione. L’intento lodevole di questo libro è infatti quello di dimostrare che il confine tra ciò che è reale e ciò che crediamo sia reale è molto sottile e decisamente labile. A suffragare questa, che è come sempre solo e soltanto una mia impressione, c’è la varietà dei racconti qui raccolti, in alcuni dei quali possiamo trovare apparizioni frutto dell’immaginazione o dei rimorsi di coscienza del protagonista in questione; in altri racconti troviamo apparizioni frutto di abili messe in scena ordite da avidi ciarlatani  allo scopo di impressionare le loro vittime designate; in altri racconti ancora, al contrario, possiamo “gustarci” le testimonianze di quelli che sono realmente  eventi inspiegabili, o di quelle che sembrano apparizioni demoniache, di  fantasmi e  di spettri , testimonianze che derivano da persone di indubbia moralità e credibilità (secondo i canoni dell’autore) e, pertanto, presumibilmente vere.
Ritengo che questa raccolta abbia fornito a Defoe l’occasione perfetta per trattare alcuni argomenti piuttosto scottanti su cui l’uomo non ha ancora oggi smesso di discutere, vale a dire: il libero arbitrio, la presunta esistenza degli Angeli Custodi, l’incidenza del Destino e del Caso nella vita quotidiana, il valore dei Miracoli, il significato dei sogni,  e infine, ma non ultimo per importanza, il rapporto tra filosofia e scienza. Proprio di filosofia si trovano spesso riferimenti in alcuni racconti e anche su questo tema possiamo valutare la propensione dell’autore per le ricerche; ricerche che lo hanno portato a scavare a fondo nei grandi nomi dei filosofi del passato, quelli più antichi e, ancora oggi, tenuti in alta considerazione per il loro pensiero. Sono inoltre dell’idea che questi racconti forniscano non solo una valevole scusa per lanciarsi in dissertazioni  sulla presunta esistenza di entità benevole o meno nel nostro mondo, ma anche uno spunto per portarci a riflettere con più intensità e attenzione sulle azioni che noi tutti compiamo in vita: c’è da presupporre che, se davvero esistono entità come fantasmi, spettri e demoni, allora – al momento della nostra dipartita – subiremo un giudizio sulla condotta che abbiamo tenuto quando eravamo dei comuni mortali. Una delle caratteristiche che rendono particolare questo libro è, a questo proposito, il fatto che non risulta inquietante nel momento stesso in cui lo si legge, ma solo successivamente, cioè quando ci si trova a ripercorrere mentalmente le vicende narrate e a riflettere su di esse.
Defoe ci porta lentamente sulla scia di pensiero che vede la Divina Provvidenza come unica speranza di salvezza dell’uomo, come unico scudo contro le forze del male, così presenti e così pressanti nella nostra vita.
Nonostante sia ritenuto, a buon titolo, il padre del romanzo inglese, trovo che in questa raccolta abbia prevalso la sua natura di giornalista, quella dell’indagatore e dell’uomo curioso; mi è risultato semplice pensarla così dati anche alcuni cenni di denuncia lanciati ad alcune categorie sociali di vedute non troppo ampie. Un leitmotiv, un fil rouge che si insinua nelle “cuciture” di questa raccolta è, tra l’altro, il metodo deduttivo di Defoe, metodo che - ho riscontrato -  usano spesso persone come i giornalisti, gli uomini di Legge e le Autorità.
Ciò che ha rallentato un po’ la mia lettura è lo stile: la costruzione dei periodi, il costrutto delle frasi – a mio avviso – ricco e complesso mi hanno reso la lettura meno scorrevole del previsto nonostante alcuni racconti siano davvero piacevoli e scorrevoli per contenuto; ma dobbiamo anche considerare che la scrittura è quella del 1600-1700. Per spezzare una lancia a favore dello stile narrativo di Defoe, posso però dire che mi è piaciuta la sua tecnica di parlare direttamente al lettore: così facendo, quest’ultimo si sente maggiormente coinvolto e partecipe agli eventi narrati.
Un libro molto particolare, sicuramente non scontato e decisamente non banale. Lettura interessante, consigliata agli amanti del genere noir, ma anche a tutti coloro che si interessano di esperimenti letterari, nonché di storia della letteratura.


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