Da circa tre
anni sto studiando i significati nascosti all’interno di uno dei libri che
hanno fatto la storia della letteratura per ragazzi: sto parlando de “La Storia
Infinita” di Michael Ende. Ogni volta che lo leggo o lo sfoglio trovo dettagli,
scopro tesori, imparo cose nuove e antichissime, nello stesso tempo. È come se
l’autore avesse scritto - con l’inchiostro simpatico e tra le righe – un’altra
storia, anzi, tante altre storie, le cui chiavi di lettura si trovano inscritte
nel nostro DNA. È un libro che si presta a molteplici interpretazioni ed è un
testo che può, anzi dovrebbe, essere utilizzato per far “crescere” le persone
in maniera sana e felice. Per i suoi insegnamenti, lo consiglio ai più piccoli,
ma soprattutto ai più grandi perché non si può diventare dei buoni adulti se –
almeno ogni tanto – non si torna bambini. Ne “La Storia Infinita” c’è tanta
cultura ebraica, ma non solo… In merito a questo ho redatto un articolo
(pubblicato qui sul mio blog, in due sezioni), pertanto nelle pagine che seguono
troverete approfondimenti e nuove scoperte. Ho deciso di compiere questa
piccola impresa durante la Quarantena dovuta al Covid 19, in quanto mi sono
accorta che stavamo (e stiamo) portando il nostro Mondo – comprensivo di tutti
i nostri mondi personali – in una direzione particolare. Quello che stiamo
vivendo è un momento in cui abbiamo più che mai la responsabilità di cambiare
le cose facendo attenzione a non ripetere gli errori del passato. La fretta, lo
stress, l’ansia, la paura, la sofferenza hanno guidato le nostre giornate fino
a ieri: oggi è tempo di cambiare. Il Tempo… ho parlato molto anche di questo,
nei miei quattro anni di blogging, ma è tempo che ognuno di noi si prenda il
proprio, anzi, i propri. E con i propri tempi ognuno dovrà riprendersi i propri
spazi e i propri sogni. Vorrei che ognuno creasse il mondo secondo i propri
gusti e i propri desideri ed è per tale motivo che - in questo articolo/saggio
– ho deciso di prendere come esempio la storia scritta da Ende per raccontare
come si crea un mondo, come si fa a desiderare e – soprattutto – come fare
perché quei desideri si realizzino. Anche io sto lavorando ai miei e spero di
poter realizzare un mondo di cui andar fiera. Buona Creazione a tutt* voi e che
il viaggio a Fantàsia abbia inizio!
“Nel
principio Dio creò i cieli e la terra. La terra era informe e vuota, le
tenebre coprivano la faccia dell’abisso e lo Spirito di Dio aleggiava sulla
superficie delle acque. Dio disse: «Sia luce!» E luce fu. Dio vide
che la luce era buona; e Dio separò la luce dalle tenebre. Dio chiamò la
luce «giorno» e le tenebre «notte». Fu sera, poi fu mattina: primo giorno”.
(“Genesi”)
“Il
principio è sempre buio”. (“La Storia Infinita”)
Il virus ha fatto
implodere il Mondo lasciandoci al buio. Senza certezze, senza appigli, privati
dei nostri affetti, delle nostre abitudini e dei nostri ritmi quotidiani. Del
mondo che conoscevamo non è rimasto che un granello di sabbia. Anche di
Fantàsia era rimasto un solo granello di sabbia, ma - da quel minuscolo frammento,
usato come “Fondamento” di tutte le cose - Bastiano è riuscito a dar vita ad un
nuovo bellissimo mondo, con l’aiuto dell’Infanta Imperatrice, anche nota come
Sovrana dei Desideri. Ora non ci resta che decidere se vogliamo piangere su
quel che non c’è più oppure costruire un Mondo nuovo. Ognuno avrà la capacità,
la libertà e – soprattutto – l’onore e
la gioia di creare il proprio microcosmo e tutti avremo la responsabilità del
macrocosmo che verrà fuori dall’unione di tutti i piccoli mondi individuali. Ma
come si crea un mondo? E quale
differenza c’è tra mondo con la “m” minuscola e Mondo con la “M” maiuscola? IL
Mondo è il nostro pianeta, la realtà globale in cui siamo tutti immersi, mentre
un mondo è la realtà individuale di ognuno di noi. Ognuno ha il proprio,
pertanto il mio mondo è diverso dal tuo e da quello di chiunque altro ed è
fatto di cose, fatti, ricordi, persone, sogni, ambizioni, pensieri, azioni,
emozioni e sensazioni strettamente personali; dei tuoi passati, del tuo
presente e dei tuoi futuri. Passati e presenti al plurale…Sì, perché nella vita
anche ciò che non hai fatto e ciò che deciderai di non fare ha una grossa influenza
sulla tua storia personale. Il mio mondo non è IL Mondo, anche se ne fa parte,
così come la mia storia non è LA Storia, anche se – nel mio piccolo –
contribuisco a plasmare il tempo in cui vivo. Anche il tuo passato è reale per te, e ciò che ti racconti – per
figurarti il futuro e dargli corpo – è, per te, altrettanto vero e reale.
Infatti Tu crei e fai rivivere il tuo passato attraverso i tuoi racconti (di
quel passato) che sono rappresentati dai tuoi ricordi e – nello stesso tempo – sei
tu a dar vita al tuo futuro, attraverso l’immaginazione, rappresentata dai tuoi
desideri.
[A
proposito di come percepiamo il mondo, al momento attuale sto approfondendo gli
studi di Riccardo Manzotti, il quale – in maniera del tutto innovativa e
spiazzante, secondo me – fornisce delle prove a sostegno della sua tesi secondo
la quale “l’esperienza e gli oggetti fisici sono la
stessa cosa”, cioè “l’esperienza che una persona ha del mondo è il
mondo di cui la persona ha esperienza”,
stravolgendo completamente “la distinzione tradizionale
tra ciò che le cose sono e come appaiono”.]
In qualunque modo stiano le cose, ogni mondo
si crea di desiderio in desiderio. E cosa serve per formulare un desiderio? La
risposta è semplice: le parole. Le parole sono degli utensili molto utili per
la costruzione dei mondi, in quanto composte da due elementi: il contenitore
(fatto di lettere, argomento sul quale torneremo tra poco) e il contenuto
(ovvero il concetto espresso). Forma e contenuto, significante e significato.
Con strumenti come le parole siamo in grado di esprimere pensieri che,
altrimenti, rimarrebbero nella nostra mente. E – altra cosa importantissima -
con le parole possiamo dare un “corpo” ai nostri desideri.
Quando, nella vita, tutto
ti sembra procedere come in un loop,
i desideri rappresentano un modo efficace per spezzare il meccanismo. Il
Vecchio della Montagna Vagante infatti, scrive
tutto ciò che accade e, scrivendolo, lo fa accadere. Perpetua il
passato, il Vecchio che scrive la Storia Infinita, è il “custode” di tutto ciò
che c’è già e che – per Sua mano – continuerà ad esserci fino a che qualcuno
non decida di spezzare il meccanismo. La figura del Vecchio è, pertanto
contrapposta a quella dell’Infanta Imperatrice, ovvero di tutto ciò che è
legato ai desideri e – quindi – al futuro. Ad essere audaci, potremmo dire che
la Sovrana dei Desideri sia Elohim… Il paragone potrebbe non essere tanto
azzardato, visto che fra le Sephiroth della Qabalah (o Qabbalah o Kabbalah o
Cabala, molte sono –infatti - le traslitterazioni di questo termine, così come
di quelle degli altri termini che la compongono), “unitamente e singolarmente, troviamo lo
sviluppo delle persone e degli attributi di Dio. Di essi alcuni sono maschi e
altri femmine. Per qualche ragione a loro nota, i traduttori della Bibbia hanno
accuratamente lasciato fuori ed eliminato ogni riferimento al fatto che la
Deità è insieme maschile e femminile. Essi hanno tradotto un plurale femminile
con un singolare maschile nel caso della parola Elohim. Tuttavia hanno
involontariamente riconosciuto di sapere che si trattava di un plurale in
Genesi IV, 26: «Ed Elohim disse: Facciamo l’uomo». Egualmente (V, 27) come
poteva, Adamo, essere fatto a
somiglianza di Elohim, maschio e femmina, a meno che anche gli Elohim non
fossero maschi e femmine? La parola Elohim è un plurale formato dal singolare
femminile ALH, Eloh, aggiungendo IM alla parola. Ma poiché IM è solitamente la
terminazione del plurale maschile, ed è qui aggiunto a un nome femminile, esso
dà alla parola Elohim il senso di una potenza femminile unita a un’idea
maschile e quindi capace di prolificare. Sentiamo parlare molto del Padre e del
Figlio, nelle comuni religioni attuali, ma nulla si dice della Madre. Nella
Qabalah, però, troviamo che l’Antico dei Giorni si conforma simultaneamente nel
Padre e nella Madre e così genera il Figlio. Questa Madre è Elohim”. [Pp.
30 e 31 di “Magia della Cabala” a cura di S. L. MacGregor Mathers, Vol. Primo:
Teoria, Edizioni Mediterranee Roma.]
“comune
il principio e la fine nel cerchio” [Eraclito, Frammento 20,
pag. 63, “Dell’Origine”, Feltrinelli]
Sembra impossibile venire
fuori da questa situazione a ciclo continuo, invece ognuno di noi ha il potere
di creare un nuovo inizio e che cos’è un desiderio se non un nuovo inizio? Il
Futuro ti aspetta ! E ti dirò di più: hai una bacchetta magica. Proprio così. È
Auryn, lo Splendore, ovvero la capacità di fare ciò che vuoi, la tua vera
volontà, la Luce che ti guiderà attraverso le tenebre e l’oscurità. Auryn è la
chiave di accesso al Futuro, è lo strumento in grado di metterti in connessione
con la tua “scintilla divina”. Auryn è, però, anche fortemente legato alla
parola “AURUM”, cioè “ORO”, ovvero il prodotto ultimo delle trasmutazioni
alchemiche che miravano proprio a trasformare il piombo in tale nobile metallo.
Quale ruolo ha AURYN nella realizzazione dei
desideri?
«L’amuleto
dà un grande potere, ti permette di realizzare tutti i tuoi desideri, ma al
tempo stesso ti porta via qualche cosa: il ricordo del tuo mondo. […] Esso ti
dà la direzione e al tempo stesso ti porta via la meta».
[“La Storia Infinita”]
Quando inizi a
desiderare, apri le porte a/di un Io che ancora non conosci e non sai dove
questo ti porterà. Iniziare a desiderare ti cambierà, scardinerà le tue
certezze, tra le quale, la tua idea di te stesso. Tutto il tuo mondo comincerà
a vacillare fino a crollare.
Giovanni: 14, 1-7 “«Il vostro cuore non sia turbato; credete in
Dio , e credete anche in me! Nella casa del Padre mio ci sono molte dimore; se
no, vi avrei detto forse che io vado a prepararvi un luogo? Quando sarò andato
e vi avrò preparato un luogo, tornerò e vi accoglierò presso di me, affinché
dove sono io, siate anche voi; e del luogo dove io vado, sapete anche la via».
Tommaso gli disse: «Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo sapere la
via?» Gesù gli disse: «Io sono la via, la verità e la vita; nessuno viene al
Padre se non per mezzo di me. Se avete conosciuto me, conoscerete anche mio
Padre; e fin da ora lo conoscete, e l’avete visto»”.
Tradotto in altri termini,
desiderare è cambiare,
ovvero diventare qualcun altro che – però – sei Tu molto
più di quanto tu lo sia ora. Le “molte dimore” di cui parla Gesù, sono le
Sephiroth, e il tuo vero Io ti guida -
attraverso i desideri che esprimi – nel cammino per la realizzazione del tuo
Destino, che è quello di arrivare al Padre, cioè a Kether, la Corona…
Ne “La Storia Infinita”
Auryn è anche detto il Gioiello o lo Splendore e, nella Qabbalah, lo Splendore
è Hod, ovvero la Maestosità o… la Luce. La sua Sefira (o Sephira) si trova in
basso a sinistra e, proprio per questa posizione, ci spinge a intraprendere un
cammino di ricerca, a espanderci, a capire chi siamo e cosa sia meglio per noi,
ma nasconde un pericolo: se non viene bilanciata può causare un’irruenza
devastante. Hod è alquanto instabile e causa irrequietezza in coloro che ne
sono invasi poiché non è una sola Luce, bensì un insieme di Luci, raccolte in
un unico contenitore; ognuna di queste Luci aspira ad avere un contenitore
tutto per sé e questa aspirazione provoca l’agitazione interna di cui sopra. La
sensazione che prova chi sperimenta il contenuto di questa Sefira è quella di
doversi mettere in cammino per
realizzare una grande e urgente impresa. Ma, oltre a tutto ciò, Hod rappresenta
anche il saper perdere…
L’Albero
della Vita
Configurazione: Ain Soph,
l’Illimitato (la cui illimitatezza è intesa come “senza confini spaziali”, ma –
suppongo – neppure temporali), è quella…chiamiamola “Energia” che permea
l’”Aldilà”; Kether (la Corona) è la Prima Sephira, partendo dall’alto; Chokmah
(la Saggezza – se non consideriamo Da’at, ovvero la controversa Undicesima
Sephira - o la Sapienza) è la Seconda Sephira; la Terza Sephira è Binah, ovvero
l’Intelligenza; la Quarta è Chesed, definita in molti modi: Magnanimità, Amore,
Misericordia, Grandezza; come Quinta Sephira troviamo Ghevurà (o Gheburah),
ovvero la Forza, la Severità o – per alcuni – la Giustizia; la Sesta Sephira è
Tiphereth, ovvero la Bellezza; la Settima è Netzah, cioè la Vittoria o
l’Eternità; l’Ottava è Hod, ossia lo Splendore; la Nona è Yesod, cioè il
Fondamento o la Verità; al fondo dell’Albero (anche se esiste un Mondo
inferiore, speculare a quello che stiamo descrivendo e che appartiene ai
Demoni) troviamo Malkuth, ovvero il Regno.
“L’Albero
della Vita o l’Albero delle Dieci Sefirot, è la via che unisce il Creatore con
il Creato, l’Infinito col finito, il Perfetto con l’imperfetto, l’Eterno con
l’impermanente”. [“Nuovo manuale di Cabala”]
Le sue Sefirot sono in grado di portare chi ne segue il percorso alla
gioia e alla consapevolezza. Consapevolezza di che cosa? – vi starete
chiedendo. Del fatto che ognuno di noi è unico e speciale ma, nello stesso
tempo, fa indissolubilmente parte del
Tutto; quel Tutto che alcuni chiamano “Universo”, altri chiamano “Amore”, altri
ancora “Dio”. [Dal Vangelo di Giovanni, capitolo 14, “Credetemi: io sono nel Padre e il Padre è in
me”.]
Qualunque sia la Verità, possiamo azzardare l’ipotesi che se facciamo parte di
Dio, allora Dio è in noi e siamo tutti in grado di manifestare quotidianamente
quelle caratteristiche di cui siamo stati dotati e che corrispondono – per
l’appunto – alle Dieci Sefirot (o Sephiroth) poggianti sui Tre Pilastri
dell’Albero della Vita: Pilastro di Sinistra (o Pilastro della Giustizia),
Pilastro Centrale (o dell’Equilibrio) e Pilastro di Destra (o della
Misericordia). Le Sefirot sono raggruppate in Quattro Mondi: a partire dal
basso troviamo Assià (o Asiah) che è il Mondo Materiale, quello dell’Azione,
dei fatti e dei fenomeni (di cui fa parte Malkuth), Yetzirà (o Yetzirah) che è
il Mondo della Formazione (di cui fanno parte Hod, Netzah e Yesod), Brià (o
Briah) che è il Mondo della Creazione (di cui fanno parte Chesed, Ghevurà e Tiferet)
e Atzilut (o Atziloth) che è il Mondo dell’Archetipo, anche detto Mondo
dell’Emanazione o della Prossimità, ovvero il piano della conoscenza pura,
della volontà prima (di cui fanno parte Keter, Chokma e Binah). Questa
suddivisione, però, non è accettata da tutte le tradizioni e qualcuno suddivide
le Sefirot nel modo seguente: Kether da sola nel Mondo di Atzilut; Chokmah e
Binah nel Mondo di Brià; Chesed, Ghevurà, Tiferet, Hod, Netzah e Yesod in
Yetzirà; Malkut in Assià.
Come già detto, l’Albero
della Vita consta di Dieci Sefirot (parola derivante da “Safir”, che significa
“Zaffiro”), disposte in “settori” che rappresentano il mondo fisico, quello
psicologico e quello spirituale; pertanto possiamo affermare che – quando
parliamo di Qabbalah – non ci stiamo limitando a “raccontare” concetti astratti o puramente filosofici,
bensì ci stiamo addentrando nel delineare i nomi e le caratteristiche delle situazioni sì emotive, ma anche di
ordine pratico che ognuno di noi attraversa nella vita quotidiana. E ogni volta
che innalziamo una preghiera, ovvero ogni volta che desideriamo, le nostre
preghiere (= i nostri desideri) fungono da ponte tra noi e la nostra
parte/essenza divina. I Tre Pilastri dell’Albero possono essere paragonati alla
nostra “configurazione cerebrale”: emisfero destro, emisfero sinistro e ponte
di collegamento tra i due. Senza un mezzo di bilanciamento tra i due emisferi,
infatti, ci ritroveremmo in balìa degli eccessi. Per restare in questo ambito,
non possiamo non citare le due diverse forme di conoscenza intellettuale, vale
a dire Chokmah (= la Sapienza) e Binah (= l’Intelligenza), corrispondenti –
rispettivamente – alle qualità artistiche (e intuitive) e a quelle più logiche
e razionali. Le altre due Sefirot che generano equilibrio grazie alla loro
contrapposta funzione sono Chesed (= l’Amore) e Ghevurà (= la Forza).
L’attrazione e la repulsione, l’Amore e il suo opposto. A volerci spingere oltre, potremmo paragonare
la disposizione dei Dieci Vasi al Sistema Solare: il Sole, con la sua luce,
irradia, riempie e vitalizza i nove pianeti. La Terra è Malkuth (= il Regno),
Sefira che presenta caratteristiche molto simili alle contingenze del nostro
Mondo. [Da tutto questo, però, Da’at (=
la Conoscenza), ovvero l’undicesima Sefira, rimane tagliata fuori e, tra poco,
ne scopriremo la ragione.] Partendo dall’alto, invece, troviamo KETHER, la Corona,
Sefira che non ha corrispondenze fisiche perché
è una Luce che circonda la testa, incoronandola. Da qui si staccano
gocce di Luce che scendono a riempire e vitalizzare le altre Sefirot.
Corrisponde al trascendente, all’ineffabile e ha una struttura tripartita in
Fede, Beatitudine e Volere.
Vaghe somiglianze con il
contenuto di alcune Sefirot si possono ravvisare con la tradizione cristiana e,
più precisamente, con le Virtù, suddivise in Cardinali (Prudenza, Giustizia,
Fortezza e Temperanza), Intellettuali (Sapienza, Scienza e Intelletto) e
Teologali (Fede, Speranza e Carità). Anche le Virtù sono simili a linee guida,
a modelli di comportamento da seguire per poter essere buoni Cristiani.
MALKUTH – Il Regno
Malkuth è il
luogo da cui Bastiano “parte” e a cui farà ritorno dopo aver attraversato le
altre Sefirot dell’Albero della Vita che, non a caso, sono nove, come i mesi
della gestazione umana. Pertanto, la strettoia che collega le nove Sefirot alla
Sefira del Regno, può essere intesa come il canale del parto, tanto è vero che,
quando Bastiano arriverà alle Acque della Vita, queste si apriranno e lui,
ormai nudo, rientrerà nel mondo degli umani. Malkuth è, dunque, il punto di
partenza nella risalita lungo le Sefirot dell’Albero della vita e il suo punto
più alto corrisponde alla conquista della capacità di immaginare e di
desiderare; ma Malkuth è anche la stazione finale lungo la ridiscesa , è il
luogo in cui il desiderio muta forma e, da bisogno di ricevere, diventa bisogno
di donare.
“Malchut
è la parte centrale della creazione ed è il suo scopo. Essa è la sola creazione
e comprende tutti i mondi con tutti coloro che li abitano, noi compresi. In
base ai suoi stati, le parti di Malchut o Malchut stessa (che è una cosa sola)
hanno varie proprietà, indicate da differenti combinazioni di lettere. Per
questa ragione, le parti di Malchut, ricevono vati ‘codici’ (combinazioni) di
lettere (proprietà) o nomi.
Tutte
le parole del mondo hanno origine qui, in Malchut. Non c’è una sola proprietà
nel mondo che non sia inclusa in Malchut. Ogni proprietà di Malchut, ognuna
delle creature (perché tutte le creature sono sue parti), è indicata dalla
proprietà che la distingue dalle altre, dall’unica combinazione di
lettere-proprietà che formano il suo nome”. [Pag. 88 dello “Zohar”]
Che cos’è un NOME?
“Un
nome indica un conseguimento. Dopo aver raggiunto un oggetto, l’uomo gli dà un
nome. Allo stesso modo, l’uomo dà un
nome al Creatore, in base alle proprietà che egli raggiunge, a come Lo
percepisce. Ci sono parecchi nomi del Creatore basati sulle sue proprietà”. [Pag. 89 dello “Zohar”]
Questo è ciò che
vuol dire Ende quando spiega che Bastiano deve dare un nuovo nome
all’Imperatrice, per poter salvare Lei e Fantàsia dall’invasione del Nulla e
dalla distruzione. L’intenzione di Bastiano e la sua attribuzione del nome
‘Fiordiluna’ all’Infanta Imperatrice sono le chiavi di accesso all’Albero della
Vita.
Ma…
“What’s
in a name? That which we call a rose / By any other name would smell as sweet”. [William Shakespeare, “Romeo and Juliet”, Collins Classics.]
Traduzione (mia) “Che cosa c’è in un nome? Il fiore che chiamiamo rosa, anche
con ogni altro nome profumerebbe dolcemente”.
È impossibile
racchiudere l’essenza delle cose – viventi e non – in una parola che le
definisca: per quanto siano spesso utili, le parole sono altrettanto spesso
manchevoli e inadeguate perché definiscono concetti, non essenze. Così Dio e
perfino il tuo stesso Io (ciò che tu sei davvero, in tutta la tua complessità)
non possono stare in un nome. Il tuo nome, tra l’altro, non lo hai neppure
scelto in autonomia, poiché te lo hanno assegnato alla nascita…
“«Mi
chiamo Bastiano» disse il bambino, «Bastiano Baldassarre Bucci».
«Nome
piuttosto curioso», borbottò l’uomo, «con quelle tre B. Ma già, dopotutto non è
colpa tua, il nome non te lo sei dato da te»”. [Pag. 7 de “La Storia Infinita”.]
Dio è
“un’essenza” a cui noi assegniamo dei nomi diversi a seconda di come Lo
percepiamo, ma sappiamo bene che – per quanto “grande” sia il nome che Gli
diamo – Dio sarà sempre più grande di quel nome. La stessa cosa vale per Te,
ossia per l’Io.
Giovanni: 14,
12-14 “In verità, in verità vi dico che chi crede in
me farà anch’egli le opere che faccio io, e ne farà di maggiori, perché io me
ne vado al Padre; e quello che chiederete nel mio nome lo farò, affinché il
Padre sia glorificato nel Figlio. Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome,
io la farò”.
Chiedi, perciò,
secondo la tua vera volontà/essenza, o – meglio - secondo ciò che il tuo vero
Io vuole, e sarai esaudito.
Come
nasce un desiderio?
“«Quanti
desideri ho a disposizione?»
«Quanti
ne vuoi. Quanti più sono, tanto meglio è, Bastiano mio. Tanto più ricca e
multiforme diventerà Fantàsia»”. [“La Storia Infinita”]
Innanzitutto domandati:
“Sono felice? Sono content*? Sono soddisfatt* della vita che conduco, delle
cose che ho, che faccio e che dico?” Se storci il naso mentre rispondi, ti
trovi proprio a buon punto: accorgerti che ti manca qualcosa, che puoi/vuoi
migliorare e che sei insoddisfatt* e ammetterlo davanti a te stess* è il primo
passo per attivare quel magnifico e misterioso processo che è la ricerca della
felicità. Dovrai, però, prestare molta attenzione al bivio che ti si parerà di
fronte: da una parte ci sono la disperazione, il bisogno e la mancanza,
dall’altra – invece – ci sono la passione e la ricerca del piacere. Umano è
percepire un bisogno, ma fondamentale è formulare il desiderio di una cosa
perché quella cosa ti piace, non perché
ne senti il bisogno o la mancanza.
“La vita umana è come un pendolo che oscilla
incessantemente tra dolore e noia, passando attraverso l’intervallo fugace, e
per di più illusorio, del piacere e della gioia”.
[Arthur Schopenhauer]
Quando desideriamo
qualcosa significa che percepiamo una mancanza, pertanto ci tormentiamo
dolorosamente con quel desiderio finché non riusciamo ad ottenerne la
realizzazione. A quel punto proviamo un breve attimo di gioia (di cui,
solitamente, non godiamo appieno), ma vediamo decadere il piacere della ricerca
e ripiombiamo nella noia fino al momento in cui non sentiremo il bisogno di
qualcos’altro, lo desidereremo e perpetueremo il cerchio infinito della vita.
Questo è, in poche parole, ciò che intendeva il Schopenhauer con la sua
affermazione. La NOIA (termine che porterei con me nel mio nuovo mondo), vista
e considerata dalla maggior parte delle persone come sensazione negativa,
potrebbe essere rivalutata: non più prerogativa dell’ozio, bensì passaggio
intermedio tra la gioia, l’insoddisfazione e la formulazione di un nuovo
desiderio.
[Nota: Tra il 1943 e il 1954 lo psicologo
statunitense Abraham Maslow concepì il concetto di “Hierarchy of Needs”
(“Gerarchia dei bisogni”) e la divulgò nel libro intitolato “Motivation and
Personality” (“Motivazione e Personalità”) del 1954. Maslow identificò cinque
categorie di bisogni che raggruppò in tre macro-categorie. Nel gradino più
basso della piramide, ovvero tra i Bisogni Primari dell’uomo, collocò quelli
legati alla Fisiologia (respirazione, alimentazione, sesso, sonno, omeostasi) e
– salendo - quelli legati alla Sicurezza (fisica, di occupazione, morale,
familiare, di salute e di proprietà); tra i Bisogni Sociali (secondo
macro-gruppo) mise i Bisogni di Appartenenza (amicizia, affetto familiare,
intimità sessuale) e – risalendo lungo la piramide – i Bisogni legati alla
Stima (autostima, autocontrollo, realizzazione, rispetto reciproco); in cima
alla piramide, Maslow collocò i Bisogni del Sé, ovvero quei bisogni legati
all’Autorealizzazione (moralità, creatività, spontaneità, accettazione, assenza
di pregiudizi).]
Comunque sia, sarebbe un
errore focalizzarsi sul “mi manca” anziché sul “mi piace”. Perché? Perché
alimentiamo ciò a cui prestiamo attenzione… In questa affermazione molti di voi
avranno ritrovato uno dei principi cardine attorno a cui ruota la Legge
dell’Attrazione. I nostri pensieri vibrano a determinate frequenze e, a quanto
pare, concentrarsi su un’asserzione del tipo: “Voglio arrivare puntuale” ha
risvolti diametralmente opposti a “Non voglio più arrivare in ritardo”. Nella
prima si fa appello al Futuro e si “evoca” una qualità anziché un difetto,
mentre nella seconda si continua ad “attrarre” un meccanismo ben radicato
nel passato, nelle abitudini e nei comportamenti che vogliamo
cambiare.
“Il
nostro desiderio ci dirige verso il futuro. Non è una coincidenza che il
termine VOLERE sia usato per formare il tempo futuro in tutti i verbi inglesi
[…] È attraverso la volontà che portiamo il futuro a compimento”.
[Pag. 221 de “Il libro dei chakra” di Anodea Judith, Neri Pozza.]
I
verbi del desiderio:
·
Ricordare (essere, divenire, avere).
·
Creare (fare, dire).
·
Ricevere.
·
Dare/donare.
Desiderare
è ricordare
C’è stato un tempo in cui
il Tempo non esisteva e tu ed io eravamo parte del Tutto; è stato prima di
nascere. E non te lo ricordi, ma – forse – ti è rimasta una sorta di nostalgia,
una sensazione di essere stat* iniziat* alla bellezza, alla forza, al coraggio,
all’intelligenza e a molte altre qualità meravigliose. Desiderare è ricordare
quelle qualità che erano tue e che hai acquisito durante una “gestazione
spirituale”. Quelle caratteristiche ti appartengono ancora, ma sarà prima
necessario che tu ricordi quali sono.
“Poiché nel mondo spirituale non esiste il
concetto di tempo, noi esistiamo nel nostro stato definitivo e perfetto nel
Mondo dell’Infinito (Ein Sof). Poiché nel mondo spirituale il desiderio indica
l’azione, è il desiderio stesso ad agire senza un corpo. Tuttavia, dobbiamo
ancora arrivare a percepire questo stato. […] Così, per raggiungere questo
stato di perfezione, dobbiamo attraversare un processo graduale di
trasformazione delle nostre qualità interiori (i desideri), che corrisponde
all’ascesa spirituale dal nostro mondo attraverso tutti i mondi, fino al Mondo
di Ein Sof. [Pag. 5 dello “Zohar]
Lo scopo della
Qabbalah è quello di aiutare l’uomo a superare i desideri impuri ed egoistici e
di ascendere ad un livello superiore. Prima di nascere riceviamo istruzioni,
Sefira dopo Sefira, sul comportamento da tenere sulla Terra. È come un
‘corredo’, una sorta di ‘dote spirituale’ che avremo il compito di mettere in
partica una volta nati. Quella dote rappresenta il nostro contatto con il
Divino, ma – quando nasciamo – attraverso l’educazione terrena, purtroppo,
dimentichiamo quelle istruzioni, rischiando di cadere nell’infelicità e
nell’insoddisfazione. I desideri servono proprio a farci recuperare questo
rapporto perduto con il Divino, ma è necessario che siano i desideri ‘giusti’…
“I giusti sono coloro che vogliono fondersi
con il Creatore, conseguire l’intera creazione e, come risultato, scoprire la
giustizia del Creatore, che l’ha creata e la governa”. [Pag. 487 dello “Zohar”]
Cosa desideri DAVVERO? Chiedi e ti sarà dato.
“Abbiate
fede in Dio! In verità io vi dico che chi dirà a questo monte: «Togliti di là e
gettati nel mare», se non dubita in cuor suo ma crede che quel che dice
avverrà, gli sarà fatto. Perciò vi dico: tutte le cose che voi domanderete
pregando, credete che le avete ricevute e voi le otterrete”. [Marco 11: 12-24]
Cosa significa?
Semplice: non datevi il tempo di ragionare sul fatto che un desiderio sia
possibile o meno. Quando sentite nascere in voi un desiderio, non tarpategli le
ali, ma lasciatelo libero di esprimersi in tutta la sua potenza e – soprattutto
– datevi la libertà di esprimere la vostra vera volontà. Non esitare significa
non soffermarsi a ragionare. Sentirete/vi accorgerete subito se un desiderio è
autentico oppure no: se è autentico vi fa stare bene, vi fa sentire colmi di
gioia e soddisfazione, già solo per il fatto che vi sia venuto in mente. Vi
sentirete come se quel desiderio stesse aspettando,
come se stesse attendendo che voi lo formulaste nel vostro cuore e sarà una
sensazione talmente forte e potente che, al solo pensarlo, vi sembrerà come già
realizzato. Se non dubitate, vi sentirete fiduciosi nella sua realizzazione
proprio come se lo aveste già ottenuto. In tutto questo, però, è essenziale
ricordare che per ottenere bisogna chiedere, perciò chi non chiede non otterrà.
“se
non speri l’insperabile, non lo scoprirai, perché è chiuso alla ricerca, e ad
esso non conduce nessuna strada” [Eraclito,
Frammento 125, pag. 200, “Dell’Origine”, Feltrinelli”]
Desiderare
è creare
“«Dove siamo, Fiordiluna?»
«Io
sono con te e tu con me».
Era
come un dialogo in sogno, eppure Bastiano era assolutamente sicuro di essere
sveglio e di non star sognando.
«Fiordiluna»,
sussurrò, «questa è la fine?»
«No»,
rispose lei, «è il principio».
«Dov’è
Fantàsia, Fiordiluna? Dove sono tutti gli altri, Atreiu e Fùcur? È tutto scomparso?
E il Vecchio della Montagna Vagante e il suo libro? Non c’è più nulla di tutto
questo?»
«Fantàsia
rinascerà dai tuoi desideri, Bastiano mio. E grazie a me, essi si muteranno in
realtà».
«Dai
miei desideri?» ripeté Bastiano sbalordito.
«Tu
lo sai bene», udì la dolce voce, «che mi chiamano la sovrana dei Desideri. Che
cosa desideri?» [Pag. 199 de “La Storia Infinita]
Il punto di vista dal
quale osserviamo il mondo è fondamentale: un bicchiere il cui livello di
liquido all’interno arriva a metà può essere interpretato come mezzo pieno
oppure mezzo vuoto, come ben saprete… Ecco, la stessa cosa vale per il cerchio:
in esso, la fine e il principio si congiungono e ci danno modo di decidere se
vogliamo interpretare quel punto come l’una o l’altro. [A questo proposito,
torna nuovamente calzante il frammento numero 20 di Eraclito.]
“Le
storie scritte nei libri finiscono con un punto. La storia da cui tutte le
storie sono nate, invece, con un punto inizia.
Per
questo ho messo un punto all’inizio del mio racconto: perché in un punto c’è
già tutto”. [Pag. 73 de “Il poeta dell’aria” di Chicca
Gagliardo, Hacca Edizioni.]
“«Tutto
comincia a esistere solo dopo che l’ho desiderato? Oppure c’è già e io l’ho
soltanto evocato?»
«Entrambe
le cose» perché Fantàsia è il regno delle Storie e «una storia può essere nuova
oppure raccontare di tempi immemorabili. Il passato nasce con lei»”. [“La Storia Infinita”]
Sì, perché “Il momento è eterno”. Tutto
deve ancora accadere e tutto è già accaduto. E la realtà è come sospesa in
quella dimensione in cui il tempo non è quello dell’orologio. Assomiglia a una
dimensione onirica, in cui un minuto può durare una vita e una vita può passare
in un solo minuto…
“L’ultimo
attimo durò più a lungo dell’intera esistenza. In quell’istante riuscì a vedere
che cosa era racchiuso all’interno del punto iniziale che conteneva in sé
l’intero universo”. [Pag. 79 de “Il poeta dell’aria” di
Chicca Gagliardo, Hacca Edizioni.]
Tutto è sempre.
Quando
desideri ti proietti nel futuro e vai a prendere l’oggetto del tuo desiderio,
già pronto per te, che ti sta aspettando e – nello stesso tempo – hai il potere
di plasmare il tuo futuro attraverso i tuoi desideri.
Questa risposta mette
d’accordo sia coloro che sostengono la teoria (o l’ipotesi) secondo la quale il
Destino lo plasmiamo noi di giorno in
giorno, sia coloro che credono in un percorso già scritto. In ogni caso, il fatto
è che:
“Le
strade di Fantàsia le puoi trovare solo grazie ai tuoi desideri. E ogni volta
puoi procedere soltanto da un desiderio al successivo. Quello che non desideri
ti rimane inaccessibile. Questo è ciò che qui significano le parole ‘vicino’ e
‘lontano’. E non basta volere soltanto andar via da un luogo. Devi desiderarne
un altro. Devi lasciarti guidare dai tuoi desideri”. [“La Storia Infinita”]
Come
per le Tre Porte, non si può passare al desiderio successivo fin quando non si
è formulato e ottenuto il precedente. Si cresce per tappe intermedie. E tutto
gira intorno alla consapevolezza: non sei veramente cresciuto se non prendi
atto internamente della tua crescita. La crescita va “sentita” dentro.
“Chiedete
e vi sarà dato; cercate e troverete; bussate e vi sarà aperto; perché chiunque
chiede riceve; chi cerca trova, e sarà aperto a chi bussa”. [Matteo,
7:7,8]
Le
passioni e i desideri, sono le forze motrici del cambiamento: danno il via alle
vicende e le portano avanti fino alla completa evoluzione del protagonista.
Bastiano è ognuno di noi. Gli manca – da accanito lettore – una storia che non
abbia fine. La sua è una mancanza che l’autore stesso definisce una “passione”.
Ogni cosa che ci manchi e che desideriamo fortemente scatena in noi una
passione. Quanti al mondo, ad esempio, possono dire di svolgere il lavoro dei
propri sogni?
Gli ostacoli
Bastiano
spiega alla Sovrana per quale ragione non si è presentato subito al Suo
cospetto: si vergognava, non si sentiva all’altezza, aveva paura.
Pensava
che la Sovrana si aspettasse un tipo coraggioso, forte e bello come un
principe… allora l’Imperatrice ride e lo invita a guardarla negli occhi:
“E
ora, nello specchio d’oro delle sue pupille dapprima ancora piccina, come a una
grande lontananza, poi via via più vicina, vide una figura che ingrandiva e si
avvicinava, facendosi sempre più chiara. Era un ragazzo, press’ a poco della
sua stessa età, ma snello e di straordinaria bellezza […] Incantato e pieno di
ammirazione, Bastiano fissava l’immagine. Non poteva saziarsi di guardarla.
Voleva giusto chiedere chi fosse quel bellissimo figlio di re quando, come il
bagliore di un lampo, lo trapassò la consapevolezza di essere lui. Quella era
la sua immagine riflessa negli occhi d’oro di Fiordiluna”. [“La Storia Infinita”]
Dante,
Paradiso, Canto XXXIII, “[…] per che ‘l viso mio in
lei tutto era messo”.
“Ciò
che avvenne in quel momento in lui è assai difficile da descrivere a parole. Fu
un rapimento, un’estasi che lo trasportò fuori da se stesso, portandolo
lontano, come se avesse perso conoscenza e quando ebbe fine ed egli fu tornato
in sé si ritrovò esattamente quel bellissimo fanciullo di cui aveva visto
l’immagine […] Si volse verso Fiordiluna. Lei non c’era più”. [“La Storia Infinita”]
Gli
occhi della Sovrana sono come degli specchi che riflettono la vera essenza di
Bastiano, ormai libero da tutti i condizionamenti e i preconcetti di cui è sempre
stato vittima e fautore. Siamo tutti creature bellissime e – soprattutto -
destinate alla bellezza! È questo il significato delle parole: “si volse verso Fiordiluna. Lei non c’era
più”. Vedendosi in lei, Bastiano
diventa consapevole di portarLa dentro di sé.
Per
Bastiano, d’altronde, è stato come uscire da se stesso e guardarsi/vedersi
dall’esterno, ma attraverso gli occhi di Dio, del Dio del divenire.
Bastiano
vede la propria essenza divina e – si sa – non si può vedere il volto di Dio
(il proprio vero Io) e pretendere di rimanere uguali a come si era prima di
vederlo.
Ma
per vedere l’Io bisogna uscirne…
“«Quanti
desideri ho a disposizione?»
«Quanti
ne vuoi. Quanti più sono, tanto meglio è, Bastiano mio. Tanto più ricca e
multiforme diventerà Fantàsia».
Bastiano
si sentì sopraffatto dalla sorpresa. Ma
proprio perché d’improvviso si trovava di fronte a una simile illimitatezza di
possibilità non gli veniva in mente nulla di preciso da desiderare”.
“[…]
si può essere perfettamente convinti di desiderare una cosa, magari per anni
interi, fintanto che si sa che il desiderio non è realizzabile. Ma nel momento
stesso in cui, all’improvviso, ci si trova di fronte alla possibilità ch’esso
si trasformi in realtà, allora non si ha più che un solo desiderio: non averlo
desiderato mai”.
[“La Storia
Infinita”]
Proprio
così. È una delle condizioni che spesso impediscono ai nostri desideri di
realizzarsi. Quando desideriamo qualcosa, anche se ardentemente, può capitare
di non vederla realizzarsi e le cause possono essere le più disparate:
- La sensazione di non essere degni o -
addirittura – all’altezza, chiamata anche “senso di colpa”.
[«[…] ci sono tante forme di colpa, quella
dell’azione, quella del pensiero… La nostra è quella di esistere». “La Storia
Infinita”
Bastiano
riconosce che gli Acharai non hanno colpa per il loro aspetto fisico. Questa
constatazione gli tornerà utile per riconsiderare l’idea di se stesso. Li
trasforma in Uzzolini e loro inziano a chiamarlo “Coso” e instillano in lui il
dubbio su quale sia il suo vero nome (e la sua vera identità). Ma noi non siamo
il nostro nome!!!]
- La paura di non sapere come gestire il
desiderio una volta ottenuta la sua realizzazione.
- La paura che si realizzi perché se si
realizza cambierà tutto nella nostra vita.
- La paura che non si realizzi.
- Il fatto di non volerlo davvero (magari
perché di quella cosa c’importa poco o nulla).
- L’errata formulazione.
- L’aver desiderato cose o –
addirittura desideri che appartengono ad
altri e che non sentiamo del tutto “nostri”.
Bastiano,
in questo caso, ha desiderato una storia che non avesse fine e ora –
attanagliato dalla paura – non vorrebbe aver mai desiderato una cosa del genere.
I “DEMONI” dei Chakra
Se
spingessimo il nostro pensiero un poco oltre le convenzioni, potremmo notare
che ci sono moltissime affinità tra l’Albero della Vita e la colonna vertebrale
umana, con i suoi 7 centri energetici denominati “Chakra”. A guardare le cose
da questo punto di vista, ci accorgeremmo che la risalita di Ida e Pingala (due
serpenti, guarda caso) lungo Sushumna è un percorso molto simile a quello che
si compie per risalire le Sefirot della Qabbalah. Pertanto, gli ostacoli che
potremmo incontrare durante la formulazione dei nostri desideri, potrebbero
essere facilmente paragonati ai cosiddetti “Demoni” dei Chakra: 1- Paura, 2-
Colpa, 3- Vergogna, 4- Dolore, 5- Bugie, 6- Illusione, 7- Attaccamento. Tali “Demoni”,
come li chiama Anodea Judith nel suo libro [“Il libro dei chakra”, Neri Pozza],
sono contrapposti ai 7 diritti dell’essere umano: 1- Esistere (Sopravvivenza),
2- Sentire (Sessualità), 3- Agire (Potenza), 4- Amare (Amore), 5- Parlare
(Comunicazione), 6- Vedere (Intuizione), 7- Conoscere (Cognizione). Come nella
Qabbalah, anche in questo campo, eccedere o difettare in uno o più punti
energetici significa trovarsi in squilibrio/disarmonia con se stessi e con il
mondo circostante.
“È
strano che non si possa semplicemente desiderare quello che si vuole”. [“La Storia Infinita”]
Fa’ ciò che vuoi non vuol dire che puoi fare quel che ti pare, con
leggerezza (= noncuranza), ma che devi fare ciò che rappresenta la tua vera
volontà.
Ci
vogliono sincerità e attenzione a se stessi, coraggio e determinazione, ma
anche intuizione. Sono tutte cose che non possono essere forzate. E va
ricordato che i desideri possono guidarci nella vita (come i sensi), ma non
sono tutti buoni. Perché lo siano bisogna che:
- Rappresentino, come già detto, la nostra
“vera volontà”.
- Appartengano veramente a noi.
- Siano espressi con chiarezza e
precisione, altrimenti si rischia di non vederlo realizzarsi (o che si realizzi
nella maniera sbagliata).
- Procedere di desiderio in desiderio.
Questo implica il fatto che non possiamo passare ad uno stadio evolutivo più
alto prima di aver completato quello precedente. (Desideri = evoluzione.)
- Fare attenzione a non desiderare per gli
altri (ognuno ha la propria storia). [Eh sì, abbiamo anche delle responsabilità
quando desideriamo: dobbiamo fare in modo che ciò che desideriamo non leda le
vite altrui. Desidera, pertanto, cose che cambino la tua vita e non
intrometterti nella vita degli altri. Si
tratta di egoismo? No, al contrario, non desiderare per gli altri è una forma
di altruismo perché lascia loro la libertà di – passatemi il gioco di parole –
desiderare i loro desideri. Se desiderassimo per gli altri, infatti, sarebbe
come se andassimo al ristorante, ordinassimo una cena luculliana e poi
facessimo mettere la cifra risultante sul conto di qualcun altro…
“Io
voglio che loro vogliano quel che voglio io”, desidera – ad un certo punto de “La Storia
Infinita” - Bastiano. Ecco, niente di
più sbagliato…]
- Quando esprimiamo un desiderio dobbiamo
poi permetterci di accoglierne la realizzazione nelle nostre vite.
- Carpe Diem. Cogliere l’attimo
esatto in cui ciò che abbiamo desiderato ci sta raggiungendo e afferrarlo
prontamente per impedire che (l’attimo) passi e il desiderio ci sfugga di mano.
[(Es.: a Bastiano, la spada SIKANDA, appartiene da sempre (anche perché le ha
dato il nome). Sikanda è l’intuito, il potenziale. Come la lampada di Aladino o
una delle due bambole di Vassilissa (l’altra è la ragione). Ma è una lama a
doppio taglio: se usata correttamente, fa del Bene, mentre se viene usata per
scopi malevoli, farà del Male].
- Desiderate ciò che sentite di desiderare
veramente, nelle profondità di voi stessi e non ciò che chi vi circonda
approverebbe. E, ribadisco, desiderate per conto vostro, cose che riguardano
solo voi e non cose che coinvolgano anche altre persone (specifiche): lasciamo
a tutti la facoltà di esercitare il Libero Arbitrio!
- Non affidarti al caso, quando vuoi
cambiare la tua vita: sii tu l’artefice del tuo Destino. “Vuoi vedere un miracolo, figliolo? Sii il tuo
miracolo!”, dal film:
“Una settimana da Dio”.
La
BELLEZZA, ovvero Tiphereth
UN APPROFONDIMENTO QUI: https://manumelaracconti.blogspot.com/2020/09/la-bellezza.html
“E
proprio in tal modo veniva esaudito il suo desiderio di essere bello, perché
uno che lo è sempre stato non pensa neppure lontanamente a desiderarlo. Aveva
appena ottenuto questo, che già provava quasi un senso di insoddisfazione, e in
lui si risvegliò un nuovo desiderio. Dopotutto essere soltanto bello non era un
gran pregio. Voleva anche essere forte, più forte di chiunque altro. Il più
forte in assoluto!” [“La Storia Infinita”]
Bastiano gioisce del fatto di essere bello.
Non gli importa che non ci sia nessuno ad ammirarlo e questo pensiero ci fa riflettere sulla
troppa importanza che attribuiamo all’approvazione, all’ammirazione e al
riconoscimento altrui (nei nostri confronti).
A
poco a poco la sensazione di gioia e la consapevolezza di essere bello si
trasformano in naturalezza, come se la sua bellezza fosse una cosa ovvia. Non è
meno felice, ma ha l’impressione di non essersi mai conosciuto diverso da come
è ora.
Bastiano ha desiderato di
essere bello e la sua richiesta è stata esaudita.
Bellezza è una delle
parole che, personalmente, porterei con me in un ipotetico nuovo mondo.
Bellezza è la qualità di
ciò che è bello; è incanto, splendore, magnificenza, armonia, grazia, fascino e
avvenenza. Pertanto, chi è bell* è delizios*, incantevole, benfatt*, buon*,
sereno, elegante, affascinante, cospicuo, grande, generoso, nobile.
Nella Qabbalah, la
bellezza (Tiphereth o Tiferet) risiede nella sesta Sefira e corrisponde non
soltanto alla qualità esteriore propriamente detta, ma anche e soprattutto alla
bontà, al buon cuore, all’amore armonioso ed equilibrato. La sesta Sefira è,
non a caso, situata nella parte centrale dell’Albero della Vita.
È interessante notare
l’accostamento che sia il vocabolario italiano sia la Qabbalah fanno di
bellezza e bontà. Nel mondo che vorrei, la bellezza - così intesa - dovrebbe
traboccare da ogni parte ed essere sia causa sia effetto di grande gioia.
La forma delle parole è
importante quanto il loro contenuto. Ogni lettera dell’alfabeto ebraico, per
esempio, non è un segno tracciato a caso, bensì un simbolo del significato in
esso contenuto.
L’alfabeto
ebraico e la storia della Creazione.
Ho il sospetto
che Ende abbia studiato a fondo ogni lettera dell’alfabeto ebraico per scrivere
“La Storia Infinita”, rappresentata – tra l’altro – dalla lettera Samech, di
forma circolare. Simbolo del mito dell’eterno ritorno, è anche possibile veder
questa lettera come un serpente che si morde la coda. Racconta la ciclicità
della vita, “la fine innestata nel principio”. Ogni capitolo de “La Storia
Infinita” si apre con una lettera diversa e l’ordine seguito è – naturalmente –
quello alfabetico. Un altro vistoso riferimento all’alfabeto ebraico e alla
Qabbalah è la lettera Mem, che rappresenta le “Acque di Vita”; poi troviamo la
lettera Yod, la cui traduzione è “Mano” (cosa che ricorda inevitabilmente il
capitolo 20 del libro di Ende, intitolato “La Mano che vede”). Così per ogni
lettera. Così per ogni numero. Sì, Ende
ha inserito anche un accuratissimo compendio del significato dei numeri
all’interno della Qabbalah e lo ha fatto perché – fondamentalmente – lettere,
Sephiroth e numeri, all’interno della Qabbalah, sono strettamente collegati tra
loro. “La miglior traduzione della parola Sephira è
«emanazione numerica». Vi sono dieci Sephiroth, che rappresentano le forme più
astratte dei dieci numeri della scala decimale: 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10.
Quindi, come nell’alta matematica ragioniamo di numeri nel solo senso astratto,
così nella Qabalah ragioniamo della Deità nelle forme astratte dei numeri; in
altre parole mediante le SPIRVTh, Sephiroth”. [Pag. 29 di “Magia della Cabala”.] Ne “La Storia Infinita” compare spesso il numero 7. Questo numero
possiede molteplici significati tra cui l’intuizione, la capacità di fondere
realtà e magia e quella di rendere reale quella stessa magia. Per i Pitagorici
rappresentava la perfezione del cerchio e – per estensione – della ciclicità.
Assolutamente in linea, quindi, con il concetto di infinito che permea tutto il
libro di Ende. La settima lettera dell’alfabeto ebraico (Zain) è associata alla
capacità discriminativa della nostra mente, ovvero la facoltà di discernere il
Bene dal Male e di allontanare – di conseguenza – tutto ciò che ci impedisce di
crescere spiritualmente. Non a caso, la forma della lettera è simile a quella
di un pugnale, di un’arma da taglio con la quale combattere per la nostra
sopravvivenza. “Zain” significa, letteralmente, “strumento di guerra” ed è
appunto lo strumento con il quale possiamo lottare sia per vivere, sia per
progredire. Il numero 7, pertanto, rappresenta la perfezione data
dall’equilibrio degli opposti.
Ecco, dunque,
che si spiega anche il significato del numero 8. L’8 non è altro che la
trascendenza del numero 7, il momento in cui Atreiu e Bastiano entrano in una dimensione che va
oltre il tempo perché il numero in questione rappresenta l’ingresso del finito
nell’infinito…
Quando Ende
parla dei rintocchi del campanile nel mondo di Bastiano, dunque, non sta
fornendo al lettore dei meri riferimenti al tempo “terrestre”… Nessun dettaglio
è casuale, all’interno del suo libro!
Un appunto sul
numero 10: il 10 ha, nella Qabbalah, un significato molto particolare in quanto
non è singolo, bensì composto da 1 e 0. L’1 è, naturalmente, l’Unità, mentre lo
0 simboleggia il Negativo, perciò, quando raggiungiamo il numero 9 (concetto
valido anche per le Sephiroth), “non possiamo proseguire
oltre senza tornare all’unità perché il numero dieci è solo una ripetizione di
unità appena derivate dal negativo. Così, allora, l’infinito oceano della luce
negativa non procede da un centro, perché è senza centro, ma concentra un
centro, che è il numero uno delle Sephiroth manifestate, Kether, la Corona, la
Prima Sephira; che quindi può essere detta il Malkuth o numero dieci delle
Sephiroth nascoste (v. Tav. II)”. Vi sono,
infatti, tre veli cabalistici dell’esistenza negativa. Se dovessimo
rappresentarli graficamente, li dovremmo disporre concentricamente: all’”esterno”
dovremmo mettere AIN, il primo velo dell’esistenza negativa, in quanto
Ain=Negatività. Questa parola consiste di tre lettere che così indicano le
prime tre Sephiroth o numeri; il secondo velo (andando verso il centro) è l’AIN
SVP, Ain Soph=l’Illimitato. Questa parola consiste di sei lettere e indica
l’idea delle prime sei Sephirot o numeri. Il terzo velo è l’AIN SVP AVR, Ain
Soph Aur=la Luce Illimitata. Questa parola consiste di nove lettere e simbolizza
le prime nove Sephirot, ma naturalmente solo nella loro idea nascosta. [Da
“Magia della Cabala”.]
Da 1 a 10 e da
10 a 1 è il percorso in salita e in discesa e – di nuovo – in salita, a ciclo
continuo, dell’essere umano; dal finito all’Infinito e viceversa…
Ma il rapporto tra numeri, lettere, parole e
Sephiroth è un argomento troppo vasto e troppo complesso per essere trattato in
questa sede, pertanto non mi spingerò oltre.
“Rabbi
Hamnuna-Saba disse: «Nelle prime quattro parole della Torah, In principio il
Creatore creò Et-Bereshit Barah Elokim
Et, le prime due parole iniziano con la lettera Bet e le due successive
iniziano con Aleph». […] È detto: «Quando il Creatore pensò di creare il mondo,
tutte le lettere erano ancora occultate e anche duemila anni prima della
creazione del mondo, il Creatore le osservava e si dilettava a giocare con
loro». [Pag. 85 dello “Zohar”]
“Quando
il Creatore pensò di creare il mondo, tutte le lettere dell’alfabeto vennero da
Lui in ordine inverso, dall’ultima (Tav) alla prima (Aleph). La lettera Tav
entrò per prima e disse: «Signore del mondo! È bene per Te creare il mondo con
me, con le mie proprietà […]». [Pag. 86 dello
“Zohar”]
Ogni
lettera/geroglifico (e – di conseguenza – ogni parola) è formata da una “base”
e da un “riempimento”, ma è quest’ultimo che chiarisce la lettera stessa. È
possibile sentire il riempimento di una lettera quando quest’ultima viene
pronunciata. Ed è poi interessante sapere che “la maggior parte di termini Kabbalistici ha
una forma composta: la parola ‘Creatore’, ad esempio, deriva dalla parola
‘ombra’.
La lettera Tav
“Ognuna
delle ventidue lettere corrisponde a un particolare livello spirituale nel
quale agisce”. [Pag. 114 dello “Zohar”]
La lettera Tav,
ad esempio, rappresenta le proprietà della ‘Verità’, ovvero il ‘Sigillo del
Creatore’. [Pag. 115 dello “Zohar”]
E, ancora… “Il nome della lettera Tav, ‘verità’, indica
che, per raggiungere il suo livello, il suo grado, l’uomo deve ottenere la
proprietà della verità. Perciò la lettera Tav sosteneva che con le sue
proprietà l’uomo può analizzare completamente il bene e il male, respingere
come falsi i propri desideri impuri e, nella misura in cui li respinge,
avvicinarsi ai desideri puri (forze). In questo modo può essere certo di
raggiungere lo scopo della creazione: la correzione di tutti i propri desideri
[…]”. [Pag. 119 e 120 dello “Zohar”]
“Tutto
questo corrisponde alla citazione: «Il Creatore è vicino solamente a coloro che
veramente Gli chiedono aiuto». Perché solo con il Suo aiuto l’uomo può
raggiungere la correzione e l’elevazione spirituale. Tuttavia, questo aiuto
arriva solamente a coloro che lo domandano sinceramente e ‘veramente’. Non
appena l’uomo è capace di implorare con tutto il cuore il Creatore perché lo
aiuti, questo aiuto arriverà all’istante. E se l’uomo non riceve una risposta
dal Creatore, si tratta di un segno che la sua richiesta non è ancora completa,
che egli non ha ancora compreso totalmente la propria natura egoistica […]”. Ecco perché è necessaria la Verità… Necessaria nonostante il Creatore,
alla fine, non l’abbia scelta come lettera per la Creazione del mondo.
Verità
‘Verità’ è una
delle parole che porterei nel mio nuovo mondo. È sinonimo di ‘autenticità’, pertanto rappresenta
l’individuo. ‘Autentico’ , infatti, significa ‘autore responsabile’,
definizione in cui si ravvisa un composto con ‘autos’ (= stesso). Ognuno ha la
propria verità costituita da un insieme di credenze, pensieri, convinzioni,
ricordi, fatti accaduti e accadimenti vissuti (passatemi il gioco di parole)
che hanno prodotto – guarda caso – un personalissimo mondo, ovvero un modo di vedere
e percepire le cose. L’insieme di tutte le verità dà origine al Mondo con la
“M” maiuscola ed è lo specchio di ciò che chiamiamo “Tutto” (o Dio, se
preferite un approccio più teologico).
Il racconto di
Rabbi Hamnuna-Saba “spiega le particolari proprietà
delle lettere ebraiche: come tutte le lettere si presentino davanti al Creatore
e come ognuna di esse Gli chieda di essere usata per creare il mondo con le sue
proprietà. Ognuna delle ventidue lettere rappresenta un livello spirituale nei
mondi di ABYA e ognuna crede che le proprie qualità spirituali pure siano le
più adatte per questo compito, cioè che raggiungendo il suo livello e
acquisendo le sue qualità, gli abitanti del mondo saranno in grado di elevare
le forze pure al di sopra di quelle impure, quel tanto che permetterà loro di
raggiungere la fine della correzione, che è lo scopo della creazione.
Tuttavia,
il Creatore risponde a ogni lettera che esistono corrispondenti forze impure
per ognuna di esse e, perciò, l’uomo non sarebbe capace di separare in modo
corretto le forze pure da quelle impure e di utilizzare le forze pure per
raggiungere lo scopo. Questa situazione si ripete finché non arriva, al Suo
cospetto, la lettera Bet, la quale rappresenta il livello chiamato ‘la
benedizione del Creatore’, contro la quale non esistono forze impure di alcun
genere.
Allora
il Creatore acconsente a creare il mondo con la lettera Bet, con la sua
proprietà e poiché essa non ha una controparte impura, solo Bet si presenta
come l’opportunità di scindere tra il bene e il male, per determinare quando un
uomo opera per se stesso e quando lo fa per il bene del Creatore. Perciò il
mondo può esistere solo per mezzo della sua forza e delle sue proprietà: in
modo da estrarre, dal ‘miscuglio’ dei propri desideri, solo quelli che sono
puri, per elevarli sopra quelli impuri, fino al completo sradicamento di questi
ultimi, con il conseguimento della completa correzione della propria natura”. [Pp. 109 e 110 dello “Zohar”]
“Ma il Creatore le rispose che non era
meritevole di diventare la base della creazione, perché le forze del giudizio
che sarebbero nate da essa sarebbero state così forti che persino i giusti
perfetti, che hanno adempiuto tutta la Torah da Aleph a Tav (dalla A alla Z) e
raggiunta la proprietà della verità, sarebbero comunque stati puniti da essa,
dato che essi non hanno distrutto tutti i peccatori, come è scritto nel Talmud
[…].
Inoltre,
il Creatore declina la sua richiesta perché essa è anche il sigillo della
morte, in quanto il suo potere porta la morte in questo mondo. Perché l’uomo è
destinato a morire, in quanto il serpente ha creato il proprio sigillo e ha
messo fuori strada Adamo, confondendolo a proposito dell’Albero della
Conoscenza. Questa è la ragione per cui il mondo non può esistere con le proprietà
di Tav”. [Pag. 120 dello “Zohar”]
“La
lettera Bet entrò e disse al Creatore: «Creatore del mondo, sarebbe bene che Tu
creassi il mondo con me, perché attraverso di me Tu sei benedetto in Alto e in
basso. Perché Bet è benedizione». Il Creatore replicò a Bet: «Naturalmente, Io
creerò il mondo con te e tu sarai la base del mondo!” [Pp. 149 e 150 dello “Zohar”]
“La
lettera Bet è la proprietà di HOCHMA (Saggezza) o, piuttosto, di HESED in
HOCHMA” perché – attraversando tutti i
mondi – dal Creatore fino al livello più infimo, la Luce della benedizione non
si attenua in nessun modo e nessuno schermo e nessun desiderio meschino può
danneggiarla.
La
lettera Bet
Bet è la seconda lettera
dell’alfabeto ebraico ed è l’Archetipo di tutti i recipienti poiché, per la sua
particolare conformazione, rappresenta il simbolo della capacità recettiva. La
sua forma, infatti, ricorda quella di un contenitore chiuso su tre lati e
aperto a sinistra, sul quarto. Da questo lato, secondo la Qabbalah, provengono
le forze negative, pertanto il fatto che sia aperto proprio in tal punto, ci
porta a pensare – ancora una volta – all’imprescindibilità degli opposti nel
delicato gioco dell’equilibrio nel Mondo: se non ci fosse il Male non potremmo
sperimentare il Bene e neppure avremmo la possibilità di decidere ogni giorno
quale strada prendere. Non potremmo batterci per ciò che è Giusto perché non
sapremmo che cosa è Giusto e che cosa è Sbagliato. E non potremmo sperimentare
il Libero Arbitrio e, con esso, uno degli atti di Libertà più belli che ci
siano, ovvero la libertà di Creare.
“è
la malattia che rende piacevole e buona la salute, la fame la sazietà, la
fatica il riposo” [Eraclito, Frammento 20, pag. 63,
“Dell’Origine”, Feltrinelli]
“Questa
è anche la ragione per cui la proprietà della misericordia è la più adatta per
la creazione del mondo: perché a essa non si può aggrappare alcuna forza
impura. Questo perché le forze impure si possono aggrappare solamente in un
posto dove ci sono mancanze. E poiché non ci sono mancanze di nessun genere
nelle proprietà della misericordia, non potrà mai esserci contatto tra Bet e le
forze impure”. [Pag. 150 dello “Zohar”]
“La
lettera Aleph restò fuori e non entrò per presentarsi al Creatore. Il Creatore
le disse: «Perché non vieni da Me come hanno fatto tutte le altre lettere?»
Aleph replicò: «Perché ho visto tutte le lettere lasciarTi senza la risposta
desiderata. Inoltre, Ti ho visto donare alla lettera Bet questo grande regalo.
E, in verità, il Re dell’universo non può riprendersi indietro il suo regalo
per donarlo a qualcun altro!» Il Creatore replicò: «Sebbene Io creerò il mondo
con la lettera Bet, porrò Te in testa a tutte le lettere e la Mia unicità sarà
espressa solo attraverso di te; tutte le azioni e le ragioni di questo mondo
incominceranno sempre con te e l’unicità sarà in te sola»”. [Da pag. 151 dello “Zohar”]
Persino
l’Infanta Imperatrice, in qualche modo, si avvale di Bastiano e dei suoi desideri
per ricostruire Fantàsia. Vi potrete facilmente accorgere, infatti, che il nome
e il cognome del terrestre Bastiano iniziano proprio con la lettera “B”
(Bastiano Baldassarre Bucci).
Ma se Bet
rappresenta la Creazione nonché l’esistenza del principio negativo nel Mondo,
Aleph (ovvero la prima lettera dell’alfabeto ebraico) è “l’unione degli opposti. È la soglia fra il
manifesto e l’inconoscibile, il segreto e il rivelato, il potenziale e
l’attuale”. [“Nuovo manuale di Cabala”] La
sua forma è data da due metà contrapposte: nella parte alta risiedono le Acque
Superiori, quindi la Conoscenza pura e illuminata, mentre nella parte bassa
sono rappresentate le Acque Inferiori, vale a dire l’affettività, l’emotività e
l’istinto. Aleph rappresenta l’Uno, l’Assoluto, Dio nella Sua interezza che ha
in sé il Tutto.
E – guarda un
po’ – il nome di Atreiu inizia proprio con la lettera “A”…
Il legame speciale tra lettere e desideri
“Le
lettere sono dei Kelim (plurale di Kli, vaso) dei desideri. E questo si
riferisce sia alle singole lettere dell’alfabeto, sia a quelle che formano le
parole. Nel nome degli oggetti spirituali, le lettere indicano la forza del
loro desiderio che la Luce può colmare. Le lettere di un nome semplice, senza
riempimento, indicano la sua base senza la Luce […]. Le lettere di un nome
colmato indicano l’intensità dei desideri che sono colmati dalla Luce.
Ci
sono due fonti delle lettere: Yod e Aleph. Yod è una fonte sincera, perché
quando scriviamo qualcosa, iniziamo con un punto (Yod) e poi, mentre procediamo
dal punto in una delle quattro direzioni, tiriamo una linea. Le lettere sono
dei Kelim, dei desideri nei quali viene ricevuta la Luce (il piacere). Un
desiderio per qualcosa di specifico si può presentare soltanto se:
1-
il desiderio iniziale, ancora
inconscio, è colmato di piacere;
2-
il piacere abbandona il
desiderio.
Sono
i ricordi […] dei piaceri passati che portano alla manifestazione di un vero
desiderio di ricevere piacere, di percepirlo ancora una volta. E questo è il
vero desiderio che si chiama Kli.
Un
Kli colmato non può essere chiamato desiderio, perché è stato soddisfatto.
Perciò, l’espulsione della Luce e la sensazione di una discesa spirituale,
costituiscono il periodo per la creazione di nuovi Kelim per future ricezioni
della Luce, per nuovi conseguimenti”. [Pag. 153”Zohar”]
Il potere delle parole, ovvero: nominare le cose
per farle esistere
“Se
tu dici una cosa, essa esiste”. [“La Storia
Infinita”]
Così bastiano
crea il Bosco Notturno e lo fa esistere chiamandolo “Perelun”.
”E
Bastiano stava lì e si beava di quello spettacolo. Quello era il suo regno. Lui
lo aveva creato! Lui era il signore di Perelun”. [“La Storia Infinita”]
“Il Creatore dà ai giusti il potere della Sua
parola. E proprio come il Creatore crea le Sue creature con il potere della Sua
parola, così il giusto crea nuovi cieli con il potere della parola”. [Pag. 193 dello “Zohar”]
Nominando le
cose le si fa esistere, ma come ben dice Andrea Marcolongo nel suo “Alla fonte
delle parole”, non nominare qualcuno o qualcosa non significa che quel qualcuno
o quel qualcosa non esista… Dare un nome alle cose ci permette di
circoscriverle, di “ridurne l’essenza” perché possiamo usarle per costruire e
riordinare il nostro mondo. Creare nominando e nominare per dominare, anche se
“dominare” è un termine che non amo e che non porterei con me in un ipotetico o
concreto nuovo mondo.
Dare/donare e ricevere e… potere delle parole. Desiderare
è pregare
“Egli
disse a queste porte e a queste parole che sono state messe una sopra l’altra
nella Torah rinnovata: «Chi è con voi? Voi siete i miei compagni. Come Io
faccio i Cieli e la terra con le Mie parole, in quanto è scritto: «Attraverso
la parola del Creatore i Cieli sono stati creati», così voi create nuovi Cieli
e una nuova terra con il vostro lavoro sulla Torah”.
Le
proprietà della ricezione sono chiamate ‘le porte’; come porte aperte, esse
sono sempre pronte a ricevere. Le ‘Parole’ sono le proprietà della dazione,
dell’innalzamento della preghiera […] al Creatore. La frase «poste una sopra
l’altra» indica che una si riveste dell’altra e, così, si ha la ricezione per
il bene della dazione”. [Pag. 203 dello
“Zohar”]
Il brano
prosegue mettendo in guardia chi non conosce la Torah, le lettere e le parole
che la compongono, dal rinnovarla. (“Senza
una profonda comprensione di tutti gli intricati dettagli dell’atto in se
stesso, l’uomo volubile e la lingua falsa catturano le sue parole”. [Pag. 204 dello “Zohar”])
Con questo
articolo, naturalmente, non intendo compiere tale opera, in quanto non ho né le
conoscenze né le competenze, né – tantomeno – la presunzione per farlo,
pertanto mi atterrò al rinnovamento del mio mondo attraverso l’uso di parole
che mi fanno stare bene perché, quando le uso, lo faccio con una consapevolezza
dovuta ai miei interessi, studi e approfondimenti da persona curiosa e – spero
– creativa. A tal proposito, mi piace usare l’espressione: “Mi prendo cura
delle parole”. In realtà, penso che tutti dovremmo prenderci più cura di questi
potenti strumenti di creazione, per poterli avere come alleati, in quanto:
·
più parole
conosciamo più siamo in grado di creare mondi ricchi: mondi, parole e pensieri
si creano gli uni con le altre, vicendevolmente (poche parole=pochi pensieri e
pochi pensieri=poche parole);
·
più parole
conosciamo meglio sapremo riconoscere e difenderci dalle manipolazioni altrui
·
più parole
conosciamo più i nostri pensieri saranno grandiosi;
·
più parole conosciamo
più saremo in grado di capire/comprendere gli altri.
[‘Ricchezza’
trascina con sé ‘abbondanza’ che – a sua volta – porta con sé ‘qualità’. Ricchezza
intesa come abbondanza di tutto ciò che ci è necessario per una vita serena,
ovvero di buona qualità.
E poi: ‘donare’
e ‘dono’… Ecco altre due parole che porterei con me nel mio nuovo mondo e che
vorrei fossero usate/praticate anche nel Mondo grande.]
Pregare
“La preghiera è una sensazione, un desiderio
nel cuore dell’uomo. L’uomo non si rende completamente conto e non può
descriverla, poiché la sensazione nel cuore della persona NON è SOGGETTA AD
ALCUN CONTROLLO O CORREZIONE COSCIENTE; non può essere “creata” per mezzo della
volontà”. [Pag. 491 dello “Zohar”]
Perciò, quando
Ende parla di “vera volontà”, molto probabilmente fa riferimento al desiderio
più puro cui l’uomo possa aspirare, ovvero l’amore; ricevere e – infine – dare
amore sono le cose più nobili, in assoluto.
L’intenzione nella preghiera
I
desideri “non si possono evocare, né soffocare a
piacimento” in quanto “nascono dalle profondità più remote del nostro
animo, più nascosti di ogni altra intenzione, siano essi buoni o cattivi. E a
nostra insaputa”.
Nello Zohar è
scritto: «Separa una parte di te e
rendila devota al Creatore». Il Creatore,
infatti, guida ognuno di noi nell’opera di riconoscimento e formulazione di
‘veri desideri’. I desideri terreni, così effimeri ed egoistici, sono
considerati inutili - stando a ciò che è scritto nello Zohar – e la ricerca del
loro appagamento non porterà mai l’uomo alla felicità vera. Il corpo fisico è
il maggior produttore di tali desideri, perciò una pratica molto utile per
distinguere i desideri ‘buoni’ da quelli ‘non buoni’ potrebbe essere quella di
interrogarci domandandoci perché vogliamo ciò che diciamo di volere.
Emergeranno sempre rivelazioni illuminanti, come – ad esempio – gli
innumerevoli “bisogni indotti”, specialmente quelli indotti dalla pubblicità.
Separare una
parte di sé e renderla devota al Creatore può, però, anche rappresentare un
ulteriore invito a sviluppare maggiormente l’emisfero cerebrale destro, quello
più creativo, appunto.
“Da
questo possiamo comprendere il significato segreto della preghiera: colui che
teme il creatore e rivolge il proprio cuore e i propri desideri nella sua
preghiera, conseguirà grandi ed esaltanti correzioni. Se si desidera entrare
nel regno spirituale e percepire il Creatore, l’unica cosa che si deve fare è
pregare, ovvero chiedere al creatore di correggere la propria natura, quella
del nostro mondo (egoistica) [che dà retta a un “io piccolo”, nota mia], nella
natura del regno spirituale (altruistica). Allora si potrà entrare
nell’eternità e trascendere i confini del nostro mondo. Per il fatto di essere
reso completamente schiavo dal proprio egoismo, l’uomo non è capace di cambiare
se stesso da solo.
Per
correggere se stesso, l’uomo ha bisogno di attingere alla forza che esiste al
suo esterno, oltre i confini dell’egoismo. Egli deve richiedere di ricevere la
forza; quindi l’unica cosa che può fare è pregare.
Tuttavia,
la preghiera non viene pronunciata con la bocca, ma piuttosto è come un
desiderio del cuore, poiché il Creatore legge il desiderio nei nostri cuori.
Perciò l’unico compito dell’uomo è di trasformare il desiderio del proprio
cuore, poiché il cuore desidera cambiare i propri desideri. Ma l’uomo, da solo,
non è in grado di fare neanche questo: deve chiederlo al Creatore”. [Pag. 481 dello “Zohar”]
Anche Bastiano
deve compiere questo passo per poter incontrare l’Infanta Imperatrice e salvare
sia Lei sia Fantàsia.
Dal Vangelo di
Matteo:
“Guardatevi
dal praticare la vostra giustizia davanti agli uomini, per essere osservati da
loro; altrimenti non ne avrete premio presso il Padre vostro che è nei cieli.
Quando dunque fai l’elemosina, non far suonare la tromba davanti a te, come
fanno gli ipocriti nelle sinagoghe e nelle strade, per essere onorati dagli
uomini. Io vi dico in verità che questo è il premio che ne hanno. Ma quando tu
fai l’elemosina, non sappia la tua sinistra quel che fa la destra, affinché la
tua elemosina sia fatta in segreto; e il
Padre tuo, che vede nel segreto, te ne darà la ricompensa.
Quando
pregate, non siate come gli ipocriti; poiché essi amano pregare stando in piedi
nelle sinagoghe e agli angoli delle piazze per essere visti dagli uomini. Io vi
dico in verità che questo è il premio che ne hanno. Ma tu, quando preghi, entra
nella tua cameretta e, chiusa la porta, rivolgi la preghiera al Padre tuo che è
nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, te ne darà la ricompensa.
Nel
pregare non usate troppe parole come fanno i pagani, i quali pensano di essere
esauditi per il gran numero delle loro
parole. Non fate dunque come loro, poiché il Padre vostro sa le cose di cui
avete bisogno, prima che glielo chiediate”. [Matteo: 6, 1-8]
In questo brano
è riassunto tutto quello che abbiamo detto fino ad ora:
-
Quando formulate
un desiderio, lasciate fuori la parte razionale ed esprimete ciò che volete con
l’emisfero destro.
-
Non
pregate/desiderate per vanteria: non è agli altri che dovete mostrare la vostra
parte migliore, quella più intima, ma a voi stessi e al Creatore (o, se
preferite un approccio più filosofico che teologico, al vostro vero Io).
-
Dio sa cosa si
nasconde nel vostro cuore, conosce la vostra vera volontà: si tratta soltanto
di avere il coraggio di essere sinceri con voi stessi.
-
Bastano poche
parole, se il desiderio è autentico; e sarà necessario che sappiate molto bene
il significato di quelle parole, perché quando usate un linguaggio di cui non
siete sicuri farete vacillare anche la potenza del desiderio stesso.
Tra Hod (lo Splendore) e Tiphereth (la Bellezza) troviamo Netzah (o Netzach), ovvero l’Eternità o
la Vittoria. Rappresenta la costanza, la
perseveranza, l’essere decisi e il saper vincere; arrivare a questo punto
dell’Albero della Vita significa poter acquisire la capacità di rimanere saldi
anche nelle prove più dure, forti di un Amore in grado di propagarsi nel tempo
(per questo si chiama Eternità) dal nostro interno (come semplice emozione)
verso le prove a cui veniamo sottoposti dalla vita. Netzah rappresenta la
resistenza di chi sa che è guidato e supportato dal coraggio dell’Amore.
La Forza, ovvero Gheburah
Nella sua
accezione positiva, intendendola – cioè – come virtù, rappresenta il coraggio,
l’energia, mentre nella sua accezione opposta (vizio) rappresenta la crudeltà,
la distruzione. È, da alcuni, intesa come Severità, da altri come Giustizia (in
quanto, tra l’altro, è situata sul pilastro sinistro dell’Albero della Vita che
è, appunto, quello della Giustizia). La sua esperienza spirituale è la Visione
del Potere, “l’accorgersi di essere
saliti in alto”. La Sefira della Ghevurah è
situata sul lato sinistro dell’Albero della Vita, pertanto occorre prestare
attenzione a controbilanciarla adeguatamente. La Forza, infatti, ci sprona a
metterci in discussione alimentando in noi un senso di mancanza e di vuoto, ma
porta con sé sia l’arroganza sia la paura di compiere uno sbaglio un passo
falso che ci faccia cadere rovinosamente.
“Non
doveva permettere che il pericolo lo inducesse a commettere qualche imprudenza.
[…] E con tutto ciò Bastiano era ancora a un’altezza vertiginosa”. [Pag. 214 dello “Zohar”]
“Il
suo desiderio di essere forte era stato esaudito. […] Ora era bello e forte ,
ma in un certo senso non gli bastava. Anzi, proprio per questo gli pareva quasi
il segno di una certa mollezza. Essere bello e forte aveva valore solo se si
era al tempo stesso anche temprati, duri tenaci, spartani. Come Atreiu. Ma lì,
sotto quella selva di fiori meravigliosi, […] c’erano ben poche possibilità di
esercitarsi in spartana durezza. […] Cosa ben diversa sarebbe stata per esempio
traversare un deserto, il più grande deserto di Fantàsia! Sì, quella sarebbe
stata un’impresa di cui andar fiero!” [“La
Storia Infinita”]
Questo passaggio
è un ottimo corollario di una delle scene più belle del film “Un’impresa da
Dio” (seguito di “Una settimana da Dio”), in cui Dio (interpretato da Morgan
Freeman), nei panni di un cameriere, parla con la moglie di quello che è un Noè
dei giorni nostri e le spiega che quando chiedi a Dio di avere un’abilità o una
virtù, Dio non ti fornisce quell’abilità o quella virtù, ma l’occasione per
svilupparla.
“A
chi – pregando – chiede pazienza, crede che Dio dia pazienza o dia invece
l’opportunità di essere paziente?
A
chi chiede coraggio, Dio lo concede o dà l’opportunità di essere coraggioso?
A
chi chiede la gioia di una famiglia più unita, crede che Dio regali sentimenti
rassicuranti o l’opportunità di dimostrare amore?”
Chi è forte,
riporta il Dizionario dei sinonimi e dei contrari, è: robusto, vigoroso,
resistente, bravo; risoluto, tenace, saldo; intenso acceso; impetuoso; acuto,
offensivo; consistente.
La porterei nel
nuovo mondo? Sì, ma come risorsa per difendere i propri obiettivi e i propri
ideali. Come alleata del coraggio (di andare avanti o – al contrario – di
fermarci quando non vogliamo più proseguire).
Bastiano,
intanto, è diventato bello e forte, ma non gli basta più: vuole affrontare
un’impresa di cui andar fiero, qualcosa che gli permetta di dimostrare
coraggio, perciò dà vita al Deserto Colorato e alla Morte Multicolore. [La
presenza di numerosi colori fa pensare anche alle ali striate degli Arcangeli
presenti nell’Ottava Sefira o – a spingerci oltre – alla nostra Aura.]
Già parecchie
volte abbiamo incontrato le parole “armonia” ed “equilibrio”. Le porterei con
me? Sì, perché conciliano gli opposti dando spazio ad entrambi. L’armonia è,
infatti, “l’accordo di più elementi”, mentre l’equilibrio è la “condizione dei
corpi che rimangono immobili perché sollecitati da forze uguali e contrarie”.
Naturalmente terrei conto del fatto che esiste l’equilibrio stabile, ma anche
quello instabile; quest’ultimo si ha quando un corpo tende ad abbandonare la
posizione di partenza. Senza di esso non ci sarebbe crescita alcuna.
Crescita e Creazione
Creare: produrre
qualcosa dal nulla; dare vita, realizzare, comporre, ideare. Provocare,
suscitare. Bellissima la variante riflessiva: nascere, prodursi.
“Tutto
il magnifico Cantico dei Cantici parla della fusione Divina di tutte le
creature con il Creatore. Dato che il nostro mondo è stato creato come un
riflesso del mondo spirituale [«Come in
Cielo, così in Terra», “Padre Nostro”, Preghiera. “«Il Cielo è sulla terra, ma
secondo un modo terreno, e la terra è nel cielo, ma secondo un modo celeste»
Thomas Vaughan, autore alchemico meglio noto come Eugenius Philalethes,
evidentemente citando Proclo”, “Magia della Cabala”, NOTE MIE], la fusione spirituale può essere descritta solo
con parole corrispondenti del nostro mondo. [Le parole sono molto utili, ma – ahimè – sono anche molto limitate e
limitanti: ci aiutano ad esprimerci, a comunicare, ma non sono in grado di
descrivere appieno il nostro mondo, né – tantomeno – il mondo spirituale. Ad
esempio: così come non è possibile esprimere la bellezza, il profumo, la
delicatezza e le molte altre caratteristiche e qualità di una rosa con la sola
parola ‘rosa’, non è possibile neanche descrivere Dio. Perfino Dante Alighieri,
ne “La Divina commedia”, si trovò in difficoltà nel descrivere ciò che vide in
Paradiso... Nota mia.] Poiché il nostro mondo è egoistico, quello
spirituale, altruistico, è orientato
verso la fusione delle proprietà e dei desideri descritti nelle parole del
nostro mondo come Malchut (l’anima dell’uomo) che si avvicina al Creatore nei
propri attributi e poi segue la loro graduale unificazione”. [Pag. 484 dello “Zohar”]
Crescere:
1- Svilupparsi in base a un processo naturale.
2- Diventare adulto.
3- Essere allevato.
4- Aumentare.
5- Fare progressi, migliorare.
6- Essere in più, avanzare.
La parola
Creazione e la parola Crescita hanno molto in comune: creare significa
pro-durre, crescere significa pro-gredire, avanzare, migliorare, aumentare. Nel
primo caso, quando creo qualcosa, “conduco avanti” quel qualcosa, nel secondo
caso, quando cresco, sono io stessa ad andare avanti. Questo non significa che,
per crescere, si debba andare solo avanti, anzi, in alcuni casi è vero il
contrario: tornare all’inizio, a volte, fa molto bene. È un processo che prende
il nome di “Iniziazione”, e ha doppia valenza: da un lato, come appena detto, è
un ritorno alle origini, a quando eravamo bambini o – addirittura – a prima di
nascere, dall’altro si parla di “Iniziazione” quando si fa il proprio ingresso
in una comunità o in un gruppo (o, in certi casi, quando si apprendono delle
pratiche particolari).
Bastiano fa
entrambe le cose grazie al suo “viaggio” a Fantàsia: torna a quella dimensione (infinita
ed eterna?) in cui era (e in cui eravamo tutti) prima di nascere e, al suo
“ritorno” nella dimensione degli umani, è
pronto per affrontare con consapevolezza il Mondo terreno.
Le Sefirot
dell’Albero della Vita sono, infatti, la bussola per orientarsi in questo
Mondo, ma anche nell’“Aldilà”.
Ma che cosa
significa risalire le Sefirot dell’Albero della Vita? Significa cercare
l’unione con il Creatore, con Dio o – se preferite – ripristinare la
connessione con la nostra parte divina. Attraverso questa unione, tutta la
realtà nel suo complesso, dai mondi spirituali più elevati fin giù al nostro
Mondo, si basa sul dare e ricevere Amore. Nulla è più importante di questa
Forza “che move il sole e l'altre stelle” [Paradiso, XXXIII, v. 145], e tutto ciò che succede nella realtà
avviene solo per far sì che l’umanità possa accorgersi di tale potenza per
vivere permanentemente con questa consapevolezza.
Scalare le
Sefirot della Qabbalah serve anche e soprattutto a capire cosa vuoi davvero.
Bastiano arriva alla propria volontà vera e fondamentale che è il desiderio
profondo di donare Amore. La Qabbalah ci aiuta ad acquisire i desideri dei
mondi spirituali.
LE MILLE PORTE
“La
profondità della saggezza de «Il Libro dello Zohar» è protetta da mille porte”. [Rabbi Yehuda Ashlag (Baal HaSulam), dalla Prefazione al «Libro dello
Zohar».] Mille Porte… Come il Tempio dalle Mille Porte de “La Storia Infinita”…
“In
Fantàsia c’è un luogo che conduce ovunque e al quale si può giungere da ogni
parte. Tale posto è chiamato Tempio delle Mille Porte. Non ha un esterno, ma
solo un interno, composto da un labirinto fatto di porte. Ogni porta in tutta
Fantàsia può rappresentare l’accesso al Tempio, ma solo in un determinato
istante. Nessuno può passare per più di una volta dalla stessa porta e nessuna
delle Mille porte riconduce là da dove si è venuti”. [“La Storia Infinita”]
“Tutto
scorre”, diceva Eraclito, “e non ci si bagna mai due volte nello stesso
fiume”…
In
pratica:
“non
esiste ritorno. Attraverso il labirinto delle Mille porte ti può guidare un
solo desiderio. Chi non lo ha è costretto a continuare a vagarci dentro fino a
quando sa esattamente cosa desidera”. [“La
Storia Infinita”]
La
porta d’ingresso si trova soltanto desiderando di trovarla. Un po’ come La
Stanza delle Necessità, in Harry Potter.
Bastiano
vuole incontrare Atreiu.
Sceglie
una porta tra le Mille, verde oliva (scelta fatta col cuore, perché il colore
gli ricorda Atreiu), la varca ed esce dal Tempio. [Il verde è il colore del
quarto chakra, il punto energetico che corrisponde al cuore e – per estensione
– all’amore e all’equilibrio interiore. Perciò, il fatto che Bastiano voglia
incontrare Atreiu è un segno evidente del suo desiderio di trovare il
bilanciamento tra le proprie parti. Atreiu, infatti, è l’alter ego di
Bastiano.]
Uscito
dal Tempio, incontra quattro uomini e una donna. Nasconde Auryn e il proprio
nome perché vuole che il gruppo lo accolga e lo valuti senza “raccomandazioni”.
Come
si opera, dunque, la scelta della porta giusta?
Adoperando:
- l’intuito
- il ragionamento
- il cuore
“L’OCCHIO VEDE E IL CUORE BRAMA”
“[…]
un uomo dovrebbe essere cauto con il proprio desiderio.
La
regola è la seguente: «L’occhio vede e il cuore brama» e se l’uomo non fosse in
grado di proteggere la propria intenzione, di mantenerla soltanto per il bene
del Creatore, desidererebbe ricevere per se stesso. […] Esaminiamo brevemente
come nasce un desiderio nell’uomo. Un uomo vede qualcosa per la prima volta non
sapendo ancora cosa vedrà. È come se una cosa finisse per caso dentro il suo campo visivo. Naturalmente
non si possono imporre divieti a questa situazione, perché non è dipendente
dall’uomo; dunque non c’è né ricompensa né punizione.
Invece,
quando la cosa viene vista per la seconda volta, l’uomo si ritrova già con la
libertà di scegliere. E se la seconda osservazione si tradurrà in un desiderio
di ricevere piacere, allora ci sarà una proibizione. Se l’uomo non riesce a
trattenersi e guarda per una seconda volta, i suoi occhi mandano un segnale al
cuore e il cuore inizia a desiderare. Dunque, l’uomo ha il potere di decidere
se permettere o no al desiderio di nascere dentro di sé. Questo è il
significato della frase: «L’occhio vede e il cuore brama»”. [Pag. 203 dello “Zohar”]
Personalmente,
sono un po’ restia a concordare con questo assunto; penso, invece, di essere
più vicina al vecchio detto: “Al cuor non si comanda”, d’altronde “Il cuore ha le sue ragioni
che la ragione non conosce” [Blaise
Pascal].
“contro
il desiderio è difficile combattere: a prezzo dell’anima acquista ciò che
vuole” [Eraclito, Frammento 56, pag.
112, “Dell’Origine”, Feltrinelli”]
Il corpo
“La
Kabbalah non si riferisce mai al nostro corpo fisico e nemmeno lo nomina […].
Perciò, le azioni del corpo non sono assolutamente considerate nella Kabbalah.
Invece il DESIDERIO dell’uomo è preso in considerazione ed è considerato come
un’azione. […] esso costituisce l’azione spirituale interiore dell’uomo.
Il
mondo spirituale è un mondo di desideri incorporei, che non hanno sostanza,
misura, movimento o tempo. Proprio come nella nostra immaginazione, in cui i
nostri desideri sono appagati istantaneamente dal potere del pensiero, ogni
cosa nel mondo spirituale è determinata solamente dai nostri desideri-pensieri
e non dalle azioni fisiche”. [Pag. 493 dello
“Zohar”]
Eppure, ne “La
Storia Infinita”, c’è un momento in cui Bastiano vede in Atreiu un rivale e comincia a pensare che in Fantàsia
non si sta poi tanto male. [Nota: Atreiu, alter Ego di Bastiano, deve
affrontare sfide diverse da quelle di quest’ultimo, facendo un percorso per
proprio conto. Incontrerà la Morla, Ygramul Le Molte, i Bisolitari (che lo
aiuteranno a superare le Tre Porte e ad arrivare ad Uyulala); andrà nel Paese
della Mala Genìa, nella Città dei Fantasmi, sconfiggerà il Nulla e si recherà
alla Torre d’Avorio per incontrare l’Imperatrice. Una volta arrivato lì, dovrà
superare altre prove per poter ricevere la Grazia. Molte altre imprese
costellano il cammino di Atreiu che, ad un certo punto, incontrerà fisicamente Bastiano. Tra di loro
ci saranno sia alleanze sia scontri, ma – alla fine – prevarranno l’equilibrio
e la collaborazione.] Pensa che essa (= Fantàsia) non abbia bisogno del mondo
degli uomini perché ha la presunzione di poter fare tutto da solo (ma le nostre
due metà sono imprescindibili l’una dall’altra! Il corpo non può stare senza la
mente e la mente non può stare – su questa Terra – senza il corpo), anche se al
prezzo dei propri ricordi. Abbiamo bisogno di entrambi i mondi, non possiamo
rinunciare a nessuno di essi e la razionalità non può prevalere sulla
creatività e viceversa.
“Ma
Bastiano vuole diventare un individuo pericoloso, temibile e temuto. Uno di
quelli da cui tutti si sarebbero dovuti guardare. Anche loro due”. [Atreiu e Fùcur].
Ed
è allora che fa la sua comparsa Xayde… Cosa rappresenta la sua figura?
Impara
a diffidare di chi ti vuole offrire la propria guida (in cambio della tua
identità/libertà) e di chi dice di volersi sottomettere alla tua (in cambio di
doni). Xayde dà a Bastiano la cintura Ghemmal che rende invisibile chi la
indossa. Non avere percezione di sé significa, però, due cose:
1. Annullarsi (ed essere imparziale). O
perdere se stessi.
2. Essere protetto. Da nemici esterni, ma
anche da se stessi.
A
questo punto Bastiano vuole diventare il più saggio di tutta Fantàsia e,
analizzando nel dettaglio la Saggezza, troveremo che essa è data dalla somma di
ILLUMINAZIONE [cioè: INTUIZIONE + ATTENZIONE (ovvero PENSIERO e VISIONE)] e
INTELLIGENZA.
[Simbolicamente
il Giorno è la Visione, il Crepuscolo è l’Intelligenza e la Notte è
l’Intuizione.]
L’INTELLIGENZA: Binah
Fa
parte della Triade Superiore (composta da Kether, Chokmah e Binah), situata nel
Mondo dell’Intelletto. Corrisponde all’emisfero cerebrale sinistro, pertanto è
esperta nell’uso del linguaggio fatto di parole; è razionale e la logica è la
sua specialità. È la capacità di intendere e di comprendere nozioni e concetti.
Per i latini era anche l’accorgersi, il notare e il percepire.
LA SAPIENZA: Chokmah
È
l’intuizione, il sapere – di colpo – qualcosa, come se fossimo stati colti da
una sorta di “illuminazione”. È quel pensiero che sorge all’improvviso nella
nostra mente e, se vogliamo, l’idea geniale; è quell’esperienza che annulla
l’ego (come la cintura Ghemmal “annulla” Bastiano).
LA SAGGEZZA: Da’at
La
Saggezza, nella Qabbalah, può essere associata a Da’at (= l’unione di tutte le
altre Sefirot), ovvero il connubio tra i due emisferi cerebrali. In realtà,
Da’at è la Conoscenza, cioè il connubio tra intuizione e logica, pertanto non è
una vera e propria Sefira, bensì la capacità di integrare tutte le capacità acquisite
nel percorso lungo l’Albero della Vita. È una forma di conoscenza molto
particolare poiché include anche il “sapere di non sapere”. È l’unione del
maschile e del femminile, di tutte le parti della nostra personalità (sia di
quelle in luce sia di quelle in ombra); è il Bianco ma è anche il Nero, è
l’affermazione e – insieme – la negazione.
“per chi ascolta non me, ma il LÓGOS, sapienza
è intuire che tutte le cose sono Uno, e l’Uno è tutte le cose” [Eraclito, Frammento 69, pag. 128 “Dell’Origine”, Feltrinelli]
“conoscere
l’immediatezza è eccellenza suprema, e sapienza è dire e agire cose vere,
intendendo secondo l’origine”
[Eraclito, Frammento 76, pag. 138, “Dell’Origine”, Feltrinelli]
Qui
potremmo intendere “l’immediatezza” come l’intuizione; il dire e l’agire cose
“vere” come il conseguimento dell’autenticità; “l’origine” sia come il
principio di tutte le cose sia come quella dimensione a-spaziale e a-temporale,
di cui abbiamo già parlato.
“a
tutti gli uomini tocca in sorte di conoscere se stessi e cogliere la sapienza
suprema” [Eraclito, Frammento 77,
pag. 139, “Dell’Origine”, Feltrinelli]
Il
tuo destino è andare in cerca di te stess* e – in questo – dovremmo tornare a
prendere in considerazione la scritta sul Tempio di Apollo, a Delfi: “CONOSCI
TE STESSO”.
Dal
Vangelo di Giovanni, capitolo 14: “Gesù gli disse: «Io sono la
via, la verità e la vita; nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. […]
Chi ha visto me, ha visto il Padre. […] Credetemi: io sono nel Padre e il Padre
è in me; se no, credete a causa di quelle stesse opere».
Non
valeva solo per Gesù, Dio è in ognuno di noi e ognuno di noi è parte di Dio
perché - se Lui è il Padre – tutti noi siamo Suoi figli!
La Città degli Imperatori
“Ogni
essere umano che non trovi la strada per tornare indietro presto o tardi vuol
diventare imperatore”.
Tutti
gli abitanti di quella città sono intrappolati lì perché “prima non volevano e ora… diciamo… non possono
più.
E
non possono più perché dovrebbero desiderarlo, ma loro non desiderano più:
hanno sprecato il loro ultimo desiderio in qualche altra cosa”.
Una volta
spariti Desideri e Volontà non resta che affidarsi al Caso. Tanto che, in
questo capitolo de “La Storia Infinita”, sono affidate al Caso anche le lettere
dell’alfabeto, perché chi non sa usare le lettere non sa formare le parole né
sa formulare desideri, pertanto non può più neppure uscire dal loop del proprio mondo.
“Ma
perché, non si può continuare ad avere desideri fin che si vuole?
Certo
che no! Puoi continuare ad avere desideri fintanto che ti ricordi del tuo
mondo. Quelli che vedi qui invece hanno fatto fuori tutti i loro ricordi. E chi
non ha più un passato non ha neppure un avvenire, non ti pare? Per questo non
invecchiano, […] ma restano così come sono. Per loro nulla può cambiare, perché
loro stessi non possono più cambiarsi”. [“La
Storia Infinita”]
Non avere più
desideri impedisce all’uomo di evolversi e lo porta alla “pazzia”.
Esistono
due tipi di matti:
“Gli
uni hanno ceduto i loro ricordi a poco a poco. E quando hanno perso anche gli
ultimi, nemmeno AURYN ha potuto più soddisfare alcun nuovo desiderio. […] Gli
altri, invece, che si sono fatti imperatori, quelli i loro ricordi li hanno
perduti sul colpo. Anche in questo caso AURYN non poteva più soddisfare alcun
desiderio, perché non ne avevano più.. […] Quando uno si proclama imperatore,
AURYN scompare di propria iniziativa”. [“La Storia Infinita”]
Dopotutto
non si può usare il potere dell’Infanta Imperatrice per defraudarla appunto del
suo potere, vale a dire che:
1. Non ci si può sostituire a Dio.
2. Quando pensi di essere già arrivato in
vetta (= presunzione), hai smesso di crescere e puoi soltanto rimanere
bloccato.
L’evoluzione dei desideri di Bastiano
A
questo punto della storia, Bastiano inizia a voler far parte di una comunità.
Smette, dunque, di dire IO e inizia a dire NOI, entrando appunto in una
comunità in cui c’è armonia, ma manca l’amore.
“Egli
non voleva essere il più grande, il più forte, il più intelligente. Tutte
queste cose le aveva ormai lasciate dietro di sé. Aveva una grande nostalgia di
essere amato così com’era, buono o cattivo, bello o brutto, stupendo o
intelligente, con tutti i suoi difetti. O addirittura proprio per questi. Ma
lui com’era, in realtà? Non lo sapeva più”.
I
tre cavalieri (= piccole sfaccettature, singole identità, maschere
pirandelliane, ecc.), presi singolarmente, servono a poco.
Alla
casa di Donna Aiuola, Bastiano deve tornare a essere bambino. Lei gli spiega:
“Tu
hai percorso la strada dei desideri, e quella non è mai dritta. Hai fatto un
gran giro, ma era proprio la tua strada. E sai perché? Perché tu sei di quelli
che possono tornare indietro soltanto quando hanno trovato la fonte da cui
sgorga l’Acqua della Vita. E quello è il luogo più segreto di Fantàsia. La via
per arrivarci non è mai facile. […] Ogni strada che conduce là risulta, alla
fine, quella giusta”. [“La Storia Infinita”]
“«In
verità vi dico: se non cambiate e non diventate come i bambini, non entrerete
nel regno dei cieli»”. [Matteo: 18,
3-4]
La
Fonte in questione si trova ai confini estremi di Fantàsia. Obiezione: Fantàsia
non ha confini…
“i
confini dell’anima, per quanto lontano tu vada, non li scoprirai, neanche se
percorri tutte le vie” [Eraclito,
“Dell’Origine”, frammento 108, pag. 181]
Invece
li ha, solo che non sono esterni, bensì interiori. Sono dentro, non fuori. Sono
nel luogo da cui l’Infanta Imperatrice riceve tutto il suo potere e dove lei
stessa non può arrivare.
E
c’è un solo modo per arrivare là: con l’ultimo desiderio.
Grazie
ad AURYN, ogni desiderio di Bastiano si è realizzato, ma per ognuno di quei
desideri lui ha perso qualcosa e anche ora perderà un ricordo. Donna Aiuola (una
sorta di incubatrice spirituale) non gli dice cosa perderà perché se Bastiano
lo sapesse in anticipo, farebbe di tutto per tenersi stretto quel ricordo. È
necessario, però, che sappia di non aver perso nulla in realtà, perché:
Nulla
va perduto, tutto si trasforma.
Col
passare del tempo Bastiano inizia a maturare un nuovo desiderio: ora è lui a
voler amare.
L’AMORE: Chesed
Chesed
è il vero amore, l’amore universale e disinteressato, fine ultimo della
creazione. È l’ultimo gradino nella trasformazione dei desideri (da impuri a
puri) che culmina nel Timor di Dio. Amare davvero significa amare sia a causa
sia a dispetto delle differenze, sia l’amico sia il nemico, sia i pregi sia i
difetti. Chesed è il Vaso della benevolenza e della generosità assoluta e
illimitata. Ma quando parliamo di Amore, dobbiamo intendere sia la capacità di
riceverlo sia quella di donarlo e, nel caso di Bastiano, la ricezione avviene
nel capitolo su Donna Aiuola, mentre la donazione avviene nell’ultimo capitolo,
con la volontà di dare affetto al proprio padre.
Chesed
è anche definito come “Misericordia” o “Grandezza”.
In questo senso diciamo che desiderare è donare e
ricevere.
Arriva, dunque, alla miniera delle immagini,
dove le immagini sono i sogni dimenticati degli uomini, sogni su cui tutta
Fantàsia poggia. Bastiano deve trovare un sogno dimenticato (ma non perduto):
“Perciò
l’unica cosa che ti può aiutare è ritrovare un sogno dimenticato, che ti dia
un’immagine con la quale arrivare alla fonte. Ma per questo dovrai anche
dimenticare l’ultima cosa che ti rimane: te stesso!” [Pag. 409 de “La Storia Infinita”]
YESOD: il Fondamento
È
il primo gradino della Qabbalah, il primo passo che dobbiamo compiere per
risalire lungo l’Albero della Vita e l’ultimo prima di ritornare a Malchut.
Rappresenta il canale lungo il quale fluisce la nostra energia, anche quella
sessuale. Yesod significa “Verità” ed è solo con la sua vera volontà che
Bastiano potrà attraversarlo. È il Fondamento sul quale poggia l’Albero della Vita.
Bastiano
riesce a trovare il sogno dimenticato, ma esso si rompe, a causa degli
Uzzolini. Non tutto, però, è perduto perché intervengono Atreiu e il Drago.
Bastiano depone Auryn ai piedi di Atreiu e il medaglione sprigiona una gran
luce. Quando i tre riaprono gli occhi, si trovano davanti alla Fonte. Le Acque pongono delle domande a
Bastiano, ma lui è senza ricordi perciò Atreiu risponde per lui. La fonte è
Auryn e, vista l’umiltà di Bastiano, i due serpenti li lasciano entrare.
Auryn
è la porta che Bastiano. cercava. Egli l’ha avuta con sé fin dall’inizio. Ma,
dicono loro, i serpenti non lasciano passare nulla che venga da Fantàsia oltre
la soglia. Per questo Bastiano deve deporre tutto ciò che ha avuto in dono
dall’Infanta Imperatrice. Altrimenti non può bere l’Acqua della vita. “[…] Dicono che qui finisce il potere di
Fiordiluna. E lei è l’unica che non può mai entrare in questo luogo. Non può
penetrare nell’interno dello Splendore, poiché non può deporre se stessa”.
I
tre entrano.
“E
mentre vi si dirigevano, a ogni passo una delle meravigliose doti fantàsiche
che Bastiano aveva ricevuto in dono lo abbandonava. […] Così, da ultimo, rimase
tutto nudo davanti al gran cerchio d’oro al cui centro sgorgavano le Acque
della Vita”. [“La Storia Infinita”]
Bastiano
beve e rinasce.
“E
la cosa più bella era che adesso voleva proprio essere così com’era. Se avesse
potuto scegliere fra tutte le possibilità, non avrebbe scelto altro che questa.
Perché adesso sapeva: c’erano nel mondo mille e mille forme di gioia, ma, in
fondo, tutte si racchiudevano in una sola, quella di poter amare. E gioia e
amore erano la stessa cosa”. [“La Storia
Infinita”]
Perciò ti auguro
di avere tanti desideri e ti invito a formularne uno (o più d’uno) ogni volta
che – nella tua vita – qualcosa non ti piace.
“Avrei
potuto accontentarmi, ma è così che si diventa infelici”. [Charles Bukowski]
In chiusura di
questo articolo/saggio vi lascio alcune delle parole che porterei con me nel
nuovo mondo. Aspetto di conoscere le vostre!
·
Accorgersi, Aiutare, Armonia, Affetto, Amore,
Avverso, Abbondanza, Azione, Avere, Assoluto,
Assenso, Aria, Acqua
·
Bellezza, Bontà, Buio
·
Curiosità, Capire, Cura, Creazione, Coraggio,
Custodire, Chiedere, Carisma, Corpo, Conoscenza, Collera, Cercare, Confine
·
Desiderio, Dare, Dono, Domanda, Dolore,
Divenire, Dubbio, Dissenso, Decidere
·
Emozione, Equilibrio, Espressione, Essere,
Eternità, Essenza, Espansione, Energia
·
Fiducia, Fantasia, Felicità, Futuro,
Favorevole, Forza, Fondamento, Finito, Fuoco
·
Gioia, Generosità, Giustizia
·
Impressione, Immaginazione, Io, Inizio,
Istinto, Intuito, Impulso, Inquietudine, Infinito, Incertezza
·
Limite, Luce,
Libertà
·
Mente, Memoria, Mito, Morte, Mondo, Multiverso
·
Noia, Nascita,
No, Nome, Natura, Nuovo (Novità)
·
Ombra, Oltre,
Operare, Opportunità
·
Perdere, Parola,
Piacere, Passione, Progetto, Potere, Pensiero, Proposta, Perché, Psiche,
Pregare (Preghiera), Presente, Passato
·
Questione,
Qualità
·
Ricerca,
Ricchezza, Rispetto, Risposta, Ragione, Risonanza, Relativo, Ricordo
·
Sfumatura,
Sfaccettatura, Sensazione, Simbolo, Sapienza, Saggezza, Splendore, Sì, Simile,
Soddisfazione, Sapere, Sogni, Spazio (Spazioso)
·
Tenacia,
Tenerezza, Tutto, Tu, Tristezza, Tedio, Tossico, Trasgredire, Trasformazione,
Trovare, Terra
·
Umore, Uno,
Universo
·
Verità,
Vittoria, Vita, Volere (Volontà), Vuoto
Buona parte
delle parole dall’accezione positiva che vorrei nel nuovo mondo ha un proprio
opposto che, naturalmente, non posso esimermi dal portare con me: non c’è luce
senza oscurità, abbiamo ripetuto più volte, e questo principio vale per tutte
le cose. Ogni cosa ha il proprio opposto, il proprio contrario che, però, è
anche il proprio completamento; la complementarietà è propria dei simboli e
abbiamo già detto anche che la parola stessa è un simbolo, formato da
significante e significato. Le parole, unite ai desideri formulati sulla vera
volontà, sono il Fondamento sul quale creare nuovi mondi. È chiaro – lo abbiamo
visto percorrendo l’Albero della Vita – che, però, alla Fede (intesa come
fiducia) sia necessario affiancare l’azione: la realizzazione dei desideri non
piove dal cielo da sola, bisogna farla accadere! Non a caso a Felicità va
cercata… E, a proposito di Felicità, che cosa è per me questo tesoro? Della
Felicità parlano tutti, ma quel che è certo è che è diversa per ognuno di noi.
Per quanto mi riguarda, la Felicità è un’equilibrata unione di Benessere e
Serenità, ovvero una bilancia che prevede – su un piatto – la buona salute
fisica e – sull’altro – la buone salute mentale. La Felicità non è la Gioia e
neppure – per fortuna – la contentezza, poiché la prima è uno stato emotivo
(positivo) molto forte, ma anche molto instabile, mentre la seconda ha a che
fare con il contenimento e con il contenersi. Epicuro (filosofo del periodo
ellenistico, 323 a.C.) la identificava con l’assenza di dolore e con il Bene
supremo e riteneva la si potesse
trovare, in particolare, nel “fare filosofia”, ovvero nel cercare la
conoscenza e nel godere (seppur con moderazione) dei piaceri di tipo
intellettuale e di quelli legati all’amicizia.
Sì, la Felicità
è anche quanto detto da Epicuro, ma aggiungerei che per essere VERAMENTE felici occorre essere liberi, pur
sapendo che la Libertà – dalla maggior parte delle persone – non è tollerata né
tollerabile perché dire Libertà è come dire Responsabilità e le responsabilità
sono scomode o – addirittura – fanno paura…
Libertà è Potere.
In questa
società, in cui abbiamo barattato la nostra libertà con un illusorio stato di
sicurezza, abbiamo perso anche un’altra cosa: il potere. Il potere delle
decisioni e dell’autonomia con tutto ciò che esse comportano.
“Il
potere non è una cosa, ma un modo. […] Possediamo potere quando osiamo
vivere in modo autentico, quando
entriamo in noi stesso e diciamo la nuda verità. Più osiamo assumerci dei
rischi, porci in discussione o resistere alla pressione di andare contro i
nostri sentimenti, più facile diventa. Il potere giunge quando siamo disposti a
compiere degli errori e ad assumercene la responsabilità, a imparare da essi e
a correggerli. […] Il potere è la capacità di determinare il nostro destino”. [Pp. 225 e 226 de “Il libro dei chakra” di Anodea Judith, Neri Pozza.]
“L’autorità
ci solleva dalla responsabilità di un’azione indipendente”. [Starhawk]
“Viviamo
col vuoto dentro. Essendo vuoti dentro, il nostro mito culturale ci dice che la
potenza sta al di fuori di noi, nell’approvazione degli altri, nei gadgets
tecnologici o in un dio lontano e autoritario. E così impoveriamo noi stessi,
le nostre risorse e il nostro pianeta, cercando di raggiungere un potere
esterno, un potere su qualcuno, un potere che ci renderà solo schiavi”. [Pag. 244 de “Il libro dei chakra”]
Essere liberi,
pertanto, significa avere il potere di decidere cosa sia meglio per noi, in
autonomia e senza il condizionamento (esplicito o implicito) di una qualsiasi
autorità a noi esterna.
Tra le parole
che poterei con me c’è, poi, “MITO”. Nel nuovo Mondo avremo ancora bisogno dei
Miti? Io credo di sì, perché il Mito consiste nello spostare sul piano divino o
soprannaturale le grandi questioni umane affinché gli uomini stessi possano
osservarle dall’esterno, spiegarsele e poi tradurle (= tra-durle, nel senso di
riportarle/trasportarle) in un linguaggio sì cifrato, ma universalmente
decodificabile. Anche le storie raccontate nella Bibbia, così come i Miti greci
o quelli di altre culture, hanno questa funzione di codifica-decodifica che ci
permetterebbe (se applicata) di farci arrivare a comprendere le dinamiche della
vita. Si tratta, infatti, di storie che raccontano di una divina umanità e –
insieme – di una umanità divina…
E per finire…senza finire…
Nel
mondo/Mondo che vorrei, non vorrei IL Tempo, bensì IL MIO Tempo, anzi, mi
piacerebbe che ognuno avesse il proprio o i propri, come dicevo all’inizio.
Vorrei che il Mondo o, meglio, le persone che lo popolano dicessero “Addio” ai
ritmi frenetici che sono state costrette
ad adottare e che – in un certo senso – si sono auto-imposte di adottare;
vorrei che ognuno si domandasse più spesso: “Cosa voglio DAVVERO?” e si desse
risposte autentiche e sincere; e vorrei che tutti si prendessero più cura e più
responsabilità delle cose che fanno, delle azioni che compiono, delle parole
che usano e di ciò che provano/sentono. Le emozioni e le sensazioni sono state
trascurate fin troppo e ora è il momento di rimettersi all’”ascolto” di ciò che
hanno da raccontare. Le parole sono importantissime per adempiere a questo
scopo, ma strettamente legati ad esse sono i pensieri (è fondamentale che
ognuno impari a pensare con la propria testa), e tutto ciò che concerne il
linguaggio non verbale. Sì, anche quello è imprescindibile, soprattutto per
cercare di comprendere meglio chi ci circonda.
Poi
vorrei che le persone avessero il coraggio di dire “Sì” quando vogliono davvero
dire “Sì” e “No” quando vogliono davvero dire “No”.
Vorrei
essere circondata da persone curiose e desiderose di conoscere. Vorrei che ci
fossero generosità, solidarietà e vera condivisione, contatti umani e rispetto dell’uomo verso l’uomo e dell’uomo
verso la natura. Vorrei che la creatività fosse considerata importante quanto
la razionalità e viceversa. Vorrei che tutti fossero liberi di esprimersi. E
vorrei una scuola fatta più di passioni che di nozioni, una scuola in cui gli
insegnanti siano anche imparanti e gli studenti siano anche insegnanti. E
vorrei che la parola “IO” fosse al pari delle parole “TU” e “NOI”. E vorrei…
E
TU che cosa vorresti? Anzi, passiamo all’azione: “Che cosa VUOI?”
Riferimenti
bibliografici:
-
“La Storia
Infinita” di Michael Ende, Tea Edizioni.
-
“Dell’Origine”
di Eraclito, Feltrinelli.
-
“Zohar – La luce
della Kabbalah”, Feltrinelli.
-
“Il nuovo
manuale di Cabala” di Giuliana Ghiandelli, OM Edizioni.
-
“Il poeta
dell’aria” di Chicca Gagliardo, Hacca Edizioni.
-
La Bibbia,
traduzione 2006 della Società Biblica di Ginevra.
-
“La Divina
Commedia” di Dante Alighieri.
-
“Alla fonte
delle parole” di Andrea Marcolongo, Mondadori.
-
“Motivazione e
personalità” di Abraham Maslow, Armando Editore.
-
Dizionario
Italiano (Vallardi), Dizionario dei sinonimi e dei contrari (Vallardi),
Dizionario Etimologico (Vallardi), “IL” (Vocabolario della Lingua Latina,
Castiglioni e Mariotti).
-
“La mente
allargata – Perché la coscienza e il mondo sono la stessa cosa” di Riccardo
Manzotti, traduzione di Allegra Panini, Edizioni Il Saggiatore.
-
“Il libro dei
chakra” di Anodea Judith, Neri Pozza.
-
“Magia della Cabala” a cura di S. L.
MacGregor Mathers, Vol. Primo: Teoria, Edizioni Mediterranee Roma.
-
“Romeo and Juliet” di William Shakespeare,
Collins Classics.
Grazie a te che dedichi passione e amore per esprimere con professionalità e armonia un tuo ritrovato e antico pensiero applicato alla favola che sempre esiste in tutti noi, favola non in quanto fantasia perché fantasia non è ma favola in quanto verità dimenticata che grazie al racconto sopra esposto ci porta a credere che ciò sia un disegno di fantasia quando solo i più audaci studiosi del essere sanno che la realtà del tutto è qui sopra citata con maestria e saggezza profumata di un umiltà che non può che regalare evoluzione
RispondiEliminaMi sento onorata dalle tue parole e non so come esprimerti la mia più profonda gratitudine se non portando avanti i miei studi con crescente impegno per fornire a chiunque leggerà ciò che ho scritto/scriverò nuove angolazioni dalle quali guardare il mondo e per ri/portare alla luce antichi saperi, utili per costruire nuove realtà. Hai proprio ragione, fiabe e favole hanno ancora tanto da raccontarci, così come i Miti, le filosofie e i Testi Sacri di tutte le culture e di tutti i popoli.
EliminaTi ringrazio col cuore per aver letto il mio articolo e per avermi lasciato il tuo splendido commento.
Buona Vita!
Mela