Han Kang, "L'ora di greco", Adelphi. |
“E alla fine, un inverno, era arrivata QUELLA COSA. Aveva appena compiuto sedici anni quando, di colpo, il linguaggio che l’aveva imprigionata e torturata come un vestito intessuto di migliaia di spilli era sparito. Il suo udito funzionava ancora, ma un silenzio simile a uno strato spesso e compatto di aria le aveva ostruito lo spazio tra la chiocciola dell’orecchio e il cervello. Avviluppato in quel vuoto sordo, il ricordo di come usare le labbra e la lingua per pronunciare le parole, o la mano per stringere una matita, si era fatto inaccessibile. Non pensava più in parole, comprendeva senza parole. Il suo corpo era assediato dentro e fuori da un silenzio che risucchiava lo scorrere del tempo, un silenzio ovattato come prima di imparare a parlare – anzi, come prima di venire al mondo”.
Un libro in cui le parole trovano compiutezza nel silenzio.
Un libro frammentario basato sul tentativo di fondere elementi opposti come il mutismo e la cecità.
Un libro in cui lo straniamento e l’incomunicabilità cercano un punto di contatto. Lo troveranno?
Assurdi indimostrabili che collidono.
Immagini sfocate e spezzettate come i sogni quando si tenta di ricordarli, al mattino.
Un libro in cui ciò che non si vede e ciò che non si sente diventano più importanti di ciò che si vede e si sente.
Un libro in cui il silenzio prende corpo, un corpo pesante, una massa opprimente.
Un libro in cui la cecità diventa il silenzio degli occhi poiché il silenzio immediato e fulmineo di lei e la cecità lenta e progressiva di lui sono opposti e/ma complementari. O – forse – sono la stessa cosa. Il risultato, comunque sia, è l’incontro di due solitudini e il loro tentativo di comunicare attraverso un nuovo (o forse antico?) comune linguaggio che non vede e non parla, ma è in grado di “sentire”, di percepire.
Il suono e il silenzio, il giorno e la notte, il sonno e la veglia, la luce e il buio tornano a essere un unico elemento senza tempo, un elemento che precede la Creazione, una dimensione sospesa tra un tic e un tac…
“Non uscirò dal sogno aprendo gli occhi,
sarà il mondo a spegnersi al mio risveglio”.
Han Kang, “L’ora di greco”, Adelphi.
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