L’angelo
sterminatore non è un libro adatto a tutti. Può
sembrare un’affermazione discriminatoria e forse un po’ crudele, ma descrive
perfettamente e senza giri di parole la sensazione che ho provato leggendolo.
Ma andiamo per ordine. Innanzitutto è doveroso fare qualche accenno alla
struttura di questo volumetto che nasce
con l’intento di raccontare il pensiero del filosofo Emil Michel Cioran[1].
Il libro è diviso, infatti, in tre sezioni: la prima parte contiene una breve,
ma esaustiva biografia del filosofo, la seconda parte – intitolata, appunto, L’angelo sterminatore – è una sorta di
lunga prefazione (a cura di Fabrizio Parrini), mentre la terza parte contiene
gli aforismi più significativi della produzione di Cioran intervallati da una
bella selezione di foto che lo ritraggono in diverse occasioni. Interessante,
tra tutte, la seconda sezione del libro: una specie di dettagliata
dissertazione che prepara il lettore alla prosa poetica - ma caustica – di
Cioran.
Ecco il ritratto che ne
emerge.
Un uomo disincantato,
disilluso, un “filosofo
non-filosofo” che non formula
teorie – al contrario di ciò che è, da sempre, prerogativa dell’ambiente
accademico – ma traduce i pensieri e gli stati d’animo in parole.
“La filosofia di Cioran non esiste come entità strutturata. Non
c’è nessuna teoria, solo la fedeltà alle proprie sensazioni e al proprio
temperamento”.
“La filosofia per lui si deve occupare della sofferenza, non
certo delle teorie, tanto da esaltare una lacrima come esperienza più profonda
di un sillogismo. Definisce i suoi pensieri amari come le lacrime che si sono
condensate in parole”.
Cioran si fa portavoce
di un nichilismo in cui il nulla arriva quasi ad assumere dei contorni,
diventando una sorta di entità salvifica. Il nulla spodesta la speranza
permeando di cinismo buona parte degli aforismi di questo pensatore. L’uomo è
destinato al fallimento e – di conseguenza – al dolore. Non desiderare, non
fare e non sperare sono le uniche possibilità di salvezza.
Dalle sue parole
traspare quella cosa chiamata «cafard», ovvero una parola francese
intraducibile che racchiude in sé i concetti di “tristezza”, “noia”, “tedio”,
“accidia” e “malinconia”. Nelle opere di Cioran la lingua rumena – dotata di
ardore ed esuberanza – viene soppiantata da quella francese, più rigorosa,
tagliente e lucida. Viene favorita la brevità e abbandonato qualsiasi tipo di
barocchismo linguistico.
“Non c’è niente, nella scrittura di Cioran, che faccia pensare a
una speculazione intellettuale fine a se stessa. La sua lucida scrittura viene
invece dal profondo, per diventare discorso apparentemente comprensibile a una
prima lettura, ma che ha bisogno di un’attenta e continuata forma
d’intuizione”.
“Il male di vivere” è
il padrone indiscusso della filosofia di Cioran che, in questo, si accosta
percettibilmente al poeta del pessimismo cosmico, Giacomo Leopardi.
In questo libro
Fabrizio Parrini ci svela il pensiero di Cioran a proposito di temi che
sorreggono le nostre vite, quali – ad esempio – il significato della storia,
quello della libertà, nonché quello dell’istruzione. Attraverso le sue parole scopriamo
il valore intrinseco della scrittura, vediamo la letteratura come strumento per
esternare il dolore (come se fosse un “prolungamento fisiologico” di ogni autore) e la poesia come una forma di
preghiera. Nell’analisi che Parrini fa di Cioran, trova posto anche la
religione ed emerge il legame di quest’ultimo con la tradizione del pensiero
gnostico.
“La scrittura è un modo per lenire le ferite del cuore e poter
vivere nonostante la discordanza suprema tra il mondo e noi stessi”.
Quel che spiazza, della
figura di Emil Cioran, è la sua “filosofia della sospensione” – se così
vogliamo chiamarla – secondo la quale non esistono verità oggettive e neppure
teorie inoppugnabili dietro le quali ripararsi.
“L’aforisma non deve sfornare verità, ma insegnare a farsene
beffe. Cioran non conclude mai. Non rassicura, ma cerca di dire con le parole
quello che le parole non possono dire. […] Distrugge e riparte subito dopo
dalle macerie che ha provocato, ma davvero senza più certezze”.
“[…] la sua filosofia senza tempo a volte abbaglia e consola, perché parla dell’uomo
com’è, come è sempre stato”.
Professando questo tipo
di filosofia, Cioran corre spesso il rischio di cadere nella contraddizione ed
è anche per tale ragione che Parrini stesso lo definisce “un pensatore per pochi sotterranei
ammiratori”.
L’angelo sterminatore è un libro graffiante, a tratti addirittura
lacerante: la sua lettura vi lascerà un segno nell’animo.
[1] Emil M. Cioran nasce a Rasinari (Sibiu) in
Transilvania l’8 aprile del 1911 e muore
a Parigi il 20 giugno del 1995, all’età di ottantaquattro anni. “E’ una delle figure più rappresentative
della vita culturale europea del Novecento, dove si pone come una libera figura
di scrittore e filosofo scettico che indaga il divenire dell’esistenza come un
testardo, implacabile contestatore della filosofia sistematica. La filosofia
deve, secondo lui, occuparsi dell’esperienza concreta, quotidiana, vissuta
dall’uomo. Non può e non deve mai ridursi a un sapere astratto, fatto di
concetti e senza contenuti vivi come i sentimenti, le emozioni, le passioni.
Per Cioran la filosofia è un’incessante riflessione sulla vita e sull’essere
che ha oltrepassato l’orizzonte del nulla. Ciò che gli interessa è l’uomo
gettato nel mondo da una sorte avversa o da un «funesto demiurgo» per
interpretare il suo ruolo incomprensibile e assurdo. Questa l’originalità di
Cioran e dei suoi aforismi crudeli in perenne ricerca di senso. La vita è
un’avventura magica, ma la lucidità del pensiero permette di sperimentare non
solo la propria immensa solitudine, ma anche la propria vertiginosa libertà”.
il sottoscritto ritiene che Emil Cioran, sia una spina nel fianco a tutto ciò che è falso.
RispondiEliminaIn effetti Cioran sapeva essere diretto: non girava attorno alla verità, non tergiversava. Era autentico, nei suoi pensieri.
RispondiEliminaP.S.: Grazie per avermi lasciato un commento.