PREMESSA
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IL MONDO FU CREATO SEIMILA ANNI FA
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C’ERA UNA VOLTA LA GRANDE PIRAMIDE
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QUEGLI ILLUMNATI CHE GOVERNANO IL MONDO
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I COSACCCHI CONQUISTARONO L’AMERICA
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GESU’ II, IL RITORNO
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DEI VENUSIANI SULL’ISOLA DI PASQUA
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GIOVANNA D’ARCO ERA UN UOMO
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HITLER SI E’ NASCOSTO AL POLO SUD
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L’UOMO NON E’ MAI ANDATO SULLA LUNA
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NAPOLEONE DISCENDE DALLA MASCHERA DI
FERRO
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CRISTO SI ‘ FERMATO A SHINGŌ
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CRO-MAGNON SAPEVA SCRIVERE
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LA CINEPRESA PER VIAGGIARE NEL TEMPO
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GLI EBREI VENGONO DALLO SPAZIO
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GLI INGLESI RAPIRONO NAPOLEONE
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LA FINE DEL MONDO ERA IERI
EPILOGO
Troppo spesso diamo per
scontato l’assunto che la Storia sia una serie di fatti incontrovertibili; che essa
non possa – nel senso che non dovrebbe - in alcun modo vacillare: se lo facesse,
cadrebbero tutte le certezze alle quali ci aggrappiamo ogni giorno per giustificare
le nostre azioni. E se la Storia fosse, invece – come dichiarava Napoleone – “una
serie di menzogne su cui ci si è messi d’accordo”? Se scoprissimo (o ci
rendessimo conto) d’un tratto che ciò che noi chiamiamo Storia è una realtà –
sì – ma di quelle studiate a tavolino da chi – sfruttando la fantasia, propria
e/o altrui vuole ottenere vantaggi personali? Sarebbe estremamente doloroso
perché emergerebbero, di noi, due caratteristiche di cui andare poco fieri: l’ignoranza
e la facilità a credere. Perciò il dubbio amletico risulta non tanto “essere o
non essere”, bensì “credere o non credere”. La mia risposta? Nessuna delle due
cose. Si tratta – piuttosto – di chiedere; si tratta di cercare, di non
fermarsi mai, neppure davanti ad una risposta che – ai nostri occhi – appare plausibile
(se non addirittura possibile o accettabile). “Chi si ferma è perduto”. Ma il mestiere dello storico non prevede “la
contestazione o il relativismo. Il mestiere dello storico è quindi costrittivo
e lascia poco spazio all’immaginazione […] sebbene sia impossibile pervenire a
una piena oggettività nell’analisi dei fatti”. “[Uno storico può] solo tendere
a delle porzioni di verità, proporre dei modelli senza imporli”. Un’altra
qualità dello storico “deve essere l’umiltà, perché il suo passato avrà sempre
le sue zone d’ombra, e non si può trovare una risposta a tutto”. C’è sempre
qualcuno che, però, prova a strumentalizzare i fatti, gli accadimenti – da quelli
assodati a quelli più vacillanti – per il proprio tornaconto, portando come
vessillo un argomento che Philippe Delorme riassume così: “Una proposizione è
vera perché niente dimostra che è falsa”. Lo scopo di questo libro è allora
quello di tentare di scandagliare il pensiero di coloro che – con teorie
strampalate, illogiche, ipercritiche, negazioniste, “parastoriche” o “pseudostoriche”
– non fanno altro se non corroborare e far radicare ulteriormente (e
paradossalmente) il lavoro degli storici.
Se leggerete “Le teorie
folli della storia” per avere delle risposte univoche e delle verità
schiaccianti, probabilmente finirete coll’avere ancora più domande, più dubbi e
più incertezze, ma – in fondo – il bello sembra essere rappresentato dalla
ricerca. Il tragitto che compiamo per arrivare alla meta è, spesso, più
edificante della meta stessa. Lodevole il lavoro di ricerca compiuto dall’autore
– Philippe Delorme – per sgretolare le macchinazioni più contorte, i giochi
illusionistici dei detrattori della Storia. Molti dati vengono posti sul piatto
per sfatare leggende metropolitane o bufale ben congegnate. Accuratezza e
ricchezza di particolari fanno di questo libro un valido strumento per la
demistificazione di alcune teorie, ma è bene ricordare che nulla deve spegnere
la curiosità, perché essa è ciò che ci aiuta a non fermarci di fronte alla
prima risposta.
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