Pagine

martedì 18 aprile 2017

"L'altra figlia" di Annie Ernaux. L'Orma Editore.

Annie ha dieci anni quando  un giorno - per caso - sente la madre rivelare un pesante segreto ad una donna: lei non è figlia unica. E' così che Annie scopre di aver avuto una sorella o - meglio - scopre che i suoi genitori hanno avuto un'altra figlia (Ginette), deceduta due anni e mezzo prima della sua nascita. Una presenza ingombrante, un fantasma, un'ombra nella vita di Annie, le cui percezioni - da quel momento in avanti - non saranno più le stesse.

"Secondo l'anagrafe sei mia sorella. Porti anche il mio stesso cognome, [...]. Sul libretto di famiglia dei genitori, quasi a brandelli, nella sezione Nascite e Decessi dei Figli nati nel Matrimonio figuriamo una dopo l'altra. Tu per prima, [...] e sotto io, [...]. 
Ma tu non sei mia sorella, non lo sei mai stata. Non abbiamo giocato, mangiato, dormito insieme. Non ti ho mai toccata, abbracciata. Non conosco il colore dei tuoi occhi. Non ti ho mai vista. Sei senza corpo, senza voce, sei giusto un'immagine piatta su qualche foto in bianco e nero. Non ho alcun ricordo di te. Quando sono nata eri già morta da due anni e mezzo. Tu sei [...] la bambina invisibile di cui non si parlava mai, la grande assente da tutte le conversazioni. Il segreto. Sei sempre stata morta. Sei entrata morta nella mia vita nell'estate dei miei dieci anni. Nata e morta in un racconto, [...].

Come può, una persona che non c'è più, rappresentare una presenza tanto ingombrante nella vita di chi è ancora su questa Terra? Ce lo racconta Annie Ernaux in questo libro meraviglioso intitolato "L'altra figlia", dove  l'altra figlia non è Ginette, ma la stessa Annie.
Come può, una notizia, avere un tale impatto fisico su una persona pur non detenendo il "potere" di toccare?
La Ernaux "mette a nudo" tutti i suoi sentimenti, tutte le sue sensazioni e tutti i suoi pensieri più intimi in questa lettera indirizzata alla sorella Ginette, mai conosciuta. Una lettera che è funzionale affinché Annie possa compiere un'indagine e un  percorso dentro sè stessa; una lettera per rendere omaggio alla  sorella, per informarla di non serbare alcun rancore nei suoi confronti, per farla emergere dai frammenti dei propri ricordi e darle - finalmente - corpo, in modo da poterla lasciare andare e vivere il resto della propria vita senza quell'ombra di fianco a sè. "Forse ho voluto saldare un debito immaginario dandoti a mia volta l'esistenza che la tua morte mi ha dato. Oppure farti rivivere e rimorire per liberarmi di te, della tua ombra. Sfuggirti. Lottare contro la lunga vita dei morti. [...] Eppure un residuo di pensiero magico dentro di me vorrebbe che, in maniera inconcepibile, analogica, questa lettera ti raggiungesse come la notizia della tua esistenza mi ha raggiunta, una domenica d'estate". Scrivere diventa per la Ernaux un espediente per esorcizzare la morte, la paura della morte; scrivere rappresenta un'esperienza catartica per l'autrice di questo libro, che - così facendo - ha la possibilità di fare ordine e chiarezza nel proprio cuore e nella propria mente. "Io non scrivo perché tu sei morta. Tu sei morta perché io possa scrivere, fa una grande differenza". Grazie a questa lettera, il lettore compie un percorso insieme alla scrittrice di cui arriva a comprendere tutti i sentimenti; sentimenti che vanno dalla gioia di essere viva al senso di colpa per la stessa gioia, al senso di colpa per aver avuto il diritto di sopravvivere, alla consapevolezza di dover essere l'unica - tra le due - a poter sopravvivere. Scrivere è - per la Ernaux - una valvola di sfogo, ma anche un mezzo essenziale per comprendere sè stessa e fornire un nome adatto a ciò che prova. Talvolta è difficile dare un nome ai propri sentimenti e - ad un certo punto - anche la Ernaux crede di  aver bisogno di una lingua apposita, di un linguaggio plasmato ad hoc per parlare di Ginette. "Bisognava dunque che tu morissi a sei anni affinché io potessi venire al mondo ed essere salvata.
Orgoglio e senso di colpa nell'essere stata scelta per vivere, in un disegno indecifrabile".
"Orrore e senso di colpa nello scoprire in me il pensiero selvaggio che, evidentemente, tu non fossi fatta per la vita, [...]".
In questo libro capiamo cosa Ginette ha rappresentato per Annie e per i suoi genitori, ma anche cosa ha provato Annie per la figura materna. Annie ha vissuto nel costante paragone con la sorella, una sorella buona, troppo buona,  quasi Santa e questo ha scatenato un dolore indescrivibile nel suo cuore, dove sentiva di rappresentare - per la propria madre - un rimpiazzo indegno della perfetta sorella ormai defunta, ma sempre viva nel ricordo dei genitori. "Ti devono aver detto 'quando sarai grande', illustrato ciò che avresti potuto fare, insegnato a leggere, andare in bicicletta, fare da sola il tragitto fino a scuola, ti hanno detto 'l'anno prossimo', 'quest'estate', 'presto'. Una sera, al posto del futuro c'è stato soltanto il vuoto. Hanno ridetto le stesse parole anche per me. Ho avuto sei anni, poi sette, poi dieci, ti avevo superato. Per loro non c'erano più paragoni da fare".  Chi era - dunque - Annie per i propri genitori? La figlia meno buona? Il - già citato - rimpiazzo indegno? O - semmai - il futuro, la bambina che ce l'ha fatta, quella che è sopravvissuta e di cui potevano raccontare la vita e le vicende? Con Ginette han dovuto fermarsi ai sei anni, mentre con Annie han potuto andare avanti, han potuto riempire un enorme vuoto, un gigantesco buco nero di esperienze mai vissute.
Con questo libro la Ernaux  vorrebbe confessare ai propri genitori quanto il loro silenzio e il loro dolore per la perdita della prima figlia abbia inciso sulla vita della seconda. Da quella volta in cui Annie ha appreso - per caso - il grande segreto di aver avuto una sorella, nè la madre nè il padre hanno fatto più parola di Ginette. 
Per tutto questo Annie prova - o meglio, ha provato - sentimenti contrastanti anche nei confronti della madre, la quale inizialmente viene dipinta (dalla stessa autrice) come una "portatrice di morte", come creatrice di disagi, ma poi viene "scagionata" da tutte le accuse.

Un libro doloroso, toccante, fortemente intimo. 
Un romanzo breve, ma intenso, ricco di analisi e di scavi interiori. 
Una lettera in cui Annie dichiara di non avere nulla da condividere con la propria sorella, neppure i genitori, ma grazie alla quale - nello stesso tempo - sente di avere tutto in comune con lei. 
 Un libro bellissimo.

sabato 8 aprile 2017

"La signora col cagnolino e le nuove russe con il pitbull" di Antonio Armano. Edizioni Clichy, collana Bastille.



La mia natura è quella di cercare il lato positivo in tutte le letture che affronto, anche – e soprattutto – in quelle letture che non mi hanno fatto vibrare le corde dell’anima. Mi sono ritrovata ad agire in questo modo anche al termine dell’ultimo libro che ho letto. Il libro in questione è “La signora col cagnolino e le nuove russe con il pitbull” di Antonio Armano[1], edito dalla Clichy (Casa Editrice con la quale ho il piacere di collaborare). Sebbene –infatti – sia un libro interessante sotto certi punti di vista, ha anche – a parere mio – molti lati negativi. Partiamo dal titolo. Il titolo (e la collana in cui è inserito questo libro, ossia la Bastille[2]) aveva creato in me l’aspettativa di trovarmi di fronte ad un saggio in cui avrei potuto “assaporare” una sorta di confronto tra la figura femminile (in Russia) al tempo di Čechov[3] e la figura femminile (in Russia) ai giorni nostri. “La signora col cagnolino[4]” è – infatti – il titolo di un racconto dello stesso Čechov. Un saggio – d’altronde – nasce con l’intento di dimostrare o confutare una tesi, pertanto mi aspettavo di trovarmi davanti agli occhi un libro dalle caratteristiche evoluzionistiche in cui si desse prova del cambiamento avvenuto nelle donne dell’ Est (o – più in generale – nei Paesi dell’Est) dal 1900 ad oggi. Quel che ho trovato – invece – è una specie di diario di bordo dell’autore che ci accompagna in una serie di viaggi. Si parte dalla Crimea per arrivare in Bielorussia, per poi spostarsi in Ucraina e tornare in Crimea; slittare a Kaliningrad (Russia), rimettere piede in Ucraina, dirigersi in Lettonia e così via, arrivando a visitare la Repubblica Serba di Bosnia, la Repubblica Ceca e altri luoghi. L’originalità  di questo resoconto itinerante  è che tutti i luoghi toccati  e descritti dall’autore sono raccontati non solo dal suo punto di vista e attraverso la sua personale esperienza, ma anche attraverso i racconti, le vite, le vicende e le opere di scrittori, artisti e filosofi più o meno noti che hanno vissuto, scritto e avuto legami con tali luoghi. Da Čechov a Chagall, da von Rezzori a Kant, passando per molti altri nomi dalla grande rilevanza, Armano ci fornisce molti punti di vista (e questo è sicuramente un lato positivo). Il problema è che ho trovato tutto questo andirivieni piuttosto ricco e – forse proprio per questo – decisamente confusionario. Certo è che “La signora col cagnolino e le nuove russe con il pitbull” non è la solita guida turistica pre-impostata (e tale caratteristica è un altro lato positivo del libro che, in questo modo,  rispetta pienamente i canoni  della Collana Bastille), con i luoghi più belli da visitare messi in primo piano. Non è una guida turistica per turisti di massa fatta di tanti specchietti per le allodole, anche perché Armano ci porta con sé in alberghi senza alcuna dignità, in bettole e luoghi che si avvicinano pericolosamente al termine e alla definizione di “malfamato”. Ci parla di cibo e di bevande tipiche sconosciute ai più; ci fa compiere lunghi viaggi o brevi tragitti su mezzi di trasporto inusuali, ci parla di usanze e di modi di fare di autoctoni e non. Spesso ci narra le loro storie e ce li presenta per tutto ciò che essi sono: uomini e donne con le loro problematiche e i loro pensieri. Le vicende di viandanti e avventori si mescolano alle sue e a quelle dei grandi nomi della storia, della letteratura e dell’arte. Si parla di politica, e di conflitti tra persone e tra Stati. Si parla di Putin, di Ebrei e di lotte tra i popoli; si parla di governi e di Capi di Stato. Un libro ricco – come dicevo – troppo ricco; un libro arricchito ulteriormente da termini o intere frasi in lingua originale e da citazioni. Il fatto è che arricchire troppo significa appesantire!
Ne emerge una Russia spaccata ed ecco che – passatemi questa orrenda battuta – dalla vecchia Unione Sovietica sorge una nuova Divisione Sovietica… Una Russia che sembra quasi non si sia evoluta, ma che – piuttosto – sia rimasta ferma ad un’epoca lontana da noi nello spazio e nel tempo.  ( Da sottolineare, però, il fatto che anche questo aspetto risponde alle richieste della collana in cui è inserito “La signora col cagnolino e le nuove russe con il pitbull”).  Una Russia – sì – umana, ma strana e quasi inquietante, ai miei occhi. Una Russia il cui lato umano è particolarmente visibile nella descrizione che Armano ci fa delle badanti: esse ci vengono presentate come donne dure all’apparenza, ma pervase da un costante dolore interiore. Donne che – ancora oggi – sono vittime di pregiudizi.
Per fortuna – almeno – il linguaggio, lo stile di Armano è divertente e leggero…
Ecco “sfoderati”  i lati positivi e quelli negativi di questo saggio/resoconto. Se leggerete questo libro non dimenticate di farmi sapere la vostra. Vi aspetto!


[1] Antonio Armano: ha iniziato a scrivere viaggiando in Est Europa e coltivando lo studio delle lingue slave (russo e ceco). Ha collaborato con diverse testate, in particolare su temi culturali. Per i venti anni del crollo del Muro ha realizzato un reportage lungo l’ex Cortina di Ferro da Travemünde a Trieste pubblicato dal settimanale polacco Polityka. E’ l’autore del libro-inchiesta Maledizioni. Processi, sequestri e censure a scrittori e editori in Italia dal dopoguerra a oggi, anzi domani, edito da Aragno e ristampato dalla Bur nel maggio 2014, finalista al premio Viareggio.
[2] Collana Bastille: alla Bastille si ispirano i saggi di Edizioni Clichy, scritti politici, teorici, sociali, che esplorano le forme espressive più anarchiche, originali e dirompenti, rivolgendosi a lettori fortemente interessati ai cambiamenti del nostro tempo e alle contraddizioni della modernità, con una particolare attenzione alle marginalità e alle emergenze meno esplorate dalla riflessione “ufficiale”.
[3] Anton Pavlovič Čechov (in russo: Антон Павлович Чехов  ascolta; Taganrog, 17 gennaio 1860 – Badenweiler, 15 luglio 1904) è stato uno scrittore, drammaturgo e medico russo.
[4]  “La signora col cagnolino”:pubblicato per la prima volta nel 1899, è uno dei più celebri racconti di Anton Čechov.