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domenica 18 settembre 2016

Igiaba Scego a Torino

Ieri (sabato 17 settembre) ho avuto il piacere e l'onore di assistere alla presentazione del libro di Igiaba Scego, intitolato "Adua"; presentazione che ha avuto luogo nell'Aula Magna della Cavallerizza Reale in via Giuseppe Verdi, 9 a Torino. La scrittrice è stata ospite del festival culturale "Alla tavola delle migranti", per parlare della condizione e delle esperienze di vita di coloro che arrivano oggi o sono arrivati molti anni fa nel nostro Paese.
"Alla tavola delle migranti" è stato, infatti, "il primo festival sulle ecologie migranti, una manifestazione pensata per coinvolgere l'intera cittadinanza e sensibilizzare ai temi delle culture migranti, della biodiversità culturale, del rispetto dell'ambiente e delle sue risorse in un'ottica di condivisione e cambiamento. Il festival è parte di un più ampio progetto di ricerca dell'Università degli Studi di Torino realizzato con il sostegno della Compagnia di San Paolo, che si propone di esplorare le interconnessioni tra cibo e ambiente naturale e le loro rappresentazioni artistiche nazionali."
La stessa Scego, introdotta dall'esperta di studi della migrazione Alessandra Di Maio, ha toccato temi caldi e di grande spessore avvalendosi di una spiccata ironia e di un'innata sensibilità.
Il cibo utilizzato come mezzo strategico per avvicinare e accomunare popoli e persone tanto diverse quanto simili; un modo per presentare culture e nazioni. Il cibo come protagonista indiscusso dell'integrazione culturale. Un tramite per conoscere e per farsi conoscere.
Il dramma delle "seconde generazioni", cioè di coloro che sono - sì - stranieri, ma nati in Italia; di coloro che sono italiani esattamente quanto gli italiani stessi, ma che burocraticamente e agli occhi dei più, non lo sono mai completamente. Allo stesso tempo, il dramma di coloro che sbarcano oggi sulle nostre coste e che cercano accoglienza qui da noi, ma che - invece - trovano diffifoltà e diffidenza e non riescono a integrarsi.
L'unione di tutte queste tematiche è presente all'interno di "Adua", romanzo edito dalla Giunti, che parla di una donna alla ricerca di sè e della propria identità culturale divisa tra la Somalia e l'Italia.
"Adua è oggi una donna matura e vive a Roma da quando ha diciassette anni.
E' una Vecchia Lira, così i nuovi immigrati chiamano le donne giunte in Italia durante la diaspora somala degli anni Settanta. Ha da poco sposato un giovane richiedente asilo sbarcato a Lampedusa e ha con lui un rapporto ambiguo, complicato. Non a caso lo chiama sempre Titanic, lo fa per rimarcare una differenza e forse per ferirlo un pò. Adua è confusa e a un bivio della sua vita. Medita di tornare in Somalia, paese che non ha più rivisto dallo scoppio della guerra civile. Ormai è sola a Roma, la sua amica Lul è già rientrata in patria. Per questo confida i suoi tormenti alla statua dell'elefantino del Bernini che regge l'obelisco in piazza Santa Maria sopra Minerva. Pian piano racconta a questo amico di marmo la sua storia: figlia di Zoppe, ultimo discendente di una famiglia di indovini, il padre lavorava come interprete durante il regime fascista. Negli anni Trenta Zoppe baratterà involontariamente la sua libertà  con la libertà del suo popolo. Adua, fuggita dai rigori paterni e dalla dittatura comunista, approda a Roma inseguendo il miraggio del cinema. Purtroppo l'unico film da lei interpretato, un porno soft dal titolo Femina Somala, sarà fonte solo di umiliazione e vergogna. E solo adesso che il suo Titanic sta per partire, Adua si rende conto di essere pronta a riprendere in mano la sua vita.
Romanzo a due voci, quella di un padre e di una figlia, Adua indaga il loro rapporto impossibile e lo fa seguendo tutte le loro luci e le loro ombre. Ma alla fine Adua è soprattutto il racconto di un sogno, quello della libertà che ha consumato in modo diverso e in tempi diversi le vite di entrambi."
Ed ecco spuntare fuori un altro tema, quello dei ruoli, che non è semplicemente di contorno, ma permea una buona parte di questo romanzo. A causa delle discriminazioni razziali e degli intramontabili stereotipi legati alla nazionalità, molti stranieri si sono trovati e si trovano ancora oggi a dover fare i conti con ruoli degradanti e sempre uguali anche al cinema. Sembra quasi che determinate popolazioni "ispirino" ruoli cinematografici come quello della prostituta, dello spacciatore, del malvivente, del clandestino o del tossico. E' necessario battersi contro queste ridicolizzazioni sussistenti che sottovalutano, anzi, svalutano gli individui.
E' triste sapere di avere per le mani una grande ricchezza dovuta alla presenza di diverse civiltà con il loro patrimonio artistico, con il loro bagaglio culturale, esperienziale, di usi, costumi e tradizioni e lasciarsela sfuggire così, senza fornirle la possibilità di integrazione. L'interculturalità è ancora un mito.
Adua è sola, talmente sola che si ritrova a parlare con una statua. Sradicata dalla sua terra e trapiantata senza successo in un'altra, è comprensibile il suo disagio: nè somala, nè italiana.
Il Colonialismo ha avuto effetti che si riverberano ancora oggi sulle popolazioni coinvolte. Adua è una delle "vittime", ma non è l'unica protagonista di questa storia. Gli altri grandi personaggi più o meno silenziosi sono sicuramente Zoppe (il padre di Adua), il giovane Titanic e la città di Roma. Sì, anche Roma è protagonista in questa storia così come lo è Magalo (città di nascita di Adua, nella Somalia meridionale). E' stato il Colonialismo a dar vita al fenomeno della migrazione, ma di sicuro si sta facendo poco per arginarne quelle che sono le conseguenze negative.

MELODIE MIGRANTI


Io sono arrivata un pò prima del previsto alla presentazione di Igiaba Scego e ho avuto la straordinaria occasione di assistere ad un'esibizione musicale stupenda che ha coinvolto attivamente anche gli spettatori. I protagonisti di queste MELODIE MIGRANTI sono stati Saba ANGLANA, Cheickh FALL e Tatè NSONGAN. Qui sotto le foto:

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